Miracoli in Valmorel

Fantasia e realtà si uniscono in una storia scritta e illustrata da Dino Buzzati, che diventa un invito ad esplorare (in camper e a piedi) i colli e il fondovalle della Sinistra Piave, immergendosi negli ameni paesaggi del Bellunese dove il grande scrittore amava dedicarsi a passeggiate ed escursioni.

Indice dell'itinerario

Un sentiero, che suppongo fosse una scorciatoia per raggiungere qualche malga sui dossi del Col Visentin, dopo una ripida salita si addentrava, formando un ampio cerchio, in un romito valloncello estremamente romantico, come succede molto spesso in Val Belluna. E proprio là dove gli opposti declivi si congiungevano… sorgeva uno di quei rozzi tabernacoli con una immagine ormai quasi irriconoscibile, tanto maltrattata dalle intemperie e dagli anni. Sul bordo tutta una fila di lumini, di cui soltanto due accesi, e tanti piccoli vasi e bicchieri con fiori di campo . Con queste parole Dino Buzzati, nell’introduzione al suo libro illustrato I miracoli di Valmorel (pubblicato nel 1971), descrive l’origine di una sua particolare ricerca ambientata nel Bellunese, dove era nato ed era solito trascorrere qualche periodo di riposo dedicandosi all’alpinismo e all’escursionismo.
Tutto cominciò dal ritrovamento, nella biblioteca paterna, di un quadernetto di circa quaranta pagine, dove era registrata una lunga serie di favolosi interventi di Santa Rita che andavano dal secolo sedicesimo al principio del Novecento”. Incuriosito dalla storia, Buzzati chiese ad alcuni studiosi di antichità locali che però non seppero fornirgli alcuna spiegazione, e infine si rivolse – era l’estate del 1938 – al parroco di Limana, nei cui pressi doveva trovarsi un santuario dedicato appunto alla santa. Guardò e sfogliò il quaderno, fece una simpatica risata e mi spiegò: sì, in Valmorel esisteva non un santuario, per carità, e neppure una chiesa, e neppure una cappella vera e propria, bensì… una edicola (così aveva sentito dire), uno di quei rustici tabernacoli che la devozione dei montanari costruisce agli incroci delle strade… Ora non mi restava che andare a cercare il microsantuario… Quand’ecco, ebbi l’impressione che qualcuno mi stesse osservando. Mi volsi. Da una siepe di noccioli sbucava infatti in quel mentre un simpatico vecchietto – almeno tale mi parve – con un’aria curiosamente sicura di sé .
L’anziano, che si rivelerà essere l’autore del quadernetto su Santa Rita posseduto dal padre di Buzzati, lo conduce nella sua casetta dove le pareti, se potevano dirsi pareti, erano tutte ricoperte di tanti ex-voto che definire naïf era eufemismo, tanto erano di fattura primordiale. Tutti della stessa mano, lo si capiva al primo sguardo. La mano sua… Disse di chiamarsi Toni Della Santa. Che suo padre, suo nonno, suo bisnonno, e su, su, chissà per quante generazioni, erano stati i custodi di quel santuario, veneratissimo, mi garantì, per largo raggio… Mi stupiva la luce che veniva da quegli occhi. Era un santo lui stesso? Era – come in seguito mi chiesi ripetutamente – una sorta di ispirato folletto, di gentile mago delle nostre montagne? .
L’incontro non si ripeté quell’anno, e anzi gli impegni di lavoro e poi la guerra tennero lontano Buzzati per lungo tempo. “Soltanto nel 1946 tornai alla vecchia casa di Belluno… Il paese di Valmorel esisteva ancora, tale e quale. Esistevano i colli, le ripe scoscese, le vecchie casere, le modeste rupi affioranti, il Col Visentin, esisteva ancora intatto l’incanto del tempo dei tempi… Ma il sentiero che conduceva al santuario non esisteva più… nessuno ne sapeva niente. Nessuno aveva mai sentito nominare un tabernacolo di Santa Rita. Nessuno aveva mai conosciuto Toni Della Santa… Ero in preda a una droga? A un incantesimo? Eppure portavo con me il quaderno, ormai ingiallito, e le note prese otto anni prima…”.

