La settimana verde

Tutti insieme in canoa sul Tevere per un'avventura da vero pleinair: dal cuore dell'Umbria alle porte di Roma, sette giorni di pagaiate e campeggio nautico tra aree protette e borghi storici, fino all'arrivo nella Capitale sotto le arcate dello storico Ponte Milvio.

Indice dell'itinerario

Montate le canoe e rifornite di viveri, alle undici si iniziava la navigazione con la prima fermata per la colazione al sacco. La fermata a sera, con attendamento, avveniva presso Stimigliano. Il mattino seguente, levate le tende, fu ripresa la lieta navigazione, spesso facendo pacchi, quando la larghezza del fiume lo permetteva. Pacco significa affiancare le canoe mettendone alcune in senso inverso e fissandole con le pagaie messe di traverso a formare un’unica zattera, per lasciarsi portare dalla corrente tutti insieme allegramente”. Così Roberto degli Uberti presentava nel 1939, sulla rivista Le vie d’Italia, la prima crociera fluviale in canoa da Orte a Roma, che contò 21 partecipanti. “E ora ci auguriamo che l’esempio sia seguito e che le acque e le rive del Tevere e di tanti altri fiumi e canali d’Italia vedano comitive sempre più numerose di questi turisti nautici”.
Così è stato, anche se si è dovuta aspettare la fine degli anni Settanta per rendere l’appuntamento tiberino una ricorrenza fissa. Per la ventiseiesima edizione, nell’ormai tradizionale settimana dal 25 aprile al 1° maggio, è prevista la partecipazione di almeno un centinaio di sportivi tra veterani e canoisti alle prime esperienze; e non si tratta solo di italiani, perché quella che oggi porta il nome di Discesa Internazionale del Tevere richiama numerosi appassionati anche dall’estero, in particolare tedeschi e svizzeri. Lo spirito è sportivo ma non agonistico, e per tutti – da quelli con i capelli bianchi ai giovanissimi, dai gruppi di amici alle famiglie con bambini – la canoa è il mezzo per vivere in amicizia questa entusiasmante esperienza e avvicinarsi secondo natura all’ambiente silenzioso e magico del fiume. Con un minimo di accortezza e di preparazione, è possibile inoltre percorrere l’itinerario anche organizzandosi per conto proprio.

