Mi manda Giasone

Un viaggio sul mare, tra i monti e le città del Pelio, la penisola della Tessaglia dalla quale salparono gli Argonauti alla ricerca del Vello d'Oro. A nostro modo, un viaggio nel mito del pleinair, alla ricerca dei luoghi e dei litorali più genuini della Grecia.

Indice dell'itinerario

La fila di caffè e ristoranti del lungomare di Volos è molto accogliente dopo i 370 km che da Igoumenitsa portano all’Egeo. Ricostruita dopo vari terremoti, la città è moderna, con una passeggiata a mare dedicata agli Argonauti che da qui salparono verso il Mar Nero, a cercare il Vello d’oro. Il lungomare è tutto un’isola pedonale preclusa ai veicoli tranne che nel settore iniziale adibito a parcheggio. Proprio qui passeremo la notte, per partire l’indomani in esplorazione del massiccio del Pelio. Ed è anche il momento delle scorte d’acqua, completate alla fontanella presso il mercato del pesce. La regione del Pelio dà a chi guida l’impressione di non finire mai. Ciò è da attribuire al mutare di ambienti – montagna, bosco, spiagge, paesi, versanti – che reclamano attenzione invogliando a molte soste e deviazioni. Il nostro giro inizierà in direzione del monte per discendere poi al mare della sponda orientale, seguendo infine le rive del golfo per il rientro a Volos.
La strada che sale in larghi tornanti mostra il passaggio da contrafforti brulli a un massiccio verde di boschi. Nel villaggio di Anakassià, trovato parcheggio presso la chiesa, una passeggiata ci porta fino alla settecentesca Villa Kontos che ospita opere di Teophilos, il grande pittore naïf che raccontò le lotte per l’indipendenza ellenica. Più in alto Portarià, 650 metri di quota, mostra le prime belle case nella caratteristica architettura del Pelio. Un cartello indica sulla sinistra la deviazione per Makrinitsa, dove i tre chilometri di strada hanno termine con un piazzale esterno all’abitato; qui riuscireste difficilmente a trovare posto, ma sarebbe un crimine perdersi questo villaggio, quindi due soluzioni: lasciare il mezzo nel parcheggio all’uscita di Portarià, facendosi poi la passeggiata a piedi o in bici, oppure deviare verso Makrinitsa arrestandosi in qualche slargo della strada. L’abitato è accessibile solo a piedi. I restauri effettuati in hanno salvato un raro patrimonio di dimore dalle slanciate sagome simili a torri, dai balconi in legno e dai tetti sporgenti, di gusto bizantino. Un luogo di grande atmosfera è la piazza: per il panorama su Volos e il golfo, la bella chiesa del Duecento dall’abside istoriata, l’antica fontana monumentale, i platani altissimi che avvolgono tutto in una suggestiva ombra. Ai tavolini della taverna, magari davanti a un gustoso spetzofai, potresti passarci delle ore.
Oltre Portarià la strada continua a salire, poi il verde montano s’infittisce ricordando che questa era la terra del centauro Chirone, esperto di piante e dei loro segreti. Non a caso a Makrinitsa abbiamo potuto fare acquisti dal più ricco campionario di erbe officinali mai viste, ciascuna con la propria prescrizione. Ai 1200 metri del valico, Hania è solo una fila di botteghe turistiche senza interesse. Qualche chilometro oltre, una deviazione sale poco sotto quota 1400, dove d’inverno si fa discesa su campi di sci serviti da qualche impianto. Il rifugio è aperto anche d’estate e la tranquillità del luogo ne fa un eccellente punto di sosta.
Ora la discesa del versante esterno della montagna si fa più sensibile: abbassandosi la quota, la vegetazione cambia in meleti che sono la principale risorsa di molti villaggi. Le mele del Pelio sono infatti da sempre rinomate ed esportate. Zagora è il primo a mostrare l’insediamento caratteristico dei paesi del versante, aggrappati a mezza costa del declivio che precipita poi al mare. Il paese vanta qualche bella abitazione e due ampie piazze a platani e cipressi.
Subito fuori, proseguendo in direzione della spiaggia di Horefto, vale la pena di sostare all’antica chiesa e all’adiacente scuola d’epoca. Horefto è una lunga spiaggia seguita da un piccolo porto e da un campeggio discretamente ombreggiato. Sono state aperte taverne e costruite case da affittare per l’estate e in complesso l’ambiente è gradevole.
Tornati a Zagora, prima di riprendere verso sud imbocchiamo la strada verso nord che finisce a Pourì, un borgo di casette disseminate sulla costa che ricorda le Cinque Terre, con i meleti al posto delle vigne. C’è come parcheggiare il mezzo, poi troviamo i tavolini dell’unico caffè distribuiti su tre terrazzine disgradanti che guardano l’Egeo da 400 metri di quota. Evitate invece la strada che scende ad Agios Joanis, il più frequentato soggiorno balneare di tutta la costa. Lo sconsiderato proliferare di case, casette e alberghi, intasando totalmente l’unica via, non ci ha letteralmente consentito di mettere piede a terra per poterne raccontare qualcosa di più. Più frequentabile, nelle adiacenze, il campeggio al quale si scende per la successiva strada che si stacca dall’asse litoraneo di mezza costa; a fianco del campeggio la bella spiaggia di Papa Nero e quella più lontana di Damouhari non sono comunque i luoghi di chi cerca tranquillità.
In quota i villaggi affondano nel verde dei castagneti; molto suggestivo è il sito di Tsangarada. Scendendo alla piazza della chiesa si può ammirare il re di tutti i platani, un esemplare millenario che ha una circonferenza di quattordici metri e le cui chiome si estendono per una larghezza di cinquanta. Una delle sue diramazioni serve di sostegno alla campana della chiesa.
Da Tsangarada scendono strade che permettono di raggiungere il mare in due punti deliziosi: Fakistra e Milopotamos. Fakistra è un gioiellino incastonato nel fondo di un pozzo di rocce e alberi, che richiede una gita a piedi. Da qui c’è ancora un chilometro d’asfalto, poi due chilometri e mezzo di un viottolo a forte pendenza. Ottimale, chiaramente, arrivarci in gommone. Più facile Milopotamos (strada asfaltata ma spesso stretta, arrivarci al mattino presto). Si parcheggia il mezzo su un piazzale con caffè e taverna, dal quale si scende alla spiaggia sottostante.
Ancora alcuni chilometri, poi il castagneto comincia a cedere all’uliveto e alla macchia. Più avanti, due discese raggiungono il mare. La prima si imbocca accanto a un chiosco e oltre il villaggio di Lambinou diventa per tre chilometri una rotabile polverosa in passabili condizioni; ulteriori trecento metri di sentiero per trovarsi su una bianca spiaggetta di ghiaia. Fate caso lì accanto all’antico monastero; sotto il fresco deambulatorio esterno, tipico degli antichi insediamenti religiosi del Pelio, scoprirete suggestivi portalini del Settecento, scolpiti e dipinti. All’esterno una fontanella.
La successiva deviazione, di fronte alla vasta cava che fornisce da tempi remoti le lastre di pietra dei tetti del Pelio, diventa oltre il villaggio di Kalamaki uno sterrato di quasi tre chilometri. L’ultima impennata, per fortuna in cemento, va ben valutata prima di discenderla. Segue un piazzale piano e un mare a scogli piatti dal colore bellissimo. Tirando le somme di tutta questa prima parte del Pelio, i punti dove sia possibile varare un gommone non sono più di due: Horeftò e la spiaggia di Papa Nero.

Milies e Vizitsa
La breve deviazione per questi due villaggi d’epoca attivi nell’irredentismo antiottomano piacerà a chi sia tentato dalle architetture del Pelio d’una volta. A Vizitsa sarà più probabile trovare parcheggio, ma a Milies i buongustai che si fermeranno alla trattoria, cento metri oltre la piazza, difficilmente potranno astenersi dall’ordinare un bis di melanzane imam calde di forno. Ora al massiccio montuoso si sostituisce un paesaggio collinare, nel quale si guida lontano dal mare prima di poter puntare, da Argalasti, nuovamente alla sponda est lungo una valletta percorsa da un rio. Qui è stata devastata la magnifica spiaggia Potistika, dove il rio di cui sopra s’impaluda e dove un canale asciutto sfregia l’arenile. Accanto a Potistika rimane ancora intatta la bella spiaggia Melani.
La strada che oltre Lafkos conduce a Platania è stata da qualche tempo interamente asfaltata e corre in un bel paesaggio selvatico. Per chi aspira a un campeggio in riva al mare, pochi chilometri a monte di Platania parte lo sterrato che arriva all’attrezzata spiaggia di Kastri. L’isola di Skiato è proprio di fronte. Un’alternativa è seguire le indicazioni per Promiri, ma superarlo continuando fino al termine della strada asfaltata. La località si chiama Katigiorgis ed è una baietta sabbiosa delimitata da due o tre taverne e qualche casa, dove una scogliera artificiale dà protezione a una banchina frequentata da piccoli caicchi. Il parcheggio comunale a qualche centinaio di metri dalla spiaggia, dal fondo irregolare, è libero. Da Katigiorgis ripercorrete circa cinque chilometri fino ad imboccare la deviazione asfaltata sulla destra. Dopo un paio di chilometri spunterete ad una spiaggia tra le scogliere con qualche barchetta da pesca, alcuni faraglioni, acque di cristallo. Nei pressi, una piscina marina.
Milina ci riporta sulla sponda occidentale. Vi si trovano due campeggi che fruiscono della striscia di ghiaietto tipica delle sponde dei laghi e in molti punti le radici degli ulivi toccano l’acqua salata. Ma in verità una sosta in questa zona non si motiva che con la disponibilità di un gommone, in particolare per dedicarsi allo sci, vista la piatta tranquillità di cui godono queste acque. Da Milina, per riguadagnare Volo, via Afissos (fuori dell’abitato, ampio parcheggio litoraneo) e Kala Nera, ci sono una cinquantina di chilometri.
Più a sud ci aspetta ancora un territorio fatto di monti rocciosi e macchia, privo di sorgenti. Questa subregione si chiama Tisseo ed è percorsa da una strada asfaltata di una trentina di chilometri. Dopo aver sfiorato l’approdo di Kotes guadagnamo via via quota toccando finalmente il paese di Trikeri, dalle vedute sui due mari. Ma Trikeri ha una dipendenza giù al mare, e allora eccoci discendere all’ultimo lembo abitato del Pelio, ad Agia Kiriaki nella sua baia. Un paio di cantieri che ancora fanno barche alla vecchia maniera, qualche ristorante di pesce, una cerchia di casette bianche. Del turismo qui alla gente interessa ben poco, ed è il posto giusto per prendere sonno cullati dallo sciabordio dell’acqua contro la banchina.

PleinAir 315 – ottobre 1998

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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