Nel blu dipinto di rosso

Il più bel golfo della Corsica è quello di Porto. Deve il suo grande fascino ai graniti bizzarramente modellati dagli elementi su un mare di un blu strabiliante che, a seconda delle ore della giornata, assume tonalità dal terracotta al purpureo al violaceo.

Indice dell'itinerario

Quando ancora non c’erano le risorse della fotografia, molti furono preda di veri e propri raptus descrittivi di fronte a tanta bellezza: tra gli altri Guy de Maupassant che nel 1880, visitando questi luoghi, provò a raccontare i calanchi accatastando sette aggettivi uno di seguito all’altro e ricorrendo a ben otto paragoni consecutivi. Più semplice è il nostro intento: aiutare a leggere questi stupefacenti paesaggi, che rappresentano il breve frontemare del vasto parco naturale della Corsica, e fornire suggerimenti per viverli appieno.
Provenendo da Cargese (vedi PleinAir n. 351) la strada porta a fare una prima conoscenza con il golfo di Porto salendo ai quasi 500 metri del Col de Lava. Poco oltre, raggiunto una cinquantina di metri più in basso il paese di Piana, siamo già nel cuore degli splendori del golfo. Dobbiamo subito dire che se Porto, centro eminentemente turistico, è il nome di riferimento per questi siti, è tuttavia la grazia dell’abitato di Piana a vincerla di gran lunga, secondo noi, per la felicissima posizione, il panorama e i suoi calanchi. Un bel campanile di fine Settecento, al pari della chiesa, fa la guardia alle soglie dell’abitato di antiche case in pietra dai colori chiari e viuzze tortuose, in un insieme che disegna uno dei siti eccellenti del Mediterraneo. La nascita del borgo attuale non poté avvenire che agli inizi del Settecento allorché Genova, ormai al declino, smarrì volontà e forza di far rispettare un assoluto divieto al ripopolamento della zona durato per due secoli dopo aver debellato i castellani della zona, i Leca, che la letteratura definisce “magnifici per audacia e ferocia”.
Il parcheggio asfaltato all’ingresso del paese è un comodo punto di appoggio per la scoperta del borgo e per alcune passeggiate. Una rotabile che si imbocca dal piazzale conduce verso ovest alle due spiagge di Piana: per la prima, la piccola marina di Ficajola nascosta tra le rocce, occorre deviare subito oltre la deliziosa frazione belvedere di Vistale. La strada a tornanti è alquanto stretta, con pendenze fino al 16%, e un v.r. può avere difficoltà in eventuali incroci; solo al termine c’è sufficiente spazio per la conversione e la sosta (che però potrebbe risultare problematica d’estate). Un sentiero in discesa porta in una decina di minuti a un’angusta cala con spiaggia di sabbia, che sarebbe ancor più suggestiva senza alcuni casotti costruiti nella gola. Il luogo è una delle basi per la pesca delle aragoste, frequenti sui fondali di scoglio del golfo. Ad ogni modo, chi disponga di un gommone farebbe bene (e ne riparleremo più avanti) a preferire la visita via mare. Risaliti al bivio e ripresa la strada principale (su questa nessun problema di larghezza) s’incontrano vari punti panoramici che invitano alla sosta, per poi scendere in una decina di chilometri, oltre Capo Rosso, all’ampia spiaggia di Arone. Qui non è stato predisposto alcun parcheggio, ma insieme a varie seconde case (è sperabile almeno che non aumentino) si trova un campeggio comunale distante dal mare poche centinaia di metri. Incastonato tra scure scogliere, in un profumato ambiente di macchia complessivamente intatto, il bianco arenile è tra i più invitanti di quest’angolo di Corsica.

