Ozi tifernati

Tifernum, l'attuale Città di Castello, piaceva già ai Romani. E oggi, con le vicine Sansepolcro e Anghiari, è al vertice di un triangolo d'oro: d'arte, di storia e di buon vivere. Tappa d'obbligo lungo la E45, è anche un'ospitale stazione per chi viaggia in camper.

Indice dell'itinerario

L’aspetto essenzialmente rinascimentale che segna Città di Castello è l’effetto di interventi avvenuti tra ‘400 e ‘500 sotto la signoria dei Vitelli, con scarse alterazioni successive. La città murata, lungo il cui margine ovest scorreva in origine il Tevere, era allora difesa anche da un fossato riempito con una derivazione delle acque del fiume. Oggi che il Tevere è distante alcune centinaia di metri, rasenta questo lato delle mura un asse viabile (Via Nazario Sauro) con una cospicua area alberata adibita a libero parcheggio, preziosa per il visitatore che intenda fermarsi quanto richiede questa vera piccola città d’arte (peccato, unicamente, sia mal concepito e praticamente inutilizzabile il pozzetto per camper al suo margine). Qui merita notare che oltre il ponte sul Tevere, a forse un paio di chilometri, chi preferisce la sosta in campeggio può fermarsi a La Fontana del Boschetto. La struttura è aperta tutto l’anno ed è attrezzata con ambienti coperti per soggiorni come quelli delle festività natalizie. Per servirsi del pozzetto e caricare acqua la tariffa è di 2 euro, 10 per una sosta limitata a 24 ore. Ma torniamo al parcheggio già visto. Basta attraversare il varco nelle mura ed ecco una scala mobile per salire al giardino del Cassero, di fronte alla piazza circondata dal duomo di San Florido, dal Vescovado, dal Palazzo dei Priori e dall’alta torre civica. Il palazzo, sede comunale, venne edificato in tenera arenaria grigia nella prima metà del Trecento e mai ultimato. Sull’alta torre dirimpetto, in antico adibita a carcere, si può salire per godere di un ampio panorama del centro storico. Il duomo ha origini romaniche, ma rifatto più volte non conserva dell’epoca che il suggestivo campanile rotondo di evidente impronta bizantina. Scoprirete quest’ultimo prendendo la viuzza che porta alla piccola Piazza Garigliano, presso la quale un negozietto invita all’acquisto di prodotti locali tra cui i tartufi che sono una specialità delle colline della valle. Tornando al duomo, la porticina presso la facciata ovest dà accesso a un museo da non perdere soprattutto per il Tesoro di Canoscio, 25 oggetti di uso liturgico d’epoca paleocristiana trovati fortuitamente sotto terra, e per uno splendido paliotto del 1100 in argento dorato lavorato a sbalzo e cesello. Altre chiese da visitare sono San Francesco, di cui il restauro mette in evidenza le precedenti forme gotiche, e San Domenico, al momento in restauro.
Il Corso Cavour congiunge i Priori con l’altro polo del centro tifernate (Tifernum era il nome della città romana), che è Piazza Matteotti. Sul percorso, zona di commerci, una chicca. Gli amatori della più raffinata arte tipografica dovrebbero fermarsi al civico 4, dove Gianni Ottaviani, ottava generazione dallo Schifani che fondò l’attività nel 1799, mantiene in vita antiche tecniche di incisione litografica, xilografia e altre. Fra torchi e inchiostri grassi potrà anche capitarvi di assistere alla stampa di un’incisione su rame. Il fondaco della tipografia appartiene al Palazzo del Podestà, dove si può dire che ogni facciata appartenga a un’epoca diversa. Su quella che guarda la piazza campeggiano i due quadranti di un orologio d’epoca a lance singole. Potrete leggere l’ora solo sapendo che un quadrante indica l’ora, l’altro i minuti. Affaccia sulla piazza anche il Palazzo Vitelli all’Abbondanza, uno dei molti contrassegnati dal nome degli antichi signori della città. Poco oltre costituisce invece un irresistibile richiamo per i gusti femminili il Tela Umbra, laboratorio di tessitura a mano istituito a inizi ‘900 dai filantropi Alice e Leopoldo Franchetti per dare un’organizzazione e un futuro a un’attività artigianale usuale in quei tempi nelle case contadine. E lini di alta qualità non hanno smesso da allora d’essere protagonisti in lavori raffinati – sempre manuali – ricercati in Italia e all’estero.
Nativo di Città di Castello è Alberto Burri, uno dei grandi nomi dell’arte contemporanea. Sperimentatore mai sazio di differenti materiali pittorici, ha lasciato alla città una vasta raccolta di opere. Buon numero di esse costituisce il museo di Palazzo Albizzini, nel centro storico, mentre per le altre (in generale lavori più recenti e di grandi dimensioni) serve una passeggiata fuori le mura, agli ex essiccatoi del tabacco, da sfruttare anche per la visita del più distante ma validissimo Centro di Documentazione delle Tradizioni Popolari.
Pochi metri da Palazzo Albizzini, il Palazzo Vitelli a Sant’Egidio nasconde alle proprie spalle quanto rimane di un grande giardino all’italiana con un’altra palazzina. Ma una visita più accurata richiede Palazzo Vitelli alla Cannoniera, appena entro le mura sud, sia per gli ambienti affrescati che per le opere ospitate in quanto pinacoteca comunale. Più ancora dello stendardo dipinto da Raffaello, ci sentiamo qui di citare la straordinaria umanità del Cristo Benedicente di un anonimo del ‘400 forse fiammingo. E chiudiamo con due mete fuori porta, a est della città. La prima sono le terme di Montecchio, con parco di libero accesso e un ampio sterrato adatto alla sosta dei camper subito oltre il parcheggio asfaltato. La Madonna del Belvedere, invece, attraente anche per il bel sito di collina, è un convento e santuario della seconda metà del Seicento in un armonico stile barocco giocato sul motivo delle forme circolari, dalla facciata al tamburo ai due campanili. E’ tenuto dai Cappuccini.

PleinAir 369 – aprile 2003

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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