Non solo Medioevo

Dall'archeologia industriale ai borghi storici, passando per le antichità romane e il ricco patrimonio architettonico religioso, Terni e la fascia sud-orientale dell'Umbria offrono un campionario di mete che sembrano fatte apposta per le tranquille esplorazioni con il veicolo ricreazionale. Senza dimenticare gli appuntamenti all'insegna del folklore e della tradizione, come la suggestiva Corsa all'Anello che ai primi di maggio anima strade e piazze di Narni.

Indice dell'itinerario

Era la fine dell’800 quando il cuore verde d’Italia, all’epoca una regione sostanzialmente agricola, divenne uno dei capisaldi nazionali della rivoluzione industriale: a Terni nascevano una fabbrica d’armi e le acciaierie, che sarebbero divenute il filo conduttore dello sviluppo cittadino in età moderna.
Ancora oggi il paesaggio del secondo capoluogo umbro, specialmente se lo si attraversa su una delle grandi vie di comunicazione, è dominato dalla presenza degli stabilimenti; ma questo non ha cancellato i segni di una storia antica e nobile, rappresentata da un patrimonio architettonico e artistico che non ha nulla da invidiare ad altre destinazioni del circondario pur meritatamente famose per i loro monumenti. E’ da qui che prende le mosse il nostro itinerario, che intercetta alcune località di grande richiamo ma non risparmia le deviazioni alla scoperta di centri minori spesso trascurati dai circuiti turistici più battuti.

Amore ferreo
San Valentino, patrono di Terni, l’ha trasformata nella città degli innamorati. Le spoglie del vescovo, martirizzato sotto l’imperatore Aureliano il 14 febbraio dell’anno 273, riposano nella basilica neoclassica al termine di Viale Turati, nella parte meridionale del capoluogo. La leggenda che ha dato origine al suo ruolo di protettore dei legami amorosi è testimoniata da due bracciali intrecciati conservati nel sarcofago di Sabino e Serapia, due giovani appartenenti a famiglie di religioni diverse che grazie a lui riuscirono a coronare la loro unione.
Per scoprire le più importanti emergenze architettoniche della città bisogna invece portarsi nel centro storico, che si estende intorno a tre piazze contigue: della Repubblica, Europa e Solferino. La prima è dominata dall’ex palazzo comunale, originariamente abbellito da una torre campanaria in seguito sostituita da una moderna struttura in acciaio e vetro che accoglie le sale della Bibliomediateca. Piazza Europa è invece chiusa dal severo Palazzo Spada, attuale sede municipale. Imboccando alcune delle strade che le intersecano ci si trova fra eleganti negozi, palazzi nobiliari e varie chiese di antica fondazione, tra cui quella del Sole o di San Salvatore su Via Colombo e quella di San Francesco su Via Cavour, fino ad arrivare al duomo di fondazione romanica nella piazza omonima. La facciata dell’edificio, preceduta da un ampio porticato, è sormontata da una balconata abbellita da statue del Vigni. Opera dello stesso artista è la fontana collocata sul lato opposto, simbolica rappresentazione del Velino e del Nera che a pochi chilometri da Terni si incontrano nella Cascata delle Marmore, dove le acque del primo fiume si riversano nell’alveo del secondo. Piazza Duomo è chiusa dal palazzo arcivescovile e dalle mura dell’anfiteatro Fausto, un imponente complesso archeologico purtroppo in stato di quasi completo abbandono a dispetto delle sue interessanti caratteristiche costruttive.
Usciti dalla parte antica, vale senz’altro la pena dedicare qualche ora agli opifici inseriti in un itinerario di archeologia industriale, da effettuare con le guide del centro documentazione. La sede si trova presso la stazione centrale dov’è installata anche la grande pressa idraulica da 12.000 tonnellate che, insieme con la Lancia di luce di Arnaldo Pomodoro, è il monumento simbolo della storia moderna di Terni. Nel percorso è compresa la visita allo stabilimento di Papigno, alla periferia sud-orientale della città, i cui vecchi capannoni ristrutturati sono serviti per creare le scenografie dei film di Roberto Benigni La vita è bella e Pinocchio; oggi queste ambientazioni costituiscono il Paese dei Balocchi, un complesso espositivo aperto da giugno a settembre.

