...Onde Bisenzio si dichina

Dove ancora scorre il fiume di Prato, ai tempi di Dante si "dichinava" anche la Strada di Lombardia. Ma oggi la valle del Bisenzio resta fuori dai grandi collegamenti, dirottati sulla parallela Autosole o su treni veloci. Situazione ideale per un viaggio di riscoperta in camper.

Indice dell'itinerario

Molti dei nostri lettori saranno già passati, forse senza saperlo, per la valle del Bisenzio. Chi non è salito infatti su uno dei treni che costituiscono la dorsale del sistema ferroviario della penisola? Fra Toscana ed Emilia Romagna i binari incontrano i contrafforti appenninici e scompaiono nel più lungo tunnel ferroviario nazionale: quei 18 chilometri costruiti fra il 1920 e il 1930 sul lato toscano iniziano a Vernio, appunto in quella valle del Bisenzio lungo la quale, nel Medioevo, si sviluppava la cosiddetta Strada di Lombardia. Ma i treni superveloci e quelli che coprono lunghe distanze vanno in fretta, e anche del tratto che precede la galleria non sarà rimasto molto più di un fuggevole ricordo senza nomi. Non sarà questo il caso della nostra tranquilla esplorazione in pleinair.
Visitata Prato, uscendo dalla città per il largo Viale Galilei che costeggia il Bisenzio, si trova un camper service sulla sinistra e di fronte il parcheggio di Piazza del Mercato. In questo tratto il fiume ha acque ormai sonnolente che poco oltre si verseranno in Arno, ma a monte della città ne risaliremo il corso tra alte colline fino a boscosi paesaggi di statura già montuosa. Nel Duecento la corrente non muoveva solo ruote di mulini ma faceva funzionare anche le gualchiere, macchine che battevano il panno per liberarlo delle impurità e per migliorarne compattezza e resistenza: tanto che da questa naturale disponibilità di energia idraulica si sviluppò la produzione laniera che nel Trecento condusse Prato all’apice del benessere economico.
Le acque avrebbero però dato nell’Ottocento altri frutti facendo nascere, ancora in campo tessile, un esperimento di città-fabbrica di cui incontreremo i segni a La Briglia. Con un po’ d’attenzione il visitatore di oggi scoprirà interessanti resti d’epoca, dai timpani neoclassici nella via degli uffici all’orologio da torre sulla casa che fu residenza dei fondatori (vedi approfondimento “Casa e bottega”). Il valore culturale di questa testimonianza sta ora inducendo il Comune di Vaiano a sostenere – insieme allo spostamento delle residue attività di piccola industria – un restauro e un recupero che ne assicurino la conservazione e la migliore fruibilità per il turismo.
Vaiano è il paese principale della valle: qui si trova un complesso monastico benedettino, risalente presumibilmente al X secolo, che oltre ad offrire ricetto fu attivo proprio nell’installare gualchiere e nell’instradare gli abitanti verso questo tipo di attività. Per la visita, il più conveniente dei parcheggi disponibili è quello che si trova nell’ampia piazza del Comune: da qui sono pochi passi per la chiesa e il suo ex monastero, dominati da un monumentale campanile che riprende forme della comunità di Vallombrosa cui la badia era legata. Un completo ciclo di restauri ha ripristinato fra l’altro le originarie tre absidi della chiesa, dal cui interno è possibile accedere al chiostro e quindi ai diversi ambienti, restando al piano superiore i dormitori dei monaci. L’ala sud-est ospita un museo diocesano di recente riallestimento che espone preziosi oggetti e arredi di carattere sacro, con una sala dedicata a processioni e religiosità popolare.
Lungo la laterale che sale a Schignano, all’indicazione per il Mulinaccio o Villa Vai conviene lasciare il mezzo e percorrere a piedi il breve viottolo (notare l’antica edicola sacra) per la bella costruzione quattrocentesca dalla quale, ancora nel Novecento, dipendevano numerosi poderi. Acquistata nel XVI secolo dagli Strozzi, passò successivamente ai Vai che la dotarono tra l’altro di ninfeo e giardino all’italiana; da ammirare anche l’annoso cedro del Libano che alza al cielo perfette braccia a candelabro. La villa è stata acquistata da qualche anno dal Comune di Vaiano, che l’ha destinata a conviti e manifestazioni ma ne consente anche la visita, mentre è rimasta al precedente proprietario un’ala aggiunta nel Settecento.
