La storia è verde

Castelli di antica fondazione, memorie napoleoniche, piccoli e grandi centri che conservano preziose testimonianze d'arte e di folklore in una cornice naturale ben tutelata e pienamente fruibile: per chi cerca qualcosa di nuovo sulle rotte europee, la Vallonia è una sorpresa dalle inedite opportunità. Senza farsi mancare pause di relax e un buon bicchiere di bière d'abbaye.

Indice dell'itinerario

L’ampia regione francofona che si estende a sud di Bruxelles è per molti una zona di rapido passaggio verso la capitale del Belgio o la costa del Mare del Nord. E invece la Vallonia ha molto da offrire a chi la percorre con calma, soffermandosi tra i suoi vasti boschi, le campagne punteggiate da pittoresche case contadine, i piccoli villaggi dalla garbata architettura d’epoca, le città d’arte che portano i segni di un glorioso passato. Ne scaturisce un piacevole itinerario che, senza farsi mancare spunti inattesi, permette di scoprire le peculiarità del territorio vallone, le cui caratteristiche sembrano una sorta di antologia del paesaggio dell’Europa centrale. L’organizzazione ricettiva, dal canto suo, offre aree di sosta e campeggi di qualità in strategica posizione: quanto ci vuole per rendere l’invito ancora più interessante.

Seguendo i campanili
Un lungo ma agevole percorso autostradale attraverso la Svizzera e la Francia porta direttamente alla prima tappa: Tournai, la città dei cinque campanili. Il periodo più florido dei suoi duemila anni di storia è magnificamente rappresentato dalla vivacissima Grand-Place, dove lo sguardo corre affascinato sulle colorate facciate e sugli ornamenti dorati dei palazzi d’epoca. La piazza è dominata da due monumenti che l’Unesco ha dichiarato patrimonio mondiale: la maestosa cattedrale di Notre-Dame, contornata da quattro torri campanarie, e il Beffroi, il campanile più antico del Belgio. I portali d’accesso alla chiesa sono abbelliti da sculture di varie epoche, mentre la navata e il transetto sono in stile romanico e il coro in stile gotico. Tra le numerose opere d’arte del tesoro ivi conservato c’è anche il grande sarcofago duecentesco in oro e argento che contiene le reliquie di Sant’Eleuterio, vescovo della città nel V secolo. Poco discosto si eleva il Beffroi, realizzato nel 1188 e sottoposto a continui rifacimenti: nel 1294, in particolare, per la costruzione della cattedrale fu necessario variarne l’altezza portandola dagli iniziali 30 agli attuali 72 metri. Ciò consentì che l’alta torre di guardia, svettando al di sopra del nuovo edificio, potesse continuare ad assolvere il proprio compito di sorveglianza contro i nemici e gli incendi. Oggi è possibile visitare le sale interne, nelle quali è illustrata la storia del monumento, e raggiungerne la cima grazie a una scala di 257 gradini. Sempre sulla Grand-Place affaccia la Halle aux Draps, l’antico mercato dei tessuti, un palazzo rinascimentale il cui prospetto è abbellito da colonne ioniche e da finestre con vetrate istoriate; l’interno è accessibile al pubblico durante le numerose manifestazioni che vi si svolgono. Scendendo infine verso l’Escaut, il fiume che attraversa Tournai, si incontra il Pont des Trous, residua testimonianza dell’architettura militare medioevale, restaurato dopo i bombardamenti che la città subì durante la Seconda Guerra Mondiale.
Dall’uscita 28 della A16, circa 30 chilometri ad est di Tournai, il complesso di Belœil è il primo dei molti castelli che incontreremo lungo il tragitto: fu costruito alla fine del ‘600 su due isole collegate da un ponte. Dal cortile interno una grande scalinata marmorea conduce ai due piani sui quali si aprono le stanze abbellite da prezioso mobilio, da una ricca collezione di oggetti d’arte e dai ben 20.000 volumi della biblioteca. Dallo stesso cortile, superando un altro ponticello, ci si inoltra nei giardini alla francese preannunciati dall’esteso bacino artificiale chiuso dalla fontana monumentale del Neptune. Il castello si riflette in queste placide acque, contornate da vialetti che s’inoltrano nel parco di ben 25 ettari tra roseti, alberi maestosi, un aranceto e vasche popolate da pesci: una visita che si può effettuare anche a bordo di un trenino.

