Le ciaspole di Saturno

Sui Monti Ernici il filo della mitologia si intreccia ai percorsi nella natura: un Lazio remoto e affascinante, da esplorare con le racchette da neve che conducono i più esperti fino alla cima di panoramiche vette. Senza dimenticare il patrimonio storico e artistico, che comprende monumenti di grandissimo interesse fra i quali primeggia la Certosa di Trisulti, simbolo di queste montagne.

Indice dell'itinerario

Il nome deriva probabilmente dal termine marsico herna, che significa rupe o roccia: e gli Ernici, che insieme ai Simbruini segnano il confine naturale tra la provincia di Frosinone e l’Abruzzo, sono montagne severe, fittamente coperte di vegetazione, con cime che raggiungono e superano i 2.000 metri di quota e i fianchi che digradano dolcemente incontro alla pianura o che precipitano con pareti selvagge verso gole scavate da impetuosi torrenti. D’inverno, poi, si imbiancano che è una bellezza, offrendo un ambiente ideale a coloro che amano l’escursionismo sulla neve, lo sci nordico e le ciaspolate. La presenza di alcune stazioni sciistiche, meno invasive e deturpanti di quelle presenti su altri gruppi montuosi laziali e abruzzesi, consente inoltre di raggiungere le quote più elevate con una certa facilità, parcheggiando il camper in comodi piazzali tenuti sgombri dalla neve e sfruttando i sentieri e le piste di fondo del territorio. Ma le attrattive degli Ernici sono dovute anche alla presenza di alcuni dei paesi più interessanti della Ciociaria, come dire che in quest’angolo del Lazio meridionale è possibile fondere la voglia di natura e lo sport all’aria aperta con la passione per l’arte, la storia e l’architettura.
Esemplare a questo proposito è il paesaggio che si offre a chi sale da Alatri verso Collepardo. In un susseguirsi di curve a picco sul profondo canyon del fiume Cosa, la strada raggiunge il piccolo borgo le cui abitazioni pare vogliano stringersi l’una all’altra in un abbraccio difensivo. Il paese venne infatti fondato nel 543 dopo che Totila, ultimo re degli Ostrogoti in Italia, aveva ridotto Alatri a un cumulo di macerie costringendo gli abitanti alla fuga. Osservando il territorio circostante si intuisce perché gli esuli scelsero queste plaghe rocciose come rifugio, forse sull’eco di un’antica mitologia: si dice infatti che Saturno, scacciato dall’Olimpo per aver cercato di uccidere suo figlio Giove, si ritirò sugli Ernici fondando diverse città, tutte caratterizzate da possenti cinte murarie. Sono cinque le località che rivendicano la propria origine divina, la cosiddetta Pentapoli Saturnia: Arce, Alatri, Anagni, Arpino e Atina. A questo punto già si accende la fantasia, ma è meglio lasciarsi conquistare dal fascino innato degli Ernici che tocca il massimo proprio nei mesi freddi, quando i vicoli dei paesi abbarbicati alle rocce si riempiono del fumo odoroso dei camini e i boschi e i pianori in quota indossano l’abito bianco dell’inverno, attirando frotte di sciatori e di amanti delle racchette da neve. I percorsi sono innumerevoli e per ogni livello di preparazione: ne abbiamo sperimentati alcuni discretamente impegnativi, adatti a chi ha già una certa esperienza di escursioni con le ciaspole, ma chi non vuole faticare troppo può ovviamente seguirne anche solo una parte.