Tra i lidi del golfo
La località di Porto è una frazione del comune interno di Ota ed è l’unico paese del golfo che abbia il vantaggio di trovarsi vicino al mare. In realtà, se questo centro ha un proprio carattere lo deve alla salda torre genovese piantata su uno scoglio piramidale, ma l’abitato costituito essenzialmente da moderni alberghi e seconde case non propone, dal punto di vista estetico, un quadro esaltante. L’utilizzo della pietra locale non riesce infatti a rimediare alla densità e quindi all’aspetto di alveare del quartiere in riva al torrente; sappiamo che un po’ ovunque – Italia compresa – si trova ben di peggio ma per essere nel Parc Naturel Régional, che risale al 1970, si poteva a nostro avviso avere una mano meno pesante.Giungendo al mare attraverso aspri monti, le alluvioni del torrente Porto crearono alla foce una zona pianeggiante che venne coperta in parte da boschi, specialmente di eucalipti. Il posto è molto adatto alla sosta anche per la presenza di un campeggio comunale, non lontano dall’unica spiaggia; altri campeggi, un paio di supermercati e un distributore di benzina si trovano più nell’interno. Dall’area boschiva una passerella pedonale consente di passare alla sponda destra del torrente, dove si trova la zona alberghiera. Tornando alla spiaggia, una piccola darsena ricavata all’interno della foce dispone di uno scivolo che qui è veramente prezioso date le rilevanti qualità ambientali del golfo, fruibili al meglio con l’impiego di un’imbarcazione e in particolare di un gommone (da non dimenticare però che il golfo è investito in pieno dai venti provenienti dai quadranti occidentali, mistral in specie, e che in tali condizioni il rientro nella foce può risultare proibitivo).
Oltre Porto continua la nostra esplorazione alla ricerca di situazioni alternative. La strada sale in quota dove resterà su tutto l’arco del golfo, con qualche deviazione alle marine di pertinenza dei villaggi collinari, offrendo belle vedute di penisole e insenature. La digressione per la spiaggia di Bussaglia si tiene al limite del largo letto di un corso d’acqua di scarsa portata e passa, non molto prima dell’arenile, vicino a un altro campeggio. Osservando quella sorta di sassosa fiumara che è il letto del torrente, riflettiamo sui possibili effetti di qualche piena improvvisa nel caso di temporali.
Partiniello è un grazioso villaggio di pochissimi abitanti dal quale si stacca un percorso di 3 chilometri per la marina di Caspiu. E’ questa una spiaggia assolutamente gradevole e piuttosto estesa, con un bar aperto solo d’estate, dotata di un ampio parcheggio sterrato in cui degli alberi offrono un po’ d’ombra.
Ora la strada, dove le auto sono un raro incontro, va distanziandosi sempre più dalla costa. Si procede tra molte curve in un ambiente selvaggio e solitario, con grandi distese di macchia impenetrabile che danno la curiosa sensazione di trovarsi in capo al mondo.
Lasciato il bivio che tocca il modesto abitato di Osani e scende alla spiaggia, dove si trova anche un campeggio, la strada riprende a guadagnare quota fino a toccare, a 269 metri, il Col de la Croix. Qui un cartello indica il sentiero per il villaggio di Girolata porto naturale di pescatori d’aragoste, uno degli ancoraggi mitici della nautica da diporto. Chi va per mare è indotto a fermarsi, come noi stessi abbiamo fatto più volte, per due motivi: l’approdo molto protetto, anche quando il mare incalzato dal mistral flagella ogni altro angolo del golfo di Porto, e la rara pace del villaggio e della sua baia dove le auto non arriveranno mai perché non ci sono strade. Non restano altrimenti che le due ore di cammino per il sentiero nel maquis che pochi percorrono perché è più semplice, almeno d’estate, partecipare da Porto alle gite delle solite motobarche (3 ore, sosta compresa). Ma dal passo, seguendo alcune indicazioni ben visibili, vi sarà possibile avere – sia pure a notevole distanza – una piccola anteprima di Girolata e della sua baia: basteranno dieci minuti di cammino per raggiungere il belvedere, attrezzato con tavola d’orientamento, per un felice congedo panoramico dal golfo.

