Mistica solitudine

La valle del Vomano: un Abruzzo prezioso e genuino: piccoli borghi e antichi luoghi di culto e, in mezzo, Teramo.

Indice dell'itinerario

L’eco delle drammatiche ore del terremoto in Abruzzo ancora non si esaurisce, intrisa del dignitoso dolore di chi ancora soffre e della miseria morale di sciacalli che speculano su una sciagura. Ma non è certo il sisma dell’aprile 2009 ad aver dato notorietà a una regione da sempre conosciuta per la sua eccellenza ambientale e per la grande ospitalità dei suoi abitanti: e se il Gran Sasso e la Majella sono luoghi culto degli amanti della montagna, certo non mancano le opportunità per tranquilli itinerari d’arte e di cultura come quelli che si possono disegnare nel Teramano, fra le sponde dell’Adriatico e le alte vette della provincia aquilana. Asse centrale di questa scoperta è la Valle del Vomano, che percorre quasi per intero la parte settentrionale dell’Abruzzo e, nonostante sia ben collegata alle grandi direttrici stradali, se ne sta defilata, quasi a proteggere i suoi tesori con pudica riservatezza.

Un sentiero escursionistico
Un sentiero escursionistico

I trascorsi storici di questo territorio già fiorente in età romana, che sotto l’esarcato di Ravenna assorbì gli elementi della cultura bizantina e divenne più tardi la roccaforte settentrionale del Regno di Napoli, hanno plasmato e caratterizzato la sua identità. Anche gli ultimi decenni, contraddistinti dallo sviluppo economico e dall’impetuosa crescita di un turismo non sempre rispettoso dei luoghi, hanno lasciato intatto lo spirito originario di un entroterra punteggiato da cittadine e paesi ricchi di storia e complessi monumentali di grande pregio, ai quali fanno da contraltare i superbi scenari montani: ma l’itinerario di queste pagine si sviluppa a quote perlopiù collinari, su strade comode e in buone condizioni che consentono di spostarsi agevolmente anche nei mesi freddi (senza però dimenticare le catene da neve) e con veicoli di buona stazza.

 

 

 

Architetture dello spirito

Gli articolati volumi della chiesa di Santa Maria di Propezzano.
Gli articolati volumi della chiesa di Santa Maria di Propezzano.

Il Vomano si getta nell’Adriatico in prossimità di Roseto degli Abruzzi e dei suoi lunghi arenili che scendono verso Pineto, ma al di fuori della stagione balneare sono altri gli elementi che richiamano l’attenzione. Lasciata l’autostrada, ci immergiamo dunque nel tormentato e spettacolare paesaggio della Riserva Naturale Guidata dei Calanchi di Atri: detti scrimoni nel dialetto locale, questi profondi solchi sono il frutto dell’erosione operata dal vento e dall’acqua sulle pendici argillose delle colline, formando un labirinto verticale di guglie, ripide pareti e stretti canali che sembra voglia ingoiare da un momento all’altro le costruzioni in cima alle alture.

 

Atri, la ricca colonia romana di Hatria posta sulla direttrice dell’antica Via Cæcilia, fu centro di floridi scambi tra la costa e l’interno e assunse un ruolo di rilievo come alleata di Roma contro l’esercito di Annibale. L’imperatore Adriano (i cui genitori ebbero qui i natali) la rese grande e fiorente, poi le invasioni barbariche e la caduta dell’impero la consegnarono alle vicende del Medioevo, epoca in cui vennero innalzati palazzi, chiese e monumenti che tuttora qualificano l’impianto urbano. L’armoniosa Piazza del Duomo si trova a pochi passi dal parcheggio che abbiamo scelto per la sosta, lungo la via intitolata ad Andrea De Litio: questo famoso maestro della pittura rinascimentale abruzzese realizzò vari affreschi nell’imponente basilica concattedrale di Santa Maria Assunta, costruita in pietra d’Istria nella seconda metà del XII secolo. Di fronte all’altare, il pavimento in vetro permette di ammirare i resti delle terme romane su cui la chiesa fu edificata, mentre l’antica cisterna è sovrastata da un elegante chiostro che risale all’inizio del XIII secolo e tramite il quale si accede al Museo Capitolare: la ricca collezione custodita nelle sue sale, tra le più significative della regione in tema di arte sacra, vanta pezzi di estremo valore, come le pregiate maioliche di Castelli e una Madonna con Bambino che Luca della Robbia avrebbe eseguito intorno al 1470, ma anche splendidi codici miniati e una bellissima croce in cristallo di rocca.