L’ampia regione francofona che si estende a sud di Bruxelles è per molti una zona di rapido passaggio verso la capitale del Belgio o la costa del Mare del Nord. E invece la Vallonia ha molto da offrire a chi la percorre con calma, soffermandosi tra i suoi vasti boschi, le campagne punteggiate da pittoresche case contadine, i piccoli villaggi dalla garbata architettura d’epoca, le città d’arte che portano i segni di un glorioso passato. Ne scaturisce un piacevole itinerario che, senza farsi mancare spunti inattesi, permette di scoprire le peculiarità del territorio vallone, le cui caratteristiche sembrano una sorta di antologia del paesaggio dell’Europa centrale. L’organizzazione ricettiva, dal canto suo, offre aree di sosta e campeggi di qualità in strategica posizione: quanto ci vuole per rendere l’invito ancora più interessante.

Seguendo i campanili
Un lungo ma agevole percorso autostradale attraverso la Svizzera e la Francia porta direttamente alla prima tappa: Tournai, la città dei cinque campanili. Il periodo più florido dei suoi duemila anni di storia è magnificamente rappresentato dalla vivacissima Grand-Place, dove lo sguardo corre affascinato sulle colorate facciate e sugli ornamenti dorati dei palazzi d’epoca. La piazza è dominata da due monumenti che l’Unesco ha dichiarato patrimonio mondiale: la maestosa cattedrale di Notre-Dame, contornata da quattro torri campanarie, e il Beffroi, il campanile più antico del Belgio. I portali d’accesso alla chiesa sono abbelliti da sculture di varie epoche, mentre la navata e il transetto sono in stile romanico e il coro in stile gotico. Tra le numerose opere d’arte del tesoro ivi conservato c’è anche il grande sarcofago duecentesco in oro e argento che contiene le reliquie di Sant’Eleuterio, vescovo della città nel V secolo. Poco discosto si eleva il Beffroi, realizzato nel 1188 e sottoposto a continui rifacimenti: nel 1294, in particolare, per la costruzione della cattedrale fu necessario variarne l’altezza portandola dagli iniziali 30 agli attuali 72 metri. Ciò consentì che l’alta torre di guardia, svettando al di sopra del nuovo edificio, potesse continuare ad assolvere il proprio compito di sorveglianza contro i nemici e gli incendi. Oggi è possibile visitare le sale interne, nelle quali è illustrata la storia del monumento, e raggiungerne la cima grazie a una scala di 257 gradini. Sempre sulla Grand-Place affaccia la Halle aux Draps, l’antico mercato dei tessuti, un palazzo rinascimentale il cui prospetto è abbellito da colonne ioniche e da finestre con vetrate istoriate; l’interno è accessibile al pubblico durante le numerose manifestazioni che vi si svolgono. Scendendo infine verso l’Escaut, il fiume che attraversa Tournai, si incontra il Pont des Trous, residua testimonianza dell’architettura militare medioevale, restaurato dopo i bombardamenti che la città subì durante la Seconda Guerra Mondiale.
Dall’uscita 28 della A16, circa 30 chilometri ad est di Tournai, il complesso di Belœil è il primo dei molti castelli che incontreremo lungo il tragitto: fu costruito alla fine del ‘600 su due isole collegate da un ponte. Dal cortile interno una grande scalinata marmorea conduce ai due piani sui quali si aprono le stanze abbellite da prezioso mobilio, da una ricca collezione di oggetti d’arte e dai ben 20.000 volumi della biblioteca. Dallo stesso cortile, superando un altro ponticello, ci si inoltra nei giardini alla francese preannunciati dall’esteso bacino artificiale chiuso dalla fontana monumentale del Neptune. Il castello si riflette in queste placide acque, contornate da vialetti che s’inoltrano nel parco di ben 25 ettari tra roseti, alberi maestosi, un aranceto e vasche popolate da pesci: una visita che si può effettuare anche a bordo di un trenino.

