Cipro in camper da costa a costa, tra castelli, natura e archeologia

Una terra rimasta quasi intatta nei suoi valori ambientali, una lunga storia di conquiste che ha lasciato testimonianze culturali di eccezionale peculiarità, un popolo che cerca nel suo passato i motivi per costruire il futuro: torniamo a Cipro, riscoprendo un'isola in cui il pleinair si fa esperimento

Indice dell'itinerario

Da queste parti si dice sia nata Afrodite, la dea greca della bellezza. E dopo la sua comparsa sulle coste di Cipro, più o meno tremila anni fa, la strada fu segnata. Minoici, micenei, egiziani, persiani, greci, macedoni e romani scelsero questa terra mediterranea ai confini dell’Asia come residenza, campo di battaglia, meta dei commerci e dell’approvvigionamento del prezioso rame, dal cui nome latino cuprum deriva probabilmente quello dell’isola. Tra i discepoli di Cristo, Barnaba e il redivivo Lazzaro introdussero qui il cristianesimo, e con i bizantini le chiese divennero ortodosse. Dopo la conquista di Gerusalemme da parte dell’Islam, fu la volta dei crociati e poi delle guerre, commerciali e non, tra veneziani e genovesi, che terminarono con la conquista ottomana.

Ovvio che in un luogo tanto conteso le radici culturali siano innumerevoli e spesso lontane tra loro: ma per secoli la convivenza è andata avanti abbastanza serenamente, fino all’esplosione della modernità e della geopolitica del XX secolo che, con l’intervento turco del 1974, ha portato a uno scontro violentissimo le cui ferite si stanno rimarginando molto lentamente. Sempre più aperta e meno impenetrabile, la Linea Verde che divide in due l’isola – la Repubblica di Cipro e la Repubblica Turca di Cipro Nord – sembra sbiadire grazie a concessioni e accordi, e su entrambi i lati dell’assurda frontiera si inizia a lavorare per un futuro comune.

Quasi dieci anni fa avevamo parlato di Cipro, delle bellezze archeologiche del sud, delle sue montagne: un lasso di tempo che ha significato un grande cambiamento, e qualunque visitatore potrà constatarlo. Per il turista pleinair non è una meta semplice perché i campeggi non sono molti, le soste libere affidate alla buona volontà di ognuno, i traghetti dall’Italia sono stati cancellati fino a data da destinarsi e l’unico modo per giungere con il proprio veicolo in loco è attraversare mezza Europa per imbarcarsi nei porti meridionali della Turchia (salvo una curiosa soluzione dalla Grecia, di cui troverete i dettagli nelle informazioni utili a chiusura del servizio). In compenso le strade sono in buono stato e spostarsi, grazie anche alle distanze molto limitate, è facile e piacevole.

Soprattutto fuori stagione la Cipro lontana dagli eccessi edilizi e balneari di alcune celebrate località della costa meridionale offre mille occasioni per stupirsi: incontreremo un popolo unico, diviso in due dall’inflessibilità dei governi e della religione, e una terra dove le tracce del passato hanno creato un mosaico di affascinante complessità come quelli che adornavano ville e basiliche di Paphos, Soli, Kourion, Salamis, Aghios Trias.

Il sud

Coste selvagge su cui approdano faticosamente le tartarughe e città antichissime, chiese quasi perdute sulle montagne, teorie infinite di villette in costruzione: i volti del sud di Cipro sono molti e contraddittori. Completamente diversa dalle isole greche tanto amate dagli italiani in vacanza, rivela dopo pochi giorni di viaggio la sua vera natura. E’ un territorio a sé, cresciuto attraverso la stratificazione complessa e lunghissima di culture, modi di vita, lingue e civiltà che hanno creato un’anima cipriota unica, fatta di passato e presente.

Il luogo più affascinante dal punto di vista naturale e paesaggistico è certamente l’estremità occidentale: la penisola di Akamas che, grazie al suo isolamento e alla forse provvidenziale presenza di un poligono militare britannico, si è conservata integra. Partendo dalla località dal nome evocativo di Loutra tis Afroditis, ovvero Bagni di Afrodite, ci si può inoltrare a piedi, in bicicletta oppure con i fuoristrada di alcune agenzie specializzate. Su tutto c’è il profumo di quest’aria, un miscuglio che comprende l’odore del mare e l’aroma della macchia che si scalda al sole, mentre la costa solitaria si snoda tra lunghe spiagge e rocce taglienti.

Verso sud, la zona di Lara (oggi protetta dalla riserva naturale di Lara-Toxeftra) è una delle predilette dal lento arrancare delle tartarughe, la Caretta caretta e la più rara Chelonia mydas, che vengono a riva per deporre le uova. Proprio alle spalle dei litorali, una breve passeggiata porta nel cuore del canyon di Avakas, dopo aver attraversato un agrumeto piantato con antica saggezza in una gola: il sentiero si snoda in parte sul fondo, con l’attraversamento di qualche pozza poco profonda, e a tratti a mezza costa in un ambiente severo e affascinante (ovviamente da evitare in caso di piogge che potrebbero far salire il livello delle acque).

Paphos, una delle città più amate dal turismo cipriota, è composta da tre insediamenti differenti: Ktima, la cittadina nell’interno, cui si è aggiunta l’espansione turistica lungo la costa che porta fino all’ingresso del terzo nucleo di Nea Paphos, sorto dai resti dell’omonima città antica – che fu capitale romana dell’isola – e divenuto a ragione parte del patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Oltre al teatro, al faro e ai resti della fortezza bizantina delle Saranda Kolones, le quaranta colonne, le ville urbane conservano eccezionali mosaici di chiara ispirazione ellenistica che testimoniano la ricchezza dell’epoca e il piacere di raffigurare vicende mitologiche con singolari sfumature di quotidianità.

Nella Casa di Dioniso, edificata tra il II e il III secolo, si ammirano il Ratto di Ganimede, le immagini di Apollo e Dafne, la leggenda narrata da Ovidio (non molto differente dalla storia di Romeo e Giulietta) che ha come protagonisti Pyramos, la tigre e Tisbe. Sul pavimento della vicina Casa di Aion sono raffigurati il bagno di Leda e delle sue ancelle, l’infanzia di Dioniso in braccio a Hermes, la gara di bellezza tra Cassiopea e le divine Nereidi, mentre in quella di Teseo, residenza del governatore della Cipro romana, vediamo l’eroe in lotta con il Minotauro e il piccolo Achille durante il suo primo bagno.

Ma i mosaici non sono certo gli unici motivi d’interesse: la zona delle Tombe dei Re, pochi chilometri a nord, nascondeva tra il mare e le rocce chiare ipogei di stile orientale dove i parenti dei defunti si riunivano, una volta l’anno, per ricordare i loro cari. L’ultima parte del dominio romano su Cipro fu caratterizzata dall’avvento sull’isola del cristianesimo, e a testimonianza di ciò a Paphos, tra le rovine della basilica Krysopolitissa costruita nel IV secolo, si trova una tozza colonna (consunta da secoli di carezze da parte dei fedeli) che la tradizione popolare ha nominato Pilastro di San Paolo poiché qui sarebbe stato legato e flagellato l’apostolo.

A pochi chilometri dal mare, ai piedi di una scabra parete rocciosa, nel XII secolo un celebre eremita fondò uno dei luoghi più noti della fede cipriota, il monastero di Aghios Neofitos: L’Ultima Cena, La Lavanda dei Piedi, La Salita al Calvario, L’Ascensione e una splendida Annunciazione, iniziati nel XII secolo e rinnovati nel 1503, decorano il piccolo santuario ipogeo.

Il lungo tratto della costa meridionale che si snoda verso est tocca alcuni dei luoghi più celebrati di Cipro, come la zona di Petra tou Romiou, con i suoi faraglioni e la leggenda di Afrodite, e la penisola di Akrotiri, celebre per gli scavi archeologici dell’antica Kourion e per l’imponente castello squadrato di Kolossi, che fu per secoli la sede dell’ordine dei Cavalieri di San Giovanni; il sito in lingua franca aveva il nome di commanderie, da cui il vino liquoroso della Commandaria ancora oggi prodotto nei vigneti della zona.

Al termine del promontorio di Akrotiri, il cui silenzio è rotto spesso dal rombo degli aerei militari che decollano dalla base inglese, Limassol è oggi una città moderna, sede del più importante porto commerciale cipriota. Qui sbarcò alla fine del XII secolo lo sbrigativo Riccardo Cuor di Leone che, dopo aver recuperato la sua promessa sposa Berengaria di Navarra dalle grinfie del despota Comneno, la sposò nella cappella della fortezza dove oggi ha sede il più interessante museo medioevale dell’isola.

