La Puglia di pietra

Vi guidiamo per primi alla scoperta della grande area protetta istituita la scorsa primavera: un viaggio in camper tra storia e natura, castelli e cattedrali, boschi e doline, da godersi fuoristagione esplorando campagne solitarie e i vivaci salotti dei centri storici.

Indice dell'itinerario

E’ il parco dell’imperatore Federico II e del suo più sublime castello. E’ il parco della pietra, quella dei trulli, dei muretti a secco e delle doline colossali. Ed è pure il più nuovo, ultimo arrivato dell’Italia protetta, visto che il decreto istitutivo è fresco di stampa sulla Gazzetta Ufficiale. Ormai è nato, il Parco Nazionale dell’Alta Murgia, il ventitreesimo del Bel Paese, e noi ci siamo subito andati – anzi, ritornati – per raccontare in anteprima ai lettori di PleinAir quest’angolo incantato di Puglia.
Castel del Monte, l’elegante fortezza federiciana che domina dall’alto di un colle il settore nord-occidentale dell’area protetta, ne è certamente il luogo più celebre. I centri storici, preziosi esempi di insediamenti mediterranei, contengono altri capolavori d’architettura di cui le cattedrali romaniche di Altamura, Ruvo di Puglia, Bitonto sono solo gli esempi più noti. Ma è soprattutto dal punto di vista paesaggistico e naturalistico che l’Alta Murgia è uno dei luoghi più singolari dello Stivale. Si estende qui, infatti, la steppa più vasta d’Italia: migliaia di ettari di altopiano scandito dalle antiche masserie, dagli jazzi dei pastori, ma anche da spettacolari cavità carsiche (come il Pulo di Altamura e il non lontano Pulicchio, rivestito da un bosco), inghiottitoi e grotte. E poi 1.500 specie vegetali, insieme a una fauna ancora di prim’ordine la cui presenza è non di rado intimamente legata a quella dell’uomo nella campagna: capovaccai, galline prataiole, falchi grillai (con la più importante popolazione d’Europa, più di 10.000 esemplari all’ultimo censimento); non mancano neppure gatti selvatici, lanari, occhioni e diverse varietà di rettili tra cui il raro colubro leopardino.
Per la visita di quest’ambiente così singolare una stagione va scartata senza indugi, ed è l’estate: le elevate temperature unite alla scarsità delle zone ombreggiate trasformerebbero presto una lenta e paziente esplorazione – così dovrebbe essere la visita ideale al parco – in una fuga precipitosa verso il mare. Nel resto dell’anno la Murgia è invece un orizzonte da scoprire, davvero un mondo a parte dove la tutela può avviare una valorizzazione del territorio che finora ha visto esordi ed esiti almeno balbettanti. Ci sono risorse uniche da far conoscere, come l’Uomo di Altamura e la cava dei dinosauri. C’è un’accoglienza a un turismo culturale e naturalistico di qualità ancora da inventare. Ci sono una cura e un rispetto della propria terra che devono crescere. Anche se frutto di compromessi, ora esiste un’area protetta: è facile profetizzare un avvio non facile, ci vorrà tempo, ma la scelta è stata fatta e il futuro della solitaria Murgia non sarà solo nei poligoni militari e nelle cave di pietra. Sarà migliore.