Doudou a tutta birra
La statale N526 conduce in una ventina di chilometri a Mons, famosa per le sue architetture e per la Ducasse, una delle più antiche feste belghe. Anche qui naturalmente c’è una Grand-Place, nella quale risalta lo splendido municipio in stile gotico che racchiude una piccola oasi verde, il Jardin du Maïeur. Risalendo la vicina Rue des Clercs si giunge alla maestosa collegiata gotica di Sainte-Waudru: l’interno ospita meravigliose statue d’alabastro, il reliquiario della santa fondatrice della città e il carro d’oro processionale. Poco distante si trova la torre simbolo della città, unico campanile in stile barocco del Belgio.
Doudou è il nomignolo con cui gli abitanti di Mons chiamano la loro festa, che risale al XIV secolo ed è inserita in un’altra delle liste Unesco, quella dedicata al patrimonio culturale immateriale (al momento sono solo novanta in tutto il mondo le espressioni tradizionali e gli eventi inclusi nell’elenco). La manifestazione, che ha il suo culmine nella domenica della Santissima Trinità – quest’anno il 7 giugno – è caratterizzata da quattro importanti momenti. Il sabato sera nella collegiata avviene la Descente de la Chasse, la discesa della cassa contenente le reliquie della patrona, che vengono consegnate al sindaco. Questa fase è sottolineata dall’aria del doudou, un motivo orecchiabile che viene insistentemente ripetuto durante tutti i festeggiamenti. La domenica mattina si svolge la Procession du Car d’Or: la cassa, posta su un carro trainato da sei robusti cavalli, sfila lungo le strade accompagnata da circa 1.500 figuranti in costume d’epoca che rappresentano una sessantina di confraternite e corporazioni. La processione si conclude con la Montée par le Car d’Or, ovvero il rientro nella collegiata che deve avvenire, secondo la tradizione, con un unico slancio per superare la forte pendenza della strada: un’operazione la cui perfetta riuscita è considerata un favorevole presagio. L’ultima fase, un combattimento detto Lumeçon, è il momento più atteso dall’intera comunità: al centro della Grand-Place, davanti al municipio, viene cosparsa di sabbia una vasta area in cui decine di giovani si sfidano in una sorta di lotta libera nella quale si cerca di atterrare l’avversario e strappargli la maglia, che verrà lanciata tra il pubblico. Ed ecco arrivare dalla collegiata San Giorgio a cavallo del suo destriero, pronto per affrontare il drago: è accompagnato da Diables, Chins-Chins (figure metà uomo e metà cavallo), Hommes-Blancs e Hommes de Feuilles (uomini bianchi e uomini di foglie) e da pompieri e poliziotti in casco bianco o blu. Entrano tutti nell’arena dove San Giorgio, con la lancia e la spada, tenta più volte di colpire il drago che gli sfugge continuamente; intanto il pubblico cerca di afferrare la lunga coda del mostro, gesto che si ritiene porti fortuna. Infine, al ritmo ormai frenetico del canto tradizionale, il drago viene abbattuto. Dato il notevole afflusso di pubblico nel centro storico chiuso al traffico, l’amministrazione ogni anno allestisce numerose aree di parcheggio – segnalate da cartelli con la scritta Dragon Futé – sorvegliate e provviste di servizio navetta gratuito per il centro; ai disabili sono riservati posti in prima fila sui palchi. Com’è ovvio, la manifestazione è invariabilmente accompagnata da abbondanti libagioni a base di birra.
Altra manifestazione del tutto particolare è quella dei Gilles che si svolge il Martedì Grasso nella vicina, graziosa cittadina di Binche. Se il periodo di visita non dovesse coincidere con il Carnevale, i panciuti e curiosi personaggi con occhialini verdi possono essere ammirati nel locale Musée International du Carnaval et du Masque, insieme a una collezione di maschere e costumi carnevaleschi provenienti da tutto il mondo. La Grand-Place, con parcheggi al centro, offre altri motivi d’interesse come il palazzo del municipio col suo Beffroi e, poco lontano, Le Fuseau, un importante atelier di merletti: la titolare è una vera artista del famoso punto di Binche, con il quale crea lavori che le sono valsi numerosi riconoscimenti. Scendendo lungo la Rue Saint-Paul e svoltando su Faubourg Saint-Paul si giunge invece alla Brasserie La Binchoise, dove scoprire le nove fasi di lavorazione delle birre che, tra leggere e ad alta fermentazione, rosse, brune, bionde e speciali, potranno accompagnare un corposo spuntino nell’annessa taverna. A pochi passi dal locale si erge quanto rimane della residenza di Maria d’Ungheria, figlia di Filippo d’Asburgo e sorella di Carlo V, che fu reggente del paese nel XVI secolo: si notano alcune delle ventidue grandi torri cilindriche e parti delle mura che un tempo cingevano l’intero abitato.