Intorno a Trisulti
Da Guarcino, affrontando 18 chilometri di curve e tornanti di una strada a tratti molto stretta, si raggiunge Campo Catino (1.793 m), che dispone di comodi parcheggi adatti anche ai veicoli ricreazionali e rappresenta un punto di partenza ideale sia per coloro che vogliono tuffarsi nell’animazione delle piste da discesa, servite da vari impianti, sia per chi vuole lasciarsi alle spalle questo piccolo circo bianco per un pieno e appagante contatto con la natura. Da qui, sfruttando una serie di sterrate e di comodi sentieri che restano praticabili anche con la neve, si può accedere ad alcune panoramiche vette, la più ambita delle quali è il Monte La Monna (1.952 m). Il percorso, privo di dislivelli impegnativi anche se piuttosto lungo, raggiunge la cima di questa montagna che è considerata il simbolo degli Ernici soprattutto perché ai suoi piedi, sul versante di Collepardo, sorge la Certosa di Trisulti, uno dei monumenti più insigni del Lazio. Si tratta di una grande costruzione fondata nei primi anni del XIII secolo ma di aspetto prevalentemente settecentesco, inserita in modo esemplare tra i cerri vetusti di uno dei boschi più belli del Lazio. La nota e plurisecolare sapienza erboristica dei monaci benedettini, maturata anche grazie alla ricchezza botanica del territorio, è testimoniata dalla farmacia, le cui pareti affrescate rivelano un mondo segreto che fonde conoscenze scientifiche e credenze popolari: nella sala principale, in vetrine giunte intatte fino ad oggi dal ‘700, ci sono ancora i barattoli di vetro che contengono sostanze misteriose – più da mago che da medico – quali gli Spermaceti, la Resina di Legno Santo o la Tintura di Colombo. Nel piccolo negozio vicino all’ingresso si possono inoltre acquistare sfiziose varietà di cioccolato e le famose Gocce Imperiali, inventate due secoli fa da Fra’ Eutizio: pare siano in grado di curare una lunga serie di malanni e, sciolte nell’acqua, costituiscono una bevanda dissetante e gradevole, da portare con sé nella borraccia anche durante le escursioni.
Dall’abbazia parte un altro sentiero per la vetta del Monte La Monna, ma fra tutte le cime degne di essere scalate la più scenografica è senza alcun dubbio il Pizzo Deta (2.041 m). La faticosa ma accessibile escursione si trasforma d’inverno in una prova di abilità per provetti alpinisti sciatori o per temerari escursionisti armati di ciaspole e ramponi, questi ultimi necessari nell’ultimo tratto del percorso. Il Pizzo Deta è una montagna scabra, imbronciata, che non va mai presa sottogamba; ma il punto di partenza, l’ampio catino di Prato di Campoli raggiungibile direttamente da Trisulti, offre mille opportunità per ciaspolate formato famiglia, come vedremo anche più avanti.

Tra rocce e sorgenti
Splendido belvedere su una buona parte delle vette maggiori dell’Appennino Centrale, il Monte Crepacuore è anche il dirimpettaio della grandiosa piramide di Monte Viglio (la cui cima, a 2.156 metri, si può raggiungere nella bella stagione, allungando però di molto l’itinerario e preparandosi a superare un notevole dislivello).
L’escursione, semplice e non troppo faticosa anche se discretamente lunga poiché copre circa 7 chilometri e mezzo, diventa invece più impegnativa in presenza di neve e, se la copertura è abbondante, richiede grande prudenza visto che si deve percorrere il pur ampio crinale che precipita verso la Val Roveto. Il fatto che il percorso si svolga interamente all’aperto, in buona parte su creste aeree, lo rende uno dei più panoramici della zona. Il dislivello complessivo è di circa 250 metri distribuiti fra andata e ritorno, soprattutto tra la Fonte Pozzotello (da cui sgorga acqua freschissima anche in estate) e la strada sterrata: in presenza di ghiaccio, questo è il tratto più complicato e può essere necessario adoperare i ramponi.
Si parte anche per questo itinerario da Campo Catino, scendendo nella conca in cui si trovano gli impianti sciistici, e la si attraversa parallelamente rispetto al Monte Vermicano (un sentiero segnato del CAI, il vecchio n. 4, porta alla vetta, ma può essere percorso solo in assenza di neve perché attraversa le piste). Al termine del pianoro si imbocca una sterrata, non sempre visibile sotto il manto bianco ma con direzione intuitiva, risalendo a svolte fino al valico segnato da una moderna scultura in vetro che si intitola Il Cacciavento. Si prosegue su un tracciato in terra battuta che d’inverno diventa una perfetta pista da fondo, incontrando a destra il sentiero segnato che scende dal Vermicano. Poco più avanti, al termine di una ripida salita e in corrispondenza di uno slargo ai piedi delle caratteristiche rocce del Peschio delle Cornacchie, si prende il bivio a sinistra, tralasciando il sentiero a destra che si dirige verso Monte Ortara e La Monna. Il tragitto scende molto ripidamente in direzione dell’evidente Fonte Pozzotello (1.800 m), dove si trovano alcuni rifugi in cemento. Giunti in fondo alla conca si supera la sorgente, proseguendo a mezzacosta alle falde del Peschio delle Ciavole, sino a raggiungere la prima delle selle panoramiche. Si continua ora quasi in piano sulla cresta, aggirando più in basso alcune cime e superando altre piccole selle fino alla base del Monte Crepacuore, e qui si sale più ripidamente mantenendosi verso sinistra, in direzione della ben evidente antecima, fra rocce e ginepri. Giunti alla cresta sommitale, in pochi minuti si tocca la vetta (1.997 m). Alle nostre spalle torna ben visibile la conca di Campo Catino, mentre davanti a noi si profila maestosa la sagoma del Viglio. La montagna si può ammirare in tutta la sua imponenza se si prosegue ancora brevemente sul sentiero fino a un’altra piccola cima, dalla quale si capisce anche qual è il percorso che da Crepacuore raggiunge il Viglio (un’esperienza, lo ricordiamo di nuovo, riservata solo agli escursionisti più allenati e comunque in assenza di neve). Il ritorno avviene per lo stesso tragitto dell’andata; in tutto occorrono circa 5 ore.