 

Dopo aver ammirato il portale quattrocentesco della chiesa di Sant’Agostino, a pochi passi dal duomo, proseguiamo verso il Palazzo Ducale in cui oggi ha sede il municipio. L’elegante edificio, di fine ‘300, ospita il Museo Didattico degli Strumenti Musicali Medioevali e Rinascimentali, una raccolta di fedeli ricostruzioni di cui, grazie a supporti multimediali, è addirittura possibile ascoltare il suono. Un’altra curiosità la troviamo nella chiesa di Santo Spirito, dove gli interni barocchi sono adornati da meravigliosi candelabri settecenteschi in vetro di Murano. La tranquillità che regna nel piccolo edificio non deve però trarre in inganno: considerato anche santuario di Santa Rita da Cascia (alla quale è dedicata la cappella a sinistra), il 22 maggio è preso d’assalto da folle di devoti per la concessione del perdono e la benedizione delle rose. Ultima tappa presso la porta cinquecentesca, che segna l’uscita dalla città vecchia, e la vicina chiesa di San Domenico (in realtà intitolata a San Giovanni Battista) nella quale è conservato uno stupendo organo dei primi del ‘700.

L'elegante portale di San Domenico
L’elegante portale di San Domenico

Le panoramiche curve della provinciale 553 scendono in una dozzina di chilometri al fondovalle del Vomano e alla statale 150. A breve distanza dall’incrocio si trovano altre due testimonianze dell’antica spiritualità di questo territorio, la prima delle quali è la chiesa di Santa Maria di Propezzano: risalente alla fine del XIII secolo, si dice che sia stata innalzata nel luogo in cui, nell’anno 715, apparve la Madonna chiedendo che fosse costruito il tempio. Il passato abbaziale è testimoniato dalla pregevole fattura della facciata, sulla quale risalta la trecentesca Porta Santa che ogni 10 maggio viene aperta per celebrare l’apparizione della Vergine. L’edificio è chiuso, ma per entrare basta rivolgersi al vicino bar dove chiediamo e otteniamo le chiavi; poi, con un misto di emozione e reverenza, varchiamo l’uscio sotto un piccolo portico decorato. I resti di stupendi affreschi del ‘400 decorano l’interno a tre navate in nudo stile romanico, che esalta l’atmosfera mistica del sito, e solo il vociare di un folto gruppo di turisti in arrivo ci riporta alla realtà. Visitato il grande chiostro del convento per ammirare con calma le opere seicentesche di pittura muraria, riconsegniamo le chiavi e riprendiamo la marcia lungo il fondovalle per svoltare quasi subito in direzione di Guardia Vomano, nelle cui vicinanze l’abbazia di San Clemente al Vomano è stata recentemente riaperta alle visite dopo un lungo restauro. La fondazione risale all’anno 874, ma la chiesa attuale fu ricostruita all’inizio del XII secolo e nel corso del tempo ha subito diverse modifiche, le ultime negli anni ’20 dello scorso secolo. Attraversato il bel portale in pietra, di chiara impronta cassinese, nella navata centrale si notano i resti della chiesa precedente: qui è soprattutto il contrasto di luci e di livelli fra la struttura originaria e quella odierna ad accentuare la ruvida eleganza del romanico. Sulle pareti spiccano i resti degli affreschi medioevali mentre nell’abside, al di sopra dell’altare in marmo, si ammira uno dei più antichi cibori d’Abruzzo (del 1147) finemente decorato in stucco con raffigurazioni di animali inserite in una fitta trama fitomorfa.