Riprendendo la strada oltre Villa Vai si giunge a Schignano, che trae vocazione turistica dalle buone possibilità di relax tra i boschi. Poco oltre il paese, il grande parcheggio asfaltato di Bertaccia è dotato di illuminazione notturna e di un camper service (peraltro poco fruibile per le ridotte dimensioni della griglia e la scomoda chiusura in pesante lamiera); per il carico dell’acqua, essendo inagibile la fontanella, conviene approvvigionarsi a quella che si trova nell’abitato, proprio di fronte alla chiesa. Al di là del ponte
Protagonista per quasi due secoli delle vicende della valle fu nel Medioevo la famiglia pratese degli Alberti, che vi avrebbe eretto nel più strategico punto di controllo la rocca di Cerbaia. Ripresa la provinciale, il fortilizio appare a destra, alto su un colle boscoso strapiombante sul fondovalle. Una villa sulla sinistra e un piccolo slargo sulla destra possono servire da segnale del punto in cui un bel ponte a schiena d’asino, anch’esso medioevale, ci permetterà di attraversare il fiume e salire alla rocca; per lasciare il mezzo ci sono un paio di spazi di sosta anche più avanti. Oltre il ponte occorrerà seguire la carrareccia e sfiorare un dismesso tunnel ferroviario, prestando poi molta attenzione al piccolo segnale che indica sulla sinistra l’inizio del sentiero. I resti della struttura pentagonale sono lesionati e ormai in stato di progressivo degrado e occorrerà cautelarsi contro il rischio di crolli, ma ci sembra un’ottima notizia l’imminente avvio del restauro.
Nel proseguire verso Vernio incontriamo, poco oltre Cerbaia, le località di Confina e Dogana (ne esiste ancora l’edificio). Questi nomi rammentano come alla metà del Trecento gli Alberti, in cattive condizioni economiche, cedessero la parte settentrionale della valle ai conti Bardi. Fu qui da allora il confine tra la nuova contea e la bassa valle, passata a Firenze. Si suppone che il nome Vernio derivi dall’essere stata la località un sito di svernamento dei soldati romani addetti al controllo delle genti galliche che abitavano il montuoso territorio.
Delle diverse frazioni, Mercatale – che fu posto di commerci – resta la più popolosa. Qui a fine Ottocento il Peyron, che vi aveva installato un lanificio, non esitò a mandare le operaie a Istanbul perché vi apprendessero l’arte del tappeto. Divenuto fornitore della Real Casa, avrebbe dato al prodotto il nome, esotico ma non troppo, di Mercatal. Due parcheggi si trovano all’inizio e alla fine dell’abitato; il secondo, più adatto alla sosta in camper, dovrebbe corrispondere alla spianata dove i Bardi accumulavano i tronchi delle abetine da rovesciare nel Bisenzio per farli fluitare a valle. Lo abbiamo utilizzato senza problemi per un paio di notti, anche se i convogli che appena prima di nascondersi nel grande tunnel passano veloci lungo l’opposta sponda del fiume non facilitano il riposo. Poco oltre, a San Quirico, è la sede comunale ospitata nel palazzo rinascimentale detto Il Casone, adibito a propria residenza da Ridolfo Bardi. L’adiacente oratorio di San Nicola di Bari, di poco successivo e unito al palazzo da una luminosa galleria, è dotato di un organo di recente restauro ed è destinato a concerti.
