La perla delle Antille

Colombo la chiamò Hispaniola, e nelle sue acque si gonfiavano le vele dei vascelli pirata: oggi la Repubblica Dominicana è un piccolo paradiso caraibico da visitare con i modi del pleinair

Indice dell'itinerario

«Siamo il paese dell’amore» ci dicono con orgoglio i dominicani che ci accolgono al nostro arrivo sull’isola di Hispaniola. E non si riferiscono al turismo sessuale, come potrebbe pensare qualche malizioso. Tutt’altro: la Repubblica Dominicana è l’unico stato al mondo a non avere armi nel proprio stemma, bensì le Sacre Scritture aperte su una pagina del Vangelo di San Giovanni che è detto appunto “Vangelo dell’amore”. Certo è che la lunga storia di questo paese ha sfumature, tutto sommato, assai meno tormentate di quello che ci si aspetterebbe in America Centrale. L’indipendenza da Haiti (che occupa la metà occidentale dell’isola maggiore) fu raggiunta nel 1844 praticamente senza spargimento di sangue, e l’unica vera dittatura è stata quella instaurata da Rafael Leonidas Trujillo fra il 1930 e il 1961, quando il Generalissimo perì in un attentato. Oggi la pace sociale è evidente e ci appare come una conferma dell’antica tradizione di tolleranza tipica di questa terra, tanto che la Repubblica Dominicana – dove la quasi totalità della popolazione è cattolica – fu anche asilo per gli ebrei all’epoca dell’Olocausto.

Feste da ballo
Gli europei che arrivano a Santo Domingo (il nome della capitale, spesso però confuso con quello dell’intero paese) sono attirati perlopiù dalla fama di spiagge e villaggi turistici, come nella più classica “cartolina dai Caraibi”, ma da qualche anno la promozione del territorio si va orientando verso una fruizione dei valori ambientali e culturali più autentica e rispettosa, con lo sviluppo di numerose attività di ecoturismo. Per apprezzare al meglio le diverse opportunità la stagione migliore è proprio quella invernale, quando il clima è particolarmente mite e l’affluenza più contenuta. Santo Domingo offre la prima sorpresa, con il suo centro storico tutelato dall’Unesco come patrimonio dell’umanità. La cattedrale è la più antica del continente americano, e non c’è da meravigliarsi se si pensa che questa fu una delle prime tappe di Cristoforo Colombo nel 1492 (vi sbarcò il 5 dicembre) e che il primo insediamento spagnolo fu fondato già l’anno successivo. La chiesa si può visitare in compagnia di guide molto disponibili e preparate, così come la magnifica abitazione della famiglia di Colombo; ma la residenza più lussuosa è ovviamente il palazzo presidenziale, una replica della Casa Bianca in color rosa pastello. Merita inoltre una rapida visita il carcere, anch’esso il più antico del Nuovo Mondo, insieme al museo di storia dell’isola (popolata in origine dagli indios Taínos, che però furono sterminati dagli spagnoli già all’inizio del XVI secolo). Se siete fortunati capiterete in qualche movimentata festa di piazza, ma bisogna uscire dalla capitale per respirare la musica che scorre nelle vene di questo popolo e che ascolterete ovunque, nei pullman, nei negozietti più sperduti, dalle case dove risuona a tutto volume e in qualsiasi momento. Un’atmosfera che deve aver influenzato persino gli animali, visto che i galli cantano ad ogni ora: ma è forse un più triste grido di battaglia, dal momento che gli spagnoli hanno trasmesso ai dominicani la crudele pratica dei combattimenti tra galli e in ogni villaggio c’è un’arena deputata a questo scopo, un pretesto per stare in compagnia e sperare di vincere una scommessa. Molto meglio socializzare con i locali in una sala da ballo tra una merengue e una bachata, i due balli nazionali che si danzano in coppia (le donne non avranno difficoltà a trovare cavalieri, e consigliamo di non sottrarsi all’invito poiché il rifiuto è considerato molto scortese, recando profondo dispiacere al senso di ospitalità dei dominicani). Le esperienze di festa più belle e divertenti sono quelle che si vivono nei piccoli villaggi come quelli intorno a Salcedo, nella Region Central, dove ci porta il nostro itinerario.

