Nevi sabaude

Nei mesi freddi la Valle Orco e la Val Soana, sul versante piemontese del Gran Paradiso, offrono splendide opportunità a chi si muove in camper, grazie a strategiche soste fruibili anche d'inverno. E poi via, con le racchette o gli sci da fondo per esplorare boschi, pianori e caratteristiche borgate alpine.

Indice dell'itinerario

Tutti conosciamo le valli valdostane del Gran Paradiso, e più volte su queste pagine abbiamo raccontato le meraviglie dello sci di fondo a Cogne o delle tranquille piste della Valle di Rhêmes. Pochi invece si spingono d’inverno nelle valli del versante piemontese del parco nazionale, prima di tutto a causa delle non facili comunicazioni. Eppure la strada che risale la Valle Orco non ha praticamente più problemi: quasi tutte le strettoie con cui si attraversavano le borgate sono state eliminate con brevi circonvallazioni, le varianti di Fornolosa e di Frera saranno presto terminate e il tratto finale tra Noasca e Ceresole Reale da diversi anni è costituito da un lunghissimo tunnel, che evita tornanti e cadute di masse nevose. Così, come per incanto, si passa da una valle stretta, scura e spesso priva di neve, alla fantastica piana di Ceresole, ammantata di bianco e dominata dalle pareti delle Levanne e della Bellagarda. E senza nemmeno entrare in paese si può raggiungere il centro fondo e pattinaggio di Lilla, con un ampio parcheggio che risolve la principale difficoltà invernale della valle, almeno per i camperisti: la chiusura dell’area attrezzata estiva, situata in un luogo a rischio di valanghe e dunque inagibile. Non bisogna perciò dimenticare un imbuto e raccordi per il rifornimento idrico da una delle tante fontane, e tenersi pronti a 22 chilometri di viaggio per scaricare le acque grigie a Locana: fatta questa premessa, può iniziare il divertimento sui 17 chilometri delle piste di fondo che si snodano intorno a Ceresole.

Aquile e stambecchi
Nella bella conca di Lilla sono presenti tre anelli concentrici: meglio scegliere il più ampio, di media difficoltà, che ha anche una prosecuzione più impegnativa con saliscendi nel bosco. Lungo il tracciato si toccano la minuscola borgata Ghiarai e alcune baite isolate, nascoste dalla neve. Finito il primo giro, si prosegue lungo il campo sportivo e al bivio si può prendere il ramo in salita che si alza in direzione della grande diga, uscendo con un po’ di fatica in vista del vasto bacino artificiale di Ceresole. Da qui cambiano il paesaggio e il ritmo della sciata: infatti la pista procede quasi in piano per 8 chilometri, percorrendo prima il versante esposto al sole, a valle dei diversi nuclei di Ceresole e della carrozzabile, poi transita presso il Rifugio Massimo Mila (dedicato al celebre musicologo appassionato di montagna e di scalate) e si immerge nel fitto bosco di abeti che ammanta il versante in ombra della valle. Giunti alla diga, si può scegliere fra una ripida discesa o il panoramico passaggio sul suo coronamento, per poi ridiscendere con l’itinerario di andata nella piana di Lilla.
Poco sopra il campo sportivo, lo sguardo è attirato dalla mole dell’ex Grand Hotel. Aperto nel 1888, fu meta di un turismo d’élite tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, poi rimase abbandonato per lungo tempo fino a un recente intervento di recupero. Una parte è stata trasformata in alloggi, un’altra è stata restaurata dall’ente parco che vi ha allestito il centro visitatori Homo et Ibex, dedicato al rapporto fra uomo e stambecco, mentre il grande salone delle feste ospita ora una sala polivalente. Purtroppo d’inverno è visitabile solo per pochi giorni durante le feste di Natale, così bisogna accontentarsi di ammirarlo dall’esterno, immaginando l’epoca gloriosa in cui ospitava la regina Margherita, la corte dei Savoia e Giosuè Carducci. Proprio qui il poeta compose nel luglio del 1890 l’ode Piemonte, opera che si apre con una suggestiva immagine ispirata dal panorama che Carducci ammirava dalle finestre del Grand Hotel: “Su le dentate, scintillanti vette | salta il camoscio, tuona la valanga | da’ ghiacci immani rotolando per le selve croscianti: | ma da i silenzi de l’effuso azzurro | esce nel sole l’aquila, e distende | in tarde ruote digradanti il nero | volo solenne”.

