Mosaico catalano

Luoghi dello spirito e caotiche ramblas, purezze cistercensi ed estro surrealista, paludi pullulanti di uccelli e basalti eruttati da antichi vulcani... Prima e dopo Barcellona c'è una terra dai non pochi contrasti, molti dei quali dovuti al turismo. Andiamo a conoscerla da vicino.

Indice dell'itinerario

Davanti all’ingresso del ristorante: diumenge tancat, chiuso la domenica. Molt bé, molto bene. Anzi no, malament (male). Sul catalano – cioè sul catalá – c’è poco da scherzare, anche se gli altri spagnoli ci ironizzano sopra sostenendo che per ottenere una parola catalana basta spezzare a metà una parola castigliana. Dopo i trent’anni di censura sotto la dittatura franchista, oggi la lingua di Barcellona e della sua regione – estesa su 32.000 kmq, più o meno come Veneto e Campania messe insieme – è nel pieno di un rilancio spettacolare. Deludendo i turisti stranieri è per lei, o meglio per il castigliano cioè lo spagnolo ufficiale, che i musei hanno i cartellini bilingue. Le guide scrivono che sembra un incrocio tra spagnolo e francese, ma via via che ci si inoltra nel viaggio viene da fare i collegamenti più diversi, per esempio col sardo (non a caso: si parla catalano anche ad Alghero).
La Catalunya, come dicono loro, o Catalogna come diciamo noi, è intanto una grande regione che non si esaurisce certo con la sua capitale. Agli italiani i suoi paesaggi appaiono perlopiù familiari. Campagne antropizzate, paesi e città, monumenti isolati che testimoniano di una storia lunga e importante. Come buona parte della Spagna, oggi è una terra impegnata con foga nel processo di modernizzazione, trainata al solito dalla sua vitalissima e cosmopolita metropoli, verso le prime opere di industrializzazione tanto quanto nei manifesti delle avanguardie artistiche. L’Estremadura da qui è lontana, ma pure l’Andalusia. Porti e ciminiere al posto dei querceti radi (la dehesa) e delle moschee, eppure natura e cultura anche qui disseminano la mappa di punti d’interesse, di mete, di itinerari dove avviare il camper prima o dopo l’irrinunciabile visita a Barcellona. Partendo da uno dei luoghi simbolo del turismo mediterraneo, appena oltre confine: la Costa Brava. E allora partiamo.

