Morvan e Haut Jura, energia en plein air

Nel corso dei secoli l’uomo ha imparato a sfruttare la potenza dell’acqua per svolgere i lavori più gravosi. In Francia, meta prediletta di tanti turisti nostrani, ci sono due regioni – il Morvan e l’Haut Jura – dove divertirsi a rintracciare gli antichi mulini in una caccia al tesoro da giocare tutta all’aria aperta. Anche d’autunno

Indice dell'itinerario

“Maledetto quell’opuscolo trovato nel bookshop di chissà quale monumento!” ci dicevamo continuando a perderci per le stradine del Morvan. Ma dopotutto è stato divertente, con il fascino della scoperta di ruderi semisepolti dai rovi, e di tutto il mondo che circonda questa realtà fuori dai normali percorsi turistici. Per non sbagliare siamo partiti da Vézelay, cittadina della Borgogna famosa per la sua abbazia, una delle più belle di tutta la Francia: come dire, se poi non si trova niente perlomeno qualcosa abbiamo visto. Fondata nel XII secolo, la Basilique Sainte-Marie-Madeleine appare con la sua bella facciata decorata (restauro ottocentesco di Eugène Viollet–le-Duc: quello delle mura di Carcassonne, per intenderci) al centro dell’abitato, in cima a una stretta strada chiusa al traffico. Ma è soprattutto l’interno a meravigliare per le proporzioni e la luminosità, nonché per i portali scolpiti del nartece.

Mulino nella regione del Morvan

Acquistata sul posto la carta Michelin relativa alla zona, siamo finalmente partiti alla caccia dei mulini, con le foto e la sommaria mappa dell’opuscolo a farci da guida. Naturalmente, come prevedibile in casi del genere, abbiamo trovato di tutto: ruderi di cui solo l’occhio allenato riconosce la primitiva destinazione d’uso, mulini convertiti in alberghi o più spesso in gîte (il corrispondente del nostro agriturismo), mulini in triste abbandono con la ruota ferma e arrugginita e la vasca piena di erbacce, ma anche impianti ben conservati benché in disarmo e, a sorpresa, uno ancora in funzione. In ogni caso, nel complesso abbiamo sbagliato più volte strada, costringendo il nostro pur agile camper a impensate manovre e integrando le ricerche, laddove il mezzo non poteva arrivare, con scarpinate non sempre fruttuose. In tutto, più di 500 chilometri in tre giorni, ma basterà un percorso ben più breve per visionare quanto selezionato in questo itinerario.

Il ponticello sul Cousin
Il ponticello sul Cousin

Tanto per cominciare, l’intera zona riguardante i mulini e relativi corsi d’acqua (Cousin, La Cure, Yonne, Chalaux e Arroux) costituisce il parco naturale regionale del Morvan: un paesaggio mai turbato da una costruzione estranea, con foreste che si alternano a pascoli punteggiati da mucche bianche e a rari coltivi, per lo più di cereali. La regione è prevalentemente pianeggiante e i ruscelli scorrono disegnando meandri fra l’erba, per cui dovremo attenderci, in prossimità dei mulini, canalizzazioni per tenere sollevata l’acqua abbastanza perché possa muovere la ruota cadendo.

Una macina fuori uso al mulino Le Bourg
Una macina fuori uso al mulino Le Bourg

Partiamo quindi da Vézelay prendendo la D957; a Pontaubert, subito dopo il ponte di cui al toponimo, si gira a destra per una stradina che attraversa le prime propaggini della foresta comunale di Avallon: grandissimi abeti, frassini, faggi, sottobosco di felci, digitale e artemisia. Siamo nella valle del Cousin, e subito si incontrano i primi mulini: per lo più sono ruderi, ma uno è stato trasformato in hotel. Le ruote, se ancora ci sono, restano invisibili dietro gli edifici. Alle prime case di Avallon si sbuca presso una rapida in un piccolo piazzale alberato, ottimo punto sosta per la notte. Da qui si può visitare la città, le cui turrite mura medioevali racchiudono un centro pittoresco sul quale spicca la quattrocentesca Tour de l’Horloge, quindi riprendere la strada puntando decisamente a sud per la D10. Percorsi una ventina di chilometri, a Quarré-les-Tombes (nella cui piazza principale la domenica si svolge un vivace mercato) si prende a sinistra per la D55 in direzione Saint- Léger-Vauban, ma quasi subito si svolta di nuovo, ora a destra, per Trinquelin. Qui, su un affluente della Cure c’è il Moulin Trinquelin, uno dei meglio conservati del giro: il proprietario, Robert Pompom, vi farà volentieri da guida a macchinari e tramogge. Tornati sulla D10, si prosegue verso sud fino a un bivio con la D211 per Dun-les-Places (bella chiesa e altro mercato domenicale), ma proseguiamo sulla D20 per Saint-Brisson dove troviamo la Maison du Tourisme du Parc, con osservatorio ornitologico, percorso botanico e orto officinale. La struttura fornisce materiale e suggerimenti per escursioni a piedi o in bici.