Un caffè solidale
Il lungo viaggio in corriera è un modo ideale per osservare il paese, che riserva nell’entroterra molte ricchezze ignote alla stragrande maggioranza dei turisti balneari. Chi penserebbe ad esempio di trovare non solo colline ma anche vere e proprie montagne? Eppure qui c’è la vetta più alta delle Antille, che arriva a ben 3.175 metri. Come scriveva Colombo nel suo Viaggio sull’isola di Hispaniola, vi sono in essa molte sierre e monti molto alti… tutti accessibili e pieni di alberi di un migliaio di specie e che sembra tocchino il cielo . Grazie ai governi che hanno capito l’importanza della risorsa forestale, la Repubblica Dominicana è poi rimasta molto verde e ricca di biodiversità (a differenza della vicina Haiti che è oggi a livelli di povertà simili ai paesi africani, nonostante la generosità della natura): nei villaggi montani notiamo subito che anche chi vive in umili abitazioni di latta ha piante da frutto e qualche animale con cui sfamarsi; la papaia non manca mai negli orti e in tavola arrivano sempre riso e fagioli. Quanto al caffè, nonostante sia un elemento primario dell’economia locale, il numero di contadini che ne abbandonano la coltivazione aumenta di anno in anno, a causa del crollo dei prezzi nelle borse internazionali: ma nella zona di Salcedo, per fortuna, sono state attivate pratiche ispirate ai principi del commercio equo e solidale, garantendo così una giusta retribuzione ai piccoli produttori. La raccolta è molto faticosa perché il caffè cresce nella foresta frammisto ad altre piante e solamente in collina, a differenza del cacao che viene coltivato in pianura. L’origine di prodotti a noi tanto familiari si scopre ancora meglio partecipando alle escursioni lungo la Ruta del Cafè, un percorso ecoturistico allestito da un’organizzazione non governativa italiana, l’Ucodep. Inizia così a svilupparsi un turismo attivo e intelligente, desideroso di confrontarsi davvero con la realtà locale: e al termine delle visite, niente di meglio che ritrovarsi a tirar tardi tutti insieme in qualche localino ricavato da un vecchio garage.

Relax tropicale
Dopo le giornate trascorse in montagna, non si può fare a meno di andare a scoprire le celebri spiagge dominicane. Noi scegliamo la zona di Samaná, nel Noreste, una penisola che era invece un’isola ai tempi di Colombo il quale fu bersagliato dalle frecce degli indios quando passò in quel braccio di mare. Così almeno vi racconteranno i fieri discendenti dei Taínos – nome che tuttavia significa “i buoni” – dei quali oggi rimangono alcune pitture rupestri nel parco nazionale di Los Haitises, di fronte a Samaná, e uno stile decorativo riscoperto di fatto solo per i turisti. Nel villaggio di Las Galeras si può fare ecoturismo alloggiando nel complesso di villette Las Mariposas o all’albergo Todo Blanco, certi che i proventi andranno alla popolazione locale e non a qualche grande gruppo alberghiero internazionale. Da qui si possono visitare le spiagge più belle, chilometri di sabbia bianca finissima punteggiata dalle palme, raggiungendo le più lontane con l’aiuto dei barcaioli locali. A Playa Rincon e a Playa Frontón è possibile dedicarsi allo snorkeling e osservare la barriera corallina; vicino alla seconda c’è una grotta, la Cueva de Agua, dove si osservano antichi graffiti tracciati sulla roccia. Dalla metà di gennaio, per un mesetto, si possono inoltre scorgere le balene che si avvicinano alla costa per riprodursi, a meno di non dedicarsi a più facili avvistamenti passeggiando tra i cactus per incontrare specie animali endemiche come l’iguana cyclura cornuta (se proprio non avete fortuna potrete consolarvi con gli esemplari ospitati all’iguanario di Los Tocones). Sempre a piedi si raggiunge la piccola Playa Madama, incastonata in un bellissimo scenario naturale. Un’altra opportunità è offerta dalle escursioni a cavallo su pietraie e stradette montane fino alla cascata del Limón, un’altra delle attrattive della zona; nei dintorni è stato girato il reality-tormentone L’isola del famosi e i locali saranno contenti di raccontarvi qualche indiscrezione, ammesso che ne abbiate voglia. Se invece preferite godervi qualche momento di canonico relax tropicale, una delle mete più indicate – ma non l’unica – è Cayo Levantado dove stendersi al sole, gustare una bella grigliata di pesce e assaggiare una frutta dolcissima e succosa che, maturata sull’albero e non nei container, ha tutto un altro sapore. Per non dire delle noci di cocco ancora verdi, da forare con l’aiuto di qualche volenteroso dominicano e del suo inseparabile machete per sorseggiarne il latte. Dopo aver visto queste spiagge sul piccolo schermo e nelle cartoline, a ritrovarvici di persona potreste provare una strana sensazione, come di irrealtà, e magari vi chiederete se non ci sia una telecamera nascosta tra i rami della palma. Ma l’unico motivo per guardarla con apprensione sono proprio le noci di cocco, che quando sono mature cadono davvero e possono fare piuttosto male: non succede solo nelle vignette…

PleinAir 413 – dicembre 2006

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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