Dalle borgate al lago
Non solo sci di fondo e ricordi sabaudi: l’inverno di Ceresole Reale offre anche diverse passeggiate con le ciaspole. Una si può raggiungere direttamente dal centro fondo, che si trova già a una discreta quota (1.500 m), costeggiando la pista verso la diga fino a incrociare la stradina asfaltata delle fonti minerali su cui transita la GTA. Seguendola verso destra si esce sullo stradone, se ne percorre un tratto in salita tagliandone due tornanti e poco dopo, sempre seguendo i segnavia GTA, si sale alle casette di Moies e si prosegue sulla mulattiera estiva. Il tracciato contorna da sinistra le case, poi si alza in diagonale verso destra nel lariceto, alternato a pochi tornanti, toccando le baite Truc, Visiret e Reposa (1.840 m), che offrono buoni scorci sulla valle. Usciti dal bosco si arriva in breve a Ca Bianca (1.947 m), posta in bella posizione panoramica e meta della gita (andata un’ora e mezzo, ritorno un’ora).
Per scoprire le altre possibilità offerte dalla zona occorre spostarsi con il mezzo percorrendo la strada che tocca i diversi nuclei comunali, ne costeggia il lago e prosegue lungo il fondovalle raggiungendo lo skilift di Chiapili Inferiore (1.664 m), un impianto ideale per i bambini. Qui inizia inoltre una gita con le ciaspole che di solito si effettua seguendo le tracce di altri escursionisti, partiti dal vicino Rifugio Muzio. Ci si tiene sulla sinistra dello skilift toccando una bella baita e si raggiunge la stazione superiore; quindi si continua verso sud nel fitto bosco, con un tratto ripido e poi in diagonale, alti sulla gola in cui scorre a destra il Rio di Nel. Con un altro passaggio abbastanza ripido si raggiunge un costone di bosco più rado, e avendo sempre sulla destra il vallone di Nel si esce tra i pascoli. In breve appare in basso la conca di Nel, con il lago coperto di neve e lo sfondo delle Levanne. Conviene fermarsi in alto, presso una cappella (2.280 m), senza scendere al Rifugio Jervis che è chiuso d’inverno (andata circa due ore e mezzo, ritorno sullo stesso percorso un’ora e mezzo).
La terza gita è adatta alle racchette da neve e anche agli sci da fondo escursionismo, poiché si svolge in gran parte sulla strada estiva per il Lago Serrù; ma è d’obbligo informarsi sulle condizioni della neve presso il Rifugio Muzio, poiché ogni tanto c’è pericolo di valanghe. Dal parcheggio dello skilift si fanno a piedi pochi passi sull’ultimo tratto di asfalto tenuto sgombro dalla neve, poi si continua lungo la strada innevata che con due tornanti esce nella bella piana di Chiapili Superiore (1.779 m). La strada si inoltra lungo la valle su terreno aperto con il panorama sul vallone del Carro a sinistra, sale con alcuni tornanti e a mezzacosta raggiunge un ponte. Poco dopo la si deve abbandonare per risalire un valloncello lungo le ripide tracce lasciate dalla motoslitta dei guardiani della diga. Ritornati sulla carrabile, la si segue in diagonale sbucando in un pianoro, da cui una breve salita porta in vista della diga: seguendo le tracce della motoslitta si va a sud, e con un’ultima rampa si sale sul lato sinistro della chiusa uscendo al casotto dei guardiani. L’edificio, posto all’estremità meridionale dello sbarramento, offre un magnifico scorcio sul Lago Serrù (2.292 m), gelato e coperto di neve (andata due ore e mezzo, ritorno due ore sullo stesso percorso).

