La prima Petra

Un percorso antologico fra le pagine della storia della Giordania, scegliendo come punto d'arrivo la celeberrima città dei Nabatei dopo essersi inoltrati fra i resti di Gerasa, il centro di Amman sospeso fra tradizione e modernità, le benefiche acque del Mar Morto, i castelli dell'est. E una serie di oasi naturalistiche ricche di fauna protetta, in cui praticare l'escursionismo attraverso paesaggi di incredibile fascino.

Indice dell'itinerario

Dai templi di Petra nascosti nelle pieghe della roccia ai castelli dei califfi Omayyadi, dalle rovine romane di Jerash al Monte Nebo che, secondo la tradizione, ospita la tomba di Mosè. Estesa poco meno di un terzo dell’Italia, la Giordania accoglie in sé le radici della cultura mediterranea, tracce degli Assiri, degli Egizi, dei Babilonesi, dei Greci, dei Romani, degli Arabi. Alle vestigia del passato si mescolano inaspettate oasi protette abitate da stambecchi, orici e reems, le gazzelle arabe, per non dire di quella meraviglia della natura che è il Mar Morto, con le sue acque curative sature di sali preziosi. Uno scenario antico e splendido, che costituisce un richiamo irresistibile per il viaggiatore autentico.

Verso la capitale
Poche decine di chilometri separano la frontiera con la Siria da Jerash o Gerasa, sulle colline settentrionali di Gilead. La scoperta del paese può iniziare proprio con la visita di questo sito archeologico, soprannominato la Pompei d’Oriente per l’abbondanza e la varietà di reperti archeologici. Divenuta grandiosa e prospera durante l’occupazione romana, Jerash fece parte della Decapolis, una potente confederazione di dieci città greco-romane legate da significativi interessi commerciali. Oltrepassato il poderoso Arco di Trionfo, eretto nell’anno 129 in onore dell’Imperatore Adriano, si scoprono i templi di Zeus e di Artemide, la piazza ovale, i lunghi colonnati e i due teatri dall’acustica eccezionale. Qui ogni estate, a cavallo tra luglio e agosto, si tiene il Jerash Festival: due settimane di concerti, danze, folklore e spettacoli con artisti provenienti da ogni parte del mondo.
I segni del dominio romano sono evidenti anche ad Amman, la capitale, che si trova una quarantina di chilometri più a sud. L’antica Filadelfia, un tempo estesa su sette colli come Roma, oggi ha quasi triplicato la sua superficie, come mostrano gli innumerevoli palazzi di pietra abitati da circa 3 milioni di persone. Oltre al teatro romano del II secolo, meritano una visita la cittadella (antica sede della biblica Rabath Ammon, capitale del regno degli Ammoniti nel 1200 a.C.), il tempio di Ercole e la recente moschea del re Abdullah, oltre al National Archaeological Museum di fronte al quale si trovano buone possibilità di parcheggio. Da notare che spostarsi con un veicolo privato all’interno della città non è semplice, soprattutto perché non sempre i nomi delle vie corrispondono a quelli usati abitualmente. Una passeggiata in centro permetterà di scoprire le botteghe delle spezie, i negozi di gioielli tradizionali, le fumerie e i bar dove gli uomini s’incontrano per bere il tè e per giocare a backgammon o a scacchi, ma non mancano vie dall’aspetto più moderno con alberghi eleganti, ristoranti raffinati e negozi alla moda.

Fortezze dell’est
Meritano a questo punto una lunga deviazione alcuni singolari castelli, perlopiù voluti dai califfi della prima dinastia omayyade tra il VII e l’VIII secolo. Per raggiungerli (a meno di non servirsi delle gite organizzate che durano una giornata, con partenza dalla città) bisogna uscire da Amman e imboccare la Highway 40 diretta ad oriente: dopo circa 60 chilometri, sulla destra, si giunge in vista del primo di essi, il Qasar al Harrana. Questa poderosa fortezza a base quadrata, che secondo alcuni non fu costruita a scopi militari bensì per fungere da caravanserraglio, si articola su due piani e comprende quattro torri angolari.
Continuando lungo la strada principale, dopo pochi chilometri s’incontra il castello di Amra, eretto nel 711 dal califfo Valid I. Dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità, conserva preziosi affreschi raffiguranti scene di vita quotidiana, danzatori, donne, bambini e, tra le opere più interessanti, la volta celeste dipinta sul soffitto del calidarium.
Continuando verso est lungo la strada 40 si arriva ad Azraq, con l’omonimo castello di basalto e una preziosa area umida con paludi che sino a cinquant’anni fa si estendevano per circa 10 chilometri quadrati, oggi ridottisi drammaticamente a causa di prelievi eccessivi. Negli ultimi anni, fortunatamente, sono stati avviati dei progetti per tutelare e riportare in vita l’oasi naturalistica, che rappresenta un importante punto di transito per varie specie di uccelli migratori in viaggio tra il Medio Oriente e l’Africa.
Dodici chilometri a sud di Azraq vale una tappa anche la riserva naturale di Shaumari, istituita nel 1975 per reintrodurre nella regione animali a rischio di estinzione (come gli orici, sorta di antilopi di grandi dimensioni), e popolata da struzzi dal collo blu, gazzelle e onagri.