La bassa Valnerina
La statale 3ter Flaminia si dirige a sud-ovest verso uno dei centri più importanti della provincia, Narni. Un ingresso cittadino attraversa la turrita Porta Ternana, da dove si raggiunge l’ampio parcheggio che costeggia Via Campagnani: data la centralità dell’area, provvista anche di pozzetto e rifornimento d’acqua, è però difficile trovare spazi liberi nei giorni di grande affluenza. Un’alternativa è la zona a ridosso dei campi da tennis del centro sportivo La Valletta, lungo la strada d’accesso alla porta.
Gli autobus urbani raggiungono Piazza Garibaldi, cuore del borgo, detta anche del Lago per la presenza nel sottosuolo di una grande cisterna. E’ qui, nell’adiacente Piazza Cavour e nelle strade vicine che si concentrano monumenti di indiscusso pregio: il duomo di San Giovenale che guarda un’elegante fontana in bronzo del ‘300 con vasca ottagonale, la chiesa romanica di San Francesco (impreziosita da notevoli affreschi) e i più importanti palazzi medioevali. In breve si giunge alla Platea Major, oggi Piazza dei Priori, dove l’edificio omonimo è arricchito da una piccola loggia in pietra chiamata l’Arengo del Banditore; di fronte sorge l’imponente Palazzo dei Podestà, attuale sede municipale, che conserva nella sala consiliare un’importante pala del Ghirlandaio raffigurante l’Incoronazione della Vergine.
Appena presa Via Mazzini, si scorge sulla destra il portico della chiesa romanica di Santa Maria Impensole: da uno dei notevoli portali si accede alle tre navate impreziosite da affreschi e da capitelli di insolita varietà. Continuando a scendere sulla stessa strada, affiancata da altri importanti palazzi d’epoca, si arriva ai Giardini di San Bernardo, un piccolo terrazzo verde che affaccia sulla valle del Nera con vista sull’abbazia di San Cassiano. Qui si trova l’ingresso alla Narni sotterranea, ovvero agli ambienti ipogei del convento di San Domenico che conservano importanti testimonianze del loro utilizzo nei secoli: una cappella affrescata di epoca medioevale, una cisterna romana, alcuni locali utilizzati dall’Inquisizione e infine una segreta con le pareti interamente coperte da commoventi graffiti dei carcerati.
Da Piazza Galeotto Marzio, prendendo Via Marcellina, si scende verso la casa del famoso condottiero Erasmo da Narni, detto il Gattamelata, al civico 113 della strada omonima. A conclusione del giro non può mancare la visita alla Rocca Albornoz, del 1370: recentemente ristrutturata, presenta grandi ambienti oggi disadorni che vengono utilizzati per accogliere convegni e mostre come quella permanente di moto d’epoca nelle sale al piano terra. Alcune brevi escursioni nel circondario porteranno al Ponte d’Augusto sul quale passava la Via Flaminia diretta a Carsulae, all’abbazia fortificata di San Cassiano e allo Speco di San Francesco, a 18 chilometri dalla città sulla strada per Sant’Urbano.
Presa la vecchia statale 3 di nuovo verso Terni, una breve deviazione porta a Collescipoli, annunciata da due svettanti campanili. Il principale motivo di richiamo è la Collegiata di Santa Maria il cui interno a navata unica, recentemente ristrutturato, è ricco di decorazioni barocche, stucchi e dipinti di pregio. Di particolare importanza è l’organo Hermans (uno dei pochi esemplari esistenti in Europa): così chiamato dal nome del maestro fiammingo che lo costruì nel 1667, è stato anch’esso oggetto di un restauro che ne ha riportato in vita il timbro peculiare.
Prima di proseguire verso la parte orientale del Ternano ci si potrà fermare anche a Stroncone, salendo con un comodo ascensore alla sommità dell’antico borgo per passeggiare fra torri, case, piazzette, pozzi e fontane in un’intatta atmosfera medioevale.

Risalendo il fiume
Imbocchiamo ora la statale 209 della Valnerina, che inizia quasi a ridosso del salto delle Marmore e costeggia il Nera fino a Visso. Ci si addentra così in un territorio nel quale si susseguono arroccate cittadine millenarie e paesaggi di indimenticabile bellezza, immersi in un ambiente naturale inalterato.
Una delle prime tappe è Arrone, noto anche per la produzione della ceramica, seguita a pochi chilometri da Ferentillo. L’abitato è costituito da due nuclei, Matterella e Precetto, sorti sulle opposte rive del Nera che qui forma una stretta gola: nel primo risaltano il castello e il mastio, nel secondo ha un qualche interesse la cripta della parrocchiale di Santo Stefano, dove sono conservate alcune mummie ritrovate nel cimitero del paese alla fine dell’800. Nel centro storico si trova Palazzo Silvani-Loreni del Sangallo, del quale purtroppo durante l’ultima guerra è andata distrutta la cospicua biblioteca.
Le fortificazioni che contornano i borghi della zona sorsero in posizione strategica per il controllo della stretta via d’accesso alla vicina abbazia di San Pietro in Valle. Un piccolo spazio tra il verde, ai piedi del complesso, consente di lasciare il camper proseguendo a piedi. Questo splendido monumento (ora parzialmente trasformato in residenza turistica e visitabile solo su appuntamento) conserva importanti testimonianze romane, bizantine e longobarde e si sviluppa intorno al chiostro che immette nella chiesa; sul campanile romanico si notano diversi frammenti architettonici, probabili resti di una domus. Subito all’interno, due colonnine segnavano il limite oltre il quale era vietato l’accesso ai non battezzati. Le pareti dell’unica navata sono interamente ricoperte nella parte superiore da affreschi delle vite dei santi; analoghi cicli pittorici si ritrovano nelle tre absidi, dove sono collocati alcuni sarcofagi latini. Ma il pezzo più importante è l’altare maggiore, costituito da varie parti marmoree del VII secolo: uno dei bassorilievi che lo decorano reca l’autografo di Ursus che, primo nella storia della scultura, volle firmare la propria opera.
Continuando sulla 209 vale la pena fermarsi, subito dopo Sant’Anatolia di Narco, nella frazione di Castel San Felice per ammirare la chiesa omonima. Nell’elegante rosone sulla facciata è raffigurato il santo che uccide il drago, forse un simbolico riferimento alla bonifica delle paludi un tempo presenti in questo territorio oggi destinato alla coltivazione del pregiato zafferano di Cascia, prodotto in trenta località. Accanto sorge l’antico monastero benedettino che, recentemente restaurato, è ora un’accogliente struttura ricettiva aperta tutto l’anno.
Spostandosi in direzione di Borgo Cerreto si può deviare a destra verso Ponte, le cui case sono curiosamente costruite solo intorno alla base della collina, o a sinistra per Cerreto di Spoleto. Una piacevole salita conduce al lindo e tranquillo borgo medioevale del cui impianto difensivo restano alcuni tratti di mura, una delle sei porte e un’alta torre, mentre diversi palazzetti gentilizi si incontrano lungo le strette strade che salgono fino alla piazza centrale, dove sorge la chiesa del castello.
In località Pontechiusita si abbandona la statale per Visso per addentrarsi nel cuore del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Superata Preci, dopo qualche chilometro una breve deviazione conduce alla celebre abbazia di Sant’Eutizio, che ospita il museo della storica Scuola di Chirurgia Preciana.