Natura remota
Dopo le ciaspole e lo sci di fondo alla testata della Valle Orco, inevitabilmente cresce la voglia di approfondire la conoscenza anche del versante meridionale del parco, la solitaria Val Soana. Il bivio è a Pont Canavese, bel nucleo medioevale posto alla confluenza con la Valle Orco, il cui accesso era controllato dalle due torri Ferranda e Tellaria. Per la sosta c’è un’area attrezzata gratuita, dov’è indispensabile scaricare le acque grigie perché in Val Soana non ci sono servizi invernali per i camper.
Per salire nella valle è opportuno avere un mezzo agile e una buona abitudine alla guida su strade di montagna innevate. La carreggiata presenta infatti frequenti strettoie, anche se le più brutte sono proprio all’inizio della salita, fra le ultime case di Pont Canavese (se non ci sono problemi qui, si può proseguire). All’inizio la strada si alza ripida e con un paio di tornanti, poi si snoda a lungo a mezzacosta dominando lo scosceso pendio boscoso che precipita verso il Soana, quasi invisibile almeno fin dopo Ingria. Due tornanti annunciano Ronco Canavese e le sue strettoie, poi senza problemi si arriva a Valprato Soana, dove la valle si biforca. Chi preferisce lo sci può salire, con una strada ripida e tortuosa, a Piamprato (1.551 m): il minuscolo paese è adagiato in un bel pianoro e offre un anello di fondo di 6 chilometri, un piccolo skilift e un tapis roulant per bambini.
Chi invece ha scelto le passeggiate sulla neve dovrà dirigersi a Campiglia Soana (1.350 m), da cui parte il facile itinerario per il Piano d’Azaria, percorribile con le ciaspole o con sci da fondo escursionismo: si snoda infatti su una stradina chiusa alle auto che inizia dal parcheggio del paese. Ben presto il tragitto attraversa il torrente, si alza con due tornanti, poi risale la valle giungendo a un ponte che è bene attraversare, lasciando per un tratto la carrabile principale esposta al rischio di cadute di neve. Al di là del torrente si sale con pochi passi alla Grangia Cugnonà, la si aggira sulla sinistra e si trova subito un altro ponte che riporta alla strada principale. Seguendola si toccano alcuni alpeggi, si ammira una cascata gelata e si esce nel vasto Piano d’Azaria, uno splendido pianoro che si estende per quasi 2 chilometri, solcato dalla viuzza che va diritta tra i pascoli sfiorando una bella palazzina in pietra (1.551 m). Proseguendo ancora si trova a sinistra il ponticello che porta alla cappella del Sacro Cuore. Da qui si può tornare indietro sul percorso dell’andata oppure con il viottolo forestale che dalla cappella si inoltra nel fitto bosco di abeti, poi scende a un ponticello che riporta sull’itinerario di salita (circa due ore in tutto).

Andar per borgate
Resta ancora un ramo della Val Soana che merita la visita, e per raggiungerlo si torna a Ronco Canavese. Oltre le case, si supera il ponte sul torrente Forzo e subito si svolta a destra: la strada riattraversa presto il torrente, risale la tranquilla valle con moderata pendenza e giunge alla frazione Pessetto. Poco più avanti si trova Molino di Forzo, dove si può far tappa all’Osteria delle Alpi: un angolo d’altri tempi gestito da una coppia di giovani che ha scelto di rimanere in questa valle sperduta ma affascinante. Poco sopra c’è Tressi, cui sarà meglio salire a piedi, e al di là del torrente Forzo (1.178 m): ovvero tre borgate diverse a pochi passi l’una dall’altra.
Proprio dal parcheggio di Forzo inizia l’ultima delle nostre passeggiate con le ciaspole. Si prende la stradina alle spalle della fontana, poggiando a destra in alcuni bivi, poi si sale una gradinata con un mancorrente di corda e con un piacevole tratto in piano si arriva alla colorata chiesetta di San Carlo Borromeo. Si prosegue in lieve salita paralleli al torrente, toccando due piloni votivi e la baita Giavertè, poi con un tratto più ripido si arriva alla baita Trasi. Subito dopo ci si affaccia sul torrente, lo si attraversa su un ponte sospeso e con un paio di svolte si esce sulla mulattiera che sale da Tressi (più comoda ma a rischio valanga). Si prosegue sulla mulattiera che attraversa il Rio Lasetto e si biforca: si lascia lo sterrato di fondovalle, che si percorrerà al ritorno, e si prende il ramo di destra che attraversando un valloncello sale alla borgata Boschietto (1.451 m), posta su un panoramico dosso. Alla chiesa si lascia a destra il ramo per l’Alpe Giavino, si transita in piano tra le case e seguendo una traccia in lieve discesa diagonale si arriva su un piano confluendo sulla mulattiera di fondovalle. Si prosegue non lontani dal torrente fra radure e si arriva in breve a Boschiettiera (1.486 m), bella borgata con forno e fontana (andata un’ora e mezzo, ritorno meno di un’ora evitando la risalita a Boschietto).
A Forzo consigliamo di non pernottare: qui, come a Campiglia Soana, si è all’interno dei confini dell’area protetta e ogni minima infrazione potrebbe essere contestata. Il guardaparco, pur disponibilissimo, non potrebbe non accorgersi di voi, visto che è uno dei pochi abitanti della minuscola borgata: e sarà di nuovo Ronco Canavese, in uno dei suoi parcheggi, ad accogliere il camper per la notte.

Testo e foto di Furio Chiaretta

PleinAir 462 – gennaio 2011

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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