Medioevo di pietra

Il ducato urbinate si veste a nuovo: tra borghi, castelli e monasteri restaurati, una rassegna a cielo aperto d'arte, di storia e di natura protetta a perfetta misura del turista itinerante.

Indice dell'itinerario

Incuneato fra la Toscana e l’Umbria, il Metauro scende dall’Appennino marchigiano in direzione di Urbino: e questo primo tratto del suo corso, oltre a costituire di per sé un godibile itinerario, offre anche un inedito accesso alle bellezze del Montefeltro, scegliendo le strade minori che si snodano sulle pendici della montagna.
Da Sant’Angelo in Vado una vecchia rotabile, con il suggestivo sfondo delle verdi foreste della Trabaria e incantevoli panorami sulla valle, entra nel folto per uscirne poi in quota con vedute più ampie. Quando s’incontra un bivio conviene tenere a sinistra, c’è qualche tratto non eccellente ma la strada è tutta asfaltata e percorribile senza alcuna difficoltà: è questo il modo migliore per godere di altri sereni paesaggi e per giungere (coperti in tutto una decina di chilometri) a Belforte all’Isauro, che da questo lato presenta la più bella panoramica sull’alto nucleo medioevale, in posizione strategica a dominare i ponti sul Foglia e uno dei suoi affluenti minori. Il castello, trasformato da successive modifiche in palazzo signorile, è stato accuratamente ristrutturato e ospita oggi una scuola di italiano per stranieri, con annesso pensionato.
Una manciata di chilometri ci separa da Piandimeleto (che si può raggiungere più rapidamente dalla zona industriale di Sant’Angelo in Vado grazie a un tunnel di recente completamento). Anche qui il castello, trasformato dalla famiglia feudataria degli Oliva in palazzo rinascimentale, è oggi destinato ad altri usi ospitando il Museo di Scienze della Terra con annesso Museo del Lavoro Contadino; la bella corte originaria è tra le parti antiche dell’edificio.
Lungo la via che risale l’angusta valle del torrente Mutino, lasciata sulla destra una stradina asfaltata che porta all’abbazia del 1100 di Santa Maria del Mutino (oggetto di restauro), proprio al bivio per Frontino s’incontra un riattato mulino del Seicento, all’epoca il più importante della zona, che macinava grani e biade e serviva anche da gualchiera per il trattamento dei tessuti. Proseguendo per qualche centinaio di metri e risalendo la deviazione a destra (asfaltata, ma alquanto stretta) si arriva al monastero di San Gerolamo edificato nei primi anni del XVI secolo per l’ordine dei Gerolamini, allora diffuso in questa zona delle Marche per la sua vocazione agricola in sintonia con le abitudini delle popolazioni. L’edificio, situato in un luogo piacevole e curato, dopo un lungo abbandono è stato restaurato e dato in gestione dal Comune come ristorante e struttura ricettiva.
Andiamo ora a conoscere Frontino, appartato paese di crinale che tuttora combatte con la franosità dell’alto e ripido versante settentrionale inciso alla base dal corso del Mutino. L’insediamento castellano, che si fa risalire alla prima metà del 1100, ebbe un ruolo molto particolare nelle vicende di queste terre, costituendo all’epoca l’estremo fronte della Massa Trabaria (da cui il nome storico Frontino di Massa) di obbedienza pontificia, con il compito di controllare i feudatari confinanti che miravano a estendere i propri territori; finché, nel 1378, papa Urbano IV riconobbe ai Montefeltro anche la signoria dei castelli di Belforte e di Frontino, appartenenza definitiva che il paese onorò con una fedeltà al casato mai venuta meno. L’abitato è costituito da una doppia fila di edifici tra i quali si sviluppa la strada principale, con la torre civica che rappresenta il monumento più antico; troviamo anche il museo dedicato alle opere pittoriche di Franco Assetto, artista del Novecento che firmò pure la fontana del belvedere.
Dal comodo parcheggio sotto il paese la strada prosegue verso il convento di Montefiorentino, di nuovo tornato ai frati minori che lo ebbero ai tempi di San Francesco. La visita della chiesa s’impone innanzitutto per una preziosa opera fiorentina della fine del Quattrocento, ovvero la cappella che il conte Carlo Oliva, signore di Piandimeleto, fece erigere per ospitare le tombe dei genitori Marsabilia e Gianfrancesco; ammirabile per la severa spiritualità anche la pala d’altare della Sacra Conversazione, di Giovanni Santi, padre di Raffaello. Nel chiostro ci sono ancora i due antichi pozzi destinati a ricevere uno l’acqua potabile della sorgente, l’altro quella piovana canalizzata dai tetti. Sassi gemelli
Prossima tappa è Carpegna, dove l’omonimo e imponente palazzo fu realizzato nel 1675 per volontà del cardinal Gaspare ed è tuttora residenza privata della famiglia. Nel centro storico c’è un parcheggio a ore; volendo trattenersi più a lungo è necessario scendere nel piazzale a valle dell’abitato.
A qualche chilometro merita assolutamente una visita la pieve di San Giovanni Battista, sorta sul luogo di una precedente chiesa medioevale e alla quale lavorarono le stesse maestranze della cattedrale di San Leo. La pieve, che alla fine del 1100 si chiamava San Johannes in Carpineo, mostra il suo volto romanico nella bella pietra serena delle absidi e in alcune parti interne, mentre il portichetto della facciata è un’aggiunta rinascimentale; insieme al chiostro forma un armonioso complesso, reso godibile dal piazzaletto che consente un comodo parcheggio.
Poco oltre il paese, dalla cosiddetta Cantoniera (un quadrivio con alcune installazioni turistiche e ampio parcheggio) parte il più breve dei percorsi per l’escursione al Sasso Simone che, insieme alla riserva integrale del Simoncello, è tutelato da un parco naturale. I due rilievi, alti rispettivamente 1.204 e 1.221 metri, sono siti a breve distanza l’uno dall’altro e hanno un caratteristico profilo tabulare riconoscibile da buona parte del Montefeltro. Come per San Leo e San Marino, si tratta di calcari di origine tirrenica che in epoca preistorica si spezzarono, si sollevarono e, spostandosi verso est, si fermarono nel letto di marne e argille che li circondano. La nostra passeggiata dalla Cantoniera, priva di difficoltà e agevolmente percorribile anche dai bambini, si svolge attraverso un’immensa cerreta su un dislivello di 200 metri che, per la sola andata, richiede mediamente un’ora e un quarto di cammino; successivamente passa tra il Simoncello e il Simone per poi scendere in terreno aperto e, attraverso le crete, aggirare il Sasso fino al grande faggio isolato dove inizia la mulattiera che in pochi minuti sale al pianoro.

La scuola dei metalli
A ovest di Carpegna, il nodo stradale di Ponte Cappuccini prende nome da un convento francescano in cui si segnalano la Via Crucis in terracotta dipinta del Settecento e l’adiacente giardino botanico, aperto ai visitatori, con specie tipiche del parco. Qui incontriamo ancora le tracce di Garibaldi diretto a San Marino: risale agli anni Novanta il ritrovamento di un registro nel quale al 30 luglio 1849 è annotato il pagamento ai frati, da parte dell’Eroe dei Due Mondi, di tre messe per l’anima di Anita (che però si sarebbe spenta solo cinque giorni dopo). Sulla piazza lungo la statale si trovano il centro visite del parco e il ristorante La Rupe, che merita una sosta; poco lontano una spaziosa stazione di servizio dotata di un’efficiente area per camper.
Pietrarubbia (un tempo chiamato Petra Rubea per i ciottoli ferrosi di colore rossastro) è il nome storico di un paese con sede comunale nella vicina frazione di Mercato Vecchio. Una strada bianca in buone condizioni sale per circa 2 chilometri al borgo, oggi diligentemente restaurato: il sito è estremamente suggestivo, con vasta veduta dal maniero dell’XI secolo cui si sale per un breve sentiero. In corso di ripristino la notevole chiesa di Sant’Arduino, solo qualche anno fa considerata ineluttabilmente prossima al crollo. Dal 1990 il nome del paese si lega anche a un’iniziativa di forte rilievo culturale nata da un accordo del Comune con lo scultore Arnaldo Pomodoro: si tratta di un corso d’arte dei metalli, con teoria e pratica di laboratorio, al quale partecipano ogni anno diplomati di tutta Italia che lasciano a Pietrarubbia una propria opera, con esposizione delle più significative. A completare il quadro, nel 1996 è stata rinvenuta ai margini dell’abitato un’antica fornace per l’estrazione dei metalli con gli annessi per la lavorazione e il recupero di molti oggetti (dalle forbici ai ferri di cavallo); a partire dal tardo Medioevo, quest’attività restò per tre secoli un’importante fonte di reddito per la comunità.
Il fervore del recupero di testimonianze monumentali in tutto il territorio del ducato offre motivi di soddisfazione anche a Macerata Feltria, nello scoprire i lavori che impegnano l’antica pieve di San Cassiano in Pitino e quelli di sistemazione dell’area archeologica del romano Pitinum Pisaurense (non lontano da questa e dall’adiacente laghetto, il Comune sta valutando la possibilità di realizzare un approdo per i camper). Nella parte bassa il paese presenta il volto di una piccolissima città d’antico benessere, con le terme, il rinnovato Teatro Battelli, la nitida prospettiva del borgo. La parte alta racchiude il centro storico medioevale, con il Palazzo del Podestà adibito a museo civico e la torre che ne ospita uno di scienze naturali. Lungo la circonvallazione s’incontra un parcheggio dal quale si può scendere facilmente, con la bici o a piedi, all’area verde del Parco delle Monache, accanto al quale un decaduto palazzo signorile di fine Ottocento affianca una filanda dello stesso proprietario, anch’essa in abbandono. Proseguendo nel verde fondovalle del torrente Apsa, in meno di due chilometri si arriva al laghetto. Tra Federico e Sigismondo
Già soggetta nel Trecento e oltre al dispotico dominio dei Brancaleoni, alla metà del Quattrocento Sassocorvaro venne a lungo disputata, con alterni successi e ripetute distruzioni della rocca, tra Federico di Montefeltro e Sigismondo Malatesta, signore di Rimini: per i due grandi rivali furono vent’anni di lotte accanite che videro, nel 1463, la definitiva prevalenza del signore di Urbino. Giunse così il momento di mettere nelle mani del famoso architetto senese Francesco di Giorgio Martini tutto quanto c’era da costruire o ricostruire, compreso il castello di Sassocorvaro destinato a quella sorta di alter ego di Federico (forse fratellastro) che fu Ottaviano Ubaldini. Il Martini, la cui mente doveva esser tutta presa dai nuovi modi di edificare fortezze richiesti dalla rinnovata efficacia delle bocche da fuoco, inglobò nell’edificio una preesistente struttura malatestiana creando all’intorno un guscio di spesse mura dall’andamento sinuoso, con torri circolari e oblique scarpate: progettò insomma una costruzione del tutto diversa, di altezza moderata per ridurre l’esposizione ai colpi delle bombarde. Oggi ammiriamo l’opera apprezzando l’aspetto tecnico di certe invenzioni oppure la scenografica plasticità dei volumi valorizzati dalla luce, ma lo stesso architetto dovette rendersi conto di alcuni inconvenienti, come la non difendibilità di certi angoli morti, se su quella creazione – tappa comunque importantissima della sua ricerca – preferì non parlare né scrivere. Fatta questa premessa, recatevi alla Rocca Ubaldinesca perché vale davvero la pena di scoprirla nei particolari; la visita, guidata, risponde a tante domande e curiosità. Per la sosta del camper si può utilizzare il piazzale adiacente, mentre per l’acqua potabile l’unica fontanella si trova subito a sinistra della rocca (dove la sosta è consentita solo per il rifornimento).
A Sassocorvaro appartiene la frazione di Mercatale, del cui lago dedicato essenzialmente all’irrigazione avrete già goduto qualche veduta dall’alto. Il bacino è precluso alle attività sportive, ma qualche bella area per sostare con il camper in pieno relax si trova nel primo chilometro asfaltato della strada che si diparte nei pressi della diga (è risultato invece inutilizzabile il camper service comunale che si trova in direzione Urbino nella zona industriale).
Tornati sui nostri passi fino a Macerata Feltria proseguiamo per Montecerignone (il nome deriva dai boschi di cerro), il cui abitato si raccoglie a piè di una suggestiva rocca che fra il Tre e il Quattrocento fu probabilmente il centro della ridotta provincia di Montefeltro voluta dai signori di Urbino, all’epoca ancora in cauta fase espansiva. Già sede degli uffici comunali, dopo i restauri l’edificio ospiterà convegni e manifestazioni.
Montegrimano Terme, l’altomedioevale Mons Germanus, si presenta con il piacevole borgo dalla tipica struttura concentrica. Nel punto più alto, isolata al centro della piazza, domina l’insieme una torre civica del XV secolo. Dotato di begli spazi verdi, il paese ha una significativa risorsa turistica negli impianti termali alimentati da sorgenti minerali utilizzate già in passato, ma solo da qualche anno inserite nel contesto di un moderno stabilimento (a un chilometro e mezzo in direzione di San Marino). Per la fruizione da parte degli equipaggi in camper sono attualmente disponibili alcuni spazi nel parcheggio retrostante il seicentesco Palazzo del Comune, dove si trovano anche acqua e possibilità di scarico; è in programma la realizzazione di un’area attrezzata.
Una bella galoppata per crinali ci condurrà ora verso la nostra ultima tappa sulla strada per San Leo, meta famosa di cui più volte si è scritto su queste pagine (vedi PleinAir nn. 314 e 355). Poco prima di Montecopiolo si devia su una strada praticabile ma non troppo larga verso il Monte Carpegna, la cima più alta del nostro itinerario, che in camper si avvicina più facilmente da questo versante. Superato il paesino di Calvillano, dove si trova un parcheggio, la strada prosegue fino a un bivio con segnale ingannevole, dove occorre seguire sulla destra la direzione ‘Seggiovia’. Si sale quindi tra prati e piccole macchie boschive fino al termine della strada: qui c’è un vasto spiazzo con fontanella vicino a un rifugio, entrambi utilizzati soprattutto nella stagione invernale. Poco più in alto si nota un piccolo santuario edificato sull’eremo della Madonna del Faggio, ricordato già nel XIII secolo. Da qui, in meno di tre quarti d’ora di facile escursione tra i prati, si arriverà ai 1.415 metri delle arrotondate groppe sommitali, per le ultime ed estesissime vedute sul nobile e verde Montefeltro.

PleinAir 382 – maggio 2004

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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