Natale tra i Sassi

Torniamo in camper a visitare Matera e la Lucania. Per invitarvi a fare altrettanto in luoghi che si dimostrano mete di grande fascino nell'atmosfera natalizia. E non solo per l'effetto presepe di certi panorami, ma soprattutto per la genuina cultura delle tradizioni che si respira in queste terre, e che nel periodo più festoso dell'anno può rendere ogni incontro una scoperta.

Indice dell'itinerario

Nell’azienda agrituristica Masseria del Pantaleone, la pasta con le cicerchie manda odori di cose perdute. Sa di terra profumata e miracolosa. Si sposa alla perfezione col purè di fave e cicoria che sta in una ciotola di terracotta, tra un bicchiere di rosso Aglianico e la burrata della Lucania.
Oggi sono piatti ricercati ma una volta erano il cibo dei poveri: il frutto dei campi coltivati sull’altopiano delle Murge, dove ogni santo giorno cavalli e asini portavano i contadini a lavorare, lontano da casa. E la vita nei Sassi di Matera era così dura che sembrava impossibile tirare avanti. Giovanni Losignore ricorda ancora la sua infanzia, all’inizio degli anni Cinquanta: «Pregavo di stare malato così mia madre mi comprava mezzo quinto di latte, meno di un bicchiere, quando il lattaio passava di sotto il Municipio vecchio e si metteva ad aspettare sulle scalinate».
La casa-grotta era una spelonca scavata nel tufo, calcarenite isolante che ha il pregio di mantenere la temperatura costante. L’ambiente era però sempre umido e sovraffollato. Quella di Vico Solitario, a Sasso Caveoso, ha ancora gli arredi originali, come pure quella di Nicola Festa che lavora la terracotta sulla strada che porta al convicinio di Sant’Antonio, il complesso religioso dell’anno Mille che in venti metri racchiude quattro chiese rupestri. Sono case contadine dove si viveva in promiscuità: uomini e animali, tutti insieme. Da una parte c’è il grande letto che veniva portato in dote dalla sposa, col materasso di foglie di granoturco, rialzato mezzo metro da terra per riporci sotto gli utensili e mandarci la gallina coi pulcini. Dall’altra c’è la cisterna per la raccolta dell’acqua piovana. In mezzo il focolare e in un angolo il comò con tanti cassetti: chiusi di giorno con i vestiti che duravano tutta una vita, aperti di notte per farci dormire i bambini più piccoli, come figurine di un presepe. I singoli alloggi erano raggruppati intorno a grandi spazi comuni, simili ad aie. Da qui si scendeva in fredde cantine scavate, dette nevaie, dove si conservava la carne tra cuscini di ghiaccio e paglia.
Nell’insieme i Sassi costituiscono un eccezionale esempio di urbanistica arcaica, protetti dall’Unesco come patrimonio dell’umanità. Si distinguono in due nuclei disposti ad anfiteatro: il più antico Sasso Caveoso a sud-est e il Sasso Barisano a nord-est. Tra i due si infila lo sperone della Civita, ora sormontato dalla Cattedrale. Si visitano senza una meta precisa, anche se accompagnati da una guida del posto, perché le stradine e le scalinate che li tagliano vanno su e giù apparentemente senza ordine. Passano davanti a remote chiese rupestri o si allargano d’improvviso in piazze, dove svettano edifici monumentali come San Francesco, San Pietro Caveoso, San Pietro Barisano e poi la chiesa settecentesca del Purgatorio, vicino a Palazzo Lanfranchi, con il portale tempestato di teschi che fa parte di un inquietante ciclo scultoreo dedicato alla morte. Camminando si sente qua e là il rumore proveniente dalle botteghe degli artigiani che intagliano il tufo, come Enrico Flace, o che fanno ancora, come Umberto Melodia, i tradizionali fischietti ad acqua a forma di gallo o di carabiniere, che un tempo si trovavano sulle bancarelle delle sagre di paese.
Se è l’eco dei ricordi fissati nella pietra a guidarci tra i Sassi dell’antica Matera, sono le croci millenarie incise dagli eremiti a richiamarci poco fuori città, sul ciglio opposto della gravina, tra le chiese rupestri della Murgia Timone. Di questi luoghi di culto, perlopiù eremi nascosti, ne sono stati censiti 147, ivi compresi quelli del centro storico. Hanno altari scolpiti nella roccia e affreschi bizantini che ti fissano sempre da qualunque parte li guardi, come la Madonna che allatta il Bambino nella chiesa di Santa Lucia alle Malve o Santa Barbara a San Nicola dei Greci. Dai belvedere della Murgia Timone la vista abbraccia tutta la frattura geologica, con i Sassi appesi al burrone e i caseggiati di Matera nuova che se ne allontanano. Quasi un invito a raggiungere altre mete: non ci resta che avviare il camper e riprendere la strada.

PleinAir 341 – dicembre 2000

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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