Verso il confine
Il pianoro di Prato di Campoli è uno dei luoghi più amati dai frequentatori dei Monti Ernici, essendo il punto di partenza ideale per alcune delle più belle escursioni del gruppo montuoso, come quella già accennata verso il Pizzo Deta. D’inverno, poi, questo magnifico sito ideale per chi vuole divertirsi sulla neve senza particolari difficoltà: basta costeggiare la faggeta per effettuare un anello di grande interesse, con poca fatica. La strada che arriva al pianoro è generalmente ben tenuta, ma non regolarmente pulita dalla neve: sebbene sia raro che rimanga del tutto bloccata, è opportuno tenerne conto specialmente se la si percorre in camper. L’ampio piazzale di parcheggio consente la sosta anche per più giorni, ma facendo attenzione al ghiaccio.
Il sentiero CAI n. 15 consente ancora oggi di raggiungere Roccavivi, in Val Roveto, superando il bel valico di Vado della Rocca, dove un profondo intaglio artificiale nella roccia rivela un tragitto di antica origine. Il percorso fino alla sella, e da qui alla panoramica vetta del Monte Serra Comune, è molto interessante anche se faticoso, soprattutto con neve soffice: il dislivello complessivo è di circa 700 metri, con una notevole pendenza nel tratto centrale che è in buona parte immerso nella folta faggeta (in cui compaiono anche molte piante di tasso). Pur se ben segnalato, in caso di abbondante copertura nevosa può essere difficile mantenere l’orientamento, ed è bene organizzarsi di conseguenza.
Da Prato di Campoli (1.134 m), dopo aver parcheggiato nel piazzale apposito (a pagamento nella bella stagione) si segue il piccolo fosso che attraversa il pianoro in direzione nord con radi segni bianchi e rossi fino a un primo bivio. A sinistra partono i sentieri per Pizzo Deta e Monte del Passeggio, ma noi proseguiamo a destra in direzione di una freccia di legno che indica l’ingresso del sentiero nel bosco, ben segnalato. Si inizia quasi subito a salire, dapprima dolcemente poi sempre più nettamente nel fitto della macchia. Dopo circa 2 chilometri e mezzo si arriva alla cresta boscata, dove si vedrà uno dei cippi di confine tra lo Stato Pontificio e il Regno delle Due Sicilie: poco a sinistra è il Vado della Rocca. Dal cippo si continua a destra sul crinale, salendo ancora con una certa decisione. In circa 45 minuti si giunge a una cima rocciosa scoperta, da cui si apre un notevole panorama sul gruppo del Pizzo Deta. Il sentiero prosegue ancora in cresta, rientrando nel bosco; subito dopo si scende verso il Monte Serra Comune, del quale avremo già visto la cima, fino a un passo poco inciso, da dove si sale nel bosco subito dopo aver superato i resti di alcune capanne, poco visibili in caso di neve abbondante. Usciti di nuovo dal folto degli alberi, dovremo risalire il versante roccioso un po’ ad intuito perché i segni sono generalmente coperti dalla neve, raggiungendo la cresta che in breve conduce alla cima (1.870 m), anch’essa segnalata da un cippo di confine. Sin qui ci vogliono circa 3 ore e mezzo, mentre per il ritorno ne basteranno poco più di due.

Testo e foto di Marco Scataglini

PleinAir 451 – febbraio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio