La pietra e l'acqua

Nel cuore delle Alpi Apuane, sui sentieri che attraversano la catena resa celebre dalla millenaria attività estrattiva del marmo.

Indice dell'itinerario

Se c’è in Italia un parco che ha davvero qualcosa di speciale, è quello delle Alpi Apuane. A cominciare dal nome, che sottolinea la morfologia aspra e rocciosa della catena in contrapposizione ai più morbidi profili dell’Appennino; e poi per la lunga storia dell’estrazione del marmo, che nei secoli (e soprattutto negli ultimi decenni) ha profondamente segnato l’aspetto di queste montagne.
I due ampi versanti, l’uno affacciato verso il Tirreno, l’altro sulla valle del Serchio, si presentano con caratteristiche assai diverse: quello a mare come un enorme blocco disordinato di vette e pareti punteggiato qua e là da una vegetazione che non cela le conseguenze dell’attività estrattiva, quello a monte più digradante, rigoglioso dei boschi di faggio e castagno tipici della Garfagnana. Dalle cime della catena principale, dove spicca con i suoi 1.947 metri il Monte Pisanino, scendono verso il Serchio le dorsali minori solcate dagli affluenti di destra che vanno a costituire ampi bacini artificiali: Gramolazzo, Vagli, Isola Santa, Trambacco e Turrite di Cava, tutti utilizzati per la produzione di energia elettrica anche ad uso degli impianti minerari. E se all’esterno l’acqua ha modellato il territorio, anche il ventre della montagna ha subito un incessante lavorio millenario: numerosissimi infatti sono gli abissi e le cavità naturali che perforano questi giganti di marmo.
In questo scenario è incastonato il paese di Vagli, la cui visita offre una sorta di compendio storico e naturalistico delle Apuane. Ma prima ancora di quel che si apre alla vista, è ciò che non si vede a destare la curiosità di chi raggiunge questo luogo: si tratta del borgo di Fabbriche di Careggine, che sessant’anni fa è stato sommerso dalle acque del lago e torna alla luce solo ogni dieci anni circa, in occasione del periodico svuotamento dell’invaso. Fondato intorno al XII secolo da alcuni fabbri ferrai provenienti dal Bresciano (nella zona era fiorente a quell’epoca anche l’estrazione dei metalli), conquistò grande fama nei secoli successivi grazie all’eccezionale perizia dei suoi artigiani tanto che nel 1755 Francesco III, duca di Modena, esentò i residenti dal pagamento dei tributi e dal servizio militare. Tanta tradizione non servì però a salvare il paese dalla sua sorte: nel 1947, con lo sbarramento del torrente Edron per scopi idroelettrici, Fabbriche di Careggine fu sgomberato e finì sepolto sotto decine di migliaia di metri cubi d’acqua. Unica e magra consolazione per i locali è di vederlo affiorare quando, per manutenere il bacino, viene aperta la diga: un evento che richiama frotte di turisti e di curiosi, insieme agli ultimi abitanti che con nostalgia ripercorrono le umide viuzze. Tra i ruderi in arenaria si riconoscono ancora lo squadrato campanile, la chiesa romanica di San Teodoro e il ponte a tre arcate su cui passava la Via Vandelli, voluta nel 1738 da Francesco III per collegare Modena a Massa.
In superficie, Vagli di Sotto conserva monumenti di pregio quali la chiesa di Sant’Agostino dell’anno Mille (nei pressi si trova qualche spazio per sostare con il camper) e la romanica San Regolo. Dal lago, fulcro delle attività turistiche e base di gite in canoa e in battello, si dipartono vari sentieri dei quali è particolarmente gradevole quello degli Aironi che parte nei pressi di Casa Abrami, centro informativo ed espositivo di proprietà dell’Enel che ospita una mostra di documenti, oggetti e reperti archeologici dell’alta valle del Serchio. Il tracciato corre a ridosso di Pian dello Stevano e Colle Guadina attraverso il moderno ponte che scavalca il lago, per poi ricalcare gli argini snodandosi fra incantevoli scenari naturali fino a Torre Matilde, antica piccionaia, da cui è possibile osservare la diga in tutta la sua estensione. Più avanti si prosegue su un fondo a gradini che attraversa due fossi e giunge al piccolo abitato di Vergaia, posto nelle vicinanze dello sbarramento (la passeggiata, di 7 chilometri in tutto, si compie in un paio d’ore).
Dalla diga, seguendo la provinciale in direzione ovest e costeggiando il lago verso il Pontile, si prosegue verso Vagli di Sopra, villaggio pastorale poi interamente assorbito dall’attività estrattiva (qui si potrà cercare parcheggio nei pressi dell’edificio scolastico, evitando di passare attraverso il borgo a causa di una strettoia non praticabile in camper). Sull’abitato, impreziosito dalla chiesa romanica di San Lorenzo, incombono i maestosi rilievi dei monti Tambura, Sella e Sumbra, tutti raggiungibili per mezzo di suggestivi sentieri: di particolare interesse è quello che sale agli alpeggi di Campocatino attraverso l’eremo di San Viano, incastonato fra le rocce, e la valle dell’Arnetola. A poca distanza dall’omonimo rifugio, posto più in alto, la dismessa Cava Borella è oggi un laboratorio di cultura contemporanea (realizzato con l’ausilio del parco e l’impiego di fondi comunitari) che fa da palcoscenico al progetto Evocava: a quota 1.200 si apre questo inatteso teatro en plein air ambientato fra i marmi, sede di mostre, spettacoli e attività didattiche. Una sfida tesa a ritrovare il senso dell’antico lavoro minerario e a collocarlo nel più ampio contesto della tradizione apuana, guardando alla cava non più come a un luogo di fatica fisica ma di rivalutazione artistica .

PleinAir 417 – aprile 2007

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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