Le orme del grande fiume

Seguiamo il corso del Tagliamento dalla sorgente alla media valle, per rintracciarne i segni impressi nella terra, nella storia e nel costume del Friuli.

Indice dell'itinerario

Un occhio inesperto è indotto a cercare la sorgente del Tagliamento risalendo il corso che sgorga 250 metri più in alto e solca il fondo di un canalone; è facile individuarlo presso il primo tornante del Passo della Mauria, dove uno slargo invita a fermarsi. Invece il vero Tagliamento è il rigagnolo che esce dal bosco. Scendendo per la valle, il primo gruppetto di case e rustici è a Chiandarens; qui confluisce la piccola valle del Giaf, chiusa in testa dalle cime delle Prealpi Carniche, il cui versante sud guarda verso le valli del Pordenonese. Dalla parte carnica, a nord, c’è invece Forni di Sopra, stazione sciistica e base di escursioni. Forni di Sopra prende il nome dalle fornaci dei nobili Sarvognan, che ne fecero un importante centro economico, ricco abbastanza da richiamare artisti di fama. Nell’abitato di Cella la parrocchiale dell’Assunta (aperta solo per le funzioni) custodisce il capolavoro di Domenico da Tolmezzo (XV secolo), autore di magnifici altari lignei. Di fronte, piccola e preziosa, la chiesetta di San Floriano, con la facciata verso il fiume: al suo interno si trovano affreschi di Gianfrancesco da Tolmezzo (1492) e il polittico del Bellunello (1480). Nell’abitato di Vico, la chiesa cinquecentesca della Madonna della Salute. Qui il Tagliamento si è scavato un solco profondo; la strada procede a mezza costa con qualche saliscendi. Forni di Sotto è privo della poesia che ha l’antico; le sue case furono incendiate per rappresaglia dalle truppe nazi-fasciste nel 1944. Rimangono le escursioni nel verde, come quella verso la sorgente solforosa Aghe da pùce (cioè, in dialetto, l’acqua che puzza). Il solco del Tagliamento si fa ancora più netto, fino a diventare una forra: è il Passo della Morte. Il nome ha una ragione storica: è il punto dove nel 1848 Pier Fortunato Calvi e i suoi patrioti bloccarono gli austriaci. Allora la forra era più impressionante; ora il fondo si è rialzato per i detriti dovuti allo scavo di gallerie e all’uso di esplosivi nel 1917. A monte del Passo della Morte, nel XV secolo fu costruita la chiesetta di San Lorenzo, con affreschi di Gianfrancesco da Tolmezzo (1492), visibili dalle finestrelle.

Verso Villa Santina
Mentre la strada passa a nord del Monte Corno, il Tagliamento lo aggira a sud; è il tratto di fiume – circa 6 km – più selvaggio, raggiungibile solo a piedi o in canoa. Se ne gode una vista privilegiata salendo la strada del Passo Monte Rest, in un paesaggio boscoso. I centri abitati sono tutti sulla statale che scende ad Ampezzo, stretta tra i monti e sviluppata in altezza: vi sono case di sei piani accanto alle tipiche case carniche con gli archi e i cortili tipici della domus romana. Altre belle case si trovano nelle ben tenute frazioni di Oltris e Voltois. Socchieve sta sotto il colle lambito dal torrente Lumiei e dal Tagliamento in confluenza. Sulla cima del colle vi è la suggestiva Pieve di Castoia del XV secolo, rifatta dopo un terremoto nel XVIII, raggiungibile per una strada ripida. Tra la pieve e il paese, su un’altra sporgenza del terreno, la minuscola chiesa di San Martino, con campanile a vela; l’interno, sfolgorante di ori e di colore per le pale d’altare e gli affreschi, è l’ultima fatica di Gianfrancesco da Tolmezzo (1493). A Enemonzo belle dimore (come Casa Garzolini del ‘600) e chiesette fuori paese. San Rocco è su un’emergenza di conglomerato alluvionale creata dal fiume nel Quaternario. Altre due emergenze sono a Invillino: sul Colle Zuca si trovano tracce di insediamenti romani e di una basilica paleocristiana; sul Colle Santina dopo i Romani si installarono i Longobardi e ora c’è la Pieve di Santa Maddalena, del ‘500. Su un rialzo minore (zona di tombe preromane) la chiesa della Madonna del Ponte in una strettoia del Tagliamento. Al di là del ponte, a destra, avanzando per 20 minuti nel verde, si giunge alla cascata del Plera. Presso Villa Santina si trovano la cascata Farina del Diavolo, di ben 280 metri ma funzionante solo in caso di forti piogge, e la forra del torrente Vinadia. Nel punto in cui il torrente sfocia nel Tagliamento c’è la chiesa trecentesca della Madonna del Sasso.