Il castello di Federico
Per buona parte dei turisti (gli altri ci scuseranno, sapendo però benissimo dove dirigersi) la Murgia barese si raggiunge con l’autostrada A14 Bologna-Taranto. Dall’uscita di Canosa, appena più a sud dell’innesto con la A16 Napoli-Bari, una deviazione bene in vista lungo la statale 98 per Andria porta in pochi chilometri a Minervino Murge, porta occidentale del parco. Situata su due colline, alta sulla piana del Vulture, la cittadina si è guadagnata il titolo di balcone delle Puglie per via dei panorami che offre. Nel centro storico – curiosamente chiamato scesciola, alle spalle della cattedrale – è piacevole curiosare tra i vicoli e le scalinate, con bei colpi d’occhio su chiese, palazzi e una singolare torre quattrocentesca. Venti chilometri più a sud c’è Spinazzola: poco prima dell’abitato, sul ciglio del costone murgiano, singolari attrazioni del paesaggio sono i canyon rossastri delle cave di bauxite e lo spuntone roccioso del castello del Garagnone, antica fortezza sulla sommità di un colle, oggi ridotta a poche mura. Ma ben altra visione attende poco distante.Il più famoso e il più enigmatico tra i castelli del Mezzogiorno e forse d’Italia, Castel del Monte, si profila con la sua inconfondibile silhouette molto prima di parcheggiare il camper ai suoi piedi. Capolavoro dell’architettura sveva, che la tradizione vuole progettato dallo stesso imperatore Federico II, venne eretto nel Duecento in forme rigorosamente ottagonali (ogni lato misura 16 metri e mezzo), con otto torrioni di identica sagoma innestati agli spigoli. La visita non prende molto tempo poiché le stanze, distribuite su due piani e naturalmente in numero di otto, sono tutte uguali e prive di qualunque forma di arredo; peccato che i terrazzi sommitali non siano accessibili.
Ripresa la statale 170 e seguendo le indicazioni per Bari, poco oltre il quadrivio per l’importante centro agricolo di Corato si arriva a Ruvo di Puglia. Gioiello della cittadina, a parte l’interessante Museo Jatta e la sua ricchissima collezione di ceramiche, è la cattedrale romanica: bellissima la facciata e non meno grandioso l’interno, a tre navate con soffitto ligneo in quella centrale e cripta affrescata. L’orientamento della chiesa secondo l’antica liturgia, con la facciata rivolta a ponente e l’abside a levante, assicura l’ingresso dei primi raggi solari a illuminare il Crocefisso sull’altare maggiore.

Tra jazzi e gravine
Da Ruvo, una bella strada diritta scende verso Altamura. Nella campagna iniziano a vedersi le masserie e gli jazzi, semplici costruzioni rurali destinate all’allevamento ovino: sono questi infatti i territori in cui a partire dal Quattrocento, con la nascita della cosiddetta Dogana della Mena delle pecore di Puglia, il paesaggio murgiano si arricchisce di segni d’insediamento in parte utilizzati ancora oggi. Gli jazzi sono formati da un ampio recinto di muri a secco suddiviso in scomparti, da stalle e semplici ricoveri per i pastori; spesso sono dotati di un mungituro formato da una costruzione centrale e da due recinti, generalmente circolari, ai lati. Qui abbondano pure le masserie fortificate: tra Cinque e Seicento molte di esse vennero munite di torri merlate e mura con funzione difensiva, per fronteggiare i disordini che a più riprese interessavano le campagne.
Circa a metà strada, una deviazione sulla destra porta in breve alla statale 378. Svoltando di nuovo a destra in direzione di Corato, sulla sinistra si apre una vasta voragine rivestita da una giovane pineta: è la dolina del Pulicchio, tra i fenomeni carsici più rilevanti del parco. Il cratere e l’area circostante, per una superficie di 1.000 ettari, sono stati interessati da un rimboschimento a pino d’Aleppo a partire dagli anni Sessanta. Poco distante si trova – accessibile solo agli speleologi – l’ingresso a una delle voragini più profonde del Mezzogiorno e cioè la grava di Farauàll, profonda oltre 300 metri.
Ripresa la statale in direzione Gravina e passato il bivio per Altamura, quando la strada scende tra i pini dal costone murgiano si possono ammirare a destra i muri a secco del bellissimo Jazzo Pantano (o Pellicciari) e poco lontano, in pianura, l’imponente struttura della masseria omonima.Quanto a Gravina in Puglia, è tra i centri più interessanti del parco e merita una visita non frettolosa. Il toponimo ricalca il nome di quei canyon scavati nella roccia calcarea dalle acque, spesso lungo fessure generate da movimenti tettonici (come pure a Matera, Vinosa, Massafra): qui l’abitato sorge sul fianco sinistro e orientale del crepaccio – se ne ha una bella visione dal viadotto che lo scavalca – di aperture e grotte, alcune usate dai tempi preistorici sino a tutto il Settecento. Specialmente nel Medioevo vi fiorì la cosiddetta civiltà rupestre coi suoi santuari, le chiese scavate nella roccia, gli insediamenti monacali: da non perdere è San Michele, già chiesa madre della città, che ancora oggi si presenta con cinque navate intercomunicanti suddivise da 14 pilastri, con tracce di affreschi (si raggiunge scendendo la scalinata dalla centrale Piazza Pellicciari, alla fine della villa comunale, dopo aver preso accordi per la visita in cattedrale). Nel bianco e bellissimo centro storico affacciato sulla gravina sono poi da vedere lo stesso duomo, diverse altre chiese, palazzi e soprattutto il Museo Pomarici Santomasi, con la ricostruzione della cripta rupestre di San Vito Vecchio (bellissimi gli affreschi in stile bizantino). Altre collezioni sono i reperti archeologici del Museo Civico, gli oggetti provenienti dalle chiese dei dintorni esposti nel Museo Capitolare e la raccolta privata del Museo Etnografico.
Isolato su un colle a nord del centro, ormai in ruderi, sorge il castello federiciano; a ovest della città si trova invece il parco archeologico di Botromagno con tombe a semicamera del V secolo a.C. e lungo il torrente Gravina, nell’area detta del Padre Eterno, sepolture a fossa a partire dal VII secolo a.C. (al momento in cui scriviamo le visite sono interdette per un sequestro giudiziario in corso). Più a sud, invece, alcune stradine secondarie che si diramano dalla statale 96 per Irsina attraversano il bel bosco Difesa Grande, verde di querce e caratterizzato dalla presenza di sorgenti perenni come il Canale dell’Annunziata.

La capitale del parco
Solo una dozzina di chilometri separano Gravina da Altamura, e l’arrivo nel centro maggiore della nuova area protetta è reso non poco stonato dal profluvio di circonvallazioni, rotatorie e moderne zone residenziali. Riusciti finalmente a parcheggiare il camper ed entrati a piedi nella parte vecchia, di forma circolare, si scoprirà invece un’altra cittadina di grande interesse e bellezza, tutta raccolta ai piedi della sua splendida cattedrale: eretta a partire dal 1232 da Federico II contemporaneamente alla fondazione della città, venne ricostruita in parte nel secolo successivo dopo un rovinoso terremoto. La facciata, con due massicci campanili aggiunti nel Cinquecento, s’impone per l’elegante rosone trecentesco a 15 raggi e il superbo portale tra due leoni (quello di sinistra rappresenta il potere spirituale, quello di destra il potere temporale) che reca scolpita nell’architrave anche una notevole Ultima Cena. Sul fianco destro è la Porta Angioina, con decorazione a zig-zag; l’interno a tre navate conserva l’impianto originario. Dalla piazza partono diversi vicoli stretti e tortuosi talvolta terminanti nei claustri, piccoli cortili raccolti tra le abitazioni popolari di cui costituiscono caratteristici quanto conviviali spazi comuni: nella città vecchia ne sono stati contati circa 200.
Chiese, palazzi, il Museo Civico e il Museo Etnografico (quest’ultimo attualmente chiuso), il mercato ortofrutticolo, i resti delle mura megalitiche costituiscono altrettanti motivi d’interesse. Da non perdere è poi il Museo Archeologico nazionale, appena fuori dal centro: su due piani, pur con un allestimento modesto, espone reperti di valore provenienti dal territorio e offre un breve percorso con fotografie e un pannello esplicativo dedicato all’Uomo di Altamura, la scoperta paleontologica che ha portato la cittadina pugliese alla ribalta scientifica mondiale. E’ data invece per imminente l’apertura del centro multimediale realizzato sopra la grotta di Lamalunga dove, nell’ottobre 1993, vennero rinvenute da alcuni speleologi le ossa di quell’ominide vissuto circa 200.000 anni fa, gli unici resti di scheletro umano integro del Paleolitico inferiore-medio.Altra emozione negata, almeno per ora, è quella della visione delle orme dei dinosauri scoperte nella primavera del 1999 in una cava in località Pontrelli, alla periferia della città (vedi PleinAir n. 343, febbraio 2001). Si tratta di migliaia di impronte lasciate da almeno cinque diverse specie degli antichi rettili su un paleosuolo di durissimo calcare risalente al Cretacico superiore – circa 65.000 anni fa – che, per concentrazione e stato di conservazione, è considerato unico al mondo. Purtroppo le visite alla cava non sono più possibili per volontà del proprietario, che ha comunque ricevuto la notifica del vincolo apposto dalla locale Soprintendenza.
Poco a nord del centro cittadino, in una campagna lievemente ondulata che ne nasconde fino all’ultimo l’apertura, c’è lo spettacolo paesaggistico più sorprendente del parco. E’ la dolina del Pulo di Altamura, forse la più grande d’Italia, una vista mozzafiato con dimensioni davvero da record: 550 metri di diametro massimo, 90 di profondità e 1.800 di perimetro. Sul ripido fianco settentrionale della conca, di forma pressoché circolare, si aprono numerose grotte che hanno restituito oggetti litici come accette, punte di frecce, lame e ciottoli incisi. Il fondo, piatto e quasi privo di vegetazione come il resto della dolina (ma non mancano, purtroppo, alcune carcasse d’auto), è facilmente raggiungibile seguendo un viottolo che scende in obliquo dal bordo orientale. Frequentano il sito specie anche rare di uccelli, come il falco lanario e il corvo imperiale.

Profumo d’extravergine
Tornati ad Altamura (senza dimenticare di acquistare una forma del rinomato pane locale che si fregia del marchio DOP), seguendo le indicazioni per Cassano si attraversa la Foresta Mercadante. Si tratta di una pineta artificiale di circa 1.300 ettari, piantata negli anni Trenta per frenare il dissesto idrogeologico e che successivamente ha assunto un rilievo soprattutto dal punto di vista turistico locale. Grazie ad alcune stradine minori asfaltate, si può attraversare in camper sostando in una delle numerose aree picnic o presso la stazione forestale, dove si trovano alcuni recinti faunistici con daini e cinghiali.
Cassano delle Murge, al centro di un territorio ancora ricco di grotte e cavità carsiche, si segnala in particolare per la presenza di numerosi agriturismi nelle sue campagne (uno di questi, la Masseria Ruotolo, è stato il comodo campo base per le nostre esplorazioni del territorio del parco). Diffusi pure, in questo estremo settore orientale dell’area protetta, i caratteristici trulli che si infittiscono man mano che ci si avvicina alla Val d’Itria e ai centri di Gioia del Colle e Alberobello.
Ora si risale verso la costa adriatica proseguendo per Grumo Appula, Palo del Colle e quindi Bitonto. Ad attenderci qui c’è l’ennesima, bellissima cattedrale (un’altra che merita di essere vista è nella vicina Bitetto) considerata la più matura espressione del romanico pugliese. Dichiaratamente ispirata a San Nicola di Bari, venne eretta nella seconda metà del Duecento e alla facciata tripartita affianca un coevo campanile a bifore, rifatto in tempi recenti. L’interno conserva il magnifico ambone del 1229 firmato da tal Nicolaus sacerdos et magister, tra i capolavori della scultura medioevale pugliese. Nel centro storico vanno visitati pure il cinquecentesco palazzo Sylos Labini, la chiesa gotica di San Francesco d’Assisi, l’abbazia di San Leo con attiguo chiostro e la singolare chiesa del Purgatorio con scheletri in rilievo che decorano il portale.
Questa è anche una delle capitali dell’olio, l’extravergine di oliva Cima di Bitonto, riconosciuto dal marchio DOP e caratterizzato da un gusto dolce con sentore di mandorla. Tra i ricordi di viaggio da riportare a casa ci sta pure qualche bottiglia da riporre nel gavone del camper, poi è di nuovo il tempo dell’autostrada. Arrivederci, Alta Murgia.

PleinAir 386 – settembre 2004

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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