Le figlie di Eolo

Torniamo in camper sulle Eolie per una breve vacanza d'inizio giugno: quando fioriscono i capperi, esplode la primavera, ronzano le api operaie... e sorridono i pochi turisti nell'incanto del fuoristagione.

Indice dell'itinerario

E tre: in meno di dieci anni eccoci di nuovo in navigazione verso le Eolie, ancora una volta con il camper al seguito, ancora in un periodo di bassa stagione e ancora diretti al campeggio Tre Pini di Salina che sarà la nostra base logistica nei prossimi dodici giorni.
Vista la scarsa utilità che hanno i mezzi privati di locomozione sulle piccole isole, la scelta di alloggiare nel v.r. anziché in una casa o in un albergo sembrerebbe immotivata; ma il camper si rivela provvidenziale per il trasporto dei bagagli e degli acquisti, e noi viaggiamo sul Vito PleinAir che è anzitutto un’auto abitabile (per di più siamo in compagnia di un ospite dalle esigenze minime ma perentorie che, come noi, si trova più a suo agio in un ambiente familiare: il pappagallino Gauguin).
Quanto al traghetto della Siremar con imbarco serale a Napoli, la scelta si spiega da sé. Non è quel che si dice una gran nave, ma oltre a essere l’unica diretta ai principali approdi dell’arcipelago ha un pregio esclusivo: arriva a destinazione con le luci dell’alba svelando come in sogno le “figlie di Eolo” a cominciare da Stromboli, uno spettacolo che nelle sue infinite repliche non perde nulla del suo fascino. E quando attracca a Salina, al molo di Rinella, è giusto l’ora per una bella colazione alla siciliana con granita e brioche. Il campeggio è proprio sopra il porto, quieto e ombreggiato da grandi eucalipti; il tempo di annunciarsi e poi si prosegue in un giro esplorativo, come per spalancare le imposte dell’isola e respirarne le fragranze a pieni polmoni.

Salina
Tra le sette isole dell’arcipelago è un’eccezione geografica, fisica e politica. Anch’essa di origine vulcanica, è però l’unica a disporre di sufficiente acqua dolce, tanto da risultare la più verde e coltivata; e anche l’unica a costituire un Comune autonomo, mentre tutte le altre fanno capo a Lipari. Forse è anche un’eccezione etnica – e per questo l’amiamo – perché, al contrario delle sue sorelle in cui prevalgono ormai le presenze turistiche e stagionali, è abitata in maggioranza dai salinesi. Lo testimoniano i tre centri urbani sempre animati di Santa Marina (che include Lingua), Malfa, Leni (che include Rinella) e gli insediamenti agricoli di Pollara e Capo Faro, dove le produzioni di capperi e malvasia non vanno mai in letargo. Un efficiente servizio di autobus collega le varie località, rispettando le coincidenze con gli aliscafi e i traghetti che servono le isole e che durante il giorno fanno scalo alternativamente a Santa Marina e a Rinella. Studiare con cura gli orari di questi mezzi di trasporto è la prima necessità che s’impone per poter organizzare le giornate senza perdite di tempo. Questa volta ci ripromettiamo di dedicare più attenzioni a Filicudi, di rivedere Lipari e il suo museo archeologico, di visitare Ginostra e di trascorrere un paio di giorni a Stromboli e Panarea. Ma inframezzando i programmi a seconda del tempo e dell’estro vogliamo anche rientrare nelle grazie di Salina (vedi approfondimenti “Passo dopo passo”), salire di nuovo sul Monte delle Felci, percorrere a piedi tutta la litoranea e, finalmente, partecipare all’annuale Festa del Cappero che si tiene a Pollara il primo weekend di giugno. Al relax del rientro provvedono ogni giorno le strutture e la felice posizione del campeggio: fino alla chiusura delle scuole gli avventori si contano ancora sulle dita, ma i servizi, il bar e il ristorante sono attivi e una cucina familiare di assoluta genuinità dispensa sapori mediterranei altrove dimenticati. Prima o dopo i pasti, con pochi passi lungo il sentiero lastricato che porta ad alcune baie di ciottoli, si raggiungono due belvedere di recente costruzione dove è un raro piacere distendersi al sole, abbandonarsi al tramonto o inebriarsi a contare le stelle.

Filicudi
Il porticciolo, a mezz’ora di aliscafo da Rinella, è una piccola quinta di case addossate a un costone e sovrastate da un altro borgo che fa capolino tra la macchia. Più in alto, sotto la cima del Monte Fossa delle Felci (stesso nome che a Salina) si scorge l’abitato di Val di Chiesa; non si vedono invece quelli di Pecorini e Pecorini a Mare, che insistono sul versante opposto.
Una rete di sentieri gradonati collegava un tempo i vari nuclei, ma ora corre anche una comoda strada asfaltata che già a 300 metri dal porto serve l’accesso al più antico insediamento dell’isola, il villaggio protostorico di Capo Graziano, risalente a circa 3.500 anni fa. Un viottolo subito ripido conduce in breve a questo luogo magico, una terrazza panoramica costellata dalle basi circolari di remote capanne, che segna anche l’inizio della nostra esplorazione a piedi. Ripresa la strada, la seguiamo per poco più di un’ora fino al termine di Val di Chiesa; ci piacerebbe proseguire sul monte, ma questa volta l’assenza di segnaletica e un velo di foschia ci scoraggiano. In compenso abbandoniamo l’asfalto e ridiscendiamo per gli antichi tratturi, in alcuni punti sommersi dalla vegetazione: è l’occasione per ammirare da vicino (e da dentro) splendidi esemplari di case eoliane, sempre vista mare e ancora non rimaneggiate. A mezza quota pieghiamo verso Pecorini con il cono di Alicudi ritagliato sullo sfondo. La strada scopre un vallone punteggiato di costruzioni dove a fatica si distinguono le abitazioni originarie; camminiamo per un’altra oretta e poi torniamo sui nostri passi. Resta ancora il tempo per riguadagnare il molo e per rifocillarsi prima dell’imbarco.