Lungo il sentiero
Sulla scorta di questo piccolo mistero, i luoghi tanto cari allo scrittore veneto possono essere oggi ripercorsi grazie al Sentiero Buzzati approntato dal Comune di Limana, che si trova una decina di chilometri a sud-ovest di Belluno. Il tracciato parte dal fondovalle del Piave, presso la chiesetta della Madonna del Parè, e arriva in cima a Valmorel, ai margini dell’altopiano del Nevegal, offrendoci lo spunto per un inedito quanto godibile itinerario a misura di camper in Val Belluna. Eccoci dunque a Limana, ospiti di una nuova e confortevole area attrezzata voluta dall’amministrazione e per di più gratuita.
Il punto di partenza del Sentiero Buzzati, che si sviluppa per circa 7 chilometri ed è alla portata anche di camminatori poco allenati, si trova a poco più di un chilometro nella frazione di Giaòn, dove non manca qualche piccolo parcheggio per lasciare temporaneamente il veicolo se proprio non si vuole coprire a piedi la distanza fra l’uno e l’altro centro. La stradina di Valmorel inizia a salire ben ripida in fondo al paese, e al termine dell’asfalto si incontrano le prime cappellette di una Via Crucis presentate da pannelli esplicativi (ma alcune purtroppo sono in cattivo stato, con dipinti sbiaditi e cancelletti divelti). Più avanti il panorama si apre sulla valle del Piave, con lo stupendo spettacolo delle Dolomiti Bellunesi proprio di fronte: si arriva così alla chiesetta della Madonna del Parè, punto di partenza ufficiale del tracciato, dove sono stati rinvenuti diversi reperti di epoca altomedioevale, probabile testimonianza dell’esistenza di un sito fortificato di cui oggi rimangono solo vaghe tracce. Il sentiero a questo punto sembra svanire nel nulla: per ritrovarlo bisogna raggiungere la strada asfaltata che sale dal paese, proseguire a sinistra e superare le due case sulla strada stessa, fino alla tabella in legno che indica a destra il percorso escursionistico. Incontreremo ancora il tabernacolo di Laste (pure questo in cattive condizioni) e un’edicola dedicata a Sant’Antonio da Padova. Si arriva così al pannello che descrive San Pietro in Tuba, dove erano stati costruiti fra l’XI e il XIII secolo un castello e un monastero cistercense dei quali oggi non rimane praticamente nulla: il fortilizio, nonostante la sua posizione strategica, fu abbandonato e distrutto probabilmente già nella seconda metà del ‘300, mentre l’eremo fu chiuso nel ‘500 e cadde in rovina, anche se la chiesa fu oggetto di frequentazione da parte dei devoti per almeno due secoli.
Qui il percorso si biforca, proponendo una variante al tracciato principale. Continuando sulla strada più ampia si raggiunge l’edicola di Santa Rita, che si potrebbe dire scaturita dalla penna di Buzzati: sulla falsariga dei Miracoli di Valmorel nacque infatti la proposta di costruire davvero il piccolo santuario immaginato o realmente visitato dallo scrittore, ed egli stesso partecipò al progetto dipingendo l’immagine della santa oggi esposta in copia nella cappella (l’originale è conservato nel Municipio di Limana). Continuando verso la sommità ci si ritrova sul tratto pianeggiante del Rifugio degli Alpini con ampio parcheggio, monumento e cannone commemorativo: siamo a circa 850 metri di altitudine e la vista spazia ad ampio raggio, con il Col Visentin che troneggia davanti a noi. Questa è zona di torbiere, e chi fosse salito fin qui con il veicolo (la strada è tranquillamente accessibile anche a mezzi di grandi dimensioni) dovrà stare attento a non parcheggiare sull’erba ai bordi della strada, perché rischia di trovarsi con le ruote infossate. Se si sceglie la variante, lievemente più lunga e ripida, lasciando San Pietro in Tuba si prende a destra subito dopo la curva, imboccando una stradina deserta: sempre circondati da uno splendido paesaggio, si supera il laghetto del Ninfeo e si attraversano le zone umide per sbucare poco oltre il Rifugio degli Alpini, prendendo a sinistra all’incrocio con la provinciale e incontrando così la cappella di Santa Rita al ritorno verso Limana. Chi preferisce, anziché tornare per la stessa strada, potrà ridiscendere in paese lungo la prosecuzione del sentiero, che va a chiudersi ad anello fra Limana e Giaòn.