Tolmezzo, nodo cruciale
Dalle valli di sinistra scende il torrente But, povero o ricco di acque secondo la pioggia. La strada riceve il traffico anche dall’Austria, oltre il passo di Monte Croce Carnico, ma non c’è da temere: da questo punto i percorsi sono comodi e veloci. E’ il punto cruciale della Carnia, dove è posta la sua capitale, Tolmezzo. Il centro storico è addossato sotto la collina della Ricotta. C’è ancora una porta a sud e una strada medioevale, Via Giovanni da Tolmezzo, che giunge davanti alla chiesa di Santa Caterina (dipinti dell’Amalteo); qui inizia Via Roma, tutta a portici con bei palazzi. Nella piazza, il duomo del ‘700 e l’Hotel Roma, tempio della gastronomia locale. Da ricordare il bel palazzo del Museo Etnografico, uno dei primi in Italia, intitolato al geologo Michele Gortani; la visita dà un quadro della vita in Carnia negli ultimi secoli. L’altra zona di interesse architettonico è, a sud-est, il complesso di Palazzo Linussio.
Per una sosta al fresco si punta sulle mete dei monti circostanti, come il lago artificiale di Verzegnis. Più grande e balneabile è il lago di Cavazzo, in una valle parallela, separata dalla valle del Tagliamento dal Monte Simeone. Sulla strada da Tolmezzo a Cavazzo, sulla destra, si scopre una minuscola palude interessante per le fioriture. Il Tagliamento lambisce il piede dell’imponente Monte Amariana: in alto è tagliato verticalmente, mostrando la stratificazione rocciosa. Il materiale sbriciolato, sceso per erosione e per i terremoti, forma un rigonfiamento sotto il canalone principale, ricoperto dalla vegetazione. Oltre il paese di Amaro, sulla riva sinistra, il letto del Tagliamento si fa enorme, anche per la confluenza col Fella, che convoglia le acque delle più alte e innevate Alpi Giulie.

I miracoli della ricostruzione
Il medio corso del Tagliamento è quasi tutto seguibile da strade secondarie, pertanto canoisti sono sempre in vista dalle rive; strade senza problemi anche per autocaravan, se non ci si incontra. Ideali per la mountain-bike: per lo più si pedala all’ombra, e lungo il fiume c’è una certa brezza. E’ zona d’interesse per i cultori d’arte, pur in un contesto moderno: la ricostruzione dopo il terremoto del 1976 ha tolto infatti la patina antica. Qui l’architettura medioevale diventa lucente di intonaci. In qualche piccolo museo locale, sotto i portici del vecchio municipio o sotto l’androne della chiesa, le foto in bacheca documentano la tragica situazione del maggio 1976 e lo sforzo della ricostruzione. Dopo la borgata di Portis, il primo centro, in una striscia di piano fra Tagliamento e montagne, è Venzone: compatto, privo di castelli, con campanile e torre comunale svettanti. Oltre il torrente Venzonazza, l’intero centro storico – rimesso in piedi pietra su pietra – è monumento nazionale. La sua epoca d’oro fu quando imperava lo stile gotico: i maggiori palazzi mostrano bifore e trifore di disegno veneziano. Gotico è pure il Palazzo Comunale, perfetto nella sua linearità: lo spazio a livello strada forma un grande portico con funzione di piazza coperta; per una larga scala esterna si sale al primo piano, occupato dal salone del Consiglio. Nello stesso stile architettonico anche il duomo, molto luminoso. A testimoniare come era ridotta Venzone e quanto è stato fatto, la chiesa di San Giovanni, tra la Piazza del Comune e la Porta lato fiume: ne rimane il pavimento e qualche pezzetto di muro con la decorazione scolorita dalle intemperie. Bianche d’intonaco le case; il colore lo danno le piccole imposte di legno, alla veneta, verniciate vivacemente, i gerani e i minuscoli giardini. In riva destra c’è Bordano, famoso per il concorso di murales a soggetto fisso. Il successivo borgo, Ospedaletto, ha un nome molto comune nella toponomastica italiana, che richiama un ospizio per viandanti. La chiesetta di Ognissanti, la cui muratura è di ciottoli del fiume, è decorata da affreschi risalenti alla fine del XIV secolo di artisti tedeschi, molto attivi in questa zona di traffici.

