Notti di fuoco/1 - Miserere mei, Deus

Un falò di purificazione accompagna la processione del Cristo Morto a Sessa Aurunca, in Campania. Un'Italia da scoprire con le modalità dell'abitar viaggiando.

Indice dell'itinerario

Sui versi del Salmo 50 s’intona uno dei canti quaresimali più antichi della tradizione popolare italiana: il Miserere a tre voci di Sessa Aurunca, eccezionale colonna sonora degli eccezionali e coinvolgenti riti che la città vive per tutta la Settimana Santa. Ecco il motivo centrale per visitare in camper un territorio di grande interesse eppure quasi dimenticato. Per chi proviene da Roma la porta d’ingresso nella terra degli Aurunci è Minturno, addossata ad un costone con vista sul Golfo di Gaeta e sui cospicui resti della Minturnae romana. Ma la bella città medievale è anche l’uscita dal lunapark balneare insediatosi senza soluzione di continuità a partire da S. Felice Circeo. La stessa consolare Appia, che all’altezza dell’area archeologica supera il Garigliano e piega all’interno, si declassa a stradina di provincia rispetto alla parallela Domiziana.
Anche perciò, se non proprio sconosciuto, il comprensorio che ci accingiamo a visitare è un po’ trascurato, almeno dal turismo ufficiale. Ancora pochi chilometri dal bivio di Minturno e, isolato a sinistra sui primi rilievi trachitici di Rocca Monfina, appare il nobile profilo di Sessa Aurunca: lla coreografica composizione di tufi, intonaci color pastello e cupole maiolicate, varrebbe da sola un invito a fare tappa. Di certo valgono viaggio e soggiorno le tradizionali cerimonie religiose che richiamano a casa i sessani da mezzo mondo e tengono occupata l’intera città, dalla Domenica delle Palme a quella di Pasqua e oltre, in un crescendo di partecipazione e di tensione emotiva.

Il giorno delle Tenebre
Il calendario della Settimana Santa è immutato da quattro secoli e regolato dalle Confraternite religiose, distinte dal colore della mantellina (mozzetta), che si ripartiscono la gestione dei riti secondo una gerarchia consolidata. La loro prima apparizione avviene nei giorni di Lunedì, Martedì e Mercoledì mattina, con le processioni penitenziali che le vedono sfilare separatamente verso la Cattedrale. La sera del Mercoledì, spetta all’Arciconfraternita del SS. Crocefisso tenere nella chiesa di San Giovanni a Villa il primo e coinvolgente appuntamento corale: il cosidetto Ufficio delle Tenebre, comunemente chiamato “Terremoto”. E’ il racconto a più voci della Passione, letto al lume di candele che vengono spente ad una ad una, finché l’annuncio della morte di Gesù si leva, reso terrificante dal canto del Miserere e dal battere delle mani dei fedeli sui banchi, a simulare il pianto della Terra. E’ soprattutto il canto a far salire un brivido. “Miserere mei, Deus”, incipit il Salmo 50; ma subito le parole si fondono nello struggente impasto sonoro, come un vibrato d’organo, che i tre confratelli dal saio nero, una voce alta, una media e una bassa, riescono a modulare con una tecnica strabiliante.
Eseguito esclusivamente nel periodo quaresimale, in particolare all’inizio e al termine del Terremoto e più volte durante la processione del Venerdì Santo, il Miserere di Sessa Aurunca è indicato dagli studiosi come uno dei più sofisticati esempi di polifonia popolare non scritta. Il terremoto aleggia per Sessa fino all’alba del Giovedì Santo giorno di vigilia che i sessani dedicano ai preparativi dei prossimi giorni, compreso il Lunedì dopo Pasqua in cui festeggeranno la Madonna del Popolo, loro Patrona. Si sistemano le luminarie, ci si da da fare in cucina e si va in campagna a radunare rottami per i carraciuni, i falò purificatori che ogni quartiere accenderà al passaggio del Cristo Morto.
E’ vigilia anche per gli appuntamenti religiosi: in Cattedrale si celebrano due Messe solenni, quella detta degli Olii la mattina, e quella pomeridiana “in Cena Domini”; mentre in tutte le chiese si espongono all’adorazione gli “altari della riposizione”, i Sepolcri, allestiti dalle donne e decorati da pallidi ciuffi di grano fatti germogliare per tempo al buio delle case. Ovunque un’atmosfera di lutto: in chiesa si abbassano le luci, si legano le campane, si coprono con drappi viola crocefissi e immagini sacre, mentre i fedeli s’attardano in visita di Sepolcro in Sepolcro.