A Mercatale il Bisenzio disegna una larga curva che lo porterà a invertire di centottanta gradi il proprio corso. Così anche noi, abbandonato per il momento l’asse della provinciale 325, ci inoltriamo (a sinistra della piazza) nella più angusta valle boscosa percorsa dal fiume, scoprendo ambienti naturali tra i più suggestivi del giro. Dove il verde lago La Villa intercetta le acque del Bisenzio offrendo un piccolo bacino adatto ai piaceri della pesca, scegliamo sulla destra la deviazione su una strada asfaltata, pochissimo frequentata, che prosegue per buon tratto con ragguardevoli pendenze, ma si stabilizza salendo di altitudine. Qui la veduta si apre su fitti boschi e solitari fondovalle o sul profilo di qualche lontano agglomerato collinare mentre in basso scorre il torrente Carigiola, il cui corso interrotto da cascate è raggiungibile a piedi da Gavigno dove si può sostare nel piazzaletto con fontana, abbellito da una piccola chiesa. Durante l’estate in questo villaggio si svolgono varie feste tra cui la sagra della nonzella (altrove conosciuta come ficattola), pasta di pane fritta tagliata a rombi.Oltre Gavigno, superato a quasi 1.000 metri il passetto del Tabernacolo, si scende all’ameno paese di Fossato, su uno sperone circondato da un ampio paesaggio montano; qualche possibilità di parcheggio si trova nell’ultimo tratto del breve ramo che conduce all’abitato. Di origine medioevale, Fossato fu a lungo conteso tra Pistoia e i conti Alberti: vissuto sull’equilibrio di modeste risorse come quelle del bosco, dell’agricoltura, della pastorizia, il paese – che contava circa 400 abitanti – patì nel corso del Novecento la marginalizzazione dei borghi appenninici, qui accentuata dal particolare isolamento. Questo spiega perché si trovano oggi, a Marsiglia e in Corsica, piccole colonie di emigrati che tornano d’estate a ripopolare il paese, attualmente abitato da appena una ventina di persone.

Entriamo in riserva
Un nuovo affondo in un accattivante ambiente naturale ci porterà ora a Cantagallo, dopo essere passati per la sede comunale di Luicciana. In quest’ultima località, a partire dai primi anni Ottanta maturò l’idea di invitare pittori e scultori a decorare le pareti delle case in modo da creare una sorta di galleria d’arte, da visitare passeggiando attraverso il piccolo abitato o lungo i muretti dei sentieri: l’effetto è quello di un vero museo en plein air che si scopre quasi per caso. Noi abbiamo trovato da fermarci tra le casette lungo la discesa del municipio.
Cantagallo, non lontano dalle sorgenti del Bisenzio, è un piccolo abitato immerso tra i boschi e il monte. Vi è in corso di avanzato allestimento, mentre scriviamo, un centro visite della Riserva Naturale Acquerino-Cantagallo, che occupa una superficie di 96 chilometri quadrati con quote che si elevano fino ai 1.223 metri del monte Bucciana. Il progressivo abbandono dell’agricoltura montana e della pastorizia nella seconda metà del secolo scorso ha comportato la rivincita del bosco, che copre la quasi totalità del territorio con una netta prevalenza del faggio, seguito dal castagno e dal cerro. La fauna comprende daini, caprioli e circa duemila cervi.
Per la visita abbiamo scelto di spingerci su buone strade asfaltate fino all’ingresso presso la cascina di Spedaletto, dalla quale compiere per sentieri il percorso fino a Cantagallo. Lasciando il mezzo nella zona, lo si potrà recuperare in bici lungo la rotabile dell’andata (circa 12 chilometri). Il possesso di una buona carta, come quella al 50 000 del CAI, è essenziale per la riuscita dell’escursione. Dall’abitato saliamo dunque in camper fino al piazzale della Sega dal quale, percorrendo alcune centinaia di metri di sterrato non entusiasmante, si può raggiungere un bel piazzale circolare proprio di fronte al Bucciana. Qui parte il percorso più breve per chi volesse raggiungere questa cima: un sentiero che al passo del Treppio si innesta sul tracciato del famoso Sentiero Italia. Continuando invece oltre il piazzale della Sega si arriva in breve al passo della Rasa (dove abbiamo avuto occasione di incontrare due boscaioli che scaricavano dai loro muli, neri come il carbone, la legna appena tagliata nel bosco ceduo). Durante la successiva discesa si incontra sulla sinistra un viottolo che conduce in un quarto d’ora al rifugio Luigi Pacini, del CAI di Prato.
Ed eccoci al fondovalle dove la strada costeggia il corso del Limentra, passa vicino alla Stazione Forestale dell’Acquerino e arriva nei pressi della cascina Spedaletto (che funziona come agriturismo) il cui nome è fedele alle sue remote origini. Fu infatti sin dal 1100 un monastero creato con oblazioni del pistoiese Gaidualdo, ma anche ospedale prezioso per i viandanti che si avventuravano sulla solitaria strada del Limentra.
I numerosi sentieri che attraversano la riserva permettono di comporre in molti modi la propria escursione. Tra i punti di riferimento ricorderemo il cosiddetto faggione di Luogomano sotto le cui ampie chiome i pastori potevano meriggiare con tutto il gregge, la bella valle delle Barbe con l’omonima cascina restaurata e attrezzata per fornire occasionale riparo dalle intemperie, il bivacco di Cerliano accanto al quale sgorga la Fonte Santa ricca, si diceva, di proprietà curative. Dei cervi sarà facile ascoltare il lontano bramito particolarmente in autunno, stagione degli amori; l’acuto sentore quasi caprino è un segno del loro recente passaggio e gli incontri, come abbiamo potuto sperimentare, non sono affatto rari, ma spesso fulminei per l’indole timorosa dell’animale. Dista forse cinquanta minuti da Cantagallo la cascina Le Cave, gestita da Legambiente e in grado di fornire alloggio e ristoro. Appeso al grosso noce che fa ombra per pranzare all’aperto, il cartello “Nocio di Gaspare” rammenta ai posteri la non indolore scommessa di un qualche personaggio sicuro di riuscire a salire in cima all’albero.
Ritornati a Mercatale, riprendiamo la 325 che deve far fronte ora all’impennarsi delle colline. Dalle parti di Sasseta – un tempo paese di pastori che, come tutti quelli di queste contrade, usavano transumare d’inverno in Maremma con i loro animali – si apre qualche bella veduta verso i rilievi laterali con i loro boschi.
Ed eccoci al paese di Montepiano ai 700 metri di un pianeggiante valico, in un paesaggio caratterizzato da prati e alture ricoperte dagli abeti che i Bardi cominciarono a far piantare nel 1575. Dopo il 1892, quando fu costruita la strada che abbiamo appena percorso, la bellezza quasi alpina dell’ambiente fece di questa località, come mostrano diverse ville d’epoca, una ricercata meta di villeggiatura; in camper il miglior sito di sosta è il parcheggio che si trova appena sopra la chiesa parrocchiale.
A un paio di chilometri si trova la badia di Santa Maria, che sorse nel Mille dove l’eremita Pietro si cibava di erba e acqua. E’ una passeggiata che conviene fare a piedi o in bici, anche per poter continuare sino alla Fonte del Romito, mentre con il veicolo ci si dovrebbe comunque fermare a metà strada per l’abbazia, dove inizia l’angusta via alberata. Come a Vaiano, anche qui i monaci erano di obbedienza vallombrosana e si dedicavano ad attività che traevano proventi dal bosco, dalla pastorizia, dalla concia delle pelli effettuata da confratelli laici detti galegai. La facciata e i fianchi della chiesa conservano la struttura d’origine, a parte i corpi del transetto aggiunti alla fine del Seicento; notevoli le sculture naturalistiche sull’architrave dell’ingresso. Nell’unica navata a capriate in legno la nudità dell’insieme è attenuata da alcuni affreschi, soprattutto medioevali, tra i quali campeggia il classico San Cristoforo protettore dei viaggiatori. La visita è possibile di solito al mattino, in caso contrario occorre informarsi sugli orari di apertura nel vicino gruppetto di case o presso il parroco di Montepiano.
La Fonte del Romito è punto di transito per le due escursioni all’Alpe di Cavarzano (dislivello 230 metri) e al monte della Scoperta (dislivello 500 metri), così detto per l’ampiezza della veduta che se ne gode. Al termine del nostro giro, infine, un suggerimento sulla via da seguire per il ritorno: la panoramica rotabile che in una quindicina di chilometri, attraverso il passo della Crocetta, scende da Montepiano a Barberino di Mugello e al suo casello autostradale.

PleinAir 381 – aprile 2004

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio