Non è la Svizzera

Alle porte di Pistoia, sulle pendici di un Appennino che a tratti ricorda le Alpi elvetiche (e ne prende il nome), si snoda un circuito pleinair attraverso dieci deliziosi borghi fortificati. Con un piccolo fuorirotta alla scoperta del paese di Pinocchio.

Indice dell'itinerario

Piccoli, ospitali e con tanta voglia di farsi conoscere: sono dieci borghi fortificati della Toscana settentrionale incastonati sui colli del Pistoiese, a un tiro di schioppo dal capoluogo e da quell’altra splendida meta d’arte che è Lucca. Pietrabuona, Medicina, Fibbialla, Aramo, San Quirico, Castelvecchio, Stiappa, Pontito, Sorana, Vellano sono i nomi di queste castella aggrappate ai crinali, che si fronteggiano in quota formando una coralità di insediamenti urbani in un’area geografica che fu terra di confine e di conquiste delle grandi signorie feudali.
Siamo in Valleriana, inesplorata oasi di verde e di quiete assoluta tra boschi di conifere e di latifoglie, corsi d’acqua, chiese secolari, mulini e vecchie cartiere: ma il comprensorio è più noto con il curioso appellativo di Svizzera Pesciatina, che risale alla fine del XVIII secolo allorché lo storico ed economista ginevrino Jean Charles Sismondi, esule politico a Pescia, volle riconoscere i contorni delle sue amate montagne patrie in questo incantevole angolo della Valdinievole tra il fiume Pescia e il torrente Torbola. Porte aperte agli strumenti del pleinair: lo dimostrano alcune aree attrezzate ben collocate lungo lo sviluppo dell’itinerario e una serie di percorsi escursionistici come il Valleriana Trekking, un circuito a tappe di modesto impegno che permette di raggiungere tutti i borghi con una media di 5 o 6 ore di cammino al giorno.

La città dei fiori
Il nostro viaggio non può non partire da Pescia, deliziosa cittadina rinascimentale con palazzi, chiese e conventi che la rendono un piccolo gioiello d’arte, in un contesto paesaggistico e di ospitalità che le è valso il marchio della Bandiera Arancione. Oltrepassata Porta Fiorentina si entra nel nucleo antico del borgo e, dopo aver visitato la cattedrale medioevale di Santa Maria Assunta con campanile trecentesco, si passeggia con tranquillità fino a Piazza Mazzini, cuore della vita cittadina – la precedente denominazione di Piazza del Mercato Longo ci ricorda che fu luogo di fiorenti commerci – aperta in tutta la sua scenografica lunghezza fra eleganti abitazioni storiche, caffè, ristoranti e negozi. In alto sorge il trecentesco Palazzo del Vicario oggi sede del Comune, sul lato opposto la chiesa della Madonna di Piè di Piazza realizzata dal Buggiano, un allievo di Brunelleschi, a sancire il predominio politico e culturale fiorentino sin dal 1339. Oggi strettamente legata alla produzione florovivaistica, l’economia di Pescia godeva anche in passato di particolare prestigio per le sue tradizionali industrie: setifici, ferriere, concerie e cartiere (proprio da una di esse proveniva la carta filigranata su cui furono stampate, nel 1810, le partecipazioni di nozze di Napoleone Bonaparte con Maria Luisa d’Austria).
Comoda base per chi vuole esplorare la Svizzera Pesciatina facendo rientro in serata è l’area di sosta in Piazza Guido Rossa, utile anche a chi decide di spostarsi a piedi lungo i tracciati del Valleriana Trekking. In prossimità delle porte di ciascun borgo fortificato un cartello turistico narra la storia e le gesta eroiche di quei valorosi che abitarono queste terre “facendo l’impresa”, cioè lottando per il predominio sul territorio; e sarà come una caccia al tesoro, carta geografica alla mano, in un dedalo intricato di viuzze ripide e strette fra cartiere e piccoli musei, fontanili, chiese e cappelle votive, sottopassi, cunicoli, acciottolati, panchine in legno costruite con i tronchi degli alberi ad alto fusto di queste incontaminate groppe montagnose.

L’anello delle castella
Il primo paesino che incontriamo sulla Via Mammianese è Pietrabuona, toponimo derivante dalle antiche cave in pietra serena distribuite sul suo territorio. A motivo della sua posizione strategica lungo la valle del Pescia, nel Medioevo fu insanguinato da aspre contese tra i pisani e i fiorentini, che lo conquistarono definitivamente nel 1371. Prima di salire nella parte vecchia del borgo, dove le antiche mura smantellate si rintracciano incorporate in edifici posteriori, sarà opportuna una visita al Museo della Carta in cui osservare strumenti e tecniche d’epoca, insieme all’affascinante descrizione del ciclo produttivo. Giunti in Piazza del Castello vi troveremo la chiesa dei santi Colombano e Matteo, innalzata sul luogo di una pieve le cui prime testimonianze risalgono al 798 ma della quale non è rimasta traccia, ad eccezione di una parte dei muri perimetrali e dell’abside che confina con la porta del castello.
Poco più avanti, immettendosi sulla strada per la Val di Torbola e svoltando a sinistra dopo qualche centinaio di metri, si raggiunge il piccolo abitato di Medicina, documentato fin dal X secolo e teatro di sanguinose battaglie che videro opporsi Firenze e Lucca. In passato questo era conosciuto come il paese dei potini, coloro che si tramandavano di padre in figlio l’arte di potare gli olivi e che erano soliti andare a fare la stagione in Maremma. Sono visibili alcuni resti delle vecchie mura, la porta d’accesso al castello e il bel campanile della chiesa dei santi Sisto e Martino, in origine antica torre di guardia; all’interno, di particolare interesse il fonte battesimale cinquecentesco e due sculture lignee del ‘400 che raffigurano la Madonna col Bambino.
Tornando sulla strada della Val di Torbola si arriva in breve a Fibbialla, altro insediamento medioevale di poche anime e di tanta pace. Il minuscolo paese è raccolto attorno alla quattrocentesca chiesa di San Michele Arcangelo, dalla semplice facciata in pietra, che conserva dipinti del XVII e XVIII secolo.
Tornante dopo tornante, sulla destra è la volta di Aramo: per la sua collocazione a picco sulla valle della Pescia Minore presenta uno dei castelli più suggestivi della regione, a lungo conteso tra fiorentini e lucchesi. Si possono osservare qua e là tracce dell’antica cerchia muraria e alcuni cunicoli sotterranei che servivano per uscire dal borgo in caso di assedio, mentre alla sommità dell’abitato si trova la chiesa di San Frediano che conserva interessanti arredi sacri.
Distintosi in passato perché sede di un’antica corporazione di fonditori di campane in bronzo, che rifornivano l’intera vallata, San Quirico offre proprio all’ingresso dell’abitato un’area di sosta; per un approccio con la gastronomia locale consigliamo una pausa al bar La Piazza, gestito da una simpatica signora che prepara gustosi stuzzichini, bruschette e piatti tradizionali da accompagnare con un buon bicchiere di vino toscano o di acqua purissima che sgorga dalla fontana situata a destra del negozio. Seguendo l’apposito cartello della Pro Loco che si incontra scendendo a piedi dalla piazza sulla sinistra, ci potremo poi dedicare a una romantica passeggiata sotto le mura del XIV secolo; fra i monumenti del paese apprezzeremo la chiesa romanica dei santi Quirico e Giuditta (oggetto di vari restauri nel corso del tempo) e l’oratorio dei santi Rocco e Sebastiano. Presso l’agriturismo Il Frantoio, un edificio d’epoca ben ristrutturato, si trova invece un piccolo Museo della Civiltà Contadina allestito nell’ex mulino.
Scendendo da San Quirico, dopo pochi chilometri si raggiunge Castelvecchio che merita una visita per la splendida pieve dei santi Tommaso e Ansano, il più insigne monumento romanico della vallata risalente al XII secolo: con interno a tre navate, presenta suggestive raffigurazioni di mostri e demoni scolpite in pietra sulla sommità della facciata.Su quello che fu per secoli il confine tra il Granducato di Toscana e il Ducato di Lucca sorge il villaggio di Stiappa, un tempo noto come il paese delle belle donne. Poco oltre si raggiunge l’incantevole castello di Pontito che, sorgendo a 750 metri di quota sul versante sinistro del torrente Pescia, è il borgo più alto di questa montagna e il più distante dal nostro punto di partenza. Il nome gli deriva dalla caratteristica forma appuntita a ventaglio rovesciato, con le case e le strade a formare vari archi concentrici e, in posizione dominante, la bella parrocchiale romanica dei santi Andrea e Lucia. Al centro della principale Piazza Papi è il busto in bronzo di Lazzaro Papi, insigne medico e letterato che qui nacque nel 1763 e che trascorse quasi dieci anni della sua vita in India, dandone resoconto in una delle sue opere. Prima di salire in cima, vi consigliamo di fermarvi alla fontana ottocentesca in pietra che si trova in fondo alla piazza per bere un sorso d’acqua che anche qui troverete leggera e purissima.
Nel ridiscendere verso la Via Mammianese per chiudere l’anello (con qualche cautela poiché in questo tratto non mancano curve e pendenze importanti) incontriamo la breve deviazione per Sorana: nel Medioevo poteva contare su uno dei castelli meglio muniti della zona, la cosiddetta Rocca Sovrana, e che pure fu conquistato dai fiorentini nel 1364. Il nucleo antico, di sagoma quasi circolare, conserva fra l’altro la chiesa dei santi patroni Pietro e Paolo, ma la fama del paese è affidata alla tradizionale produzione di un fagiolo speciale dal gusto delicato e dalla buccia assai tenera di cui si dice fosse ghiotto Gioacchino Rossini.
Ripresa la Mammianese quasi in prossimità di Pietrabuona, una serie di tornanti sale a Vellano dove la più fitta presenza di botteghe, ristoranti, agriturismi ci fa capire di essere arrivati in quello che è considerato il piccolo capoluogo della valle. Qui si lavora la pietra serena, caratteristica di edifici e pavimentazioni stradali di tante città toscane e non solo, e proprio a quest’attività è dedicato l’interessantissimo Museo Storico Etnografico del Minatore e del Cavatore, una collezione davvero rara nel suo genere con strumenti, macchinari e ricostruzioni a grandezza naturale di interni di miniere. In basso, fuori le mura, sorge la bellissima pieve dei santi Sisto e Martino con l’imponente campanile, un tempo annessa a un’importante abbazia benedettina. Subito all’esterno del borgo si trova un comodo parcheggio per auto e camper, e da qui a sinistra parte un sentiero naturalistico che in circa un chilometro e mezzo porta a Calamari, sul fondovalle del Pescia.
Tornati sulla statale si ridiscende a chiudere l’anello, concludendo così l’itinerario: ma a pochi chilometri ci aspetta ancora una tappa che piacerà soprattutto (ma non solo) ai più piccini.

