Napoli, ma che bellu Presebbio

Le bancarelle e le botteghe storiche di Via San Gregorio Armeno sfoggiano il meglio dell’arte presepiale partenopea. E valgono tutto l’anno un viaggio a Napoli, meglio ancora se abbinate a una visita alla città sotterranea

Indice dell'itinerario

“È questo il momento d’accennare a un’altra costumanza popolarissima fra i napoletani: si tratta dei presepi, che si vedono in tutte le chiese durante le feste di Natale e che rappresentano l’adorazione dei pastori, degli angeli e dei re, in gruppi più o meno completi di figurine abbigliate riccamente e vistosamente”. Così annotava nel suo diario Johann Wolfgang von Goethe, uno degli illustri viaggiatori attratti dal Belpaese all’epoca del Grand Tour, durante la sua permanenza a Napoli nel 1787.

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Le bancarelle e i negozi di Via San Gregorio Armeno
Le bancarelle e i negozi di Via San Gregorio Armeno

Il presepe di Napoli, una lunga tradizione

Sebbene abbia origini molto antiche (si parla addirittura del 1025), la tradizione del presepe partenopeo che colpì il famoso scrittore e poeta tedesco raggiunse il massimo splendore proprio nel Settecento, quando grazie a Carlo III di Borbone la città conobbe un periodo di notevole fervore artistico e culturale. In quest’ambito anche l’arte presepiale, basata sulla creazione di statuette di legno intarsiate, ebbe il suo momento d’oro. Fra il XVII e il XVIII secolo, infatti, ai classici personaggi simbolo della Natività si aggiunsero figure e oggetti che rappresentavano la vita quotidiana dell’epoca, come pastori, contadini, popolane, pescatori, venditori di frutta, macellai, animali, strumenti da lavoro e musicali.

Cambiarono anche le tecniche di realizzazione: le statuine lignee scolpite, che richiedevano un lungo tempo di lavorazione, vennero man mano sostituite da manichini in legno, stoppa e testa di terracotta, con un’anima di fil di ferro che li rendeva snodabili. Si sviluppò così un mestiere vero e proprio, quello del figurinaio (con le donne di casa coinvolte nel taglio e nella cucitura delle vesti), che annoverò fra i suoi protagonisti anche famosi scultori come Lorenzo Vaccaro e Giuseppe Sammartino, autore del celebre Cristo velato custodito nel Museo Cappella Sansevero.

Anche la scenografia subì importanti cambiamenti: nacque lo scoglio, una sorta di sperone roccioso realizzato in sughero che poteva ospitare la scena della Natività o fare da base all’intero paesaggio presepiale.

Negozio in Via San Gregorio Armeno
Negozio in Via San Gregorio Armeno

Oltre che nelle chiese e nelle abitazioni della gente comune, il presepe napoletano si diffuse rapidamente nelle dimore dei nobili che ne fecero una vera e propria moda dandone una rappresentazione sempre più profana e utilizzando spesso come ornamento materiali assai preziosi quali gemme, ori e stoffe pregiate e rivaleggiando fra loro per la bellezza delle opere.

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Il principe di Ischitella, il collezionista di presepi

Uno dei maggiori appassionati e collezionisti di presepi fu il principe di Ischitella, Emanuele Pinto, che nei suoi saloni ne aveva di ogni tipo e dimensione, con i vestiti dei re magi ricoperti di gioielli. Nemmeno il sovrano restò immune al fascino di queste creazioni artistiche, tanto che un enorme presepe, con centinaia di personaggi e grande ricchezza di particolari, venne allestito in alcune sale del Palazzo Reale (perfino la regina e le dame di corte parteciparono al confezionamento degli abiti delle statuine con tessuti pregiati).

Già dalla fine del XVIII secolo, però, per la tradizione presepiale iniziò un periodo di lento ma inesorabile declino: la maggior parte dei presepi venne smontata e i vari pezzi venduti (lo stesso principe di Ischitella per problemi economici dovette impegnare i gioielli che ornavano le figure dei re magi e delle popolane). Purtroppo quasi nulla di questi capolavori artistici è arrivato fino ai giorni nostri. Tra le poche eccezioni va ricordato il monumentale presepe dello scrittore Michele Cuciniello, composto da circa ottocento pezzi, che il collezionista donò allo Stato e dal 1879 è conservato nel Museo Nazionale di San Martino.

