Parchi da leggere

Tra boschi e laghi della Sila e i vicoli antichi di Cosenza, un'insolita Calabria da visitare in piena libertà cercando l'utopica città ideale di Tommaso Campanella e le tracce dei viaggiatori del Grand Tour.

Indice dell'itinerario

Grazie all’autostrada, spesso la Calabria si attraversa velocemente per andare in Sicilia e noi stessi l’avevamo vissuta così – a parte qualche breve sosta balneare lungo la costa tirrenica – almeno fino a quando abbiamo deciso di cambiare atteggiamento e programma, dedicando a questa regione un intero viaggio. Prima complice del progetto, guarda caso, la letteratura: perché questa, per chi non lo sapesse, è una terra che è stata capace di ispirare pagine fra le più avvincenti di molti grandi autori moderni e contemporanei.
Filo conduttore è quella particolare istituzione (risalente ai primi anni ’90 e realizzata grazie a sovvenzioni europee) nota appunto come parco letterario, inteso come un insieme di luoghi concreti e delle persone che li abitano, ma anche di luoghi ideali che sono diventati lo sfondo delle opere di scrittori e poeti. Buona parte di questi parchi sono situati nel Meridione, perché tanti autori preferivano ambientare le loro storie nei paesi in cui vivevano e altresì perché l’abitudine al Grand Tour portò da queste parti, sin dall’800, viaggiatori da tutto il continente alla ricerca del pittoresco, del “primitivo” e del folklore (prima che questo termine assumesse una connotazione a volte negativa). A volerne citare qualcuno fra i tanti, troviamo Melville, Swinburne, Lear, Gissing, Berenson e soprattutto, fra quelli di casa nostra, Guido Piovene; ma certo non ultimo fu Norman Douglas in omaggio al quale è stato creato con l’intervento della Fondazione Napoli Novantanove il parco Old Calabria, dal titolo del bellissimo resoconto di viaggio – si era nel 1915 – in cui il celebre scrittore scozzese fissò le sue faticose peregrinazioni a piedi e, più raramente, con asino e carretto, partendo dalla Daunia pugliese e arrivando fino a Reggio Calabria.