Due interni del Triquelin
Due interni del Triquelin

Noi riprendiamo la caccia ai mulini ad acqua sulla D211 dove si incontrano in successione lungo lo spumeggiante torrente La Cure i mulini Caillot, du Saut e Nataloup, il primo ben visibile dall’alto, gli altri due più difficili da rintracciare, fuori dalla strada. Ma la segnaletica ci porta anche al Saut de Gouloux, una cascata raggiungibile attraverso un breve sentiero nella vegetazione lussureggiante. Si raggiunge infine Ouroux-en-Morvan, dove sostiamo presso un laghetto artificiale circondato da altissimi pioppi; il parcheggio – dotato di camper service – è riservato ai pescatori, ma per una notte nessuno ha avuto da ridire.

Lago di Pannecière, qui ripreso da Ouroux-en- Morvan
Lago di Pannecière, qui ripreso da Ouroux-en- Morvan

Da qui si può far centro per due brevi divagazioni, una a sud-ovest al lago di Pannecière, fra castagni, felci e un mare di digitale, ove il mulino Mignage richiede una piacevole passeggiata nel verde, l’altra verso est a Coeuzon (mulino Savelot, sullo Chalaux). Dopodiché si prosegue  verso sud fino a Planchez: nella piazza principale si lascia il camper e si scende a piedi fino a trovare in bella posizione fra gli alberi e lungo un canale il mulino La Presle, ancora in funzione. Percorrendo la D17 e la D2, attraversando una foresta demaniale di altissimi abeti, si raggiunge quindi Anost: nella parrocchiale fanno bella mostra i cosiddetti gisants ovvero i giacenti, le statue a grandezza naturale dei signori di Roussillon (della sposa è rimasto solo il busto) distesi sulle rispettive tombe risalenti al XIII secolo. Più avanti, per una breve deviazione verso Autun, si vanno a cercare i resti del mulino Chevannes, tristemente senza più ruota.

L’abbazia di Vézelay
L’abbazia di Vézelay

Si riprende la strada in direzione di Château-Chinon, fra pascoli, campi a cereali e grandi castagni. Alle sue porte si prende a sinistra la D27: dopo 8 chilometri a un incrocio si svolta per stradine fino al mulino Les Michots, raggiungibile con qualche acrobazia in fondo a una discesa. Si prosegue per Saint-Léger-de-Fougeret, con una bella chiesa e un castello segnalato a un chilometro e mezzo, quindi si va a incontrare la D37 che ci porterà verso sud a Moulins Engilbert: a dispetto del toponimo, e di un grazioso centro con vecchie scritte e insegne, sulla strada di attraversamento troviamo un macroscopico esempio di manipolazione, la terrazza di un moderno edificio là dove era la canalizzazione, e la ruota, ridicolmente dipinta celeste, che non ha più alcun riferimento con la sottostante roggia. Continuiamo quindi per la D985 fino a Saint-Honoré-les-Bains, dove cogliamo l’occasione di passare la notte nel tranquillo piazzale antistante la stazione termale. Al mattino si potrà passeggiare nel parco ed entrare nell’elegante stabilimento in stile liberty.

Un banco al mercato domenicale di Quarré-les-Tombes
Un banco al mercato domenicale di Quarré-les-Tombes

Si riparte in direzione Luzy, e superato con una strada fra querce e noci il modesto valico di Les Montarons, da cui si gode un grande panorama, si raggiunge il bivio di Chiddes, ove il Moulin Bousset, unico della zona a presentare due ruote (interessante il tetto, sia pure in rovina, di quadrelle di ardesia) è facilmente rintracciabile in quanto è stato trasformato dai proprietari in gîte. La stradina d’accesso ci fornisce l’occasione per una breve ma distensiva passeggiata tra siepi di more, rose selvatiche, agrifoglio e ancora digitale, fino all’amena visione dell’agriturismo a fianco di una cascatella.

Centro storico di Autun
Centro storico di Autun

Da Chiddes si raggiunge la N81 in direzione Autun con cui rapidamente arriviamo al bivio per Poil: al centro del villaggio, sotto una bella chiesa, il mulino Le Bourg è stato trasformato in gîte e la simpatica proprietaria, Sylvia Van Opstall, è un’artista olandese che ha destinato parte della struttura ad atelier. Giungiamo infine ad Autun, e così com’era iniziato il nostro tour si conclude con una città d’arte. Oltre alle splendide rovine romane e alla grande cattedrale risalente alla prima metà del XII secolo, è assolutamente da non perdere l’attiguo Musée Rolin, soprattutto per la ricca collezione di sculture medioevali tra cui spicca la quattrocentesca Vierge d’Autun.