Via San Gregorio Armeno, palle di Natale dipinte
Via San Gregorio Armeno, palle di Natale dipinte

Tuttavia, nonostante i vari periodi di crisi, l’arte dei presepari si è tramandata di generazione in generazione ed è ancora oggi uno dei simboli di Napoli, proprio come la pizza e il Vesuvio. E la famosa vetrina dove ammirarne tutta la bellezza si chiama Via San Gregorio Armeno, nel cuore della città antica, una strada conosciuta in tutto il mondo per le botteghe e i laboratori dedicati all’artigianato presepiale della terracotta.

I presepi di Via San Gregorio Armeno

Frequentata dal turismo tutto l’anno, questa stradina che unisce Via dei Tribunali alla celebre Spaccanapoli (i principali decumani dell’antica Neapolis) si affolla di visitatori soprattutto nel periodo natalizio, quando un fiume di gente si fa largo in un turbinio di luci e colori fra creazioni e statuette d’ogni foggia e dimensione: dai presepi più sofisticati e preziosi della tradizione settecentesca alle riproduzioni di personaggi della cultura (c’è perfino papa Francesco), dello spettacolo, della politica e dello sport, dai classici simboli della fortuna come cornetti e ferri di cavallo alle varie rappresentazioni di Pulcinella, la maschera napoletana per eccellenza. È qui che spiccano le botteghe delle storiche famiglie di maestri dell’arte presepiale come i Ferrigno, i Di Virgilio, i Giannotti, i Gambardella, i Maddaloni.

Statuine di personaggi vari
Statuine di personaggi vari

Nel bel mezzo di Via San Gregorio Armeno s’innalza il campanile dell’omonima chiesa con annesso monastero, da cui prende il nome la strada e che pare sia stata costruita nel 930 sulle rovine di un antico tempio dedicato a Cerere dalle suore basiliane, fuggite dall’Oriente con le reliquie di San Gregorio (patriarca di Armenia, vissuto fra il 257 e il 332). I profondi rifacimenti realizzati nel 1580 da Giovan Battista Cavagna e Giovanni Vincenzo della Monica ne fecero uno dei migliori esempi di architettura barocca a Napoli, con interni impreziositi dallo splendido soffitto ligneo dipinto dal fiammingo Teodoro d’Errico e dagli affreschi seicenteschi dei pittori napoletani Luca Giordano e Francesco de Maria.

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La città nascosta: Napoli Sotterranea

Accesso alla Napoli Sotterranea
Accesso alla Napoli Sotterranea

Nella vicina e vivace Piazza San Gaetano, dove dal 1737 svetta la statua del santo in memoria della peste del 1656, si affacciano altre due chiese: la prima è San Lorenzo Maggiore, edificata fra il XIII e il XIV secolo sui resti di una preesistente chiesa cristiana del V secolo (scavi archeologici hanno riportato alla luce importanti reperti dell’età greco-romana, custoditi nell’adiacente museo).

L’altra è San Paolo Maggiore, eretta nell’VIII secolo nell’area dell’antico tempio romano dei Dioscuri, di cui conserva due colonne corinzie ai lati dell’ingresso principale, e più volte rimaneggiata. Accanto a quest’ultima si trova uno degli accessi alla Napoli Sotterranea, una vera e propria città sotto la città, un enorme mondo ipogeo scavato nel tufo e fatto di gallerie, cunicoli, pozzi, cisterne, cave e antichi acquedotti dove sono stati ritrovati reperti risalenti a ben cinquemila anni fa.

Chiesa di San Paolo Maggiore
Chiesa di San Paolo Maggiore

Cos’è Napoli Sotterranea: il passato

Quest’universo nascosto è stato modellato nei secoli dai Greci e dai Romani per estrarne materiale da costruzione, che veniva prelevato direttamente dal sottosuolo nel luogo di edificazione di templi e abitazioni. Dalle cave che man mano si svuotavano, i Romani ricavarono cisterne collegate fra loro da un acquedotto realizzato in epoca augustea, da cui attingere tramite pozzi l’acqua proveniente dalla sorgente del Serino, distante una settantina di chilometri da Napoli.

Cisterna Romana
Cisterna Romana

Questo sistema di approvvigionamento idrico iniziò a entrare in crisi nella metà del Cinquecento, quando la popolazione cittadina si aggirava già intorno ai trecentomila abitanti e l’acqua cominciava a non bastare più.