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Una storia anche nostra
Percorrendo la N90 si giunge rapidamente a Charleroi, che vanta il titolo di piccola capitale europea del fumetto. Lungo le strade e nelle stazioni del métro ci aspettano i ritratti di famosi personaggi: Spirou il fattorino, Boule e Bill, lo scoiattolo Spip e Lucky Luke, la cui statua equestre si erge spavaldamente nel Parc Reine Astrid. Qui la piazza principale ha un nome ben preciso essendo intitolata a Carlo II, come del resto la città: abbellita da una moderna fontana, vi si affacciano la chiesa di San Cristoforo, con l’altare contornato da un prezioso mosaico dorato realizzato da maestri veneziani, e il monumentale Hôtel de Ville, edificio del 1936 arricchito al suo interno da preziosi marmi, ottoni, legni e sculture in un misto di stile neoclassico e art déco. Di notevole interesse sono la sala consiliare e quella dei matrimoni, mentre altri ambienti accolgono il Musée des Beaux-Arts. La parte posteriore del municipio è affiancata da una torre di vedetta alta 72 metri, con un carillon composto da quarantasette campane che a ogni ora suonano il ritornello dell’inno cittadino.
Entrando in città avevamo notato un impianto per la produzione di carbone, fra le numerose testimonianze dell’economia industriale della zona: nel sobborgo di Marcinelle è possibile visitare il Bois du Cazier, nelle cui miniere persero la vita 262 uomini (tra cui 136 italiani e 95 belgi) a causa di un incendio di immani proporzioni. Spazi museali sono aperti al pubblico per ricordare la tragedia dell’8 agosto 1956, che segnò la fine dell’emigrazione dei nostri connazionali in Belgio.