Nel cuore della Sila
L’area del parco si estende per circa 200 chilometri quadrati fra il Pollino e Crotone, e nel nostro itinerario attraverso la Sila abbiamo più volte ricalcato o incrociato i percorsi letterari anche per cercare di capire cos’era rimasto della Calabria raccontata in quel libro.
Discesi lungo la costa tirrenica lungo la statale 18, da Marina di Paola ci dirigiamo sulla provinciale verso Cosenza superando il Passo della Crocetta, tra valloni scoscesi coperti di acacie e ornielli che precipitano a mare; il percorso, sebbene tortuoso, risulta paesaggisticamente più interessante rispetto alla veloce statale 107, che punta sulla città superando il valico in galleria. Dei tanti Casali di Cosenza, piccoli centri collinari disposti sui due versanti della valle del Crati che vivono da secoli in simbiosi agricolo-economico con la città, ci colpisce San Fili che sorge alto su uno sperone roccioso. Douglas si affacciò sul corso del fiume provenendo dallo Jonio, ma anche in quel caso la strada gira attorno a precipizi… ricoperti di querce da sughero, lecci e altra vegetazione, tra i cui rami volano rigogoli, ghiandaie, upupe… .
Da Cosenza puntiamo verso la Sila seguendo la 107 e superiamo velocemente il vallone di Rovito, dai fianchi scoscesi coperti di ginestra (qui vennero fucilati nel 1844 i mazziniani fratelli Bandiera). Paesi come Celico e Spezzano della Sila conservano ancora il centro storico di un secolo fa, mentre la periferia si è estesa come dappertutto a danno dei boschi. Una bretella in ripida salita, con ampie curve tra faggi e pini, ci porta alla località Fago del Soldato superando il valico di Montescuro, da cui scorgiamo il lago di Cecita. E’ questo il tipico paesaggio della Sila Grande dove, continua Douglas, …non si vede abitazione umana: solo foreste le cui radure offrono squarci sulle valli ondulate, giù giù fino al mare e verso i fiabeschi Appennini dai precipizi calcarei lucenti come cristalli di ametista fra il cielo azzurro e il verde fosco del primo piano .
Dopo la sosta per il pranzo e una breve passeggiata tra alberi e prati fioriti, ci dirigiamo verso Moccone, paesino di montagna con case di legno e copertura di lamiera e la stazione di una linea a scartamento ridotto della Ferrovia Silana (attualmente il servizio prevede corse a richiesta anche con treni d’epoca).Le grandi distese di bosco silane sono ancora piuttosto ampie, nonostante i Romani che vi si rifornivano di materiale per le navi e a dispetto di ciò che avvenne nel ‘900 quando disboscò il primo dopoguerra, disboscarono tedeschi e americani, più disboscarono gli speculatori approfittando del disordine . Qui la citazione è da Guido Piovene, che scrive ancora “…quel che resta supera per splendore i boschi svizzeri e trentini anche se non ci sono rocce o nevi a chiudere l’orizzonte in alto . Una coltre di verde ci accompagna infatti per tutta la discesa fino a Camigliatello Silano, centro nato per la villeggiatura e gli sport invernali dove, nella torre di Camigliati, troviamo il centro visitatori del parco letterario: l’antica struttura ospita oggi questo luogo di accoglienza e di studio (museo, cucine, camere, confortevoli uffici) all’interno di un grandissimo giardino con prati, boschetti e un viale di ontani centenari.
Ripresa la 107, a Croce di Megara deviamo per la riserva naturale statale dei Giganti della Sila, che si raggiunge percorrendo 5 chilometri fra i pascoli sino alla foresta Fossiata e alla località Il Fallistro, dove troviamo alcune decine di esemplari di pino laricio e aceri plurisecolari alti più di 40 metri i cui tronchi formano un colonnato botanico che gareggia per imponenza con le sequoie canadesi.
Tornati sulla superstrada, in breve siamo a San Giovanni in Fiore, di cui Norman Douglas avrebbe salvato “le donne e, forse, il vecchio convento dove alloggiavano i francesi al tempo della guerra ai briganti, e il monastero floriacense, famoso negli annali ecclesiastici della Calabria, fondato alla fine del XII secolo e attorno al quale sorse la cittadina”. La visiteremmo volentieri ma il caos del traffico è tale che non riusciamo neppure a trovare parcheggio, e così decidiamo di far rotta verso il lago Ampollino.
Un grande progetto è in via di realizzazione . Inizia così il ventottesimo capitolo di Old Calabria, e l’autore si riferisce al progetto – datato ai primi anni del ‘900 – di far allagare mediante dighe di sbarramento le ampie vallate dell’Ampollino, di Arvo e di Cecita. Per quanto mi risulta si sta creando un bacino idrico mediante la costruzione di una diga nella valle dell’Ampollino… il lago rivoluzionerà la Sila, trasformando questo terreno selvaggio in una moderna stazione di villeggiatura… Sul deserto sorgerà la Lucerna di Calabria. Una Lucerna calabra… chissà! . Il progetto è stato realizzato nell’arco di poco più di quarant’anni (l’Ampollino dal 1923 al 1927, l’Arvo dal ’27 al ’31, il Cecita nel ’51, il piccolo Ariamacina nel ’66) e per fortuna nulla di quanto temuto da Douglas si è avverato, visto che i laghi si integrano così bene nel paesaggio silano da sembrare naturali.
La 179 ci porta in pochi chilometri a Croce di Agnara; superiamo la diga di sbarramento e costeggiamo l’Ampollino, trovando un’area per picnic affollata dai gitanti della giornata festiva. A raccontarci com’era una volta il panorama è ancora la nostra guida scozzese, che per recarsi a Catanzaro attraversò per l’appunto il bacino del futuro lago. “…seguendo per alcune miglia la riva del fiumicello lungo quella strada carrozzabile che ben presto avrebbe dovuto essere sommersa dalle acque, giunsi a una forra boscosa chiamata Barbarano, situata sotto al Circilla… La Sila non offre scenari rocciosi di cui valga la pena parlare… se non fosse per la mancanza di erica con le sue caratteristiche sfumature violacee il viaggiatore potrebbe credere di essere in Iscozia. Troviamo lo stesso piacevole alternarsi di boschi e di prati, gli stessi enormi massi di gneiss e granito, la stessa esuberanza di acque vive… .
Sulla sponda meridionale del lago, poco dopo il bivio per Torre di Spineto, prendiamo a sinistra per Taverna ma deviamo subito per il Bosco del Gariglione: la strada è stretta e tutta curve, per cui decidiamo di lasciare il camper per procedere a piedi sino alla non lontana stazione forestale. Qui il bosco è misto, un’associazione di faggio e ontano, pino e abete bianco di una tale bellezza che dai locali viene chiamato il bosco delle fate.
Ridiscesi sulla 179 la percorriamo fino all’incrocio con la 108bis che conduce al lago Arvo. La strada non segue la sponda ma si affaccia solo a tratti sull’acqua con comodi parcheggi utili anche al pernottamento, come a Baracchella e a Lorica. All’altezza di Rovale deviamo sulla sinistra per Silvana Mansio (uno dei tanti villaggi turistici in stile rurale, che però non disturbano più che tanto essendo in genere formati da casette di legno a un piano) e, passando di nuovo per Camigliatello Silano, ci portiamo al lago di Cecita tra campi coltivati. A differenza degli altri bacini della zona, questo non è circondato da foreste e abbiamo la sensazione di trovarci, grazie all’alternarsi di fiordi e isolette, in un angolo di Norvegia. Troviamo subito il centro visitatori in Località Cupone, dove su una targa all’ingresso si legge che il lupo fa paura solo nelle favole; tra i servizi offerti dalla struttura un orto botanico, un giardino geologico, un museo dell’albero e un arboreto.Dopo la visita prendiamo per il Bosco di Gallopane, ma la strada è davvero troppo stretta anche per il nostro camper di modeste dimensioni, per cui torniamo indietro e ci dirigiamo verso Luzzi. Siamo su un vasto altopiano tappezzato da pascoli con mucche e cavalli, pinete, orti e macchie di ginestra, e dall’area picnic del valico di San Mauro godiamo di un vasto panorama sulla Sila Greca. Lungostrada una breve deviazione ci porta all’abbazia della Sambucina, così detta perché all’interno è conservato l’affresco della Madonna del Sambuco: si tratta della più antica sede monastica cistercense di tutto il regno normanno, fondata nel 1140 e provvista di uno splendido portale scolpito.
Per una strada tortuosa con ampi panorami sul vallo del Crati scendiamo infine a Luzzi, uno di quei paesi tipici dell’entroterra calabrese formato da una cascata di case addossate l’una all’altra. Anche qui, come in altri borghi che abbiamo attraversato, si vedono tuttora molte di quelle porte che colpirono Douglas, divise a metà in orizzontale in modo che la massaia seduta all’interno ha aria e luce e la possibilità di parlare con la vicina o dall’altra parte della via … o risponde alla richiesta di informazioni da parte del viaggiatore.
Completato il nostro anello della Sila, è l’autostrada che ci riporta velocemente a Cosenza per la seconda parte del nostro viaggio letterario.