Così nel 1629 Cesare Carmignano, un facoltoso napoletano, fece realizzare un nuovo acquedotto a sue spese ricevendo in cambio il diritto di utilizzare parte delle acque provenienti dal fiume Faenza (che scorreva nei pressi di Sant’Agata dei Goti, nell’attuale provincia di Benevento) per alimentare dei mulini di sua proprietà.

La manutenzione era affidata ai pozzari, dipendenti della municipalità che perlustravano pozzi e canali muniti di lampade ad olio e avvolti in mantelli con cappuccio. Proprio a loro è legata la leggenda del Munaciello, uno spiritello dispettoso che s’introduceva nelle case attraverso i cunicoli dell’acquedotto per rubare o lasciare dei doni alle sue amanti.

Napoli Sotterranea, corridoi del teatro greco romano
Napoli Sotterranea, corridoi del teatro greco romano

Cos’è Napoli Sotterranea: il presente

Col passare del tempo il sistema idrico nel sottosuolo di Napoli perse la sua funzione e agli inizi del XX secolo cessò del tutto l’attività, lasciando disponibili gallerie e ampie cavità che in seguito furono usate come catacombe, granai, cisterne, rifugi antiaerei durante la Seconda Guerra Mondiale e abitazioni di fortuna nei momenti di difficoltà. Una parte di quest’affascinante città nascosta si può scoprire grazie alle visite guidate proposte dall’Associazione Napoli Sotterranea, che iniziano accanto alla chiesa di San Paolo Maggiore e portano a 40 metri di profondità in un mondo misterioso e pieno di sorprese.

Basso di Vico Cinquesanti, botola di accesso al teatro greco romano
Basso di Vico Cinquesanti, botola di accesso al teatro greco romano

E a proposito di sorprese, quella offerta da un basso nel vicino Vico Cinquesanti ha dell’incredibile: spostando un letto, nel pavimento appare una botola che cela una scalinata d’accesso a una parte dell’antico teatro greco-romano dove cantò Nerone nel 64 e i cui resti sono inglobati nel tessuto urbano circostante. Ma non c’è da stupirsi: siamo o non siamo in una delle città più sorprendenti del mondo?

L’arte dei Ferrigno

Marco Ferrigno
Marco Ferrigno

Era il 1836 quando Nicola Ferrigno diede inizio, nella sua bottega al civico 55 di Via San Gregorio Armeno, all’attività di restauro delle statuine dei vari personaggi presenti nel presepe napoletano. In seguito Salvatore, che fece propria la passione del padre, aggiunse all’opera di restauro quella della creazione di pastori in terracotta, avviando così una produzione artistica d’eccellenza che con il figlio Giuseppe (e siamo alla terza generazione) raggiunse risultati di altissimo livello.

L’erede di Salvatore seppe coniugare una grande capacità tecnica a una notevole fantasia creativa, dando vita a splendide scenografie presepiali tipiche della Napoli settecentesca e conquistando importantissimi riconoscimenti in Italia e all’estero (qui per approfondire sul sito).

La bottega dei Ferrigno, la maschera di Pulcinella
La bottega dei Ferrigno, la maschera di Pulcinella

Molte delle sue opere sono state esposte in prestigiose mostre internazionali, da Parigi a New York, e hanno trovato spazio perfino nelle case regnanti d’Europa. Oggi è il figlio Marco, con il suo stile innovativo ma fedele alla tradizione, a portare avanti l’azienda di famiglia nella famosa strada dei presepi. Dice: «Venivo a fare i compiti in bottega e ammiravo il lavoro di mio padre, quindi appassionarmi e imparare questo mestiere è stato per me molto naturale».

Le creature di Marco Ferrigno

Lui lo chiama mestiere, ma in realtà è molto di più. Basta vederlo all’opera intento a creare i suoi pastori, o ammirare i fantastici pezzi in esposizione per rendersene conto. Accanto alle classiche figure della Natività, sui tradizionali scogli trovano posto Carmela (popolana venditrice di pane e simbolo dell’abbondanza terrena), Benino (il pastore che dorme e non va svegliato, altrimenti il presepe sparirebbe), Quasimodo detto ‘o Scartellato (toccargli la gobba porta fortuna) e poi lo zampognaro, il macellaio, il pescivendolo, tutti realizzati interamente a mano e arricchiti da splendidi costumi dell’epoca confezionati con le sete di San Leucio.

Nella produzione Ferrigno non mancano famosi personaggi moderni: da Totò a papa Francesco, da Berlusconi a Renzi, dal calciatore del Napoli Hamsik al sindaco De Magistris

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