Misteri e falò
Il Venerdì Santo arriva in un’aria di attesa. Già dal primo mattino le donne mettono in ordine gli abiti da indossare durante la processione del tardo pomeriggio e gli uomini si ritrovano per gli ultimi ritocchi alla grande scenografia del corteo. Questo è giorno di digiuno stretto: si potrà mangiare, di magro, solo dopo il rientro della processione. Anche perciò le strade si vanno popolando già a metà mattinata per stiparsi nella luce del tramonto: quando la banda municipale esegue il brano convenuto, sempre quello, che preannuncia l’inizio del rito.
Ancora una volta il cuore e gli occhi dei sessani sono rivolti alla chiesa di San Giovanni a Villa, da dove prenderanno le mosse i Misteri (gruppi statuari di cartapesta rievocanti la Passione), e ai confratelli del SS.Crocefisso, cui spetterà l’onore di scortarli per tutto il tragitto. Quando dal portale della chiesa fa capolino il primo Mistero accompagnato dalle note di una marcia funebre, l’emozione dei fedeli si fa incontenibile. Il gruppo, imponente, raffigura Gesù confortato dall’Angelo nell’orto del Getsemani; lo sorreggono a spalla uno stuolo di confratelli incappucciati che dondolando ritmicamente, a cunnulella, due passi avanti e uno indietro, s’allontanano per lasciare posto ai successivi Misteri. Nell’ordine seguono: la Flagellazione, l’Ecce homo, il Cristo caduto sotto il peso della croce, infine il Cristo morto adagiato su un tavolato e coperto da un baldacchino di drappo nero. Chiude il corteo il gruppo delle Tre Marie, dietro il quale s’incolonnnano le donne vestite a lutto.
Preceduta dal lugubre verso di una cornetta “a morto”, la processione s’avvia tra due ali di folla, dapprima verso la Cattedrale e poi verso la Piazza del mercato da dove ridiscenderà lungo corso Lucillo. Ma impiega ore a percorrere poche centinaia di metri; e presto si fa buio. Sui davanzali ardono lumini ad olio e via via, ad ogni slargo, s’incendiano i carraciuni. Di tanto in tanto, alternandosi alle marce funebri, le voci strazianti del Miserere squarciano il velo di fumo e faville. E così si procede avanti e indietro, in un abisso di contrizione che sembra non avere fondo. Finchè, a notte alta, rientrato l’ultimo Mistero in San Giovanni, il dolore dei sessani sembra acchetarsi. Ma è soltanto una pausa.

Deposizione e Resurrezione
Un boccone, qualche ora di sonno, ed è già Sabato Santo. I carboni dei falò ancora crepitano sotto la cenere che la città è di nuovo in fermento per il “secondo tempo” dei Misteri: la processione mattutina degli ultimi due gruppi, la Deposizione e la Pietà.
Il primo gruppo, noto con il nome della chiesa e della Confraternita di San Carlo Borromeo, rappresenta Giuseppe D’Arimatea e Giovanni Nicodemo che depongono il corpo di Cristo dalla croce per consegnarlo alle Pie Donne. Il secondo, che fa capo alla chiesa e alla Confraternita del SS. Rifugio, rievoca i gesti pietosi di Maria mentre compone il corpo del figlio, un Cristo particolarmente espressivo scolpito in legno di olivo. Un tempo portati a spalla in due cortei distinti, oggi La Deposizione e la Pietà si incontrano in Via Roma, appena usciti dalle rispettive chiese, per poi procedere insieme.
Nessuno vuole mancare questo appuntamento, forse il più vicino al sentimento popolare dell’appartenenza e della famiglia. Ne sono infatti protagoniste, solidali con la Madre Addolorata, tutte le donne di Sessa Aurunca, che scalze e alluttate, vestite come la Madonna con un grembiule nero bordato di bianco, si dispongono a centinaia dietro le sacre immagini, imbracciando pesanti ceri. Galvanizzati, gli spettatori uniscono le loro lamentazioni a quelle che straripano dal fiume, acute e agghiaccianti, sospinte dai solenni adagi della banda e dall’invariabile cunnulella dei portatori. E’ in tale sorta di smarrimento generale che i Misteri compiono il giro della città e riguadagnano la casa divina nelle prime ore pomeridiane: quando il rito si conclude con la singolare distribuzione di candele e ramoscelli di ruta, l’erba miracolosa che “ogni male stuta”.
Con questo atto pagano, di nuovo legato al mondo domestico, s’archiviano per un altro anno la Settimana Santa, i tributi di devozione i voti sciolti e le personali obbligazioni con l’aldilà. Domani è festa grande di Resurrezione. Noi ne approfitteremo per visitare Sessa Aurunca nel suo stato di massima grazia e per organizzare il ritorno.

PleinAir 320 – marzo 1999

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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