A casa di Pinocchio
A pochi chilometri da Pescia, proseguendo brevemente sulla statale in direzione di Lucca e svoltando a destra, si arriva a Collodi: Carlo Lorenzini scelse come pseudonimo appunto il nome del paese in cui era nata la madre per firmare i primi lavori e soprattutto il suo Pinocchio. Imperdibile la visita al parco di cui è protagonista il burattino più famoso del mondo: si tratta di un vero e proprio museo all’aperto alla cui realizzazione hanno lavorato, a partire dagli anni ’50, alcuni dei più importanti artisti e architetti italiani tra cui Emilio Greco, Venturino Venturi e Giovanni Michelucci. Nel complesso si trovano anche l’Osteria del Gambero Rosso, il percorso del Paese dei Balocchi con sculture e allestimenti che riproducono episodi e personaggi del libro e il Laboratorio delle Parole e delle Figure.
Proprio di fronte al Parco di Pinocchio si stende lo scenografico giardino barocco di Villa Garzoni (detta anche delle cento finestre), uno dei più belli e famosi d’Italia, sul quale sembrano scendere come una cascate le vecchie case del borgo, in cui si conservano l’antica rocca e la pieve di San Bartolomeo. Salendo sulla destra, quasi a metà strada gli appassionati di trekking potranno imboccare la Via della Fiaba, un tracciato fra gli olivi che ripercorre una strada romana e in un’ora di camminata riporta a Pescia, attraversando scorci indimenticabili nella campagna pistoiese.

PleinAir 410 – settembre 2006

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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