Sui passi del torriere
Una delle escursioni più panoramiche di tutta la Corsica.
A due terzi della strada fra Piana e la spiaggia di Arone, dove non mancano possibilità di parcheggio, una piccola tabella sulla destra indica l’inizio del sentiero per la torre di Turghiu. Siamo all’incirca a quota 300 e da qui si scende, tra pascoli e maquis frequentati da qualche pastore, fino a 60 metri sul mare per poi salire alla sommità di Capo Rosso dove campeggia una torre circolare di avvistamento, tuttora in ottimo stato. Il sentiero è ridotto a una pietraia nel primo tratto, ma l’escursione è una delle più panoramiche di tutta l’isola per le ampie vedute sulle deserte baie sottostanti e sulle aspre scogliere che circondano il capo, come per il continuo mutare di prospettiva del promontorio e delle rupi ferrigne che gli fanno da quinta.All’inizio della salita, una bella stalla ottimamente ripristinata dai servizi del parco (ma al momento chiusa) avrebbe i numeri per essere utilizzata dagli escursionisti. Nell’ultimo tratto si sale agevolmente tra le rocce rosso vivo di un canalone per poi spuntare tra altri graniti rosseggianti sulla cima arrotondata da cui sorge la magnifica torre, una delle tante che i genovesi eressero nell’isola per arginare la piaga delle scorrerie barbaresche; sotto di essa, un impressionante strapiombo di centinaia di metri. Con il restauro gli scalini hanno sostituito il ponte levatoio che certamente dava accesso all’unica apertura, dove una porta introduce all’ampia sala fornita di camino. La parte sottostante doveva essere adibita a cisterna dell’acqua piovana che si raccoglieva sulla terrazza; a quest’ultima si sale per un’angusta scala ricavata entro la parete. La veduta a 360° abbraccia un panorama di stupefacente bellezza, dovuta all’assenza praticamente completa di segni dell’uomo. Lo sguardo raggiunge a nord l’isolotto Gargalo, quadrivio dei venti; si ferma verso est sul gruppo del Cinto, innevato in primavera; riconosce al sud estremo il piccolo arcipelago che limita il golfo di Ajaccio. Poi non c’è che il mare, quel mare a cui gli occhi vigili del torriere cercavano di carpire il segreto che poteva essere celato in un legno apparso improvvisamente all’orizzonte. Un posto, la torre di Turghiu, dal quale vi allontanerete a malincuore.
Qualche piccolo suggerimento per gli escursionisti: la passeggiata, che richiede circa 4 ore tra andata e ritorno, è sconsigliabile con vento forte e in piena estate può risultare alquanto faticosa per il caldo. Partendo di buon mattino si fruirà anche della nitidezza negata altrimenti dal sole alto. Necessaria una conveniente scorta d’acqua, dato che l’unica sorgente non risulta tra quelle potabili riportate sulle carte 1:25 000 dell’Institut Géographique National.

Sculture di terra e di mare
A piedi e in gommone tra i calanchi della costa.
Anche a est di Piana non manca la scelta per passeggiate ed escursioni di differente durata, fino a quella di oltre 6 ore che dai 1.294 metri di Cima d’Ortu permette una visione a strapiombo sul golfo. Ma è di calanchi che vogliamo parlare, in una sorta di duplice itinerario di paragone tra le rocce da scoprire per via di terra e quelle scolpite dal mare.
Lasciato il mezzo a Piana la strada in lieve pendenza, da fare a piedi o in bici, è tutta una galleria delle più bizzarre sculture, quasi i soggetti di un’esposizione che inizia a poco più di un chilometro da Piana, al ponte del Mezzanu. La mostra dei graniti continua per forse 3 chilometri fino a un’ampia curva – con slarghi che offrono parcheggio – dove si riconosce la roccia detta Testa di Cane. Chi è venuto in bici dovrà lasciarla qui, perché proprio a destra del roccione ha inizio il sentiero che in circa mezz’ora (qualcosa di più al ritorno) permette una nuova immersione nel mondo di granito fino al Castello, grandioso blocco regolare che suggerisce le forme di una fortezza. Né poteva mancare il contorno dei tafoni, i tanti fori che l’erosione del vento ricava nel granito smerigliando gli incavi con il materiale di disgregazione della roccia stessa.
E’ un mondo di pietra altrettanto strabiliante, ma diverso da quello appena attraversato poiché le rocce sono modellate da un altro genere di erosione, quello della costa di Piana avvicinabile solo via mare. Trasferiamoci dunque con il mezzo a Porto per poter varare il gommone che ci porterà alla scoperta dei recessi del golfo. La zona di più straordinario interesse s’incontra procedendo verso Capo Rosso, oltre la marina di Ficajola, e sono meraviglie che sembrano non avere mai fine perché interessano un cospicuo tratto di costa. Accanto alle semplici grotte c’è un dedalo rosso cupo di passaggi misteriosi, di scogli isolati, di pareti che non lasciano capire se porteranno ad anfratti senza uscita. E poi caverne nelle quali la risacca ha sussurri leggeri e inquietanti, ma dove la vista si abituerà infine a riconoscere nell’ombra il barlume di inattese vie d’uscita, disegnate da portali degni dell’antro di un mago.
A modellare un così sorprendente paesaggio marino è stata la forza delle onde nell’incontro con la particolare composizione del granito. E’ un insolito regalo della natura da trattare con rispetto, armando i remi soprattutto nelle grotte per evitare – a parte gli eventuali danni all’elica – di trasformare un santuario della natura in un puzzolente ricettacolo di gas di scarico. Ma questo, ai nostri lettori, speriamo proprio sia superfluo rammentarlo.

PleinAir 374 – settembre 2003

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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