Lo sci delle sette leghe

Sette centri per il fondo tra paesi e malghe, centinaia di chilometri di piste e un'ottima organizzazione fanno dell'Altopiano di Asiago una meta ideale per i fondisti.

Indice dell'itinerario

«Non sembra uno spettacolo da grande Nord?». Il fondista che ci ha appena rivolto la parola forse ha colto il nostro sguardo d’ammirazione di fronte alla piana di Marcesina: quello di chi si affaccia per la prima volta su questa immensa distesa bianca e non può fare a meno di fermarsi a osservare il panorama.
Da qualche giorno stiamo sciando nei centri fondo dell’Altopiano di Asiago e continuiamo a stupirci per la bellezza dei panorami, per la cura con cui sono battute le piste e anche per gli incontri con i fondisti. Scivolano veloci e ben allenati per chilometri ma non mancano di prendersi qualche attimo di riposo davanti a una malga, su una panchina panoramica, in un fazzoletto di sole nel fitto del bosco; e qui, tra sconosciuti, ci si scambia sempre qualche parola, che sia a commento del panorama, di incoraggiamento di fronte a una salita o semplicemente per qualche consiglio. Forse la socievolezza nasce anche dalla vastità dei luoghi, dove si può sciare per decine di chilometri in una solitudine perfetta e persino un po’ inquietante.
E’ pur vero che la domenica i vasti parcheggi dei centri fondo si riempiono di migliaia di auto e i tracciati più famosi sono sin troppo affollati, ma è sufficiente avventurarsi su piste meno note o sciare nei giorni feriali per ritrovare una pace quasi assoluta, scandita dai rari incontri con sciatori esperti che affrontano le piste più difficili o vengono qui ad allenarsi per poche, intense ore dopo il lavoro (le cittadine della pianura distano un’ora d’auto).
E tutti – principianti o atleti – trovano ad accoglierli non solo piste di ogni livello di difficoltà, ma anche un’organizzazione davvero notevole: per esempio, a Valmaron, Campolongo e Campomulo lo skipass giornaliero per le piste si paga dall’auto, al casello in legno che dà accesso ai parcheggi. Qui il sabato e la domenica un addetto fa in modo che le vetture vengano sistemate con precisione per sfruttare al meglio lo spazio (dunque non stupitevi se certe domeniche vi troverete in coda già un chilometro prima della biglietteria). Ovviamente tutti i centri fondo dispongono di bar, ristorante, maestri di sci e noleggio attrezzatura, e alcuni hanno anche docce calde, ideali per chi deve rimettersi in auto dopo la sciata…

Paesi e boschi, pascoli e piste
I paesi dell’Altopiano di Asiago si trovano a un’altezza modesta, tra i 750 e i 1.100 metri. Conco e Lusiana dominano la piana vicentina in un ambiente collinare, Roana e Rotzo si affacciano come assolati balconi sulla gola della Val d’Assa, Foza sorge su una dorsale a picco sulla Val Frenzela, Enego fa capolino tra i boschi della Valsugana. Di fatto solo Gallio, Asiago e alcune frazioni di Roana – Cesuna, Tresché e Canove – si trovano in un vero, vasto pianoro che verso sud s’innalza con dolci rilievi boscosi fin quasi ai 1.500 metri. Un terreno ideale per il fondo (anche se negli ultimi anni ha patito un po’ la carenza di neve alle quote più basse): qui le piste si snodano negli angoli più riparati dal sole o tra suggestivi valloncelli boscosi, non lontano dai centri abitati, mentre le vaste praterie esposte al sole offrono spettacolari colpi d’occhio subito dopo le nevicate, ma sono più adatte all’agricoltura che allo sci.
Per trovare le piste più lunghe e spettacolari bisogna salire in quota, su quel grande piano inclinato che costituisce la parte settentrionale dell’altopiano: fitti boschi di abeti si alternano ad ampi pianori e vasti pascoli, salendo dai 1.500 metri dei centri fondo fino a quota 2.000, verso il crinale che segna il limite dell’altopiano. E’ qui, tra le malghe e i pascoli, che si estendono i più vasti comprensori per il fondo, divisi solo dalla Val d’Assa; unico inconveniente, distano una decina di chilometri dai paesi da cui prendono il nome. Così, abitualmente, i turisti che soggiornano negli alberghi scelgono di giorno in giorno un diverso centro in cui sciare, affrontando tutte le mattine un breve tragitto in auto. In qualche caso è possibile dormire anche vicino al centro fondo (all’albergo Campomulo o al rifugio Valmaron), ma spesso queste strutture sono al completo: così il mezzo più adatto si rivela un camper, purché ben riscaldato, che permette di sostare a un passo dalle piste.Campolongo, malghe e panorami
Orrimo esempio è Campolongo, dove non ci sono strutture per il pernottamento ma i camper trovano buona ospitalità nel parcheggio del centro fondo. Per raggiungerlo, da Asiago si svolta al cosiddetto Bivio Italiano scendendo al grandioso ponte sull’Assa e si risale a Roana; alla chiesa di Mezzaselva si va a destra sulla strada per il rifugio Verenetta e gli impianti del Verena, raggiungendo il bivio di Spiazzo Garibaldi. Sulla sinistra si raggiungono subito la biglietteria e i servizi del centro (noleggio e scuola di sci, bar, buon ristorante) allestiti negli antichi edifici delle Casere di Campolongo, a 1.550 metri di quota. Una mappa schematica illustra i percorsi che si estendono nella parte più occidentale dell’Altopiano di Asiago, connettendosi con quelli trentini di Passo Vezzena-Millegrobbe, per uno sviluppo di quasi 100 chilometri.
Un tracciato panoramico e appena impegnativo è il Posellaro (15 km). Da Campolongo si segue la pista principale che sale a una sella e pianeggia nel bosco; alla prima biforcazione si va a sinistra (Posellaro-Trugole) e, subito dopo, ancora a sinistra con un paio di tornanti in discesa, per proseguire poi in piano fino a Malga Trugole (1.501 m). Qui inizia una ripida discesa a svolte nel bosco, a cui segue la dura risalita a Malga Posellaro (1.476 m), posta su un dosso panoramico che invita alla sosta. Un’altra breve salita porta a un bivio: qui la pista rossa punta a est e raggiunge Malga Mandrielle, da cui un lungo tratto in piano riporta a Campolongo.
Chi vuole un tracciato più lungo (22 km), dal bivio dopo Malga Posellaro può scendere nella piana di Malga Camporosà (1.446 m) dove la pista ricomincia a salire, toccando un cimitero di guerra e il cippo dedicato a Furio Franco. Qui si lascia la pista per Passo Vezzena e si sale nel ripido valloncello: poco sopra, la pendenza si addolcisce e la pista piega a destra verso est per continuare a lungo in mezza costa nella fitta abetaia, fino alla sella (1.593 m) da cui appare Malga Mandrielle e la pista principale che riporta a Campolongo.
Dopo la sciata è consigliabile una sosta nel paese di Rotzo, allineato lungo il pendio. Nel periodo natalizio, in un locale a fianco del Municipio e in molti cortili vengono allestiti decine di presepi realizzati dagli abitanti.

Valmaron e la piana di Marchesina
La meta successiva è all’estremo opposto dell’altopiano. Da Asiago si segue la strada che attraversa Gallio ed esce dal dolce ambiente della piana per continuare a mezza costa, panoramica ma un po’ tortuosa, a picco sulla Val Frenzela. Attraversato il grazioso paese di Foza (interamente ricostruito dopo la guerra) si raggiunge il moderno e altissimo ponte sulla Val Gadena, si sfiora la contrada Stoner e si arriva a un bivio; qui, lasciata la strada per Enego, si sale a una radura che domina lo sbocco della Valsugana e in breve si raggiungono gli skilift di Enego 2000 (ma la quota è 1.380), quindi il rifugio Valmaron e il vicino centro fondo (1.350 m).
Gli edifici di recente costruzione, ma ispirati all’architettura del luogo, ospitano noleggio e scuola di sci, locale sciolinatura, docce, bar-ristorante, foresteria. Le piste battute si estendono per 100 chilometri, ma grazie ai tre itinerari di collegamento con il Centro Fondo Gallio la rete di tracciati agibili sfiora i 250 chilometri: poiché il rischio di perdersi è reale, converrà dotarsi della mappa in distribuzione presso il centro fondo e al rifugio, esposta anche a tutti i bivi. Sul terreno sono segnalati con colori differenti cinque anelli da 14 a 27 chilometri: combinandoli a piacimento, le possibilità di scelta crescono ancora.
In ogni caso conviene iniziare sulla larga pista pianeggiante che procede verso sud sul fianco della conca e poi gira a destra, alta sul vallone boscoso: dopo 2 chilometri appare la splendida piana di Marcesina, uno dei luoghi più belli dell’Altopiano di Asiago. La pista rossa fa una digressione verso Malga Ronchetta, mentre quella più larga raggiunge il rifugio Marcesina, da poco ristrutturato. Con percorso sempre facile il tracciato si snoda fra le radure e i boschi di abeti, toccando diversi bivi: chi vuol fare l’anello più breve possibile (10 km) dovrà tenere la destra, raggiungendo così l’albergo Marcesina (1.369 m) che, come il rifugio omonimo, è aperto anche d’inverno e costituisce un buon punto d’appoggio per esplorare le piste più lunghe. Ma è soprattutto la quiete del luogo – raggiungibile solo in sci o con le motoslitte di servizio – che invita alla sosta, insieme alle parole di Mario Rigoni Stern: “Ma ci saranno ancora degli innamorati che in una notte d’inverno si faranno trasportare su una slitta trainata da un generoso cavallo per la piana di Marcesina imbevuta di luce lunare’ Se non ci fossero come sarebbe triste il mondo…”.
Chi non può fermarsi in questo luogo idilliaco e deve chiudere l’anello, non dimentichi che la pista rossa ora affronta la salita che porta alla Forcellona (1.435 m), per poi scendere con veloci svolte a Valmaron.Campomulo, l’università del fondo
Fondisti esperti e allenati possono senza dubbio effettuare uno dei lunghi anelli (almeno 25 chilometri) che mettono in collegamento le piste di Valmaron con quelle del Centro Fondo Gallio. Per tutti gli altri il consiglio è di raggiungere in auto Campomulo per avvicinarsi gradualmente alle piste della cosiddetta università del fondo.
La strada sale ripida da Gallio, poi pianeggia nella valle di Campomulo toccando gli impianti di risalita delle Melette. Poco dopo, un grande arco e la biglietteria segnano l’ingresso nel mondo di Pietro Antonio Segafredo, artefice del più famoso centro fondo dell’altopiano: diversi parcheggi per centinaia di auto, la casera trasformata in rifugio e poi in albergo che ospita il centro, il rifugio Adriana in quota, 150 chilometri di piste, 5 battipista. Ma soprattutto una competenza davvero fuori del comune e una passione per i tracciati a saliscendi, visto che «le piste in piano sono troppo noiose». Una predilezione che non bisogna dimenticare quando si affrontano le piste di Campomulo: anche nei percorsi di rientro c’è sempre qualche lunga contropendenza che mette a dura prova la resistenza dei fondisti.
Non resta allora che consultare le mappe (riportate anche qui su pannelli ai bivi principali) e leggere la descrizione di sei anelli – fra i tanti possibili – curata dallo stesso Segafredo in un bel fascicolo a colori. La più famosa e frequentata è la pista Moline, 20 chilometri e almeno 300 metri di dislivello, che porta da Campomulo (1.530 m) al rifugio Adriana (1.754 m) tra boschi, radure e panorami. Dal rifugio si può salire ancora fino a Porta Molina (1.920 m) e qui affacciarsi sulle pareti che precipitano fin sul fondo della Valsugana. Sulla via del ritorno, da Pra Campofilone si può raggiungere la pista nera che passa per Malga Fiaretta, per capire come sono i saliscendi più amati da Antonio Segafredo.

Con gli sci all’Ortigara
Con un adeguato allenamento si potrà infine affrontare la gita più ambita dell’altopiano, la salita all’Ortigara, circa 35 chilometri tra andata e ritorno con 800 metri di dislivello (c’è chi la fa con sci da skating, ma è davvero dura: meglio sci con soletta a scaglie). Il rifugio Adriana a Malga Moline permette di spezzare la lunga salita, dormendo tra morbidi piumoni in un luogo splendido dove il silenzio regna sovrano (qui tacciono anche i cellulari). Purtroppo le sue tariffe, di ben 52 euro per un posto letto in camerata anche se con ricca colazione, spingono la maggior parte dei turisti a effettuare la lunga salita in giornata fermandosi qui solo per una fetta di torta.
Dal rifugio si scende per un po’ sul lato opposto della conca, fino al Bivio Saline: qui, lasciata a sinistra la rossa, si va diritto in salita sulla variante Terre Nere (gialla in mappa). Con panoramico percorso la strada militare pianeggia verso ovest raggiungendo la confluenza della pista Ortigara, più breve ma più impegnativa. Ora è sufficiente seguirla: il tracciato contorna la conca e una chiesetta, quindi sale ripido a una panoramica sella e con un’altra rampa raggiunge il Bivio Italia (1.987 m) dove termina la parte più dura. La pista punta a nord, prima in piano e poi in lieve salita tra dossi e conche innevate in continua successione, fino ad uscire sul vasto pianoro del Monte Campigoletti (2.050 m): da una parte Cima Dodici e Cima Undici, dall’altra un deserto di neve a perdita d’occhio, increspato da dossi e profonde doline, dove non è facile muoversi. Se la pista non è battuta ci vogliono neve sicura, buona visibilità e le tracce di qualche sciatore per raggiungere con un largo giro la piatta sommità del Monte Ortigara: solo la colonna in marmo del Cippo Italiano (2.106 m) la distingue dai rilievi circostanti. Sembra un dosso insignificante a picco sulla Valsugana, eppure nel giugno del 1917 vi caddero 28.000 soldati italiani e 9.000 austriaci, un massacro tra i più cruenti e inutili della Grande Guerra.Intorno ad Asiago
D’inverno la neve nasconde trincee, reticolati, gallerie, cimiteri, ma i segni della guerra sono ancora presenti su tutto l’altopiano. Il più impressionante è il grandioso arco bianco del Sacrario che domina la piana di Asiago e raccoglie le spoglie di oltre 54.000 soldati; il suo museo è aperto in ogni giorno dell’anno.
Durante il conflitto furono colpiti duramente anche i civili: chi parlava il cimbro – l’antica lingua dei contadini di origine tedesca che nell’XI secolo colonizzarono la zona – venne ritenuto un simpatizzante degli austriaci e migliaia di abitanti vennero deportati in pianura. Tutti i paesi furono rasi al suolo e gli sfollati trovarono al loro ritorno l’altopiano totalmente devastato: non è un caso se tutte le chiese hanno un’architettura simile, se tutte le malghe si somigliano, se i paesi hanno lo stesso stile. Ma oggi la ricostruzione degli anni ’20 si fa spesso apprezzare: è sufficiente una visita ad Asiago per notare gli edifici identici al passato, ma anche interessanti esempi di architettura liberty in alberghi e palazzi del centro, e i decori dell’ex stazione ferroviaria – ora sede dell’ufficio turistico – che rappresentano i primi sciatori.
Per approfondire la conoscenza di architetture, contrade e centri fondo si può visitare la parte sud-orientale dell’altopiano. Da Gallio si punta verso Foza, fino alla deliziosa chiesetta in stile liberty della frazione Campanella: qui svoltando a destra si raggiunge in pochi minuti Stoccareddo, con la sua bella chiesa anch’essa ispirata al liberty e oggetto di un recente restauro. Al nuovo ponte sulla Val Frenzela, che unisce le due località, non si può mancare una sosta per osservare dall’alto il santuario della Madonna del Caravaggio, costruito su una stretta gola che d’inverno si raggiunge a piedi in un suggestivo ambiente mai toccato dal sole.
Da Stoccareddo si continua tra i boschi per Sasso, fino a immettersi sulla strada che collega Bassano e Asiago. Seguendola verso sud si possono raggiungere le cascine e le contrade di Conco e Lusiana, affacciate sulla pianura in un solatio ambiente agreste. Restando su questo versante si può salire al Centro Fondo Monte Corno con ristorante e panoramiche piste, noto soprattutto per l’anello illuminato di sera (aperto il martedì e il giovedì dalle ore 19 alle 22; consigliabile un sopralluogo diurno per individuare la strada d’accesso).
Tornando verso Asiago si incontra la vecchia locanda di Campomezzavia e poi l’accogliente osteria che ospita il piccolo Centro Fondo Fontanella, ideale per i bambini (la maestra Sonia Basso lavora soprattutto con i più piccoli e con le scuole).
Poco più avanti, ecco il bivio del Turcio: a destra si va verso Gallio e il camping Ekar, a sinistra s’incontra subito il Centro Fondo Golf Arena. Senza dubbio uno dei più noti dell’altopiano, grazie alla vicinanza degli alberghi di Asiago ospita spesso le gare di Coppa del Mondo ed è dotato di impianto di innevamento artificiale. I tracciati più facili si snodano tra dolci rilievi verso la contrada Pennar e il suo caseificio, mentre la bella pista Barenthal si addentra nei fitti boschi della valle omonima.
Con buon innevamento le piste di Asiago vengono collegate a quelle di Monte Corno e a quelle del Centro Fondo Cesuna, il settimo centro fondo dell’altopiano, ma anche il primo che di incontra salendo dalla Val d’Astico. E proprio a Cesuna c’è il Museo dei Cuchi (vedi anche PleinAir n. 359), una straordinaria collezione di strumenti popolari a fiato (tel. 0424 694283): ultima meta da non perdere in una visita, invernale e non solo, dell’altopiano di Asiago.

PleinAir 378 – gennaio 2004

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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