Scorci del centro storico di Autun, dove la Porte d’Arroux è quanto resta della romana Porta Senonica
Scorci del centro storico di Autun, dove la Porte d’Arroux è quanto resta della romana Porta Senonica

Chi avesse ancora tempo e voglia di mulini ad acqua può andare a vedere l’altro lato della nostra ricerca, e cioè un paio di esempi di ciò che, sulla strada, abbiamo preferito non inserire nel nostro itinerario. Una ventina di chilometri a nord, sulla D980, presso Chissey-en-Morvan, il Moulin du Guidon era citato dal nostro opuscolo come uno dei più belli della regione: ed eccolo lì, in totale abbandono, con la vasca semivuota assediata da erbacce e lenticchie d’acqua. Una trentina di chilometri a sud (D46, poi a sinistra sulla D61), a Saint-Symphorien-de-Marmagne, il mulino Cruzille offriva addirittura, in tutto il suo splendore, la copertina al suddetto opuscolo: semisommerso dalla vegetazione, lascia appena intravvedere la ruota, e fortuna vuole che resista il tetto a quadrelle colorate tipico della Borgogna.

Il roseto di La Celle-en-Morvan
Il roseto di La Celle-en-Morvan

Ci si consola con un’ennesima escursione da Autun (questa volta sulla D978) andando a cercare a La Celle-en-Morvan la sede comunale che assieme alla biblioteca è collocata in mezzo alla Roseraie: oltre a un migliaio di rose, il parco ospita un labirinto nel verde e un parco giochi. In questo bel giardino termina la nostra ricerca di mulini acquatici nel Morvan: non resta che riflettere sul tempo che scorre via veloce, anche troppo, per edifici tanto fragili. Solo a questo punto riveliamo che l’opuscolo che ci aveva spinti a partire, ricco di accattivanti foto, era edito nel 1996. Noi lo sapevamo dall’inizio. E ciò è servito a stimolare ulteriormente la nostra voglia di andare a vedere di persona quanto restava dei perduti mulini del Morvan.

I mulini dell’Haut Jura

Saint-Amour, nell’Haut Jura: la Tour Guillaume
Saint-Amour, nell’Haut Jura: la Tour Guillaume

Stavolta l’opuscolo riguarda una ristretta zona rurale, la Petite-Montagne, situata ai piedi dell’Haut Jura. Galeotta fu la foto con relativa didascalia: “Un tempo una quarantina di mulini funzionavano sulle rive del Souran”. Quanto basta per andare a vedere cosa ne sia rimasto. In un paio d’ore raggiungiamo Bourg-en-Bresse, la cui cattedrale – l’Église de Brou – è un caposaldo del gotico francese. La facciata di questa chiesa, intitolata a San Nicola da Tolentino, è stata restaurata forse eccessivamente, con il risultato di ottenere una superficie abbacinante che la fa somigliare a un falso ottocentesco. Ci si consola con l’interno, in cui spiccano le sontuose tombe di Filiberto il Bello (in suo onore venne fatta costruire la chiesa nel 1513), della consorte e della madre, con le relative statue giacenti. Oltre alla cattedrale si visita il Musée de l’Ain, ricavato nei locali dell’ex monastero benedettino.

Saint-Amour, nell’Haut Jura: il campanile della parrocchiale e la corte dell’antica fortezza
Saint-Amour, nell’Haut Jura: il campanile della parrocchiale e la corte dell’antica fortezza

Da Bourg-en-Bresse partiamo sulla N83 verso la Petite- Montagne, così chiamata per le quote modeste (non oltre i 700 metri di altitudine), caratterizzata da gole e grotte ma anche dalle cosiddette reculées, una sorta di circhi naturali la cui esposizione al sole e alle intemperie ha creato una vegetazione particolare. In una trentina di chilometri raggiungiamo Saint-Amour, grazioso village fleuri strategicamente situato al confine della provincia di Comté e dotato fra il XIII e il XIV secolo di una fortezza che conobbe numerose battaglie, fino a essere praticamente distrutta: ne rimangono pochi resti, il più importante dei quali è la Tour Guillaume. Visitiamo il seicentesco monastero della Visitazione, l’antica prigione, il convento dei cappuccini (con una collezione di vasi di farmacia in maiolica del XVII secolo), belle case fra cui quella in cui abitò il poeta Lamartine e due prefabbricati in metallo, opera di un artigiano locale, considerati monumento storico poiché risalenti al 1920. Infine la parrocchiale, costruita fra il XV e il XVIII secolo, ha un curioso torrione rotondo a far da campanile: vi si può salire per godere la veduta della Petite-Montagne. E si può approfittare del sagrato per una notte in libertà; poco distante, al mattino, il vicino ufficio turistico ci darà il materiale necessario per visitare la regione.