Dalla Val di Corno ai Sibillini
Oltre Campi e la Forca d’Ancarano la strada porta direttamente in uno dei centri più famosi della regione, Norcia, con la sua spettacolare parata di monumenti racchiusi nel borgo storico, da visitare con una tranquilla passeggiata. Eppure, nonostante la sua notorietà, la città di San Benedetto può ancora svelare qualche aspetto poco noto: si tratta dell’area delle Marcite, un compatto tappeto di vegetazione reso irriguo dai monaci benedettini utilizzando le sorgenti del Torbidone e del Salicone, caratterizzate da una temperatura costante dell’acqua e perciò da una flora sempre verde e fiorente. Qui è stato realizzato un percorso didattico per la riscoperta delle attività produttive preindustriali che vi si svolgevano sino a qualche decennio fa. La visita si effettua con le guide della locale Comunità Montana, le quali illustrano i vari sistemi di canalizzazione che permettevano di irrigare alternativamente piccoli appezzamenti di terreno, detti cortinelle, dai quali si ricavavano graminacee. La lavorazione avveniva nei mulini costruiti appositamente lungo i corsi d’acqua; in quello denominato Cecconi è allestita una mostra permanente che illustra i meccanismi della macinazione e la dura vita dei mugnai.
Trenta chilometri ci separano da Castelluccio, attraverso panorami sempre più vasti man mano che si sale verso il Pian Grande. Una sosta a Forca del Piano consente di ammirare l’ampia conca sottostante circondata dalla catena dei Monti Sibillini, tra i quali spicca il Vettore, e sullo sfondo il paesino aggrappato alla cima di una collinetta. Anche se già in primavera la vegetazione colora il pianoro, il periodo ideale per una visita a Castelluccio è senz’altro giugno, quando sui tre Piani (Grande, Piccolo e Perduto) si alternano il rosso dei papaveri, il bianco dei narcisi, l’azzurro dei fiordalisi e il giallo dei fiori di lenticchia, a comporre la tavolozza della celebre fiorita.
Tornati a Norcia si imbocca la panoramica statale 396, che costeggia il fiume Sordo, fino al bivio di Serravalle da cui un ponte immette in direzione di Cascia. Lungo il percorso ci si può fermare in uno dei parcheggi che costeggiano il viadotto per sperimentare l’ebbrezza della discesa del fiume Corno in canotto, accompagnati dagli istruttori del locale centro di rafting.
La visita di Cascia è imperniata attorno al santuario di Santa Rita, ma nell’articolato tessuto urbano si segnalano altri edifici religiosi: il complesso benedettino di Sant’Antonio Abate, la chiesa di San Francesco, la Collegiata di Santa Maria e il convento di Santa Margherita, ognuno dei quali conserva tele, affreschi e opere lignee di valore. Si potrà poi imboccare la strada per Chiavàno per visitare, dopo una quindicina di chilometri, Villa San Silvestro, nota per l’imponente tempio romano. Diverse campagne di scavo hanno portato alla luce l’intero basamento, sul quale poggiavano due file di colonne che risultavano avere oltre un metro di diametro. Ripresa la provinciale 474, si prosegue fino a San Pietro dove si svolta in direzione di Pianezza e di Leonessa sulla 11C, sconfinando nel Lazio, per ammirare il coloratissimo Piano di Chiavàno dall’alto dei colli: sembrerà di osservare una grande tela dipinta ad acquerello, distesa su un arco di 180 gradi.
Giunti a questo punto la meta da non perdere è Monteleone di Spoleto, che rappresentava il cosiddetto castello di poggio sovrastando, dall’alto dei suoi 978 metri, la valle del Corno e la confluenza di importanti vie di comunicazione. Dell’originario insediamento si può individuare una cinta muraria con torri e fortificazioni, inglobate nei monumenti principali della parte alta del paese, mentre l’attuale ingresso da Porta Spoletina fu ricavato in una seconda cerchia di mura costruita successivamente. Risalendo il centrale Corso Vittorio Emanuele, sul quale affacciano signorili edifici del ‘500, si giunge all’ingresso del castello fiancheggiato dall’arioso prospetto della chiesa di San Francesco. La facciata, che presenta ancora le ferite di un antico terremoto, è ornata da un portale ogivale contornato da colonnine tortili, abbellite da figure scolpite nella pietra, mentre l’interno a due navate con soffitto ligneo decorato conserva affreschi e un ricco paliotto d’altare. Ma la parte più interessante è forse la chiesa inferiore, con le pareti del vecchio coro interamente ricoperte da affreschi raffiguranti la Madonna, San Francesco e Santa Caterina; più nascosta, in una nicchia di una sala adiacente, una curiosa immagine della Vergine a seni scoperti. Altro motivo di grande interesse – anche se si tratta di una copia perché l’originale è conservato al Metropolitan Museum di New York – è la biga etrusca, parte di un corredo funerario scoperto sul vicino Colle del Capitano, la cui età si fa risalire intorno al 550 a.C. Il carro, completo di ruote e timone, era in legno ricoperto da pannelli di bronzo sui quali erano scolpite a sbalzo scene probabilmente riferite alla vita di Achille.
Chi volesse concludere l’itinerario immergendosi nell’amena tranquillità di un eremo abbandonato potrà recarsi al santuario della Madonna della Stella, circa 8 chilometri a nord di Poggiodomo sulla provinciale 470. L’eremo, che in maggio è visitato da numerosi pellegrini anche in gruppi provenienti dai paesi del circondario, non è dotato di ampi spazi per il parcheggio; bisognerà comunque proseguire a piedi attraverso la vegetazione per visitare gli anfratti naturali, completati da parti murate, nei quali alcuni agostiniani vivevano in completo isolamento. Lungo il sentiero si incontrano la cappella di Santa Croce, dove venivano esposti gli abiti dei miracolati, e una piccola cascata d’acqua dove i pellegrini usavano ristorarsi prima di riposare al fresco degli alberi. Da qui si ritorna in breve sulla statale 209 poco lontano dal bivio per Cerreto di Spoleto, chiudendo l’anello e andando a riprendere le grandi vie di comunicazione per il rientro.

Testo e foto di Emilio Dati

PleinAir 441 – Aprile 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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