La nostra Excalibur

La fedele rievocazione dei festeggiamenti medioevali in onore di San Venanzio riempie di suoni e colori antichi la storica cittadina universitaria di Camerino. Appuntamento dal 17 al 23 maggio.

Indice dell'itinerario

Il Palio della Corsa alla Spada si rifà ai documenti del 1200 che descrivono le prime celebrazioni di San Venanzio, patrono di Camerino. La sera del 17 maggio hanno inizio i festeggiamenti. Lungo le stradine della città, rischiarate solo dalla luce delle fiaccole, suoni di tamburi e squilli di chiarine, rompendo il silenzio serale, accompagnano i cortei di dame e cavalieri, di rappresentanti delle Arti e dei popolani nella basilica di San Venanzio per la rituale offerta dei ceri al vescovo della diocesi.
La manifestazione si conclude, nella piazza antistante la chiesa, con la lettura del bando della gara e con l’accensione di un grande falò propiziatorio.
Durante i giorni successivi è tutto un fermento di opere per abbellire la città: nelle vetrine compaiono gli stendardi delle tre contrade del centro storico, vessilli lungo le strade e sui balconi, artistiche composizioni floreali e, soprattutto, in ogni Terziero (come qui si indica il rione) si danno gli ultimi ritocchi alle antiche taverne, destinate al ristoro di attori e spettatori. Ed è in questi locali che si attuano le strategie del Palio e nascono le nuove idee. Si racconta che una sera, proprio nella Taverna dell’Armigero, un gruppo di avventori pensò di disegnare lo stemma del proprio terziero su di un tratto di strada. L’operazione, eseguita a notte fonda, ebbe un tale successo da divenire una consuetudine anche per gli “avversari”.
La città fu divisa nel XIII secolo in tre zone affinché ognuna meglio provvedesse alle esigenze della propria popolazione. Il territorio compreso tra la cattedrale e la basilica prese il nome di Sossanta da “sub sancta”, cioè al di sotto della chiesa; nel suo stemma è raffigurata una colomba bianca su tre monti in campo rosso. La parte centrale fu chiamata Terziero di Mezzo; nello stemma, un ceppo legato dall’alto in campo bianco. La zona ovest, infine, fu detta Muralto, per ricordare l’esistenza di una rocca fatta erigere da Cesare Borgia nel 1500; nel suo stemma, cinque spighe di grano in campo azzurro.
Nel pomeriggio della domenica, a piccoli gruppi, arrivano dinanzi alla basilica i partecipanti al corteo riempiendo in breve il sagrato. Circa cinquecento tra dame, cavalieri, nobili, tamburini, sbandieratori e popolani fanno rivivere un frammento di Medioevo.
Al termine della funzione religiosa, alla quale partecipano anche gli atleti impegnati nella gara, il corteo preceduto dai nobili a cavallo si snoda per le vie cittadine per giungere in Piazza del Duomo. Qui ogni Terziero si dispone in ordinate file che contrastano con la simpatica confusione dei popolani, i quali trovano posto lungo la strada, tutti in attesa che dal Palazzo Ducale escano il duca e la duchessa di Varano.
Questo è il momento che segna l’inizio del Palio. Nella piazza, intanto, sbandieratori e danzatrici danno vita a leggiadre coreografie. Il corteo quindi si ricompone per raggiungere i palchi in Piazza Santa Maria in Via da dove assisterà all’arrivo della corsa. Alla lunga e faticosa gara, 1300 metri dalla basilica da percorrere tutti in salita, partecipano trenta giovani concorrenti, dieci per ogni Terziero.
Stranamente la partenza degli atleti avviene senza il pubblico, che ha invece seguito il corteo storico lungo la strada principale. Gli incitamenti, però, vanno in crescendo sulle ripide stradine del percorso, fino a che, in prossimità del traguardo, una folla urlante saluta i colori di chi è in testa. Scroscianti applausi, vessilli agitati al vento e abbracci di commozione accolgono poi il vincitore nell’attimo in cui si accinge ad estrarre una simbolica spada dal ceppo, una sorta di Excalibur nostrana.
A chiusura della festa, nella Rocca dei Borgia il duca consegna il Palio al Terziero meglio qualificato che lo conserverà fino al prossimo anno. I piccoli e grandi eventi della giornata, le curiosità, i commenti vengono poi rivissuti fino a notte fonda nelle taverne, dove il buon vino locale mette finalmente d’accordo vincitori e vinti.

PleinAir 322 – maggio 1999

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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