La Città del Sole
Storia e misteri possono costituire un’originale chiave di lettura per visitare un luogo, magari inseguendo gesta e pensieri di personaggi del passato. A Cosenza ce n’è d’avanzo: per esempio la leggenda di Alarico che si fece seppellire alla confluenza tra il Busento e il Crati con tutti i suoi tesori (ovviamente mai ritrovati), l’Accademia Cosentina fondata agli albori del ‘500 e che valse alla capitale dei Bruzii il titolo di Atene di Calabria (ne rievoca i fasti la moderna Università ad Arcavacata di Rende, un complesso architettonicamente ma anche concettualmente d’avanguardia sullo stile dei campus americani), il filosofo della natura Bernardino Telesio che della stessa Accademia fece parte, e infine Tommaso Campanella, nel cui sogno di una Città del Sole ove “sarà grande monarchia nova, e di leggi riforma e d’arti, e profeti e rinnovazione si vuole oggi riconoscere il nucleo storico di Cosenza, abbarbicato sul Colle Pancrazio.
Non mancano insomma gli spunti per inventarsi un itinerario: e ci ha pensato, in collaborazione con il Comune di Cosenza, la Fondazione Ippolito Nievo che nell’ambito dei suoi parchi letterari ha inserito una sorta di viaggio sentimentale attraverso la città vecchia. Si tratta in pratica di un’originale visita guidata dove, nell’intento di ricreare atmosfere di altri tempi, accompagnatore e figuranti sono in costume rievocando quelle antiche vicende con performance e narrazioni. Fra le tappe del percorso non mancano il punto in cui dovrebbe trovarsi la sepoltura di Alarico insieme a strade, piazze e vicoli del Colle Pancrazio con i suoi edifici e monumenti.
Corso Telesio, la principale arteria che in salita tortuosa attraversa il centro storico, ha una sua bellezza che però si gusta con qualche difficoltà a causa del traffico. Se poi chiese e palazzi fanno parte dell’itinerario classico, ci piace segnalare in prossimità del duomo il Gran Caffè Renzelli, in stile liberty, dove troneggia un’antica macchina per il caffè. Ed è bello perdersi per le stradine cercando, in alto, il castello normanno-svevo che domina Cosenza e la circostante piana: il maniero, più volte distrutto dai terremoti e quindi ricostruito, conserva spazi ariosi in cui però si cercherebbe invano il mitico doppio mappamondo (uno per la Terra, uno per la volta stellata) usato dagli studiosi che anticamente avrebbero dimorato al culmine della Città del Sole. Ma da quassù, guardando il paesaggio che si allunga verso la Sila, è ancora più facile capire cosa poté ispirare i sogni – e i viaggi – di filosofi e scrittori.

PleinAir 410 – settembre 2006

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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