Il sito di Amathous, città che fu cipriota e fenicia e morì per il lento insabbiamento del suo porto fiorente, è sovrastato dalla collina dove, come scrisse lo storico Pausania, sorgeva un antico santuario di Afrodite e Adone (in realtà fu consacrato ad Astarte, Cypria e Afrodite, a riprova della mescolanza di tradizioni religiose di quest’area).Più ci si sposta a oriente e più appaiono purtroppo evidenti i segni di un’urbanizzazione in impressionante crescita: le villette che sfigurano coste e colline sono divenute una merce ricercatissima dai turisti nordeuropei che cercano sole, aria mite e prezzi abbordabili. Ed è un curioso rimpiattino quello che porta a scovare i tesori del passato – come il severo monastero di Stavrovouni o i delicati mosaici della Panaghia Angheloktisti di Kiti – tra le villas for sale e i loro polverosi cantieri.

Oltre Larnaka, con i laghi salati dove la lenta danza dei fenicotteri si specchia nelle acque davanti alla mole dell’antica moschea di Hala Sultan Tekkesi, trionfa lo sviluppo del turismo balneare che ha fatto di Aghia Napa una meta seconda nel Mediterraneo solo alla fragorosa Ibiza. Fino a raggiungere il solitario Capo Gkreko da dove, ormai, la costa siriana dista poco più di 100 chilometri.

Nicosia

Ultima città divisa d’Europa . Il cartello è solo uno dei tanti lungo le barriere che spezzano in due la capitale di Cipro. A fianco, altri segnali indicano la presenza dei Caschi Blu delle Nazioni Unite che controllano il rispetto della linea di demarcazione. Più in là, nell’esile striscia che corre tra i fili spinati, poche case, molte erbacce e qualche auto abbandonata, sorpresa proprio qui dagli scontri che hanno portato alla divisione dell’isola.

La Linea Verde – che deve il suo nome al colore della matita con cui un ufficiale inglese la disegnò per la prima volta su una mappa – taglia quasi perfettamente a metà il grande poligono stellato delle mura costruite dai veneziani nei decenni precedenti al 1570, anno in cui Nicosia (o Lefkosia) venne conquistata dalle armate ottomane. I segni della divisione oggi sembrano poco più che ricordi del passato, mentre turisti e cittadini sciamano in entrambe le direzioni e i militari dell’Onu chiacchierano rilassati davanti a un bicchierino di caffè che, al confine, non si sa se definire greco o turco.

Una passeggiata nella parte meridionale non può che partire dalle sale del museo archeologico, sulla via omonima di fronte al teatro municipale e alla grande area verde dei giardini comunali. Nata dalle raccolte allestite a partire dalla fine dell’Ottocento, la collezione è stata sistemata definitivamente in questo palazzo dal 1924 in poi, anche se oggi si parla di progetti per la creazione di un’unica struttura che raccolga i reperti sparsi tra nord e sud: più che l’arte classica, affascinanti sono le tazze e le statuine minoiche, gli ex voto di terracotta e le piccole figure ricavate dal rame che si estraeva dalle montagne di Cipro prima dell’epopea di Alessandro Magno.

Dal museo si giunge in breve alla porta di Paphos, una delle quattro che i veneziani aprirono nella loro fortezza (e dove si trova il check point che attraverseremo più tardi per recarci nel nord). La parte antica di Nicosia inizia a conquistare il visitatore con il quartiere turistico di Laiki Ytonià dove stradine, banchi di souvenir, bar e ristoranti preludono al Ledra Observatory, realizzato all’ultimo piano di un grande magazzino da cui la vista spazia su tutta la città, e al vicino museo Leventis, dedicato alla storia, all’etnografia e alle tradizioni popolari, che nel 1991 è stato nominato da una commissione internazionale museo europeo dell’anno.

