Montagna madre

Meta estiva di escursioni tra le più note dell'Appennino abruzzese e non solo, d'inverno il massiccio della Majella si trasforma in una candida distesa scavata dai fiumi che scorrono nei suoi valloni. E alle piste innevate, che offrono inattesi panorami, si aggiungono le testimonianze della storia e dell'antica tradizione pastorale.

Indice dell'itinerario

Filano veloci gli sciatori sulle piste della Majelletta. La neve è abbondante e ottima, come spesso accade alle alte quote dell’Abruzzo, e le larghe e facili discese invitano alla velocità e al divertimento. Contro l’azzurro del cielo si stagliano molte grandi montagne: il Morrone che chiude l’orizzonte verso ovest, il Sirente con i suoi canaloni, la piramide del Corno Grande del Gran Sasso. A sud, oltre le brutte costruzioni della cima, si alzano le vette più alte della Majella, dal Focalone al Pescofalcone e al Monte Amaro.
E’ il panorama sul mare, però, a rendere questi tracciati diversi da quelli di gran parte delle Alpi e da molti dello stesso Appennino. Alle spalle degli sciatori che si dirigono verso il ristorante Mamma Rosa e il posteggio si distendono le acque dell’Adriatico, scintillanti nella luce del mattino e di un blu intenso verso sera. Da altre località abruzzesi frequentate per gli sport invernali la costa è uno sfondo lontano; da qui, invece, le spiagge di Francavilla e di Ortona sembrano a portata di mano, oltre le colline di Lanciano e di Chieti, i vigneti di Miglianico e di Tollo e l’espansione edilizia di Pescara.
Com’è inevitabile, accanto ai pregi, la Majelletta presenta i difetti dell’Abruzzo in veste invernale: prima di tutto quelli creati dalla natura e contro i quali c’è poco da fare, come la violenza di certe bufere che arrivano da nord attraverso il mare e che impediscono di sciare su un crinale aperto a quasi 2.000 metri di quota. Anche l’uomo ci ha messo lo zampino, come dimostra il mancato accordo tra i due complessi sciistici della Majelletta e di Passo Lanciano, separati da meno di un chilometro di un’ampia e sciabilissima cresta, ma dove lo skipass unico non è ancora stato inventato. Sono comunque piccoli inconvenienti che nulla tolgono al piacere del soggiorno, anche per le numerose opportunità di immergersi nella natura montana con i modi e i mezzi del pleinair. In ogni caso le piste che scendono al passo, più basse e generalmente più affollate, offrono pendenze sostenute (c’è anche un’autentica pista nera), sono circondate dal bosco e restano quindi percorribili senza troppi problemi anche nelle giornate di vento. Chi invece ama le passeggiate con le racchette da neve da qui può dirigersi a nord su un crinale cosparso da capanni pastorali in pietra, le suggestive costruzioni della Majella che ricordano i nuraghe della Sardegna.