Stromboli
L’idea è di partecipare a una delle minicrociere che consentono di ammirare dalla nave le eruzioni notturne del vulcano, ma non si concilia con la voglia di dedicare una mezza giornata a Ginostra, l’antico borgo isolato alla base occidentale del cono dello Stromboli. Decidiamo perciò di trascorrere sull’isola due giorni e di organizzarci con i mezzi di linea.
L’approdo a Ginostra è di quelli che non si dimenticano. Soltanto da un paio d’anni l’abitato è servito da una centrale elettrica fotovoltaica, ma ancora oggi manca di un vero porto (sono in corso i primi lavori di interramento): cosicché si trasborda al largo sulla barca del Caronte locale, un barbuto personaggio quasi mitologico, che ci deposita a terra tra grandi massi di cemento. Una rampa in forte pendenza ci consegna a un belvedere e alle prime case, mentre sul selciato picchiettano gli zoccoli di una coppia di asinelli intenti a trasportare sacchi di spazzatura. Ecco un problema delle comunità isolane, lo smaltimento dei rifiuti, che denuncia il sacrificio dell’autosufficienza alle leggi dell’economia e del consumo imposti dall’esterno; dunque Ginostra, buen retiro di spiriti eletti e di stranieri radical chic, non fa più eccezione. Certo è che il suo stato ancora selvaggio le dona un appeal particolare: si cammina tra cespugli spontanei e giardini rigogliosissimi, si incrociano piccoli cantieri, si fanno cenni di saluto ai residenti… Ci piacerebbe percorrere il sentiero litoraneo che in un paio d’ore si collega agli abitati orientali, ma gli ultimi sconquassi e una nuova sciara di detriti delle colate lo hanno interrotto in più punti e, se proprio si vuole, bisogna saldare a nuoto le fratture. Meglio di no: riprendiamo l’aliscafo del pomeriggio e sbarchiamo sul lungomare di San Vincenzo, dove affittiamo subito una camera. Saremmo attrezzati anche per l’escursione notturna sul cratere, ma le nuove norme di sicurezza impediscono di spingersi oltre i 400 metri di quota – con buona pace per le ondate di stranieri in assetto da montagna che le agenzie scaricano sul porto per il “tour della lava tutto compreso”, Etna, Vulcano e Stromboli. E così rinunciamo anche ad aggregarci al gruppo che sale e acquistiamo un passaggio su un barcone per assistere dal mare alle performance pirotecniche del vulcano: davvero spettacolari, altro che fotomontaggi.

Panarea
Prima di spostarci a Panarea (un’ora di aliscafo, compresa la fermata intermedia di Ginostra) salutiamo Stromboli con una passeggiata mattutina fino alle case e al lungomare di Piscità: quanto basta per capire come sia cambiata l’isola in pochi anni – grazie soprattutto all’esposizione mediatica conseguente alle recenti vicende sismiche – con grandi lavori che ne hanno reso l’aspetto più mondano e omologato, al costo però di un’evidente perdita d’identità. Tant’è e così comanda il turismo, come ci ricordano di lì a poco le boutique griffate di Panarea che appaiono in tutto e per tutto succursali di Via Montenapoleone.
Per fortuna, almeno laddove non arrivano ruote e motori, la natura è quella di sempre e ritroviamo intatto il sentiero che in tre quarti d’ora porta al sito archeologico e alle strepitose viste di Cala Junco. Lo si percorre in senso inverso per tornare al porto e proseguire a nord verso le case sparse di Ditella, gli arenili e i belvedere su Basiluzzo e Stromboli. Nel contrasto con gli intonaci bianchi stordiscono il rigoglio della vegetazione e i colori delle bouganville, quasi un’icona della beatitudine. Stordisce però anche il livello dei prezzi: «Viene tutto da fuori» ci ribattono come fosse una vittoria, e invece è una dichiarazione di resa.

Lipari
Le corse marittime per il capoluogo dell’arcipelago sono le più frequenti e frequentate, specie dagli studenti. Dopo aver lasciato Rinella l’aliscafo impiega circa mezz’ora, si svuota e subito si riempie per le ultime destinazioni di Vulcano e Milazzo. Nel viavai del molo serpeggiano offerte di alloggi, di ristoranti, di gite in barca, di taxi. Taxi? Perché no, basta mettersi d’accordo sul prezzo e si parte per un tour guidato dell’isola: la spiaggia di Canneto, le cave di pomice e ossidiana, il borgo operaio di Acquacalda, quello agricolo di Quattropani, il belvedere mozzafiato di Quattrocchi, il rientro in città con la rocca che domina la scena… Ottimo prologo all’escursione urbana, magari con sosta gastronomica per gustare una sublime frittura dei tipici gamberetti rossi o un fragrante cannolo accompagnato da Malvasia.
Il gran finale spetta all’acropoli e al Museo Archeologico, uno dei più belli e documentati del Mediterraneo. Complessivamente l’area monumentale, fresca di restauri, occupa una mezza giornata mostrando una straordinaria sovrapposizione di epoche e stili. Quando, con tante meraviglie negli occhi, si riguadagna lo scalo accanto alla chiesetta delle Anime del Purgatorio, è inevitabile un pensiero… ai patrimoni dell’umanità: l’Unesco ha infatti minacciato di depennare Lipari dall’elenco se non dimostrerà di saper amministrare e salvaguardare meglio il suo territorio. Se cioè non saprà sottrarsi allo scomodo paragone con l’isola di un tempo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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