 

Tremila anni di storia

Teramo: Piazza Martiri della Libertà
Teramo: Piazza Martiri della Libertà

Il capoluogo e centro principale della zona, Teramo, rappresenta un corridoio naturale fra la costa e i severi contrafforti del massiccio centrale. Percorso un breve tratto della A24, approdiamo nel comodo parcheggio a pagamento in Piazza San Francesco, che ci permette di lasciare il camper e di godere in tutta tranquillità la nostra passeggiata. Attraversata Porta Melatina, che si apre proprio di fronte al parcheggio, siamo già nel centro storico di una città le cui radici risalgono a prima ancora della romana Interamnia, così chiamata perché posta alla confluenza dei fiumi Vezzola e Tordino. La testimonianza degli antichi fasti della colonia, probabile erede di un remoto insediamento protoitalico e assurta al massimo splendore ai tempi della Roma imperiale, si trova nei resti del teatro databile intorno al 30 a.C., che poteva contenere fino a 3.000 persone. Accanto, in Via Vincenzo Irelli, rimangono i ruderi di un tratto delle mura dell’anfiteatro che originariamente misurava più di 200 metri di diametro.

Se della romanità di Teramo solo queste vestigia resistono a sfidare il tempo, l’eredità lasciata dal Medioevo è ben visibile, a iniziare dalla cattedrale di Santa Maria Assunta e San Berardo. Eretta nel XII secolo sui resti di un tempio romano, fu ingrandita e modificata nel corso dei secoli successivi, come dimostra la complessa facciata che sovrappone più linguaggi architettonici e in cui spicca l’elaborato portale in stile cosmatesco. Anche all’interno è ben visibile la distinzione fra la prima parte, più antica, e il prolungamento effettuato nel ‘300, a cui si accede tramite una breve gradinata. Fra le numerose opere d’arte salta subito all’occhio lo splendore del paliotto d’argento dorato alla base dell’altare, opera della metà del ‘400 di Nicola da Guardiagrele: le trentacinque lamine finemente cesellate, la cui lavorazione richiese circa quindici anni, rappresentano scene della vita di Gesù e figure di santi.

Il chiostro della cattedrale di Santa Maria Assunta
Il chiostro della cattedrale di Santa Maria Assunta

Dopo una sosta ritemprante in un bar di Piazza dei Martiri della Libertà imbocchiamo Via Delfico alla volta del Museo Civico Archeologico Francesco Savini, la cui vasta collezione racconta efficacemente le vicende di Teramo. Al piano terra la storia della città si snoda dall’epoca romana fino all’Alto Medioevo, quasi un viaggio nel tempo fra preziosi busti romani, vasi e parti di antiche strutture architettoniche; il piano superiore è dedicato al territorio circostante, con testimonianze che vanno dalla preistoria alla romanizzazione. Ci colpiscono in special modo una tomba del VI secolo a.C. con un dovizioso corredo di armi e vasellame e la sepoltura di una donna con il suo cane, che ispira una certa commozione al pensiero dell’amicizia che li legava.

Percorrendo l’elegante e vivace Corso San Giorgio in direzione di Piazza Garibaldi si raggiunge la Pinacoteca Civica, con accesso in Viale Bovio. Anche qui l’interessante esposizione è assai ben organizzata, guidando il visitatore alla scoperta delle espressioni artistiche locali di varie epoche. Tra le importanti opere pittoriche qui conservate, che vanno dalle tavole medioevali fino a dipinti del ‘900, trova posto anche una collezione di ceramiche di Castelli eseguite dai più illustri artigiani abruzzesi. Tornando verso il camper abbiamo modo di dare un ultimo sguardo alla città, ai suoi monumenti e alle grandiose viste che di tanto in tanto si aprono sul massiccio innevato del Gran Sasso: è lì che siamo diretti.

 

Santi e diavoli

Sotto, maschere del Canto di Sant'Antonio Abate, allegro rito popolare che va in scena nelle vie del paese la notte del 16 gennaio
Sotto, maschere del Canto di Sant’Antonio Abate, allegro rito popolare che va in scena nelle vie del paese la notte del 16 gennaio

La statale 80 ci introduce nell’alta valle che ha il suo inizio a Montorio al Vomano, balcone sugli splendidi scenari appenninici. In Piazza Orsini, antica sede di mercato, visitiamo la parrocchiale di San Rocco edificata nella prima metà del ‘500 e ampliata alla fine del secolo successivo. All’interno, tra sontuosi arredi in legno e stucchi in stile barocco, ammiriamo le due tele raffiguranti la Resurrezione, del 1530, e l’Ultima Cena, del 1607; anche qui è presente un organo settecentesco di pregiata fattura.