La chiesetta di Montagna-le-Reconduit
La chiesetta di Montagna-le-Reconduit

Da Saint-Amour si punta verso est sulla D3, una bella strada collinare che sale fra noci, frassini e altissime acacie, attraversando paesini dalle case in pietra fino ad affacciarsi su un altopiano ove i pascoli si alternano ai coltivi di cereali: dopo 18 chilometri arriviamo a Saint-Julien, incontrando il Souran (poco più di un ruscello) e un primo mulino trasformato in abitazione. Proseguiamo sempre sulla D3 per Arinthod, che raggiungeremo in altri 16 chilometri salendo fra boschi di conifere. La segnaletica ci ricorda che siamo nella Forêt de Coissonnet; nella stagione giusta i bordi della strada (un po’ stretta ma praticamente senza traffico) sono punteggiati dal blu dell’aquilegia che si alterna a quello della salvia selvatica.

I bassi portici della piazza di Arinthod
I bassi portici della piazza di Arinthod

Ad Arinthod ci attendono una piazza triangolare con una fontana nel centro, bei portici ribassati, vecchie insegne e una chiesa… nonché, essendo martedì, il mercato settimanale con irresistibili bancarelle di formaggi. Tornati a Saint-Julien ritroviamo il Souran e lo costeggiamo verso sud con la D117, incontrando il Moulin de la Pierre, la cui insegna – una barca dipinta – ci fa subito capire essere stato trasformato in agriturismo. Ma poi, finalmente, il medioevale Moulin du Pont des Vents non solo è rimasto integro, ma il suo interno costituisce un piccolo écomusée. Potremmo fermarci qui, ma poco più avanti ci viene segnalato il mulino di Germagnat: in bella posizione, ci accoglie con la sua grande ruota… e con un pizzico di delusione quando ci rendiamo conto che è diventato un ristorante.

L’ecomuseo allestito nel Moulin des Pont des Vents
L’ecomuseo allestito nel Moulin des Pont des Vents

Chiudiamo l’anello a Montagna-le-Reconduit, un villaggio poco sopra Saint-Amour dove – secondo l’opuscolo di turno – avremmo dovuto trovare la Grotte des Teppes, abitata fin dal Neolitico, e una strada romana. Il fortunato incontro con un abitante del posto di origine italiana ci ha dissuaso dalla prima escursione (la grotta è difficile da raggiungere e persino da individuare senza una guida locale). Quanto alla strada romana, pur seguendo l’indicazione di un rozzo cartello di legno, l’abbiamo cercata inutilmente. Probabilmente è stata inghiottita dalla vegetazione nella parte bassa del villaggio; ma segnaliamo comunque la meta, per tutti coloro che si dedicassero a questo genere di caccia al tesoro. In fin dei conti, noi abbiamo fatto la stessa cosa con i mulini ad acqua.

Più storia che altro

L’abbazia di Cluny
L’abbazia di Cluny

Tra Autun e Bourg-en-Bresse, a 24 chilometri da Mâcon, si trova ciò che resta di un grande tempio del passato. Facilmente raggiungibile per tranquille strade secondarie, l’abbazia di Cluny offrì la sede a uno dei più importanti ordini monastici del Medioevo: la congregazione cluniacense, istituita sulla Regola benedettina, contribuì grandemente all’evoluzione della cultura cristiana fra il X e il XIV secolo. Fondato nel 909, il monastero esercitò una certa influenza nella vita della Chiesa Cattolica arrivando a dare al Soglio di Pietro più di un pontefice; dalle sue celle provennero abati celebri quali i santi Oddone e Pietro il Venerabile, passato alla storia per aver ordinato la prima traduzione in latino del Corano.

L’abbazia di Cluny
L’abbazia di Cluny

Demolita in larga parte all’epoca della Rivoluzione Francese, la chiesa di Cluny fu la più grande del mondo fino alla costruzione della basilica di San Pietro in Vaticano. Oggi un percorso con filmato in 3D e stazioni di augmented reality cerca di restituire al visitatore un’idea delle dimensioni dell’antico edificio, di cui rimangono solo alcune parti fra cui uno dei campanili ottagonali che sovrastavano il grande transetto. In corrispondenza invece del piccolo transetto, l’abate Jean de Bourbon fece edificare intorno al 1460 una cappella in stile gotico flamboyant. Là dove si sviluppavano le navate sorse infine un edificio che chiude il bel chiostro alle spalle del palazzo intitolato a papa Gelasio II (morto a Cluny nel 1119), rimaneggiato a più riprese: al suo interno sono custodite sculture di grande pregio. Un luogo dello spirito che racchiude una storia lunga undici secoli (www.cluny.monuments-nationaux.fr). 

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