Latitudine Sud

Da Buenos Aires a Ushuaia, nella Terra del Fuoco: 3.200 chilometri attraverso venti paralleli per immergersi negli eccezionali paesaggi di un'Argentina a misura di pleinair

Indice dell'itinerario

Alzi la mano il viaggiatore che non ha mai sognato di visitare la Patagonia: e siamo certi che se ne alzeranno davvero poche. Perché basta il nome a evocare il mito di questa magica terra dove la natura si esprime con rara grandiosità, ma soprattutto con caratteristiche senza confronti. Il primo approccio con l’Argentina, però, avviene sotto un altro segno che sembra quasi annullare le distanze, avvicinandoci a una storia e a una cultura che ci sono particolarmente vicine. Parliamo della presenza di tanti nostri connazionali emigrati che nell’arco di oltre un secolo, a partire dalla fine dell’800, hanno dato un sensibile contributo non solo all’economia ma anche alle tradizioni locali. «Todos tanos», tutti italiani, te lo senti ripetere spesso non appena cominci a parlare con la gente che, affabile e disponibile, ti mette subito a tuo agio. E’ un ottimo inizio per la nostra esplorazione di questo immenso paese che si estende dal Tropico del Capricorno alle regioni subantartiche per quasi 2 milioni e 800.000 chilometri quadrati, più di un quarto dell’intera Europa.

Intorno alla capitale
Atterriamo a Buenos Aires, una delle città più affascinanti dell’America Latina: una metropoli sconfinata in cui vivono 12 milioni di abitanti, con un’ora abbondante di strada per raggiungere il centro dall’aeroporto. Dal tardo barocco spagnolo in stile coloniale si passa ai grattacieli in vetrocemento, in un incredibile miscuglio di architetture e di stili che non nascondono le situazioni di degrado legate alla durissima crisi economica degli anni recenti, da cui l’Argentina si sta lentamente riprendendo. La capitale offre numerosi punti di interesse fra cui il Teatro Colón, la Plaza de Mayo con la cattedrale e il palazzo presidenziale della Casa Rosada (qui iniziarono a riunirsi le madri dei desaparecidos dando origine all’ormai celebre associazione), il quartiere della Boca in cui si insediarono gli immigrati italiani, la pittoresca area di San Telmo con negozi di antiquariato e locali d’epoca in cui assistere a quel vero must che sono gli spettacoli di tango. Altra specialità locale da non perdere è, manco a dirlo, la squisita carne argentina: bife de lomo e bife de chorizo per gradire, asado se volete davvero assaggiare tagli che da noi sono ormai un ricordo (senza dimenticare che le porzioni sono gigantesche!). Di tutt’altro genere la visita alla Reserva Ecológica Costanera Sur, una bellissima zona umida che si estende sulla costa cittadina: qui doveva nascere il centro direzionale di Buenos Aires, ma la crisi aveva fermato i lavori e nel frattempo la natura si è riappropriata dei riporti di terra e pietre. Quando poi si è parlato di rimettere mano all’opera, praticamente tutti gli abitanti sono insorti a difesa di quello che era ormai divenuto un grande parco urbano.