Un secolo di sport

Dalla Majelletta iniziano alcuni itinerari di scialpinismo in ambiente di alta montagna. Un breve tratto con le pelli di foca sulla strada innevata o sul crinale alla sua destra conduce alla splendida e facile discesa che porta allo Stazzo di Caramanico, alla Piana Grande (da cui si parte d’estate verso l’eremo di San Giovanni all’Orfento) e poi giù ancora fino alle case di pietra di Decontra, affacciate su Caramanico Terme e sulla rocciosa Valle dell’Orfento, popolata da una fauna straordinaria e cuore del Parco Nazionale della Majella. Occorre invece una solida esperienza di montagna o la presenza di una guida alpina per salire al crinale del Blockhaus, tra una fitta vegetazione di pino mugo, dove la neve dell’inverno nasconde i resti di un fortino ottocentesco. Da qui si prosegue verso il Monte Focalone, i Tre Portoni e il Monte Amaro, per poi scendere sul versante di Caramanico e Pacentro per la Valle della Giumenta Bianca, la Rava del Ferro o un altro ripido e impegnativo canalone.
Una sessantina di tortuosi chilometri più a sud, dopo le storiche architetture di Pescocostanzo e i caseifici di Rivisondoli, ecco le piste di Roccaraso, una delle capitali dell’Abruzzo invernale, che si appresta a celebrare i cento anni dello sci su queste montagne: si era nel febbraio del 1910 quando il Touring Club Italiano organizzò nella cittadina abruzzese e sul vicino Piano delle Cinque Miglia il primo Convegno Invernale di Ski dell’Appennino. Un’iniziativa raccontata con enfasi dai giornali del tempo e realizzata con la collaborazione dello Ski Club Torino, il primo della penisola. Stelle dell’evento furono Harald e Trygve Smith, due fratelli norvegesi campioni di sci nordico, pionieri degli sport della neve.
Oggi Roccaraso e la vicina Rivisondoli offrono agli appassionati il più esteso e attrezzato comprensorio sciistico della regione. Tra i 2.140 metri delle Toppe del Tesoro e i 2.056 del Monte Pratello, i due versanti oggi interconnessi propongono una quindicina di impianti e una trentina di piste, fra le quali la lunghissima (5 chilometri) e panoramica azzurra che compie il periplo del Pratello e alcune vertiginose piste nere riservate agli sciatori più preparati. Completano il quadro molte piacevoli rosse, uno snowpark riservato alle acrobazie con la tavola, un’ampia scelta di hotel, ristoranti e rifugi e persino uno stadio del ghiaccio: da anni Roccaraso ha l’ambizione di ospitare la Coppa del Mondo, che le prossime celebrazioni vogliono certamente rilanciare.
Il Parco Nazionale della Majella da qui sembra uno sfondo lontano, ma il viaggio ai piedi della montagna offre molti incontri con la natura e con la storia. Per scendere dalla Majelletta verso ovest, d’inverno, l’unica strada praticabile è quella che parte da Passo Lanciano, si abbassa nel bosco e poi su vasti pendii più o meno innevati scende a Lettomanoppello, antica capitale degli scalpellini di questa zona. Stradine tortuose in un paesaggio solenne – da un lato le creste innevate, dall’altro i canaloni scintillanti del Morrone – portano ad Abbateggio e poi a Roccamorice, in una delle vallate più suggestive dell’Appennino. Cosa fare in questa zona dipende dalle condizioni della montagna: se l’innevamento è abbondante, come capita da queste parti nonostante la bassa quota, con le racchette da neve o gli sci da fondo ci si può dirigere verso la Valle Giumentina e le sue capanne a tholos, una facile passeggiata in un ambiente straordinario. Se invece la montagna è asciutta, le capanne possono essere raggiunte con il veicolo (faccia attenzione chi conduce un mezzo di notevole ingombro); poi, per un breve tracciato, si raggiunge a piedi in poco meno di mezz’ora l’eremo di San Bartolomeo in Legio, annidato in una conca rocciosa. Nonostante ci si trovi a poco più di 500 metri sul livello del mare e la distanza da percorrere sia poca, l’ultima parte del sentiero può presentare tratti ghiacciati e l’accesso all’eremo può essere pericoloso: per un suggerimento sul da farsi ci si può rivolgere a uno dei più esperti montanari abruzzesi, Giampiero Di Federico, la guida che ha creato la scuola di arrampicata di Roccamorice.
Poche centinaia di metri più in là si alzano le pareti verticali sulle quali sono stati tracciate le tante vie frequentate da appassionati della roccia provenienti da tutta Italia e da molte parti d’Europa, anche se d’inverno normalmente fa troppo freddo per scalare. Un breve tratto sulla strada per la Majelletta (quella più in alto è sbarrata) porta al Colle della Civita, che al pari della Valle Giumentina esibisce una serie di capanne a tholos appoggiate l’una all’altra, come a formare una fortezza.

