Nuovo Risorgimento

La vecchia capitale sabauda sta cambiando volto e, a chi viene a visitarla o a rivisitarla, riserva più di una sorpresa. Tra tesori d'arte, una natura a portata di città e prelibatezze gastronomiche, un viaggio in camper a Torino è un fuoristagione praticamente perfetto.

Indice dell'itinerario

La vicenda urbanistica di Torino è unica. Fondata dai Romani al tempo di Augusto, nei quindici secoli successivi è rimasta compresa entro quelle stesse mura. Chiese e palazzi sono rimasti affacciati a cardi e decumani, le porte erano ancora il diaframma tra città e campagna. Nel Quattrocento e, dopo una parentesi francese, nel Cinquecento arrivano i Savoia. Non se ne andranno più, arretrando solo dinanzi a quel voto per la Repubblica nel 1948. Per lasciar posto agli Agnelli, ironizzano le storie cittadine. Fino ad allora la città non ha quindi attraversato fasi di crescita e di contaminazione architettonica, com’è avvenuto per buona parte d’Italia. Prima di ogni altra considerazione, l’unicità di Torino è tutta qui. Coi Savoia arrivano Guarini e poi Juvarra e il centro città assume l’aspetto in buona parte attuale.
Per la visita mettete in conto almeno tre giorni, ma la città vale una sosta più prolungata. La lista degli irrinunciabili comprende: Duomo e Cappella della Sacra Sindone, Palazzo Carignano (il 13 marzo del 1861 vi fu proclamato il Regno d’Italia), Palazzo Madama, Palazzo Reale con le collezioni dell’Armeria, la chiesa di San Lorenzo con una stupenda cupola del Guarini, la Mole Antonelliana (che ospita il Museo del Cinema), la basilica di Superga. Se avete tempo aggiungete il Santuario della Consolata con il campanile romanico, la chiesa di San Filippo Neri disegnata da Juvarra, il Parco del Valentino con l’omonimo castello, e il vicino Borgo Medievale (una ricostruzione realizzata per l’esposizione internazionale del 1884), le chiese gemelle barocche di Piazza San Carlo, la Porta Palatina con le torri poligonali, la chiesa di Santa Maria Ausiliatrice, il Teatro Carignano. Di fronte a Piazza Vittorio (una delle più grandi d’Europa), si trova la chiesa della Gran Madre, sul lato opposto del fiume. Salendo verso la collina si raggiunge in breve il Monte dei Cappuccini (dove ci sono un santuario e la sede del Museo della Montagna), da cui si gode una bella prospettiva dall’alto sul Po e sul centro storico.

I musei
Il Museo Egizio è secondo solo a quello del Cairo. La collezione comprende pezzi da brivido, come la tomba intatta di Kha e Merit o il tempio rupestre di Ellesjia. Piuttosto l’allestimento sembra segnare il passo, entro gli ombrosi spazi del seicentesco Palazzo dei Nobili. Alla sua visita se ne possono affiancare molte altre. Il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano, con sede a Palazzo Carignano, documenta in trenta sale la storia nazionale tra il 1864 e il 1872. La Galleria Sabauda, nello stesso edificio del Museo Egizio ma al piano superiore, espone la ricca collezione di quadri di casa Savoia. Non lontano, oltre 5000 pezzi annovera invece l’insolito Museo della Marionetta. Ci sono poi l’importante Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, il Museo della Radio e della Televisione, il Museo Ferroviario, il Museo dell’Artiglieria (il più antico della città), il Museo della Fotografia, il Museo della Montagna fondato dal CAI, l’Orto Botanico. Immancabile, e tra i più importanti d’Europa nel suo genere, è poi il Museo dell’Automobile: 150 vetture esposte, modelli, disegni e il corredo di stampe e manifesti d’epoca a celebrare il mito della quattroruote.

Andar per vetrine
Bello passeggiare sotto la fila di portici che collega quasi senza soluzione Via Po, Piazza Castello e Via Roma. I negozi del centro rivaleggiano quanto ad eleganza, poche le insegne sguaiate. Star delle vetrine è lei naturalmente, la cioccolata. Occhieggia da piramidi di gianduiotti da Zucca, tenta dietro dolci distese di foresta da Giordano, trionfa in pure creazioni artistiche da Peyrano. E che dire dei famosi caffè storici? Dal Bicerin in Piazza della Consolata al Baratti & Milano nel raffinato liberty della Galleria Subalpina, al Torino di Piazza San Carlo, al Fiorio, al Platti, i caffè torinesi descrivono un itinerario in quello spirito aristocratico e intellettuale che ha permeato di sé la città. E si può continuare. Non perdete i mille barattoli dell’antica erboristeria Rosa Serafino che ha aperto i battenti nella Piazza della Consolata più di centocinquant’anni fa: ma entrate solo con le idee chiare. Anche solo per scegliere un tè, le varietà disponibili vi renderebbero la vita difficile.
Ampia scelta pure sugli scaffali delle enoteche, visto che siamo in Piemonte. Si può andare ad esempio alla Petite Cave, al Bottigliere, al Vinaio di Via Cibrario. E poi le pasticcerie, le gastronomie, persino le farmacie offrono in certi casi scorci che più torinesi non si può. Per non dire di osterie e ristoranti, regno di tajarin, paniscia e bagna caöda. Verdi confini
Come poche città in Italia, come Londra con la sua Green Belt o Stoccolma col suo Kungliga Ekoparken, Torino è circondata da una rete di aree verdi, protette e fruibili. Le più vicine al centro sono i vari parchi della collina torinese (che comprende la Basilica di Superga e il Parco della Rimembranza), di Stupinigi, la fascia fluviale del Po (il famoso Parco del Valentino) e il Parco Regionale La Mandria. Soprattutto quest’ultimo, nelle immediate adiacenze della reggia di Venaria, è un’area di grande interesse naturalistico, oltre che ricreativo. Nei seimila e più ettari di pascoli e lembi di foresta planiziale vivono cervi e cinghiali, astori e falchi pecchiaioli. L’offerta di servizi, che comprende noleggio di bici, passeggiate a cavallo, escursioni in carrozza, visite guidate e attività didattiche, fa sì che il parco, soprattutto nei fine settimana, venga pacificamente invaso dai torinesi. La maturità del sistema regionale di aree protette si misura anche dalle pagine di una rivista un po’ particolare. E’ Piemonte Parchi, l’unica seria iniziativa editoriale che una Regione abbia dedicato al proprio sistema di aree naturali protette. «Con tanti segnali negativi che provengono dall’editoria del settore noi andiamo in controtendenza», sorride ottimista il direttore Gianni Boscolo.

Le residenze sabaude
La visita al castello di Venaria, è di quelle che non si dimenticano. Il grandioso complesso architettonico, voluto da Carlo Emanuele II nella seconda metà del Seicento, fu progettato secondo i canoni dei castelli di corte francesi, venne riplasmato dalla cultura mediterranea di Filippo Juvarra e rimase poi incompiuto. Nella sola ala meridionale si susseguono la Reggia di Diana, due padiglioni, la galleria, l’elegante cappella di Sant’Uberto, la Citroneria e la Scuderia Grande, le scuderie e il maneggio. Tra gli ambienti primeggia la Galleria di Diana, teoria di stucchi e vetrate lunga 80 metri. Favolosa estensione del complesso era poi il parco dove avevano luogo le battute di caccia dei Savoia, oggi protetto dal citato Parco Regionale La Mandria. Già declassata da residenza reale di caccia a caserma con l’occupazione francese del Piemonte durante il periodo napoleonico, Venaria nel secondo dopoguerra conobbe anni di abbandono e fu oggetto di continui atti di vandalismo.
Molte altre sono le ex residenze Savoia già visitabili ma che beneficerebbero assai di esser messe in rete da una promozione e una valorizzazione comuni. Ad esempio palazzina di caccia di Stupinigi, pure progettata da Juvarra, che si ritrova ormai nella periferia del capoluogo sabaudo. Al centro delle due grandi ali a esedra che si spiegano dal corpo centrale, dove avevano luogo i matrimoni della famiglia reale, sopra la cupola in lamiera di rame sta ancora il grande cervo in bronzo dal vistoso palco. Al pari di altri monumenti piemontesi quali l’abbazia di Staffarda, la Basilica Mauriziana a Torino, l’Orto Botanico di Chanousia, la palazzina è oggi di proprietà dell’Ordine Mauriziano che fu fondato dal duca Amedeo VIII di Savoia nel 1434. Per accedere al grande parco, dai viali che rasentano la tenuta, occorre seguire le indicazioni per Orbassano. Moncalieri e Rivoli sono a due passi dalla città. Il castello di Moncalieri, verso sud, domina con l’imponente mole dalle massicce torri angolari il centro storico affacciato sulla riva destra del Po. Quello di Rivoli, sulla strada del Moncenisio, ospita oggi una delle più attive fondazioni di promozione dell’arte contemporanea. Infine, poco a sud di Torino e già nel Cuneese c’è Racconigi. Vi nacque l’ultimo re Savoia, Umberto, e il suo aspetto attuale si deve a Guarini e a modifiche nel ‘700 e ‘800. Nelle sale sono esposti mobili antichi, i ritratti di tutti i Savoia e pure alcune culle che hanno ospitato gli infanti reali. Come quella che avrebbe preso fuoco con Vittorio Emanuele II dentro, per una distrazione della balia. Fu così che – leggenda o storia – la culla cambiò ospite e, per non lasciare la famiglia senza eredi maschi e il regno senza re, allo sfortunato rampollo si sostituì in gran segreto il primo bimbo di pari età che capitò, il figlio di tal macellaio Tanaca. Consegnato a sua insaputa all’inglorioso futuro della famiglia, e letti dall’aldilà i libri di storia, chissà, a San Pietro o chi per lui avrà forse confessato qualche rimpianto.

PleinAir 319 – febbraio 1999

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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