Tutto in una penisola
La riserva è solo un piccolissimo assaggio di quello che ci attende nei prossimi giorni: ci accingiamo infatti a partire per la Patagonia, la terra australe per definizione, il sogno di poeti e scrittori, il simbolo della fuga verso una natura senza compromessi. Dal punto di vista ecologico, infatti, la varietà di ambienti e l’estensione del territorio fa dell’Argentina uno dei paesi più ricchi di flora e di fauna al mondo; vi si contano ad esempio 950 specie di uccelli, un numero incredibilmente alto se si pensa che il paese si estende quasi completamente al di fuori dei Tropici e che quindi non possiede grandi estensioni di foresta pluviale, l’habitat con il maggior tasso di biodiversità. Per non parlare dei mammiferi marini che popolano le coste atlantiche della Patagonia come in quello scrigno selvaggio che è la Península Valdés, uno dei luoghi più famosi del pianeta per l’osservazione dei cetacei che qui vengono a far nascere e a svezzare i piccoli.
Chi è pronto ad affrontare una galoppata di circa 1.400 chilometri al volante potrà ora salire a bordo del camper a noleggio e dirigersi verso la penisola, con due possibili itinerari: da Buenos Aires a ridosso della costa per La Plata e Mar del Plata (ma è piuttosto trafficato nei mesi estivi) oppure lungo la RN3 per Bahía Blanca e Viedma fino a Puerto Madryn. Se invece i tempi a disposizione sono molto ristretti, l’unica alternativa è l’aereo giungendo a Trelew e qui affittando, direttamente all’aeroporto, un’auto, un fuoristrada o di nuovo un camper (ma in quest’ultimo caso è preferibile concordare il ritiro con anticipo, per non rischiare di trovarsi senza mezzo). Nella cittadina vale una visita il bellissimo museo paleontologico Egidio Feruglio con esposizione di straordinari resti di dinosauri della Patagonia, integri e ben ambientati.
Puerto Madryn, affacciata sull’oceano con una grande spiaggia dalla lunga risacca, è una sviluppata località turistica ricca di ogni struttura: negozi e botteghe per tutti i gusti, hotel, un campeggio e numerosi ristorantini (assaggiate il cordero patagonico, la pecora che vive libera nelle sconfinate aziende agricole, ma anche i calamari che qui si pescano in abbondanza). Il centro visitatori della Península Valdés, posto ai margini dell’abitato sul lungomare in direzione sud, è una delle migliori esposizioni sulla natura della Patagonia che possiate visitare, ma è solo l’anticamera dell’esplorazione in libertà che richiede, a nostro avviso, non meno di due o tre giorni per osservare otarie, leoni marini ed elefanti marini, nandù, guanachi, lepri patagoniche e decine di specie di uccelli. Spostandosi a Puerto Pirámides, dove c’è un campeggio in riva al mare, si potrà prendere uno dei battelli autorizzati a navigare nel Golfo Nuevo per visitare da vicino le colonie di foche (loberie); da questo stesso luogo d’inverno salpano i battelli per il whalewatching, di cui la penisola è un vero e proprio santuario. Se non mancano né la voglia né il tempo, consigliamo una bellissima escursione di una mezza giornata lungo la piccola baia di El Pescadero subito a sinistra dell’imbarco dei natanti: si può salire sulla scogliera e seguire un agile sentiero che ci porta tra gigantesche dune di sabbia e poi magari ridiscendere lungo la costa – facendo attenzione ai tempi delle maree – per osservare la vita del mare fra otarie e ostricari, sterne e granchi che si rincorrono ovunque. Un’altra meta è la Punta Norte per la strada numero 3 con sosta alle Salinas Grandes, una delle più vaste depressioni del mondo con 200 chilometri quadrati a 42 metri sotto il livello del mare; si può rientrare per la litoranea attraverso Caleta Valdés e Punta Delgada, completando l’anello con la strada numero 2.

Natura in frac
Roger Payne, lo studioso che ha indagato il ruolo cruciale della Península Valdés per le balene franche australi, ha scritto: “Mi piacerebbe molto che nel 2000, in ogni oceano, la gente cominciasse il nuovo anno nuotando con delfini e balene: centinaia di amicizie, ovunque, in tutti i mari, ciascuna con la sua storia e le sue particolarità; tanti rapporti amichevoli che ci vorrebbe gran parte dell’anno solo per raccontarli… Io credo che il mondo selvatico aspetti l’amicizia dell’umanità”.
Con queste belle parole nel cuore continuiamo la nostra discesa verso sud alla ricerca del pinguino di Magellano, il più diffuso lungo le coste della Patagonia. Da gennaio a marzo è un pienone di genitori che svezzano i piccoli, uno spettacolo eccezionale che si può ammirare molto da vicino: i pinguini infatti non hanno paura dell’uomo che, dopo aver dato loro la caccia nelle terribili vicende della colonizzazione, oggi li protegge quale vero e proprio simbolo di naturaleza. Per osservarli in un meraviglioso contesto ambientale e paesaggistico ci si deve recare alla riserva naturale di Punta Tombo, un lungo tragitto la cui scomodità è ripagata con gli interessi dall’incontro con questi simpatici animali. Da Puerto Madryn ci si dirige a sud fino a Rawson, proseguendo ancora sulla RN3 che dopo pochi chilometri incrocia la RP1, una strada bianca e piena di grossi sassi che si percorre per 115 chilometri fino all’area protetta (ridurre al minimo la velocità, serrare finestrini e finestre per evitare che la polvere si infili ovunque e fare attenzione all’incrocio con altri veicoli che possono far schizzare sassi). Se si preferisce si può optare per una visita organizzata informandosi a Trelew: ma l’emozione dell’incontro naturalistico inaspettato mentre si percorre una pista non asfaltata con il proprio camper vale davvero qualche precauzione… per non parlare di quel milione di pinguini che ci attendono all’arrivo. Giunti all’ingresso della riserva e parcheggiato il mezzo, ci si incammina per un sentiero facile e ben segnato che si snoda attraverso i nidi: è una marea vociante di grasso e piume, penne unte e lische di pesce, uova rotte e l’incredibile simpatia di pinguini e pulcini che vi guardano curiosi da ogni parte, uno spettacolo che da solo vale il viaggio all’altro capo del mondo.