Da Gemona a Osoppo
L’altro maggiore centro artistico è Gemona, posto sulle prime pendici del monte in una posizione meglio difendibile; scomparse le mura, rimangono i resti del castello. Il centro storico occupa il colle, il successivo sviluppo scende verso il piano: il post-terremoto ha accentuato il carattere estensivo della città, con quartieri di case basse circondate dal verde, dall’aspetto quasi nordamericano. Di italiano, o meglio di vero friulano, c’è la ricostruzione; dopo il terremoto, il centro storico non esisteva più. E’ stato ricostruito quasi tutto; tra i monumenti manca ancora la chiesa di Santa Maria delle Grazie, che nel ‘500 era la chiesa dei commercianti tedeschi; ora resta in piedi un pezzo di facciata. Se nella costruzione delle case si è badato a riprodurre volumi e ambienti di prima con tecniche e materiali odierni e qualche commistione tra design e antiche decorazioni, per i due principali monumenti, il duomo e la Loggia del Comune, si è trattato di ricostruire in modo identico, recuperando le pietre originarie. Gemona è una specie di macchina del tempo, dove i monumenti hanno l’aspetto che dovevano avere secoli fa: uno strano Medioevo nuovo di zecca. Per sfruttare questo scherzo storico, si organizza l’Agosto medioevale, con ambientazioni d’epoca. Spettacolari le giostre tra borghi e contrade, mentre tutto il pubblico è coinvolto da protagonista nel Tempum est jucundum .
Il successivo paese lungo il fiume è Osoppo; carico di storia, ma – dopo la ricostruzione – tutto moderno. E’ collocato su una collinetta in riva sinistra del Tagliamento, rifugio sfruttato sin dall’epoca preistorica e romana e in tempi di scorribande di barbari e Longobardi; nei secoli successivi fu teatro degli scontri fra truppe veneziane, austriache, russe, francesi e infine patrioti italiani (1848). Del complesso della fortificazione, un valore estetico ha la facciata veneta della secentesca chiesa di San Pietro (XVII secolo); è visibile solo una parte delle strutture militari succedutesi nei secoli, a causa soprattutto del bombardamento del 1945. Nei pressi è stato edificato un monumentale Centro Visitatori. Manca però l’utile tabellazione delle piante, che darebbe al Forte valore di parco arboreo; il microclima ha infatti favorito la presenza anche di essenze mediterranee.

Il Parco del Tagliamento
La zona in riva sinistra del fiume, a sud di Osoppo, comprendente il colle con il Forte, è ora parco naturale; zona di radure, brughiera, terreni alluvionali, boschetti, colline minori di roccia, arenaria, marne e argille. La caratteristica maggiore sono le risorgive di Bars e altre anch’esse a pozza. I corsi d’acqua si riuniscono nel fiume Ledra, che nasce sopra Buia e ha un corso di appena una decina di chilometri, ma con una portata costante; sfocia poi nel Tagliamento. La diversità di vegetazione e il fatto di essere tangente a un vasto fiume, percorso di migrazioni degli uccelli, sono le condizioni per l’ottima frequentazione della fauna. Il parco prosegue in riva destra, al di là del grande ponte di Cornino. Il lago che si vede in riva destra, percorso da maestosi cigni e affollato di trote, è ben noto a pescatori tedeschi e austriaci col nome di Lago Pokar. Burocraticamente fuori dal parco, ma di identico ambiente naturale, il Monte di Ragogna che presso le rive del fiume presenta un residuo morenico. Da Muriis una strada porta in cima, dove c’è la chiesetta di San Giovanni al Monte, antico santuario. In riva destra, uscendo dal borgo di Cornino in direzione di Peonis e Trasaghis, c’è il Centro di Reintroduzione del Grifone. Un esemplare è in cattività in una piccola voliera insieme ad altri uccelli; i grifoni in semilibertà si avvistano meglio con il binocolo al di là di un valloncello. Un centinaio di metri a nord, si ammira un’altra splendida risorgiva, il laghetto di Cornino. La strada di Cornino, in riva destra del Tagliamento, è ottima per gite in bici: ci si allenava anche il grande Ottavio Bottecchia, e presso Trasaghis c’è la stele in suo onore.

br> PleinAir 312/313 – luglio/agosto 1998

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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