Le sorgenti dell'Alpe

Un magico lembo di Toscana incuneato fra le Marche e l'Emilia Romagna, dove nasce il Marecchia e si levano le candide pietre dell'Alpe della Luna: villaggi medioevali, escursioni per tutti, ospitalità senza riserve.

Indice dell'itinerario

Per apprezzarne al meglio il fascino dolce e selvaggio allo stesso tempo, l’Alpe della Luna va vista di notte: lo sanno bene quelli della Pro Loco di Badia Tedalda, che ormai da anni organizzano una passeggiata notturna durante l’ultimo plenilunio di agosto quando la Ripa Bianca, il caratteristico affioramento di arenaria che contraddistingue la montagna, sembra quasi risplendere di luce propria davanti agli occhi dei turisti.
Il trekking dura più o meno 4 o 5 ore, ma è di facile percorribilità; si parte da Poggio La Piazzola (826 m), a una decina di minuti di guida dal paese, e ci si incammina lungo il sentiero 19, con segnavia bianchi e rossi, che si inerpica lungo un crinalino fino a superare i 1.000 metri nei pressi delle rovine di Casale Il Monte. Superata la Fonte dei Caproni si giunge sul crinale dell’Alpe della Luna, a quota 1.396: seguendolo verso sud, sul sentiero GEA 00, si sale al Monte dei Frati (1.453 m) nei pressi del quale c’è un piccolo rifugio in legno utile per ripararsi in caso di maltempo; poi si continua scendendo tra grandi distese di erba cipollina, arrivando al di sopra della magnifica spaccatura della Ripa Bianca. Proseguendo fino a incrociare il sentiero 5 si scende verso valle lungo un altro crinale che passa in mezzo al bosco raggiungendo il Poggio Giavattine (1.103 m). Qui, seguendo il sentiero P3 segnato in giallo e blu, si può visitare la grotta della Tabussa, un centinaio di metri circa a valle del tracciato: la cavità, di origine tettonica, presenta un’ampia sala dove si trova un trogolo scolpito nella roccia entro il quale si raccoglie l’acqua che scola lungo la parete (occorre prestare attenzione perché l’interno della grotta è buio, umido e molto scivoloso). Con un po’ di fortuna si riusciranno persino a vedere – ma assolutamente senza tentare di toccarli – i timidi geotritoni, anfibi che si sono adattati alla vita sotterranea. Tornati sul sentiero 5 si continua a percorrerlo fino a Poggio Monterano (1.087 m) dove si imbocca sulla sinistra il sentiero P2, ancora con segnavia in giallo e blu, che scende alla chiesetta della Madonna del Presale (623 m): un tempo era questa una delle cosiddette Maestà sulla pubblica via, punto d’incontro della popolazione del circondario. Restaurato di recente, il piccolo santuario conserva un architrave originale con un fregio in pietra finemente scolpito, rappresentante scene della mitologia pagana, e un altare con stemmi di Ugo di Toscana, marchese della Tuscia e diplomatico della fine del X secolo (morì nell’anno 1001). Da qui si scende infine alla strada che fiancheggia il fiume Presale e, proseguendo verso sinistra e oltrepassando l’omonima cascata, si ritorna al Poggio La Piazzola.

Una potente abbazia
L’Alpe della Luna è oggi compresa nell’omonima riserva naturale regionale che ne tutela il paesaggio, la vegetazione e la fauna (tra cui boschi di faggio, cerro e carpino nero dove vive una popolazione ancora sana di lupi). Ma tutta la vallata circostante, percorsa dal primo tratto del fiume Marecchia, è di grande bellezza: e con questo termine vogliamo indicare un equilibrato amalgama di natura, storia, arte, tranquillità e la cordiale ospitalità di questa gente di montagna che si dedica all’allevamento di bovini e di pecore, all’apicoltura e magari arrotonda il bilancio con le attività turistiche.
Ci troviamo del resto in uno degli angoli più nascosti e suggestivi dell’Appennino Toscano, tuttavia facile da raggiungere grazie alla statale 258 che sale dalla E45 e da Sansepolcro giungendo in una trentina di chilometri a Badia Tedalda per poi scavalcare le montagne, entrando in Emilia Romagna e portandosi fino a Rimini. Da sempre infatti questa è una terra di passaggio, fin da quando la Marecchiese era l’antica Via Ariminensis o Iter Arretinum che collegò i capisaldi gallici di Rimini e di Arezzo: una comoda transappenninica le cui origini si perdono nel tempo, una strada che i romani avevano lastricato e fornito di solidi ponti in pietra così da resistere alle impetuose piene del fiume. Prima e dopo di loro transitarono di qui etruschi, umbri, bizantini, longobardi, a segnare una storia ricca di avvenimenti e di testimonianze.In origine Badia Tedalda era solo una mansio itineraria, cioè un punto d’appoggio per i viandanti in prossimità del valico di Viamaggio, la Via Maior; e la tradizione vuole che il borgo sia stato fondato intorno al VII secolo sulle vestigia della tappa romana. Sembra risalire invece a poco prima dell’anno Mille la nascita dell’abbazia intitolata a San Michele Arcangelo: a metà del XIII secolo dominava su tutto il circondario, tanto che il nuovo monastero voluto dall’abate Guido del Presale aveva l’aspetto di un castello fortificato. Tra le grandi figure dell’epoca domina quella di un altro abate, Tedalgrado, che fu “potente signore feudale dell’intera vallata… e splendida figura d’uomo, ben predisposto verso i poveri e i bisognosi” (Marta Bonaccini, Il paese sul Paradiso); ma anche l’abate Bonafede, del periodo fiorentino a metà del XV secolo, fu “personaggio di cultura e di carattere che ridarà lustro all’abbazia e la arricchirà di capolavori di terracotta commissionandoli a Benedetto da Buglione” (Gian Carlo Renzi, Badia Tedalda una terra dal cuore verde). Antiche storie che hanno lasciato una traccia indelebile nel paesaggio, nell’architettura, nei monumenti.
Nella parte alta del paese, con le vestigia medioevali edificate sulla sommità del cosiddetto Colle dei Galli, spicca appunto la chiesa di San Michele Arcangelo con le sue magnifiche decorazioni invetriate di scuola robbiana. Nella parte bassa del paese meritano invece una visita il piccolo museo di storia naturale, allestito nella sede della Pro Loco, e la sala consiliare del Comune dove è conservata una splendida scultura in arenaria raffigurante una Madonna con Bambino, di probabile origine longobarda, ritrovata in una cappella diroccata in località Mulino di Mezzo.

Andar per borghi
D’arte e di storia sono ricche anche le frazioni dei dintorni, disposte ad anello a nord di Badia Tedalda. La prima che troviamo imboccando la provinciale è Rofelle dove, accanto a una quercia vecchia di secoli, sorge la bella parrocchiale al cui interno spiccano pregevoli opere del XVI secolo, tra le quali un battistero con sette testine di angioletti in arenaria e un dipinto del Cristo Morto sorretto da due angeli.
Proseguendo sulla stessa stradina l’asfalto lascia il posto alla ghiaia (il fondo è comunque in buone condizioni, ma chi è alla guida di un mezzo di grossa stazza lo lascerà preferibilmente a Rofelle continuando a piedi) e in 3 chilometri e mezzo sale a Montebotolino, castrum medioevale edificato sul Poggio del Paradiso che scende a strapiombo con un salto di 300 metri sulla valle del Marecchia. Di proprietà dei Catani, famiglia di origine longobarda, il borghetto fu venduto nel 1290 all’abbazia dei Tedaldi; nell’antica fortezza, attualmente chiesa, si conserva una bellissima terracotta robbiana raffigurante l’incredulità di San Tommaso. Dall’abitato la vista spazia fino all’Alpe della Luna, al Monte Zucca, al Fumaiolo e al Poggio dei Tre Vescovi, dove si incontrano le province di Arezzo, Forlì-Cesena e Pesaro.
Fresciano, Pratieghi e Caprile sono le tre località che concludono l’itinerario, con due possibilità per raggiungerle: proseguire lungo la strada bianca fino a chiudere l’anello oppure ridiscendere a Badia Tedalda e riprendere la 258 in direzione di Sansepolcro, svoltando a destra per Caprile dopo 7 chilometri. Noi scegliamo la prima ipotesi, uscendo da Montebotolino e arrivando in 5 chilometri a Fresciano, dove la chiesa dei Santi Pietro e Paolo offre un’altra terracotta di scuola robbiana.
Con una breve deviazione per Fresciano di Sotto lungo una viuzza che diventa una sorta di larga mulattiera di campagna, ecco apparire in una valletta circondata dai monti il santuario della Madonna delle Grazie, uno dei più antichi e importanti dell’Alta Valmarecchia, che conserva una tela del ‘400 raffigurante la Vergine con il Bambino sulle ginocchia: il sito, noto già nel XIII secolo, venne distrutto e ricostruito più volte, l’ultima per ordine del cardinale Bevilacqua nella prima metà del XVI secolo. Una leggenda narra che in pieno agosto vi cadde una nevicata miracolosa la cui altezza indicò quella del muro della cappella da edificare, che da allora è chiamata anche Madonna della Neve.
Risaliti a Fresciano, si riprende la strada – che qui ridiventa asfaltata – sino a un bivio che sulla destra porta a Pratieghi. Uscendo dal paese, sulla sinistra si stacca il sentiero P16 con segnavia gialli e blu che conduce alle sorgenti del Marecchia (929 m) con una deliziosa passeggiata di circa mezz’ora in mezzo al bosco e attraverso magnifici prati fioriti.
Tornati sui nostri passi concluderemo il giro a Caprile, altro piccolo borgo medioevale che vale una sosta, percorrendo infine gli ultimi chilometri che in pochi minuti ci riporteranno alla 258 e a Badia Tedalda.

PleinAir 408/409 – luglio/agosto 2006

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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