Ghiaccio vivo
Ritornati, nostro malgrado, alla RN3 la riprendiamo ancora verso sud diretti alla città più popolosa della Patagonia, Comodoro Rivadavia. Avendo tempo si può fare una visita al museo regionale e a quello mineralogico, a meno di non volersi concedere un tuffo nelle acque di Rada Tilly, una quindicina di chilometri a sud della città.
Puerto San Julian è una piccola località con splendide spiagge, proprio dove nel 1520 approdò Magellano. Divoriamo ancora chilometri per arrivare sempre più giù, ormai quasi alle porte della Terra del Fuoco. A Rio Gallegos, il porto principale della regione, sono piacevoli la visita del centro e la passeggiata sul lungomare Costanera, ma la città è soprattutto il punto di riferimento per gli itinerari verso i deserti e i ghiacciai dell’entroterra, un altro eccezionale spettacolo della natura argentina.
Man mano che ci si allontana dal mare il caldo e l’arsura si fanno sentire, e se non fosse per il nastro d’asfalto che ci guida a volte perderemmo il senso dell’orientamento. Ben presto però è il traffico stesso a farci mantenere la giusta direzione: la nostra meta è infatti il Parque Nacional de Los Glaciares, visitato ogni anno da circa 300.000 turisti. Istituito nell’ormai lontano 1937, il parco tutela 700.000 ettari di territorio, 350 chilometri di nevi eterne, una flora e una fauna assai delicate e a grave rischio di rarefazione.
La strada è bellissima, e non resistiamo alla tentazione di fermarci ad ammirare un condor in volo con i suoi 3 metri di apertura alare. Arriviamo così a El Calafate, una cittadina turistica andina cresciuta tutta intorno alla valorizzazione del Perito Moreno (dal nome dell’eroe nazionale Francisco Moreno), uno dei pochi ghiacciai della Terra che tuttora avanza, anche se recenti studi ci dicono che l’effetto serra sta producendo grandi rivolgimenti anche a queste latitudini. L’immensa distesa si presenta ai nostri occhi in tutta la sua imponenza, con circa 60 chilometri quadrati di superficie e una lunghezza di quasi 5 chilometri; dal belvedere si ode continuamente il fragore sordo di qualche blocco che cade nel Lago Argentino, ma i crepacci più grandi producono onde alte e un rumore talmente sordo da far venire i brividi. Ogni tre o quattro anni il ghiacciaio si espande fino a toccare il promontorio roccioso che è al di là del Canal de los Tempanos: si crea uno sbarramento così grande che quando crolla, nel corso dell’estate australe, per un paio di giorni sembra di assistere alla fine di un’era glaciale, con milioni di tonnellate che si sgretolano e si sbriciolano. Tutt’intorno le Ande e le maestose Torres del Paine (a non meno di un giorno di pista bianca) con le foreste di lenga e di nire, profumatissimi alberi il cui aroma sembra giungere fin qui. I più avventurosi potranno provare anche l’emozione di navigare sul Lago Argentino, proprio sotto il fronte del ghiaccio che cade fragorosamente nell’acqua, oppure tentare una camminata nel blu tra seracchi e crepacci del ghiacciaio più bello: il tutto con la guida del bravo Luciano Pera, un italiano che ha fondato e dirige l’associazione Hielo y Aventura.

Alle porte dell’Antartide
Cinque ore di strada ci riportano a Rio Gallegos da dove, se il tempo della vacanza è scaduto, si fa ritorno a Buenos Aires. Per chi invece ha la fortuna di poter proseguire, c’è una tappa di una quindicina di ore per raggiungere Ushuaia, la città più meridionale dell’Argentina. Siamo davvero nell’ultimo lembo d’America con il passaggio dello Stretto di Magellano, il doppio attraversamento della frontiera con il Cile – i rapporti non proprio distesi tra i due stati fanno sì che i controlli doganali siano piuttosto meticolosi – e finalmente l’arrivo nell’Isla Grande de la Tierra del Fuego, altro luogo mitico di questo viaggio alla fine del mondo. L’isola maggiore dell’arcipelago fuegino ha una superficie di 70.000 chilometri quadrati (10.000 in meno dell’Irlanda, per dare un’idea), di cui poco più di 21.000 in territorio argentino dove è tutelata dal Parque Nacional Tierra del Fuego, mentre la parte cilena è protetta dal parco dedicato al geografo italiano Alberto de Agostini, che ebbe un ruolo fondamentale per la scienza, la cultura e l’esplorazione di questi luoghi.
Nella baia di San Sebastián le acque dell’oceano brillano di un intenso colore verde-azzurro, in netto contrasto con le rocce rosse delle scogliere, e la sensazione di trovarsi in un mondo sospeso è amplificata dalle molte ore di luce (d’estate, a 55 gradi di latitudine sud, il sole tramonta verso mezzanotte). Fino a Rio Grande è deserto vero, con poche pecore sparute e reticolati senza fine, ma poi il paesaggio cambia di nuovo mentre lasciamo la costa per portarci verso l’ombroso Lago Fagnano, affrontando curve e tornanti per scavallare verso Ushuaia. I cartelli recitano “la ciudad mas meridional do mundo”, ma non è più vero perché dall’altra parte del Canale di Beagle, in territorio cileno, la base militare di Puerto Williams sull’Isla Navarrino è divenuta un villaggio con oltre 2.000 abitanti. Ma non servono titoli all’indimenticabile Ushuaia che deve il suo fascino particolare alle case su palafitte di legno, carta e lamiera ondulata, dipinte in vivacissimi colori come a voler dimenticare che qui, per gran parte dell’anno, sono il ghiaccio, la neve, il grigio e il freddo a dettar legge. La città – alla cui fondazione ha contribuito almeno un terzo di popolazione italiana, di origine ligure – è un grande centro commerciale in rapida crescita, che sino a pochissimo tempo fa era territorio federale e godeva di notevoli esenzioni fiscali per favorirne la colonizzazione: per questo forse è più cosmopolita di altre località argentine che appaiono quasi europee, mentre questa è una vera città australe popolata da sudamericani delle più varie nazionalità, indigeni sopravvissuti e gente di tutto il mondo che qui ha trovato il suo rifugio. Ushuaia è anche una tappa obbligata verso l’Antartide come testimoniano i suoi musei, la sua storia, la terribile prigione-museo che narra di indicibili sofferenze e privazioni per sopravvivere in un ambiente a misura di pinguini e foche, balene e leoni marini, splendidi abitatori della Terra del Fuoco che potrete osservare grazie alle escursioni in battello nel Canale di Beagle. Avendo ancora tempo merita poi una visita l’Estancia Remolino, che l’italiano Ernesto Piana ha trasformato in un museo e in un campo archeologico della tradizione fuegina a ricordo di coloro che osarono navigare in queste gelide acque in tronchi di legno scavati, ben prima che gli europei provassero a cercare una via per raggiungere l’Oceano Pacifico.
E arriva l’ora di tornare, accompagnati da ciò che scrisse Charles Darwin su queste terre: “Se, come dicono i poeti, la vita è un sogno, allora in un viaggio come questo si ritrovano le visioni che meglio servono a far passare la lunga notte”.

Testo e foto di Nino Martino

PleinAir 414 – Gennaio 2007

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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