Dal monte al mare
Dalla capitale il viaggio riprende brevemente verso sud lungo la statale 35 fino a Madaba. Abitata da almeno quattromilacinquecento anni, la città è famosa per i suoi mosaici il più celebre dei quali, nella chiesa ortodossa di San Giorgio, è datato intorno al 560 e raffigura una mappa bizantina di Gerusalemme e di altri luoghi biblici: un’opera grandiosa, originariamente composta da più di due milioni di tessere. Da non perdere inoltre la visita dell’Archaeological Park, con le chiese dedicate alla Vergine e al profeta Elia e la Sala d’Ippolito.
Dal Visitor Centre di Madaba si imbocca la Palestine Street e si seguono le indicazioni per Siyagha, il Monte Nebo, situato circa 10 chilometri ad ovest. Secondo la tradizione, in questo luogo morì e fu sepolto Mosè, e all’interno della chiesa dedicata al profeta si possono ammirare splendidi mosaici con scene di caccia, mentre dall’esterno lo sguardo si spinge fino al Mar Morto e a Gerusalemme.
Dal Monte Nebo una secondaria molto panoramica ma anche assai tortuosa raggiunge la strada 65, che scende verso il Mar Morto per costeggiarne la sponda orientale. Il grande lago salato, che colma una depressione a 400 metri sotto il livello del mare, è lungo più di 70 chilometri e largo 15. Oggi schiere di turisti si concedono un bagno rilassante e rigenerante nelle sue acque sature di sali minerali: il calcio pulisce la pelle dalle impurità, il bromo rilassa, il magnesio ha un effetto antiallergico, mentre i fanghi neri sono indicati per curare la psoriasi, l’acne e molte altre affezioni della pelle.
Imbocchiamo ora la statale 65 in direzione di Aqaba fino al Mujib Bridge, circa 30 chilometri a sud di Suwayma. Qui si incontrano le indicazioni per la riserva naturale di Mujib, che offre un approdo nel campeggio annesso. Queste brulle montagne sono ancora abitate dallo stambecco della Nubia, una specie di ungulato a rischio di estinzione che qui è protagonista di un progetto di tutela e ripopolamento. Accompagnati da guide locali si possono effettuare molte escursioni di varia lunghezza e difficoltà: la più famosa, che richiede diverse ore di cammino ed è riservata agli escursionisti allenati, s’insinua negli affascinanti meandri del Mujib Canyon.
Da consigliare agli amanti del trekking anche la riserva naturale di Dana che si raggiunge percorrendo la statale 65 fino a Potash City, deviando sulla 50 fino ad Al Karak e poi continuando verso sud lungo la 35. Dopo l’abitato di Tafila s’incontra sulla destra la deviazione per il Tower Centre e il Dana Camp (ma quest’ultimo accoglie esclusivamente ospiti in tenda e si raggiunge solo con un apposito bus navetta dal parcheggio). Punto di partenza per le escursioni è il villaggio di Dana, del XV secolo, con le sue case di pietra, i soffitti a volte e le terrazze da cui si offre una vista strepitosa. Qui sorgono anche il centro visitatori e la sede amministrativa dell’area protetta, che si estende per ben 300 chilometri quadrati e comprende aree con ambienti e caratteristiche climatiche completamente diverse, dal deserto alla macchia mediterranea. Nella riserva sono state censite circa duecento specie di uccelli e trentasette di mammiferi, tra i quali gazzelle di montagna, stambecchi, volpi e lupi. I percorsi praticabili a piedi si spingono sui monti del Rummana o sugli altopiani del Wadi Dana, tra gole profonde e rocce dai mille colori.

La città nella roccia
Il viaggio riprende verso sud, lungo la statale 35 diretta a Petra. Un profondo e angusto canyon penetra nel cuore dei Monti Sharah, le pareti della gola sembrano toccarsi, il sole scompare dietro le quinte di roccia rosata e poi all’improvviso il siq si apre e mostra in tutta la sua maestosità la facciata di Al-Khazneh, il Tesoro del Faraone, un imponente monumento funerario scavato nella roccia che, leggenda vuole, ospiterebbe la refurtiva di un gruppo di pirati. Quando passa il sole i colori della terra e della roccia cambiano incessantemente offrendo le loro mille sfumature. Anche l’ombra, qui, è una forma di colore annota lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun. Petra, con i suoi monumenti che paiono come strappati all’arenaria, stupisce per l’imponenza delle costruzione, per la pietra che dal rosso sfuma al rosa e all’arancio, per il mistero che continua ad avvolgere questo territorio abitato da tempi immemorabili (a nord della città sono stati portati alla luce i resti di un villaggio neolitico).
Anch’essa dichiarata patrimonio Unesco, Petra fu fondata dai Nabatei, un popolo nomade proveniente dall’Arabia occidentale che visse nella Giordania meridionale più di due millenni fa. Pastori ma anche razziatori, una volta stabilitisi a Petra imposero alle carovane, in cambio di protezione, onerosi dazi sui loro carichi di pelli, spezie e incenso. Divenuti ricchi e potenti, scavarono nella roccia tombe, altari, magazzini, necropoli straordinarie, ma durante l’impero di Traiano, nell’anno 106, vennero invasi e sottomessi dai Romani. Successivamente l’alternarsi di diverse dominazioni ma anche cause naturali, fra cui vari terremoti, portarono alla sua decadenza, e in Occidente se ne perse la memoria finché, all’inizio dell’800, l’esploratore ed etnografo svizzero Johann Ludwig Burckhardt convinse una guida locale a condurlo alla città perduta . Il sito archeologico è veramente vasto e richiede almeno un giorno per una prima visita, pernottando nel parcheggio adiacente all’ingresso della zona archeologica.
Petra è il punto di svolta da cui riprenderemo la via del rientro. Lasciamo al nostro prossimo viaggio – perché ce ne sarà almeno un altro in questo piccolo, meraviglioso paese – le mete dell’estremo sud, Aqaba, il Mar Rosso e il Wadi Rum, il deserto che Lawrence d’Arabia definì “vasto, echeggiante e divino”, come le mille storie della Giordania.

PleinAir 431 – giugno 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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