Appena usciti dall’abitato, proseguendo sulla statale 80 troviamo il cinquecentesco convento dei Cappuccini, che emana un fascino inquietante: sarà forse l’aspetto segnato dall’inclemenza dei secoli, con gli affreschi scrostati da cui le figure dei santi sembrano osservarci, oppure la storia di Fra’ Silvestro della Macchia. Leggenda vuole che il suo corpo, sepolto tra la prima e la seconda cappella, sia all’origine delle fessure che periodicamente appaiono sul muro, segno della sua presenza ancora vitale, e ci sorprendiamo a scrutare le pareti alla ricerca di qualche indizio.

Il nastro della statale prosegue tra fitti boschi mentre l’aria diventa sempre più frizzante. E’ assai improbabile che viaggiando in Abruzzo – una regione con il felice primato di oltre il 30 per cento di territorio protetto – non si entri in qualche riserva naturale, e il nostro itinerario non fa eccezione. Eccoci infatti nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, sempre lungo il corso del Vomano e la parallela statale, che lasciamo all’altezza di Aprati per deviare sulla provinciale 45a. In meno di 10 chilometri si sale ai 1.105 metri di quota di Crognaleto e, incrociandone le piccole frazioni immerse nel silenzio dei boschi, ci si aspetta che il centro principale sia piuttosto esteso: in realtà si tratta di un comune diffuso, e l’abitato che gli dà il nome è poco più di un gruppo di case affacciate sul magnifico panorama della Laga.

Fermato il mezzo in uno slargo accanto al cimitero, un’escursione di una ventina di minuti (che si può effettuare anche in presenza di neve, naturalmente con le calzature adatte) porta fino allo sperone di roccia sul quale si erge la piccola chiesa della Madonna della Tibia, risalente al 1617. La curiosa denominazione di questo rustico edificio in pietra, affiancato da una semplice canonica, si ricollega all’ennesima leggenda popolare secondo cui la chiesetta venne fatta costruire da un ricco commerciante di bestiame che si fratturò la tibia cadendo da cavallo e invocò la Vergine affinché lo aiutasse a far ritorno a casa. Per questo motivo alla statua lignea che raffigura la Madonna con il Bambino, conservata all’interno insieme a un altare barocco dorato e dipinto, vengono attribuite proprietà miracolose per le guarigioni e per la protezione dalle calamità naturali. Il silenzio assoluto di questo luogo a picco sullo scenario montano si interrompe solo in due giorni dell’anno: il 17 agosto, con la suggestiva processione notturna illuminata dalle torce, e in occasione della ricorrenza mariana dell’8 settembre.

Affreschi sacri al convento dei Cappuccini presso Montorio al Vomano.
Affreschi sacri al convento dei Cappuccini presso Montorio al Vomano.

Ridiscesi al bivio, riprendiamo la strada principale nella direzione da cui eravamo arrivati per spostarci sull’altro versante della valle del Vomano. La provinciale 44 si dipana con ampie curve sino al piccolo borgo di Fano Adriano, disteso in una conca alle cui spalle si ergono i contrafforti rocciosi del Gran Sasso. La vivacità di questo grazioso centro montano, che sorge a circa 750 metri di quota, non è venuta meno neanche con il terremoto: i pochi danni hanno fortunatamente risparmiato la parrocchiale di San Pietro, risalente al XII secolo, al cui interno si apprezzano resti di affreschi del ‘400, un altare barocco in legno dorato e il bellissimo soffitto a cassettoni del ‘600. Anche qui i possibili spazi di sosta non sono molto numerosi ma non è difficile trovare una sistemazione, in particolar modo nella parte bassa dell’abitato. Se poi doveste trovarvi a passeggiare per i vicoli del paese la sera del 16 gennaio, penserete di essere ancora in preda alla suggestione di storie fantastiche vedendo un corteo di uomini con i volti celati da cappe nere che seguono una pia figura importunata dal diavolo: si tratta del Canto di Sant’Antonio Abate, manifestazione che si tiene ogni anno in onore di questo santo tra i più popolari in Abruzzo. I sandandoniani sfilano cantando e suonando, avvolti in lunghi mantelli e preceduti dall’eremita egiziano e da Satana, che non si risparmia in lazzi e dispetti. L’allegro corteo si ferma di porta in porta per ristorarsi con del buon vino e prelibati assaggi della cucina locale: difficile sfuggire a tanta euforia, e state certi che il vostro bicchiere non sarà mai vuoto!

 

Salita al gigante

Pietracamela s'abbarbica su uno sperone ai piedi del Pizzo d'Intermesoli, una delle cime del Gran Sasso d'Italia.
Pietracamela s’abbarbica su uno sperone ai piedi del Pizzo d’Intermesoli, una delle cime del Gran Sasso d’Italia.

Usciti dall’abitato, si torna a salire attraverso i boschi imbiancati raggiungendo in una decina di chilometri una delle destinazioni più conosciute di questo comprensorio: incastonato nelle pendici del Corno Piccolo a poco più di 1.000 metri di altitudine, Pietracamela è stato dichiarato nel 2007 borgo dell’anno per l’impegno profuso nella valorizzazione e nella tutela del suo territorio. L’abitato è diviso in due parti, con il lungo Viale Europa a fare da cerniera: trovato posto su di esso o, poche centinaia di metri più avanti, sulla strada che porta ai campi sportivi, ci dedichiamo senza indugio alla visita di questa pittoresca località montana. Qui il sisma ha danneggiato la trecentesca parrocchiale di San Leucio, attualmente chiusa per i necessari lavori di restauro: ci ripagano della rinuncia gli stretti vicoli della parte alta con le case in pietra che creano, passo dopo passo, un continuo gioco di quinte sul grandioso fondale del Gran Sasso. Salendo attraverso un articolato percorso di strettoie, gradini e piccoli terrazzi arriviamo alla sommità del paese, sulla mulattiera che porta alla valle del Rio Arno; ancora pochi metri e il sentiero che si stacca alla nostra sinistra ci conduce alle Grotte di Segaturo, che ospitano una singolare esposizione d’arte rupestre contemporanea. Negli anni ’60 il pittore Guido Montauti (che a Pietracamela era nato nel 1918) e altri artisti del gruppo Il Pastore Bianco, da lui stesso fondato, realizzarono su queste pareti un intero ciclo di dipinti di grande vigore cromatico, che affollano la roccia e sembrano osservarci in silenzio, mentre capiamo lo scopo del cenacolo di Montauti: il ritorno alle origini in contrapposizione alla mercificazione dell’arte, battaglia che il pittore condusse fino agli ultimi anni della sua vita. Del movimento, che assunse un profilo internazionale e si scontrò violentemente con la Biennale di Venezia, oggi ci rimane in eredità questo luogo in cui natura e arte si incontrano stimolando la riflessione e la meditazione.

Il parcheggio degli impianti di risalita a Prati di Tivo
Il parcheggio degli impianti di risalita a Prati di Tivo

Appagati nella vista e nello spirito, ci rimettiamo in marcia verso l’ultima tappa che in soli 6 chilometri ci riporta alla mondanità. Prati di Tivo, rinomata stazione sciistica e base di partenza per numerose escursioni in ogni stagione (d’inverno si possono effettuare vari percorsi con le ciaspole), ci offre un comodo approdo in cui terminare il nostro itinerario. Il grande piazzale di fronte alla moderna cabinovia permette infatti di parcheggiare agevolmente e consumare una bevanda calda in uno dei locali affollati di sciatori e snowboarder. Ci piace la vivacità del posto, dove respiriamo un’aria festosa e leggera, ma alzando gli occhi alle vette innevate e immaginando il silenzio della montagna ripensiamo già con una punta di nostalgia alle atmosfere di un altro Abruzzo, intimo, nascosto, da intenditori.

 

 

 

 

 

 

 

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