Proseguendo in direzione della cattedrale di Aghios Ioannis si incontrano diverse chiese e moschee a un passo l’una dall’altra: l’antica Aghios Trypiotis dedicata all’arcangelo Michele, la più moderna Faneromeni costruita al termine del dominio ottomano, l’imponente Omeryie Cami dove giacciono le spoglie di cavalieri e dame della dinastia dei Lusignano (che regnò sull’isola alla fine del XII secolo). La porta della casa di Kornesios, abitata dai dragomanni che avevano il compito di tenere i rapporti tra l’autorità ottomana e la comunità locale, è ornata da un leone veneziano.

Poco lontano, preceduta da una statua colossale dell’arcivescovo Makarios, Aghios Ioannis venne costruita sui resti di un’abbazia benedettina del Millecento: gli affreschi settecenteschi della cattedrale che narrano le storie di San Barnaba sono interessanti ma non eccezionali come le 150 icone conservate nel vicino museo bizantino, una raccolta che spazia dal ‘200 in avanti, rappresentando i molti e differenti stili utilizzati dai pittori ciprioti e greci che furono attivi sull’isola.

Imperdibili i mosaici della Panaghia Kanakarià realizzati nel VI secolo (la stessa epoca delle decorazioni di Ravenna), rubati dalla chiesa che si trova a nord nella penisola di Karpas e poi fortunatamente sottratti al losco mondo dei mercanti d’arte internazionali.Oltre la Linea Verde, la zona settentrionale di Nicosia è molto simile all’altra ma con alcune piccole differenze: meno turismo, pochi bar e ristoranti, il grande mercato coperto del Belediye Pazari e il favoloso bagno turco del Büyük Hamam, dove chiunque può farsi massaggiare o passare il tempo tra nuvole di vapore sotto le volte di una chiesa trecentesca.

La maestosa Selimiye Cami è il monumento di maggior richiamo: in origine era la cattedrale gotica, dedicata a Santa Sofia e fatta costruire a partire dal 1209 per volere del re Enrico I Lusignano. Le forme ricordano Notre Dame o Chartres, ma da una delle torri oggi trasformata in minareto si alza alle ore della preghiera il canto registrato del muezzin; all’interno pareti, archi e volte sono stati dipinti di bianco il che, insieme alla quasi totale assenza di arredi, rende lo spazio molto più arioso e imponente di quanto ci appaia oggi una cattedrale gotica delle stesse forme e dimensioni.

Per gli amanti dell’arte e della storia vale la pena affacciarsi tra le mura della vecchia casa veneziana che ospita il museo lapidario Bedestan, all’angolo tra la piazza Selimiye Meydani con Kirlizade Street, mentre per capire l’anima levantina della Nicosia di un tempo non c’è meta migliore del Büyük Han, il caravanserraglio che fu una delle prime strutture pubbliche edificate dagli ottomani dopo la conquista del 1572. Al primo piano, dove una serie di negozi offrono le loro merci ai turisti, soggiornavano gli ospiti, mentre al piano terra si trovavano merci e animali da soma; al centro del cortile è situata una cappella con una piccola fontana per le abluzioni rituali. Non lontano, celebre è la Kurmacilar Hani, la locanda dei giocatori d’azzardo, con una sala da tè di notevole suggestione.

Anche il nord della città divisa ha il suo punto panoramico: sulla terrazza del Saray Hotel si può sorseggiare una bibita oppure mangiare con il serpeggiante scorrere della Linea Verde sotto gli occhi e i bastioni veneziani che emergono tra le case. Da notare i cantieri che finalmente stanno lavorando su entrambi i lati del confine per restaurare il centro della capitale: in un futuro che inizia ad apparire vicino Nicosia tornerà ad essere una sola città, frutto della lunga convivenza tra popoli e religioni differenti.

Il nord

Vicinissimo, eppure a tratti lontano. Il nord dell’isola di Cipro, racchiuso tra i bastioni scricchiolanti di uno stato riconosciuto solamente dalla Turchia, sta spingendo con tutte le sue forze per uscire in direzione dell’Europa dall’angolo in cui la storia l’ha incastrato.

A Nicosia, dove l’andirivieni di persone che fanno la spesa al di là della Linea Verde è costante visto l’aumento del costo della vita nel sud durante gli ultimi anni, le differenze appaiono meno marcate; ma altrove balzano agli occhi. L’esile penisola di Karpas, una delle meraviglie paesaggistiche di Cipro (che secondo le parole di Churchill ricordava un pugnale puntato verso il ventre dell’Anatolia ), è l’area più orientale dell’isola, le cui strade sono molto diverse dalla trafficata autostrada che collega Larnaka a Paphos.