Natura e arte
Brava nel senso di aspra, selvaggia, frastagliata. Dopo la cura del turismo di massa, però, di frastagliato a Lloret de Mar resta solo la skyline dei grattacieli frontemare. A Roses, che sembra avviata alla stessa sorte, chi viene dalla costa francese trova le prime massicce concentrazioni di alberghi e campeggi. Prima sulla mappa c’è solo il solitario Cap de Creus, ultimo contrafforte dove i Pirenei vanno a concludere nel Mediterraneo la galoppata iniziata 450 chilometri prima sulle sponde atlantiche. Il promontorio è un nudo lembo di terra che precipita in mare con scogliere solitarie, fatta eccezione per il solito esclusivo villaggio turistico tuttocompreso. Alla punta estrema camper e pullman non possono arrivare, per via di un divieto di circolazione motivato dalla strada stretta e malmessa. E divieto ai camper anche nel centro di Cadaques, animato paesino sul versante meridionale. Tutto il territorio è compreso in un parco regionale (esteso a terra e a mare su 13.886 ettari), uno dei nove oggi istituiti in Catalogna. Aquile del Bonelli, falchi pellegrini e colonie di gabbiani e cormorani frequentano le falesie costiere. Tra i sentieri del parco c’è il percorso GR-11, che arriva sino al faro del Cap toccando anche il magnifico monastero romanico di Sant Pere de Rodes (dove c’è un ufficio informazioni dell’area protetta, l’altro è a Cadaques).
Anche i dintorni offrono diversi spunti. Per esempio Castello d’Empuries, dove la cattedrale offre un portale romanico spropositato e affollato di statue. O l’area archeologica, poco più a sud, la più interessante della regione con una parte greca e una romana (da notare nella prima i filtri in terracotta per la depurazione dell’acqua, nella seconda i mosaici delle case). Prima degli scavi, altra natura protetta è quella del parco delle paludi dell’Aiguamolls de l’Empordá, belle e stavolta più facilmente fruibili. Due sentieri partono dal centro visite di El Cortelet, dove si ottiene una mappa dell’area (pubblicazioni varie, magliette e altro si possono acquistare presso l’attiguo punto vendita). Una check-list aggiornata quotidianamente informa il pubblico delle specie presenti di maggiore rarità. Già dal parcheggio sono ben visibili i nidi delle cicogne dell’attigua area di recupero e reintroduzione, e alcuni nidi sono proprio lungo il sentiero più lungo. Il sentiero corto, oltre il centro visite, conduce a due capanni buoni per la fotografia naturalistica (illuminazione migliore di pomeriggio). Nei canali sono particolarmente abbondanti i gamberi americani, dalle rosse e robuste chele. Tra gli uccelli abbondano sgarze e aironi guardabuoi, cicogne, germani reali; lungo i canali fioriscono iris, giunchi e tamerici. Altri capanni si raggiungono spostando il camper fino ad alcuni silos trasformati in torre d’osservazione (segnalazioni per camping nautico Almatá): il percorso è molto bello e si osservano con facilità nei mesi estivi cavalieri d’Italia, fenicotteri e aironi.Altra riserva, questa volta marina, è quella delle isole Medes, di fronte al porto di L’Estartit. In realtà sono davvero piccole e anche il giro col battello a fondo trasparente, ampiamente pubblicizzato, delude: costa 13 euro ad adulto, dura un’ora ma solo pochi minuti sono dedicati all’osservazione subacquea dei fondali. Oltre al periplo delle isole, il più lungo tra i giri proposti comprende anche la navigazione lungo un tratto della costa adiacente, con spettacolari falesie ricche di grotte e cavità. A turno, per pochi minuti, si scende sottocoperta dove da grandi vetrate si può ammirare il fondale, tappezzato di posidonia e ricco di pesci. Sugli scogli a pelo d’acqua, invece, si scambiano rapide occhiate con gabbiani e cormorani dal ciuffo. Più di tutto comunque stupisce l’indotto turistico creatosi attorno alla riserva: basti pensare che i turisti vengono fotografati al momento di salire sul battello, e al momento dello sbarco trovano sul molo la propria immagine immortalata su un piatto e in vendita a 7 euro!
Fatto il pieno di rilassante natura, si è pronti per il surrealismo estroso e un po’ inquietante di Salvador Dalí. A Figueres, cittadina per il resto alquanto anonima, i turisti si incanalano tutti per visitare il museo del celebre artista nato proprio qui (1904-1989), bizzarro fin dalle forme e decorazioni esterne. Quindi l’incursione nell’entroterra può proseguire per Besalú, dal gradevole centro storico, con chiese e piazzette e soprattutto un imponente ponte medioevale. Poi si sale nella verde Garrotxa, regione vulcanica (altro parco) dove i basalti – a tratti nella caratteristica forma colonnare, come a Castellfollit de La Roca – sono tappezzati di boschi. Dalla chiesa romanica di Sant Joan les Fonts un breve sentiero scende nel fosso presso una bella cascata, tra prismi di roccia grigia. Infine, oltre un valico di 1.100 metri, si può scendere a Ripoll. Qui c’è l’imponente Monastir de Santa Maria con la massiccia torre su cui sventola l’immancabile bandiera giallorossa catalana. Notevole è soprattutto lo splendido portale decorato, chiuso in una veranda di cristallo. Bello anche il chiostro, a due piani, con capitelli assai espressivi.

Prima e dopo la metropoli
Girato il camper nuovamente verso il mare s’incontra Girona, uno dei quattro capoluoghi di provincia. E’ una città gradevole a visitarsi. La vista dal fiume, magnificata dalle guide, non è niente di che: tra la cattedrale, Sant Feliu e il Pont de Pedra, la cosa migliore a nostro avviso è l’ex chiesa di Sant Pere, col bel chiostro romanico e un interessante museo archeologico.
Proprio sul mare ci sono poi le vere capitali turistiche della Costa Brava, a cominciare da Lloret de Mar. Tra svincoli da Los Angeles e residence come astronavi di cemento, trovate però il modo di fermare il camper almeno a Tossa de Mar (ad esempio presso il parcheggio per pullman subito a sud della città vecchia). Oltre la cortina di cemento che l’avvolge, scoprirete un centro storico notevole con case assai curate e strette sotto le poderose mura della città vecchia, ancora con le torri di guardia e il cammino di ronda tuttora percorribile. Sotto le mura si susseguono i ristorantini che servono pizza e paella.
Da qui a Barcellona l’attrazione della città si fa irresistibile, e almeno a noi non è sembrato di cogliere strada facendo buoni motivi per non cedervi. Dunque tirate dritto, e sulla metropoli catalana andatevi a guardare il servizio seguente.
Spostato quindi il camper dal campeggio di Barcellona, si riparte verso altre mete di grande interesse. La prima è senza dubbio il monastero di Montserrat, appena a nord-ovest. Sta davvero in un bel posto, ma purtroppo il successo l’ha compromesso. Inoltre, alle funicolari esistenti l’estate scorsa ne stavano aggiungendo un’altra, per cui l’area era percossa da rumori bestiali: ci auguriamo che i lavori siano ultimati. In ogni caso una presenza fissa e alquanto ingombrante è quella di alberghi esclusivi, megabar, shop a tutto spiano e parcheggio – anzi, ingresso al tratto finale della strada – a pagamento. Al riguardo, col camper occorre fare attenzione a non pagare alle casse automatiche all’interno, ma solo all’operatore nel chiosco: altrimenti si pagherà la tariffa dei bus e cioè 8 euro, anziché i 3 previsti per auto e camper. Nel monastero la venerata statua della Vergine è del XII secolo: bella anche la facciata della chiesa, con adiacente cortile. Il resto non si ricorderebbe, se non fosse per il paesaggio. Le funicolari conducono schiere di pellegrini e gitanti ad altre cappelle sulla montagna, altrettanti belvedere sulla piccola e singolare dorsale montuosa pure solcata da più innocui sentieri.Proseguendo verso occidente, non lontano da Villafranca del Penedes c’è un monastero davvero diverso e da visitare a tutti i costi. E’ quello cistercense di Santes Creus, circondato da un minuscolo delizioso borgo che offre anche un’ottima occasione per la sosta notturna. Nel monastero (apre alle 10), a parte la chiesa abbastanza manomessa, sono di una bellezza straordinaria la sala capitolare e il chiostro. Da ammirare uno ad uno, in particolare, i capitelli delle colonnine del chiostro. Un bell’audiovisivo introduttivo, anche in italiano (chiedere alla biglietteria), illustra le regole dell’ordine monastico utilizzando multivisioni e semplici ma suggestivi giochi di luce. La Ruta del Cister, così i dépliant chiamano l’itinerario cistercense regionale, prosegue quindi alla vicina Poblet (si pronuncia Publet). Decisamente più imponente e frequentata, l’area del monastero è cinta da un muro merlato (anche qui possibilità di sosta notturna). Al bel chiostro e alla sala capitolare qui si affiancano altri locali come il calefactorium (sala di riscaldamento per l’inverno), il locatorium, il refettorio e le cucine: insomma la visita (guidata, a gruppi) è più completa che a Santes Creus, pur se è evidente che molte parti sono rimaneggiate o ricostruite. Belli i pezzi originali nel piccolo museo interno.