Verso il Nevegal
Il paese di Valmorel è immerso in un paesaggio assai tipico della zona, formato da piccole valli, colline e basse montagne con ampie radure e foreste in lontananza, e solo poche moderne costruzioni nella parte esterna dell’abitato turbano il senso di trovarsi in un luogo fuori dal tempo. Saliti con il veicolo, si parcheggia nella grande piazza o subito dopo la chiesa. Con un sol colpo d’occhio abbracciamo tutta la borgata, graziosamente raccolta intorno alla vecchia latteria sociale che è stata abbellita, all’esterno, da undici creazioni lignee di noti scultori che richiamano altrettante fantastiche invenzioni di Buzzati. Numerosi cartelli stradali indicano le località che si possono raggiungere da qui, tra cui il Nevegal e il Passo San Boldo (quest’ultimo però assolutamente sconsigliato ai camper voluminosi a causa degli stretti tornanti in galleria), mentre altri segnali indirizzano verso un ostello e la Casera Monte Gal.
Chi vuole continuare la scoperta del territorio passo dopo passo trova anche qui alcuni itinerari escursionistici. Uno di essi, che richiede circa 3 ore e mezzo a un discreto camminatore, parte di fronte al cimitero, dove si stacca una strada asfaltata che in ripida salita porta alla Malga Pianezze con un grande parcheggio e tavoli da picnic (fin qui, volendo, si può salire anche in camper). Più avanti il percorso rimane ampio e pianeggiante ma sterrato, proseguendo tra pini e faggi. Al primo bivio manterremo la sinistra, seguendo le frecce lignee della Casera Valpiana, anche se più avanti le indicazioni si diradano fino a sparire del tutto. Il tracciato scende leggermente per poi risalire fino al punto in cui il Col Visentin si staglia di fronte, separato da una profonda valle. Si continua costeggiando la roccia fino alla casera, in effetti un piccolo rifugio non gestito con camino, stufa, un grande tavolo e fornelli a gas, pur mancando l’acqua e l’occorrente per accendere il fuoco, mentre al piano rialzato è possibile dormire se si è dotati di sacco a pelo. Per il ritorno a Malga Pianezze, lasciata la casera si prende a destra al bivio, seguendo una stradina meno frequentata dell’altra ma sufficientemente larga: dopo un tratto pianeggiante e una salitella si inizia a scendere su un percorso a tratti ripido e su fondo ghiaioso, ritrovando infine l’asfalto.

Una forra, un castello
Dopo aver esplorato il circondario di Limana, è il momento di riprendere la marcia per conoscere altre graziose località della valle. Prima di lasciare il paese potremo visitare alcune delle sue caratteristiche ville venete (particolarmente numerose in Val Belluna, estremità settentrionale della diffusione di questo genere di architettura) tra cui Villa Piloni – una delle tante appartenute al casato – circondata da un grande parco, la canonica di Pieve di Limana e la stessa sede comunale, nella restaurata Villa Pagani Cesa.
Pochi chilometri per spostarci a Trichiana, da dove proseguiremo verso Sant’Antonio Tortal per compiere un’escursione ai Brent de l’Art, le spettacolari forre del torrente Ardo. I parcheggi non mancano, e il sentiero natura che seguiremo inizia dal centro del paesino, sulla destra, vicino a un bar. Una fattoria in mezzo alle case ci fa respirare subito aria di campagna e i cartelli della Comunità Montana, che dettagliatamente descrivono flora e fauna, ci guidano sulla giusta strada, che alterna sterrato e asfalto. Prima di scendere verso i Brent l’itinerario si snoda tra campi e prati pianeggianti e ben curati, caratteristici del paesaggio agrario della Sinistra Piave. Alla fine della strada, dopo una casa colonica con arnie e animali da cortile, si raggiunge il ciglio della grande scarpata valliva, da dove inizia la discesa verso la forra con altri esaustivi tabelloni che descrivono l’ambiente e la sua formazione. Il percorso dovrebbe continuare sull’altra sponda del torrente, che si raggiunge saltellando sui grossi massi del letto (la vecchia strada per il Passo San Boldo), ma al di là manca qualsiasi indicazione e abbiamo preferito non avventurarci, facendo ritorno in paese sullo stesso percorso.
Mel, il terzo paese che andiamo a incontrare sulla Sinistra Piave, merita una deviazione per l’imponente chiesa arcipretale di tradizione palladiana (ma molte altre sono le ville venete del territorio), per la piazza principale su cui affacciano edifici di stili diversi e per il Sacrario dei Caduti. Nel Museo Archeologico sono esposti i reperti provenienti dalle tombe di una vicina necropoli preromana, i cui scavi sono ben segnalati lungo la provinciale a meno di un chilometro dall’abitato.
Altra piacevole sorpresa è il Castello di Zumelle, così chiamato dai due gemelli che il re vandalo Genserico ebbe da Eudosia quando trovò scampo in Val Belluna. Le origini della fortificazione più importante e contesa di tutta la valle si possono far risalire addirittura al I secolo, quando i Romani realizzarono la grande via di comunicazione Claudia Augusta Altinate, munendola di torri di guardia (le indicazioni sul posto fanno appunto seguire un tratto di questa via che porta al castello). La costruzione attuale, in cui si tengono manifestazioni culturali e rievocazioni storiche, sorge sulla cima di un colle a 450 metri di altitudine, a strapiombo sul torrente Teche che la aggira: dalla torre la vista spazia su un ampio territorio che si apre sullo sfondo delle alture predolomitiche, dall’imbocco della Val Cordevole sino a Feltre. Dulcis in fundo, accanto all’edificio e poco prima del parcheggio per le auto c’è una piccola e confortevole area attrezzata per i turisti itineranti.
Ultimo paesino della Sinistra Piave, Lentiai risulta di particolare attrattiva come tappa di un interessantissimo percorso tematico dedicato alla pittura del ‘500. La chiesa di Santa Maria Assunta, dichiarata monumento nazionale fin dal 1880, costituisce una sorta di pinacoteca con numerose opere di indiscussi maestri quali il Veronese, Palma il Vecchio e Palma il Giovane, senza dimenticare le venti tavole lignee che compongono il pregevole soffitto a cassettoni.
Osservando i capolavori di questi grandi maestri, il pensiero corre un’ultima volta alle ingenue pitture popolari che Buzzati aveva forse visto in quell’estate del ’38 in Valmorel, e che riprodusse per illustrare i suoi Miracoli. “Su quei cari ricordi ho fatto questi quadri. Mettendoci anche del mio, naturalmente. Dove sei, vecchio Toni Della Santa? Sei mai esistito? La mia pittura è quello che è. Però sta un fatto. Nessun altro al mondo avrebbe potuto raccontarvi queste cose”.

PleinAir 428 – marzo 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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