Lasciata alle spalle la pigra cittadina di Iskele con il più bel museo di icone del nord all’interno della chiesa della Panaghia Theotokos, la costa tocca il sonnolento porticciolo di Boaz (o Bogazi), guardato a vista dalla mole rocciosa di un castello dei Templari e da quella metallica di una raffineria. Un dolce saliscendi in direzione est raggiunge ciò che resta del convento e della chiesa della Panaghia Kanakarià, celebre per la vicenda dei mosaici trafugati e in seguito recuperati che oggi si possono ammirare al museo bizantino di Nicosia Sud. Il contesto agricolo è sempre più selvaggio, con paesetti che in alcuni casi sono stati popolati da poveri contadini turchi provenienti dall’Anatolia: completamente diversi, con i loro vestiti che coprono i capelli e talora il volto delle donne, da quelli dei moderni turco-ciprioti che si incontrano nella capitale.

Dopo Yenierelköy (o Aighialusa), su un colle si raggiungono le rovine della basilica di Aghios Trias, celebre per i mosaici del V secolo alcuni dei quali raffigurano immagini curiose, come un melograno e un paio di sandali che probabilmente erano il simbolo del pellegrinaggio. L’ultima località di una certa importanza sulla stretta lingua di terra è Dipkarpaz (o Rizokarpaso) da dove si può scegliere tra la costa settentrionale, con le chiese di Aghios Philon e della Panaghia Aphendrika che si stagliano solitarie di fronte alle acque del Mediterraneo, oppure il versante meridionale e la via principale, diretta verso la spiaggia più celebre di Cipro Nord: l’enorme distesa di sabbia dorata di Nagomi.

Pochi bungalow e un paio di ristoranti si affacciano sui 10 chilometri della Golden Beach, dove solo le tracce di chi passeggia sulla riva lasciano un segno. Il paesaggio è straordinario: verso l’interno le colline separano i campi di grano che ogni tanto ondeggiano al passaggio degli asini selvatici, mentre dove il vento lo permette crescono ancora i boschi di alberi di carrubo, in un tempo non lontano risorsa essenziale per i contadini e i pastori di etnia greca e turca che popolavano la penisola. Qualche pullman di pellegrini occupa il piazzale del maltenuto monastero dedicato all’apostolo Andrea, che proprio qui avrebbe toccato terra provenendo dalla Palestina. Poi, solo il vento e la strada sterrata che conduce sempre più a est ci separano dal roccioso Zafer Burnu, il Capo Sant’Andrea, a soli 70 chilometri di distanza dalle coste dell’Anatolia.

La penisola di Karpas altro non è che la prosecuzione verso oriente della lunga catena dei monti calcarei di Beparmak, che si snodano pochi chilometri a sud della costa settentrionale e della città di Girne e che toccano la quota massima di 1.023 metri. In un’isola in cui le invasioni, i saccheggi e gli sbarchi furono per secoli all’ordine del giorno, una simile muraglia naturale si prestava perfettamente alla difesa militare: ecco quindi nascere sulle montagne, in epoca bizantina, tre fortezze che più tardi vennero trasformate in poderosi castelli.

Costruito a circa 700 metri sul livello del mare, il castello di Kantara fu probabilmente il luogo in cui il bizantino Isacco Comneno si arrese a Riccardo Cuor di Leone: dalla porta vegliata da un barbacane si raggiunge la torre sud, vicino a cui si trovavano le costruzioni che ospitavano i soldati della guarnigione, mentre della parte settentrionale rimangono solo tratti di mura e la più alta torre da cui si poteva comunicare con Bufavento Kalesi, il castello di Buffavento (sito sempre aperto e non custodito).

Questa fortezza, la più centrale della catena di Kyrenia, può essere raggiunta dalla strada principale che collega Girne con Nicosia in corrispondenza di un colle; da qui, poco più di 6 chilometri di sterrato portano al parcheggio superiore dell’edificio, dove si trova un piccolo monumento che ricorda una sciagura aerea. La passeggiata di circa mezz’ora lungo un sentiero recentemente sistemato è ripida ma merita di essere affrontata: dopo la cresta della montagna si raggiunge infatti l’entrata più bassa del castello.