Villaggi e città
Riprendiamo la N90 che in gran parte segue il corso del Sambre, affluente della Mosa, per una tappa a Floreffe, sede dell’omonima abbazia oggi trasformata in istituto scolastico. La strada d’accesso non è molto larga: conviene fermarsi nel parcheggio sotto le mura (c’è anche un market) e salire a piedi. A metà percorso si incontra la brasserie dell’abbazia, allestita in un antico mulino, dove degustare dell’ottima birra prodotta con i metodi tradizionali dei frati, che ben si accompagna al pane e ai formaggi del territorio. Allo stesso locale è necessario rivolgersi per concordare la visita guidata della chiesa abbaziale, con il suo prezioso coro ligneo e i giardini dal cui belvedere si apprezza un’ampia panoramica sulle anse del fiume.
Decidiamo di virare a sud verso Dinant per poi risalire a Namur, tenendo come riferimento il corso della Mosa. Da Floreffe imbocchiamo la N928 e, dopo aver attraversato il bosco della Haute-Marlagne, raggiungiamo Annevoie per visitarne il celebre giardino. Dagli ampi parcheggi si accede a questo parco di 28 ettari, realizzato nel XVIII secolo e abbellito nel corso dei decenni. Una passeggiata lungo gli incantevoli viali permette di ammirare la simmetria dello stile francese, i contrasti e le fontane dello stile italiano e le architetture vegetali proprie dello stile inglese: una scenografia di ruscelli e cascate sulle pendici di verdi collinette, siepi, statue e piccoli ponti, fino allo spettacolo offerto dal laghetto in cui si riflette il castello. Tra i molti angoli suggestivi ci sono un ampio spazio per i giochi dei bambini, l’area faunistica con animali in libertà e una caffetteria con ristorante.
Restiamo immersi in quest’atmosfera agreste percorrendo la N932 in direzione Denée per poi deviare verso il monastero benedettino di Maredsous, un maestoso edificio neogotico del 1872 in pietra e granito, circondato da un bel parco alberato. Poco prima di giungere a destinazione un antico e caratteristico mulino con la sua grande ruota in legno e le mura in pietra, adagiato in un avvallamento della strada, richiama la nostra attenzione: è il Moulin de Denée, una bella costruzione rurale del XVIII secolo oggi trasformata in una gîte de charme, ovvero una residenza agrituristica.
Finalmente arriviamo a Dinant. Ci rendiamo subito conto che il nucleo urbano, stretto com’è tra il fiume e la montagna, presenta qualche difficoltà per il parcheggio e per la circolazione, complicata dai sensi unici. Conviene pertanto imboccare la Chausée d’Yvoir in direzione Namur e cercare una sistemazione presso l’abbazia di Leffe, che offre qualche possibilità di sosta in più. Di fronte alla chiesa si trova un museo della birra (anche questo è un luogo di produzione rinomato), mentre una passeggiata sul lungofiume condurrà in centro. La presenza di numerosi alberghi, ristoranti e pontili d’imbarco per tour fluviali e gite in kayak denota la vocazione turistica di questa città, la cui immagine più nota è quella della collegiata di Notre-Dame: le grandi vetrate policrome sono considerate le più alte d’Europa, mentre il curioso campanile a bulbo si staglia contro la splendida falesia calcarea dominata dalla Citadelle, fortificata nel 1051. La sommità, raggiungibile anche in teleferica, regala un suggestivo panorama aereo sulla Mosa; nel complesso si può inoltre visitare un interessante museo d’armi. Dinant ha dato i natali a numerose celebrità, soprattutto nel campo delle arti figurative, ma il concittadino più famoso rimane Adolphe Sax, ricordato in strade, piazze e monumenti per aver inventato, nel 1841, il sassofono.
Dopo aver assaggiato i couques de Dinant, biscotti a base di farina di segale e miele la cui consistenza richiede una robusta dentatura, deviamo sulla N94 fino a Celles, romantico borgo che fa parte del circuito dei Plus Beaux Villages de Wallonie, per raggiungere in breve lo Château de Vêves, arroccato su una cresta e preannunciato da cinque splendide torri. Dal piccolo parcheggio antistante si prosegue a piedi fino al cortile interno di questa costruzione militare del XV secolo: il percorso di visita attraversa gli appartamenti sontuosamente arredati con mobili d’epoca e rare porcellane, per terminare nelle cucine che conservano pavimenti e utensili originali.

Lungo la Mosa
Per riattraversare Dinant verso la prossima meta si passa accanto alla Rocher-Bayard, punta rocciosa nata dal taglio della montagna necessario alla realizzazione strada per Yvoir. Il paesaggio è di una dolcezza impareggiabile: a pochi metri scorre il fiume solcato da imbarcazioni piccole e grandi, mentre le case allineate sull’altra sponda si alternano a giardini fioriti e costoni di pietra. Da Yvoir la N937 conduce in una dozzina di chilometri a Spontin: una rapida visita al castello, fortezza medioevale tuttora abitata, per poi proseguire lungo dolci pendii verso Crupet, con belle case sparse e al centro l’antica chiesa di San Martino, accanto alla quale si apre una grotta artificiale dedicata a Sant’Antonio da Padova, costruita dal parroco e dai fedeli nella prima metà del ‘900 e decorata da statue che illustrano, con popolaresca spontaneità, alcuni episodi della vita del santo. Anche in questo villaggio un castello, non visitabile, si riflette nelle acque di un laghetto. Un tempo l’economia del paese era sostenuta dall’utilizzo dei mulini nell’industria della carta; caduta in disuso l’attività molitoria, molti edifici sono stati trasformati in abitazioni private o in strutture ricettive. Tra queste ultime Le Moulin de Ramiers, divenuto un albergo a quattro stelle, merita una sosta per l’offerta gastronomica della sua cucina.
E’ il momento di visitare Namur, capoluogo della Vallonia, situato alla confluenza del Sambre e della Mosa. Uno dei punti più panoramici, all’estremità della penisola che funge da spartiacque tra i due fiumi, è il Port du Grognon, dominato dalla Citadelle. L’Avenue Baron de Moreau si affaccia sul porto turistico, dove è possibile noleggiare barche per minicrociere fluviali, e sulle sei arcate del Pont de Jambes, costruito in pietra. Imboccando la vicina Route Merveilleuse, il cui nome anticipa lo spettacolo che si offrirà ai nostri occhi, si giunge in cima alla roccaforte, la cui prima fondazione risale al IX secolo: dopo alterne dominazioni la struttura venne rinforzata nel 1692, a seguito della conquista di Namur da parte del sovrano francese Luigi XIV, il Re Sole. Vauban, il celebre ingegnere militare, vi creò un’immensa rete di gallerie che più tardi Napoleone avrebbe definito “il termitaio d’Europa”. Dall’ampio parcheggio accanto allo stadio numerosi viali attraversano il parco circostante, con terrazze che si affacciano sulla parte antica della città, caratterizzata dal campanile della cattedrale di Saint-Auban. Continuando a seguire la Route Merveilleuse si scende dall’altro lato del campo sportivo, per poi risalire verso il castello di Namur oggi convertito in un albergo circondato da uno splendido giardino. Prima di chiudere il nostro viaggio, alcuni dépliant che avevamo trovato in un ufficio turistico ci inducono a compiere un’ultima sosta, che si rivelerà pienamente all’altezza delle promesse. Da Namur, presa l’autostrada A15 in direzione Liegi (ma chi vuole può proseguire lungo la Mosa attraversando Andenne e Huy), si esce a Villers-le-Bouillet per visitare, nei pressi di Amay, lo Château de Jehay. Potenti getti d’acqua si infrangono sulla superficie di un lago nel quale sembra galleggiare l’imponente mole turrita, le cui mura sono costellate da tasselli in pietra bianca che creano un curioso effetto a scacchi. Le nove sale visitabili sono doviziosamente arredate con mobili settecenteschi, porcellane cinesi, argenterie, merletti, quadri e sculture; nella biblioteca sono ammirano un camino in ferro forgiato e un clavicembalo del 1780. L’incanto prosegue negli immensi giardini, raggiungibili attraverso un ponte a cinque arcate, mentre il grande viale centrale è affiancato da cascatelle che scivolano dolcemente su gradini ornati da grandi statue bronzee di ninfe. Sentieri che si snodano tra le siepi, artisticamente potate, conducono ad aree di relax nelle quali ci si trattiene volentieri ad osservare la vegetazione, che forma una sorta di parco letterario: ai piedi di ogni albero, infatti, un cartello riporta una frase di uno scrittore o di un poeta. Visite guidate e un ricco programma di spettacoli musicali, pirotecnici e notturni con giochi di luci rendono il castello di Jehay una tappa da non mancare. Circondati dal verde, al cospetto di questa suggestiva testimonianza della storia, per il nostro viaggio non ci potrebbe essere miglior conclusione.

Testo e foto di Emilio Dati

PleinAir 442 – Maggio 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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