Il grande delta
A questo punto il confine con l’Aragona non è lontano. A Tarragona si passeggia piacevolmente nelle ramblas ampie e spaziose, tra il porto e un centro ricco di negozi e movimento. Poca cosa i resti romani (nella piazza del Foro, ad esempio) e la cattedrale, dalla facciata ampiamente rimaneggiata e il chiostro in stato di degrado. Chi viene qui dovrebbe invece gettare un occhio all’acquedotto romano a doppia arcata: sta a 4 chilometri a nord lungo la statale che scende da Poblet (freccia che segnala una stradina nella pineta).
Infine non resta che il delta dell’Ebro, grande meta naturalistica posta giusto all’estremità della regione catalana. Obbligatorio partire dal centro visite di Deltebre del parco regionale, con visita all’annesso ecomuseo munito di pannelli didattici, un bell’acquario con la fauna ittica locale (tra cui gli storioni) e un percorso all’aperto tra capanne ricostruite che illustra la storia naturale e le colture locali, riso innanzi tutto. Al centro visite danno una mappa, ma anche suggerimenti e tutte le opportune indicazioni. Le nostre sono le seguenti.
Innanzi tutto la sistemazione. I campeggi locali (abbiamo sperimentato quello a Riomar) sembrano più ricchi di zanzare che d’ombra. Anche per questo ci sembra preferibile la soluzione della sosta libera a San Carles de la Rápita, dove lungo il porto c’è un bel parco pubblico con giochi e piscina comunale. A nord i miradores (belvedere), in molti casi pedane rialzate, sono diversi. La parte però più interessante per il birdwatching, da praticare in ogni caso dai finestrini del camper, è quella meridionale: un traghetto collega velocemente le due sponde (costa 3 euro, equipaggio compreso). A El Poblenou c’è un altro centro visite del parco, meno interessante di quello di Deltebre, da cui parte pure un percorso ciclabile. Le risaie che si attraversano, verdissime, ospitano nella bella stagione migliaia di uccelli e in particolare aironi di almeno 9 specie, in una concentrazione eccezionale: aironi rossi e cenerini, bianchi maggiori, tarabusi e tarabusini, sgarze ciuffetto e nitticore, aironi guardabuoi e naturalmente garzette. Ma sono presenti in gran numero anche le avocette, i mignattini piombati, le pernici di mare, le pettegole e i cavalieri d’Italia, gli svassi maggiori e i fenicotteri che nidificano nell’area di riserva integrale, a sud (Punta de la Banya). Qua e là striscioni di protesta dei movimenti ecologisti locali, Salvem lo riu Ebre i el seu delta, ricordano la minaccia più attuale (e grave) per il futuro del delta: un ambizioso piano governativo di captazione di un quinto delle acque del fiume per scopi soprattutto irrigui. Rischieranno seriamente di scomparire piante e animali, le tradizioni e la piccola economia di una comunità, e in generale un ecosistema sempre più raro in Europa. Ajuda’ns a salvar-lo.

PleinAir 368 – marzo 2003

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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