Buffavento si sviluppa in altezza partendo dalla porta vicino a cui si trovano un corpo di guardia e una cisterna a volta, per salire con ripide scalinate fino alle torri più alte da dove la veduta è eccezionale, con Nicosia ben distinguibile nelle giornate limpide; si può passeggiare tra i resti delle torri e degli alloggi, prestando attenzione a qualche pavimento sconnesso e alla mancanza di buona parte dei parapetti.

L’ultima delle fortezze, Sant’Hilarion, sorge sulle montagne proprio al di sopra di Girne, e si può raggiungere dopo aver attraversato il terreno di una base militare (attenzione, la strada viene chiusa al tramonto obbligando i ritardatari a una lunga deviazione attraverso il lontano paese di Kariyaka per raggiungere nuovamente la costa). Grazie al sito scosceso e alle sue muraglie, fu probabilmente l’ultimo presidio bizantino a cadere nelle mani dei cavalieri crociati e divenne il centro dello scontro violentissimo che, nel XIII secolo, vide fronteggiarsi gli eserciti dell’imperatore Federico II e di Giovanni d’Ibelin. La parte inferiore comprende, oltre alla porta principale, le stalle dove nel Medioevo venivano lasciati i cavalli, gli animali da soma e un corpo di guardia; una leggera salita porta fino ai ruderi della chiesa a fianco alla quale si trova un refettorio, oggi trasformato in bar.

Da qui in poi la salita verso le strutture più alte diviene ripida e faticosa: si incontra un bivio che conduce a un torrione isolato, poi si sale verso le torri di segnalazione da cui si gode un panorama d’eccezione e ai cui piedi si trova una seconda zona residenziale composta da una cisterna, dai ruderi delle cucine e dagli appartamenti reali, con una splendida finestra gotica che inquadra lo spettacolo della costa nord-occidentale di Cipro.

Ai piedi della catena, Girne (o Kyrenia) è l’unica cittadina cipriota sul mare che sembra rispettare lo stereotipo del porticciolo mediterraneo: lungo il porto, sotto la mole della fortezza voluta dai veneziani, si susseguono bar, ristoranti e tavolini all’aperto, mentre dalle banchine si muove il colorato viavai dei pescherecci e delle barche a vela dei turisti. Tra le mura della rocca, un piccolo museo conserva il relitto di una nave mercantile che seguiva le rotte tra Cipro, la costa turca e le isole dell’Egeo, naufragata nelle acque di questo tratto di costa circa 24 secoli fa: il vascello trasportava, al di sopra di una serie di macine di pietra usate probabilmente come zavorra, un carico di vino, olio e mandorle.

A pochi chilometri da Girne, infine, l’abbazia di Bellapais deve il suo nome a quello medioevale di Abbaye de la Paix ed è considerata da molti il più interessante monumento gotico del Medioriente. La chiesa del XII secolo, sobria ed elegante con tracce di affreschi del ‘400 sopra la porta, presenta le aggiunte richieste dalla liturgia greca ortodossa, come il matroneo, al di sotto della volta a costoloni. All’esterno una scaletta raggiunge il tetto del chiostro, forse il punto da cui il colpo d’occhio sull’insieme è più impressionante. La struttura, completa su tre lati, è ornata da bassorilievi e piccole sculture che abbelliscono l’effetto dei grandi archi aguzzi in stile gotico fiammeggiante.

Il luogo è una meta irrinunciabile per i turisti anglosassoni: lo ha reso famoso lo scrittore Lawrence Durrell (che negli anni ’50 fu uno degli incaricati dell’amministrazione britannica) nel suo libro Bitter Lemons of Cyprus. “I chiostri dell’abbazia, con i loro alberi di arance carichi di frutti e i brillanti giardini fioriti erano decisamente uno studio sui contrasti – la calma grave e contemplativa del gotico dovunque, come il silenzio in confronto alla musica, di fronte al lussureggiare dei frutti gialli e del verde delle foglie”. E le parole di Durrell, mentre scendiamo lungo la strada verso l’affollata rada di Kyrenia, sembrano voler riassumere tutto il paesaggio fatto di amene colline, del blu del mare, delle antiche pietre illuminate dal sole brillante e dell’aria chiara che, in tutti i mesi dell’anno, fanno di Cipro un’isola orientale nel bel mezzo del Mediterraneo.

PleinAir 404 – marzo 2006 

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