Passo passo fra storia e natura
Nei dintorni di Roccamorice il viaggio alle pendici della Majella tocca le quote più basse. Usciti dal paese ci si dirige verso ovest, si attraversa una forra, si lascia a sinistra la strada della Valle Giumentina e si sbuca sulla statale 487 che sale dalla Tiburtina a Caramanico: seguendola verso sinistra e poi girando a destra al primo bivio si raggiunge la splendida chiesa romanica di San Tommaso Apostolo, affiancata da un piccolo gruppo di case.
Poco più avanti è Caramanico Terme, località turistica fra le più note dell’Abruzzo, in estate molto più animata che d’inverno. Il centro storico, ripido e suggestivo, merita una passeggiata per visitare la quattrocentesca chiesa di Santa Maria Maggiore, con la facciata gotica opera di un maestro tedesco, e quelle di San Domenico e di San Nicola, annunciate da elaborati portali. Una stradina sale al centro visite della Riserva Naturale Valle dell’Orfento, una delle migliori introduzioni all’ambiente della Majella, accanto al quale alcune gabbie ospitano rapaci feriti da bracconieri e recuperati dal Corpo Forestale di Pescara. Più vicino al fiume, una struttura ospita alcune lontre destinate a essere liberate nei torrenti più limpidi del parco; da qui parte un magnifico sentiero, frequentabile nella bella stagione, che conduce a mezza costa verso la stessa Valle dell’Orfento.
Lasciatasi alle spalle Caramanico, la strada sale alla frazione di San Nicolao; alcune rampe portano ai 913 metri di quota di Sant’Eufemia a Maiella, che conserva una bella parrocchiale e alcune deliziose case di pietra. Poco oltre l’abitato inizia la stradina per la faggeta di Lama Bianca, da cui partono o dove si concludono altri ripidi itinerari di scialpinismo. Il bosco, invece, offre l’occasione di una facile passeggiata da effettuare a piedi o con le racchette.
Più avanti un’altra deviazione porta a Roccacaramanico, uno dei centri minori più suggestivi della Majella, situato al di sopra dei 1.000 metri sul livello del mare. Ai piedi delle faggete del Morrone e addossato a enormi massi calcarei, il borgo offre uno splendido colpo d’occhio sul versante più ripido della “montagna madre” abruzzese; quasi completamente abbandonato alla metà degli anni ’70, è oggi in via di restauro e recupero, soprattutto da parte di famiglie che vengono qui per il finesettimana. Quando la neve è abbondante, per le scalinate e nei vicoli gli spalatori lavorano a pieno ritmo. Le ultime rampe della statale portano infine al Passo San Leonardo, l’ampio valico tra la Majella e il Morrone dal quale la strada scende verso Pacentro e Sulmona, e dove un brevissimo skilift permette a principianti e bambini di fare le prime esperienze con gli sport invernali.
Costeggiando alcuni pianori sul fianco più ripido della Majella, poco prima di Fonte Romana un cartello visibile anche con la neve segnala l’inizio del lungo sentiero estivo per la Fonte dell’Orso, la Forchetta di Majella e il Monte Amaro: d’inverno è un itinerario scialpinistico, mentre il pianoro e i boschi offrono varie opportunità di passeggiate con le ciaspole. Aggirato un crinale si scende a Campo di Giove, uno dei luoghi di vacanza più frequentati: il paese sorse intorno a una mansio romana, fu devastato dalla Seconda Guerra Mondiale e oggi ospita la sede del Parco Nazionale della Majella. Poco oltre c’è la base degli impianti di risalita che portano verso la Tavola Rotonda, che hanno fatto di Campo di Giove anche una località di turismo invernale.
Da questo punto l’itinerario dipende ancora una volta dall’innevamento. In condizioni normali si continua accanto alla ferrovia Sulmona-Castel di Sangro, si scavalca il Valico della Forchetta e si scende alla stazione ferroviaria di Palena e all’altopiano del Quarto Santa Chiara, oltre il quale si trova Pescocostanzo. Se la neve è abbondante, invece, occorre dirigersi verso Sulmona fino al piccolo centro di Cansano, nei pressi del quale merita una visita il parco archeologico di Ocriticum.
Si riprende a salire verso Pescocostanzo lungo il tracciato dell’antica Via Minucia, che collegava Corfinio con Isernia. Un bel percorso in salita nella valle che separa il Monte Rotella dal Pizzalto porta al Bosco di Sant’Antonio, una delle più suggestive faggete secolari d’Abruzzo: protetto dal 1985 da una riserva naturale regionale e oggi incluso nel parco della Majella, si estende su 550 ettari intorno ai 1.300 metri di quota e ospita anche tassi, cerri, ciliegi e tre specie diverse di acero (opalo, di monte e campestre). D’estate vi fioriscono le orchidee, d’inverno è percorso da una bella pista da fondo che attraversa la foresta e poi scende ai piedi del Monte Rotella. Una baracca in legno serve da base alla locale scuola per fondisti, mentre il ristorante Il Faggeto, sul cui piazzale si parcheggia, propone una buona cucina tradizionale. Qualche chilometro più avanti, a Pescocostanzo, ci attendono alcune delle più belle costruzioni cinquecentesche di tutta la regione. Per le piste di Roccaraso manca poco, ma anche lo sciatore più incallito farà bene a fermarsi un momento: quello di Pescocostanzo e del suo bosco è un Abruzzo in cui l’unione di natura e storia dà veramente il meglio di sé.

Testo e foto di Stefano Ardito

 
PleinAir 449 – Dicembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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