Sette giorni sul fiume La partenza – a meno di non voler effettuare la prediscesa da Sansepolcro, in Toscana – avviene dal Canoa Club di Città di Castello, sul tratto umbro del Tevere che qui è ben incorniciato da pioppi, salici e ontani. Le canoe vengono messe in acqua a valle o, per chi desidera provare le prime emozioni, a monte della briglia davanti al circolo; più avanti si incontrano altre due briglie con acqua bassa e sassosa, e chi ha canoe canadesi o in vetroresina è preferibile si imbarchi a valle della vecchia canonica, a circa un chilometro dalla partenza. Qui la vegetazione è molto ricca, e da un momento all’altro potreste avvistare il guizzo di un martin pescatore o la sagoma dell’airone cenerino intento a pescare.
Fino a Umbertide non ci sono particolari difficoltà tranne un paio di piccoli salti dopo metà percorso, ma bisogna fare attenzione alla presenza di alberi caduti in mezzo al fiume: possono costituire un problema per chi sceglie di effettuare la discesa in solitario, non potendo usufruire delle ricognizioni che vengono effettuate per segnalare o eliminare gli ostacoli. Prima dell’arrivo in paese si trova una briglia con buone portate d’acqua, che provoca un rullo in grado di trattenere: si sbarca appena prima di incontrarla e poi si rientra in acqua a Umbertide, a monte dei due ponti – stradale e ferroviario – all’inizio del paese.
Appena ripartiti si affronta un lungo ghiaione con acqua bassa e veloce, e un paio di chilometri dopo ecco la rapida della Vecchia Mola che di difficile presenta solo l’ingresso in curva e alcune onde. Se non si ha molta esperienza è bene pagaiare in compagnia di altri canoisti, anche perché con le piogge le condizioni del fiume cambiano da un giorno all’altro e si possono incontrare ostacoli non previsti. Fino a Ponte Pattoli si procede abbastanza agevolmente, poi il fiume diventa più vivace e può mettere in crisi chi è alle prime armi; gli esperti segnalano di prestare particolare attenzione alla grossa briglia appena dopo Ponte Felcino, superabile solo sull’estrema sinistra mediante uno scivolo, ma i possessori di canoe canadesi o in vetroresina faranno bene a trasbordare.
Pagaiamo ora all’interno del parco urbano fluviale di Perugia dove la vegetazione si fa davvero esuberante con acque color oliva, alberi di notevoli dimensioni e il canto incessante dell’usignolo di fiume: nulla fa pensare che ci troviamo in un’area industriale e in prossimità del capoluogo umbro. Lo sbarco è circa 5 chilometri avanti, appena prima del cavalcavia ferroviario di Ponte San Giovanni.
Nei due tratti successivi, che scendono sino a Fratta Todina con sosta a Sant’Angelo di Celle, non sono presenti particolari difficoltà di tragitto, ad esclusione del passaggio sotto il ponte di Torgiano che va affrontato solo in compagnia di esperti; anche in questo caso i più insicuri potranno comunque trasbordare e rientrare in acqua più a valle.Uno dei tratti più suggestivi è quello verso il lago di Corbara, dove il Tevere sembra esprimere al meglio tutte le tonalità di verde che lo caratterizzano. Dopo Fratta Todina, per i primi 2 o 3 chilometri l’acqua è molto calma ma poi, passati sotto il ponte della strada per Todi, si arriva allo sbarramento di Monte Molino. In questo caso le indicazioni sono categoriche: tenersi assolutamente sulla destra per una cinquantina di metri onde evitare le griglie di presa sul lato sinistro e non saltare lo sbarramento, alto un paio di metri, perché la parte finale dello scivolo è piena di sassi e macigni; è meglio anche non passare sullo scivolo di risalita per i pesci. Dopo questo ostacolo il fiume corre veloce in un paesaggio ancora allo stato naturale, con enormi ontani che gettano le loro radici nell’acqua per alcuni chilometri. Fino a Pontecuti il corso d’acqua è abbastanza lento, tanto da essere chiamato Tever morto : le gole del Forello sono un ottimo punto per osservare, binocolo alla mano, la fitta macchia sulle pareti rocciose e, con un po’ di fortuna, il volo di qualche rapace.
Si entra poi nel lago di Corbara, un vasto specchio d’acqua che appare di un bel verde smeraldino: se il livello del bacino è basso, appena dopo il ponte di Pontecuti si forma una grossa rapida senza rischi di urti, ad eccezione delle canadesi che possono imbarcare acqua e per questo devono prestare attenzione a non rigirarsi alla fine della rapida. Avviandosi verso il lago la corrente si ferma quasi completamente, e si può consumare uno spuntino fermandosi al centro dello specchio dove lo spettacolo della natura ripaga ampiamente della fatica. Siamo nel Parco Fluviale del Tevere, che comprende anche le citate gole del Forello e la nostra prossima meta, il lago di Alviano, che con i suoi 900 ettari è una delle più grandi oasi del WWF. Tra un colpo di pagaia e l’altro si può ammirare uno dei più estesi boschi igrofili appenninici e veder spuntare uno svasso o un falco di palude: questo è uno dei tratti più ricchi di fauna acquatica, in cui il fiume scorre tranquillo mentre l’ampio paesaggio va a restringersi in prossimità delle colline tufacee che annunciano Orte.
A questo punto (ma il programma, a seconda delle edizioni, può subire qualche lieve cambiamento) si torna in auto o in camper e si prende l’Autosole per uscire a Ponzano Romano-Monte Soratte, scendendo nuovamente in acqua in località Porto Vecchio sotto Ponzano Romano, dove si trova una rustica trattoria sul fiume con annessa scuderia. Il percorso è del tutto privo di difficoltà e particolarmente affascinante per il dolcissimo paesaggio e gli ampi spazi. Lo sbarco ha luogo all’interno dell’area protetta di Nazzano Tevere Farfa: è la prima riserva regionale d’Italia, istituita nel 1979, con due interessanti sentieri che corrono lungo la sponda e numerosi capanni e torrette di osservazione per il birdwatching. Anche qui lo splendido ambiente naturale, come nel caso di Corbara e Alviano, è il frutto di una diga costruita per produrre energia elettrica. In questo tratto il fiume si presenta ormai ampio e maestoso, e tale rimane fino all’arrivo nella Capitale.
L’ultima tappa, dalla diga di Castel Giubileo a Ponte Milvio, attraversa un tratto urbano che a dispetto dell’inquinamento è paesaggisticamente tra i più belli di tutto il percorso. Si caratterizza per la folta vegetazione delle sponde con enormi pioppi, salici e ontani tra cui volano aironi e numerosi cormorani: è facile vederli sostare con le ali aperte ad asciugare o tuffarsi a pescare appena scorgono la vostra canoa. Una presenza curiosa è quella delle tartarughe acquatiche americane, che si rosolano al sole sui tronchi come se si trovassero nelle paludi della Florida.
Sono in molti ad unirsi alla pagaiata finale: l’ingresso in città a mezzogiorno è un momento attesissimo, con il passaggio delle rapide sotto Ponte Milvio dove ogni anno sono centinaia coloro che accolgono i canoisti: non potrebbe esserci luogo migliore a ricevere il pacifico esercito degli amanti del Tevere. Lo sbarco è sulla sinistra subito dopo Ponte Mollo – come lo chiamano i romani – presso il Dopolavoro dell’Atac (l’azienda dei trasporti pubblici capitolini) che tutti gli anni ospita i canoisti per la festa conclusiva della Discesa.
Chi effettuasse il percorso per conto proprio può invece superare Ponte Duca d’Aosta e proseguire attraverso la città oppure sbarcare sulla destra in corrispondenza dell’ormeggio dei battelli pubblici o, ancora, sulla sinistra dove si trova una bella spiaggetta alberata. Più avanti si incontra l’Oasi Urbana del Tevere del WWF, poi i muraglioni hanno la meglio sulla vegetazione: in compenso il panorama architettonico – con il Palazzo di Giustizia, Castel Sant’Angelo, San Pietro e Ponte Sisto – invita a pagaiare fino all’altezza di Ponte Garibaldi, quando ormai si scorge l’Isola Tiberina. Mancano poche centinaia di metri a delle pericolosissime rapide, situate appena dopo il capolinea dei battelli pubblici: converrà dunque fermarsi qui e salutare le acque del Tevere fino alla prossima avventura.

PleinAir 392 – marzo 2005

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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