Mediterraneo da film

La suggestiva ritrosia dell'isola di Leros, nell'Egeo orientale, ricorda luoghi e atmosfere della celebre pellicola di Gabriele Salvatores, anche perché è ricchissima di reperti degli anni di guerra in cui fu occupata dalle truppe italiane, britanniche e tedesche. Ma è anche un ottimo rifugio per il turista che cerca mare, sole e occasioni di pleinair lungo le belle spiagge, dove si scende con il camper fin quasi a lambire le onde.

Indice dell'itinerario

Fu nella notte tra l’11 e il 12 novembre 1943 che venne riscritto il destino di Leros. L’isola del Dodecaneso, da anni sede della maggior base aeronavale della Regia Marina Militare Italiana, venne attaccata dalle forze da sbarco tedesche, decise a cancellare l’onta dell’armistizio di due mesi prima. La battaglia infuriò per cinque giorni, ma la preponderanza della Germania fu schiacciante e a nulla valsero i tanti gesti di eroismo delle truppe anglo-italiane, alleate da qualche settimana. L’isola rimase tedesca per alcuni mesi e al termine del conflitto, dopo un biennio di protettorato inglese, diventò finalmente greca. Decidendo di visitarla non si possono ignorare le stimmate di una tragedia che il tempo non ha ancora contribuito a sanare: con saggezza e lungimiranza gli isolani poco o nulla hanno fatto per cancellare quei ricordi, e li hanno anzi elevati al rango di monumenti, perché è la memoria il miglior deterrente contro la follia della guerra. Oggi i resti di quegli anni non troppo lontani dai nostri sono lì, perfettamente visibili, la maggior parte diroccati, in uno stridente contrasto con la bellezza dei litorali.
Ma Leros non è solo questo. Al contrario, è un’isola tra le più affascinanti del Dodecaneso e inspiegabilmente tra le meno turisticizzate dell’Egeo. Conta certamente il fatto che per raggiungerla servano otto ore di traghetto dal Pireo, e che non si tratti di un posto dall’immediato appeal nemmeno in patria: nel dopoguerra le caserme italiane erano state trasformate in strutture di ricovero per i malati di mente di tutto il paese e il regime dei colonnelli, che tiranneggiò la Grecia dal 1967 al 1974, confinò proprio qui molti personaggi indesiderati. Ma se si lascia da parte il peso della storia recente è facile comprendere il fascino di questo scampolo di terra tutto seni e golfi, spiagge e calette, in un frizzante alternarsi di attrattive. Piuttosto povera di testimonianze del remoto passato, nonostante le fonti ci parlino di Leros come dell’isola cara ad Artemide, punta su molte altre specifiche prerogative per sedurre i suoi numerosi amanti. E ci riesce, di solito, senza grandi sforzi.

Itinerario centro-settentrionale
E’ la parte più selvaggia e meno antropizzata, se si esclude la lunga (un chilometro tondo tondo) spiaggia attrezzata di Alinda, che può costituire un valido punto di partenza. Anche perché, a detta di molti autoctoni, è qui che si può godere il mare migliore dell’isola. E se l’acqua è effettivamente calma e trasparente anche quando al largo soffiano impetuosi i venti, bisogna predisporsi ad accettare che le automobili e i motorini sfreccino a pochi metri dal proprio asciugamano e che bar e ristoranti assiepati dall’altra parte della strada inondino di musica la battigia. Per evitarlo ci siamo allontanati di qualche centinaio di metri spingendoci verso la graziosa baia di Panaghies, antistante la chiesetta omonima: la spiaggia è piccola, ma silenziosa e assolata. Un’accettabile mediazione è rappresentata invece dalla spiaggia di Dyo Liskaria, un paio di curve più avanti, dove la pace del luogo non è turbata dalla presenza di uno stabilimento con sdraio e ombrelloni in affitto.
Ma non di solo turismo balneare vive Alinda: proprio sul lungomare, ecco il solenne ingresso del cimitero di guerra britannico, un’impressionante distesa di croci di marmo bianco su un inatteso tappeto erboso, in netto contrasto con il profondo blu dell’Egeo che lambisce la costa a pochi passi. Proseguendo lungo la litoranea, fa bella mostra di sé la torre di Bellenis, edificio dall’inusuale stile medioevale realizzato negli anni ’20 del secolo scorso da Parisis Bellenis, uomo d’affari locale che fece fortuna grazie ai commerci con il Medio Oriente. Da poco restaurata, ospita il museo delle tradizioni e quello storico, la cui collezione include numerosissimi reperti della Seconda Guerra Mondiale.
Puntando verso nord sulla strada di collegamento realizzata dai nostri militari, si devia per Kokkali e l’affascinante chiesetta di Aghios Isidoros, posta su un isolotto roccioso a una cinquantina di metri dalla costa e ad essa collegata da una passerella pedonale. Poco prima un’altra deviazione porta a Gourna, una delle spiagge più ampie dell’isola con alberi schierati a garantire ombra e soprattutto tanta tranquillità: un sito perfetto per la sosta e il pernottamento a due passi dal mare.
Una volta rientrati sulla strada degli eucalipti, com’è soprannominata la direttrice nord-sud, proseguiamo alla volta di Meraloudis, splendido arenile perlopiù deserto che si fa senz’altro perdonare l’impegnativo percorso per giungervi. Un’altra sterrata con indicazioni conduce alle installazioni della 906a METTERE LA a COME ESPONENTE Batteria a Moblogourna. Lasciato il mezzo nei pressi di una piccola fattoria, ci si inerpica a piedi per raggiungere le caserme, da cui si gode uno splendido panorama e dove sono tuttora visibili scritte e disegni realizzati dai soldati dei diversi schieramenti.
Di nuovo sulla direttrice principale verso nord, poco prima del piccolo scalo aeroportuale una carrabile piuttosto dissestata sulla sinistra collega all’unico sito archeologico dell’isola, dove un tempo sorgeva un complesso di edifici romani probabilmente realizzato sopra i resti dell’antico tempio di Artemide. Si è conservato ben poco, a dire il vero: qualche pietra e, con la forza della suggestione, un po’ di atmosfera. Poi, superato l’aeroporto, ecco il golfo di Partheni e a seguire una strada che porta alla chiesetta di Aghia Kioura, mentre un’altra conduce alla più bella spiaggia dell’isola, Plefoutis. Aghia Kioura è un monumento molto amato dagli abitanti di Leros, visto che i suoi affreschi furono realizzati nel 1971 dai prigionieri politici rinchiusi nel campo limitrofo, fra cui il pittore Kyriakos Tsakiris: per le figure sacre vennero impiegati come modelli i carcerieri e gli abitanti dei dintorni, come la figlia del proprietario della vicina taverna, immortalata per sempre come Madonna.
Inforcato il bivio dalla parte opposta, dopo un paio di tornanti si scende alla baia di Plefoutis, protetta dall’isola di Strongyli e, un tempo, dai cannoni dell’888a METTERE LA a COME ESPONENTE Batteria i cui resti sono ancora visibili sulla sommità della collina retrostante. Gli appassionati del genere possono proseguire lungo la strada bianca e raggiungere la postazione dell’889a METTERE LA a COME ESPONENTE Batteria ad Asfourngaro, con la quale gli italiani respinsero il primo assalto tedesco. L’attrazione principale della zona rimane comunque il mare, qui davvero straordinario e calmo anche nei giorni più ventosi. Al termine dell’asfalto, inoltre, si apre un ampio spiazzo in terra battuta che abbiamo trovato assai comodo per la sosta notturna, con tanto di taverna a poche centinaia di metri. Ottimo fondale anche ad Archangelos, isolotto che insieme a Strongyli frena la furia degli elementi: per raggiungerlo è possibile noleggiare un barchino al porto di Partheni.

Itinerario centro-meridionale
Sempre considerando Alinda come ideale punto di partenza, ci spingiamo verso sud in direzione di Aghia Marina, porto principale dell’isola fino alla nascita di Lakki e cuore pulsante della movida notturna. Qui si mescolano palazzi in stile italiano e case neoclassiche greche, barche da pesca e yacht di ogni dimensione, musica rock e tipiche melodie orientaleggianti. Caffè e ristoranti, pasticcerie e negozi di souvenir si susseguono lungo le strade contribuendo a rendere l’atmosfera ancora più caotica, soprattutto quando il sole inizia a lasciare spazio alle prime ombre della sera. Procedendo oltre il piazzale di attracco dei piccoli aliscafi che collegano tra loro le isole del Dodecaneso si raggiunge Broutzi, l’antica fortezza che un tempo controllava l’ingresso al porto, edificata durante la dominazione turca: proprio a picco sul mare si notano alcune arcate dell’acquedotto romano, mentre dalla parte opposta della rada si staglia sul pelo dell’acqua un mulino costruito secoli or sono e lentamente divenuto preda del mare. Salendo invece verso Platanos ci si imbatte nel museo archeologico, ricavato all’interno dell’edificio neoclassico della vecchia scuola, da poco restaurato. Interessante, fra gli oggetti esposti, il vasellame che ci racconta di rapporti particolarmente stretti con la città di Mileto, posta dirimpetto sulla costa turca.
Un’aspra salita conduce alla piazza centrale di Platanos, riconoscibile proprio per il grande platano piantato nel mezzo. Particolare di non secondaria importanza, visto che l’espansione edilizia ha attenuato i confini degli insediamenti e Aghia Marina, Platanos e Panteli sembrano un paese solo, che gli abitanti qui indicano come Horio. Di fronte al Municipio sale il ripido sentiero che conduce al kastro, circa cinquecento scalini che abbiamo preferito fare in discesa dopo aver raggiunto il castello su quattro ruote. Una strada asfaltata gira infatti intorno alla collina e, dopo aver oltrepassato cinque mulini a vento oggi riconvertiti in abitazioni di lusso, conduce al grande piazzale dove è possibile trovare parcheggio anche per il pernottamento. Il complesso, uno dei meglio conservati di tutto l’Egeo, è sicuramente il monumento più interessante di Leros: tre sono le cinte murarie (una bizantina, una veneziana e una turca) che ne proteggono il cuore, ovvero la chiesa di Panaghia Tou Kastrou, costruita in epoca imprecisata per custodire un’icona miracolosa della Vergine recuperata tra mille peripezie a difesa dell’isola. Più interessante il piccolo museo ricavato in un’ala da poco restaurata, con icone bizantine fra cui una rarissima Madonna Nera, paramenti sacri, oggetti storici di varia natura e una straordinaria biblioteca lignea.
Proseguendo da Platanos verso la parte meridionale dell’isola ci si imbatte immediatamente in Pandeli, ex modesto villaggio di pescatori, nei cui pressi sono due delle più suggestive spiagge di Leros, Tourkopigado e Vromolithos. Per godere della prima si devono percorrere stradine strette e tortuose senza alcuna indicazione se non il rumore delle onde. La seconda invece è facilmente raggiungibile e, a differenza della precedente, abbastanza attrezzata: la sua particolarità è data dal fondale, un unico, enorme lastrone di pietra al termine del quale si sprofonda di colpo nel blu dell’Egeo.
Ancora un po’ di saliscendi ed eccoci a Lakki o Portolago, come la battezzarono gli italiani all’indomani della sua costruzione. Qui attraccano i traghetti provenienti dal Pireo e si trovano tutti i servizi per turisti e residenti, supermercati compresi. Collocata in fondo al più grande porto naturale del Mediterraneo sud-orientale, la città fu creata dal nulla fra il 1934 e il 1937 secondo la pianificazione urbanistica di Rodolfo Petracco: Lakki è oggi, insieme a Sabaudia, l’unico centro completamente realizzata secondo i canoni architettonici del razionalismo mediterraneo. A noi ha fatto una certa impressione, all’arrivo sull’isola, essere accolti da ampie strade alberate, un ordinato lungomare ed edifici dall’impronta inconfondibile. Le scuole elementari, la Regia Dogana, il cinema Roma, il Municipio, le ex caserme dei marinai, il palazzo del mercato, la caserma Regina (oggi ospedale psichiatrico), la chiesa di San Francesco sono testimonianze ben conservati che da sole certificano la storia di questi luoghi.
Da Lakki parte una strada asfaltata che porta verso l’estremità settentrionale della baia. A Merikià, all’interno dei bunker scavati durante la Seconda Guerra Mondiale, è stato realizzato un interessantissimo museo in cui sono esposti reperti bellici di ogni sorta e nazionalità: all’esterno sono collocati un jet, un autoblindo e alcuni camion militari, mentre all’interno sono stati raccolti i più significativi oggetti recuperati nel corso degli anni dagli appassionati. Poco oltre ecco le spiagge di Kokkina e Porcelana, meravigliose per fondale e ambientazione, e alla fine della strada l’area di Katsounia, base della 227a METTERE LA a COME ESPONENTE Batteria e del 250° Gunnery: nei pressi si trovava il grande motore utilizzato dagli italiani per alzare e abbassare la rete antisommergibili (alcune parti sono ancora oggi visibili sott’acqua a profondità non proibitive) che chiudeva la baia da nord a sud.
Una volta rientrati a Lakki, la strada degli eucalipti volge a sud. Superati Temenia e l’ospedale psichiatrico, si giunge al villaggio di Xerocambos dove si trova l’unico campeggio dell’isola, il Leros Camping. L’abitato è dominato da una collinetta sulla cui sommità sono evidenti le tracce di una fortezza, probabilmente edificata sul sito di un’antica acropoli, come la presenza di mura ciclopiche farebbe presumere. Oltre il porticciolo si prosegue fino alla suggestiva chiesetta di Panaghia tin Kavouradaina, costruita in una nicchia rocciosa a picco sul mare. Dalla parte opposta della baia uno sterrato facilmente percorribile porta invece sulla sommità della montagna di Skoumbarda, dove la Batteria San Giorgio garantiva l’incolumità dell’isola sul lato meridionale: straordinaria la veduta, con l’occhio che spazia fino alla vicinissima Kalymnos. Con i suoi 328 metri è questo il punto più elevato dell’isola e forse per questo il più munito ai tempi della guerra, quando inglesi, italiani e tedeschi si contendevano a colpi di cannone il possesso di questo piccolo paradiso. Ma oggi, per fortuna, l’unico suono che arriva fin quassù è il rumore della risacca portato dal vento dell’Egeo.

Testo e foto di Gianluca Ricci

PleinAir 454 – maggio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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