La nave di roccia

Così viene chiamata la città di Bonifacio per l'incomparabile contesto su un promontorio incagliato fra terra e mare: vale da sola un viaggio in Corsica e una tappa di più giorni.

Indice dell'itinerario

Arrivando via terra, t’immagini che la singolare struttura della città suggerita dalle mappe si sveli da qualche belvedere o dietro l’ultima curva. Ma non è così: la strada s’immerge in una gola di calcare e sfocia senza darti soddisfazione sui piazzali del porto, alla testa di un fiordo naturale. Devi insomma fermarti e cominciare a guadagnartelo l’eccezionale charme di Bonifacio, prima a piedi e poi in barca. In alto incombono bastioni turriti e lunghe mura rossastre che inseguono il promontorio; in basso due quinte di alti edifici color pastello cingono la Marina. Sull’acqua piatta dondolano pescherecci e imbarcazioni da diporto, mentre lungo i moli si snodano in un animato viavai bar, gelaterie, negozi, ristoranti… In fondo, dove il fiordo si apre all’orizzonte, biancheggiano gli scisti della falesia.

Come nei paesi liguri anche qui i vicoli si arrampicano a scalare il promontorio rivelando ad ogni passo angoli pittoreschi
Come nei paesi liguri anche qui i vicoli si arrampicano a scalare il promontorio rivelando ad ogni passo angoli pittoreschi

L’impulso a camminare dentro la scena è immediato, tanto che poco dopo ti ritrovi a salire la gradonata detta degli Inglesi e a pregustare l’ingresso in città attraverso la Porta di Genova. Il nome della grande Repubblica Marinara, più o meno contrapposto a quello di Pisa, ricorre spesso in tutta la Corsica, soprattutto a proposito delle torri di avvistamento e delle fortificazioni erette lungo la costa al tempo della sua dominazione; e Bonifacio, malgrado conservi lo stesso nome del Marchese di Toscana che la fondò nell’828, fu colonia genovese per quasi cinque secoli a partire dal 1195. Ora si presenta in tutto come una città ligure: vicoli stretti e alti simili ai carruggi, edifici a più piani con scale interne ripidissime, persino imposte e intonaci che ricordano le Cinque Terre.

In questa immagine familiare non ti stupisci se un residente ti saluta in italiano e ci tiene a scusarsi della nebbia mattutina che non s’era mai vista prima, colpa del buco nell’ozono. Né ti coglie di sorpresa un gruppo di veterani d’Algeria, fasce e gagliardetti decorati, che sbucano da un androne come da una foto seppiata del nonno…
La passeggiata per la città porta via un paio d’ore, ma tra soste, shopping e ricreazioni è meglio preventivare mezza giornata. Dopo aver superato le rampe e gli sbarramenti multipli di Porta Genova, reclama una sosta il bastione dell’Étendard che ospita un piccolo museo storico di Bonifacio; dagli spalti si domina il porto e tra gli edifici s’indovinano i monumenti, anzitutto la cattedrale di Sainte-Marie-Majeure, preceduta da un portico. Andando per vicoli si scoprono, quasi sempre colonizzati da bar e ristoranti, affacci vertiginosi sul mare: tra questi, la terrazza sommitale della scala del Re d’Aragona, 187 gradini da cardiopalma scavati nella roccia nel 1420 per raggiungere la base della falesia e un’antica sorgente (accesso a pagamento, 5 euro a persona).

 

A guardia delle Bocche di Bonifacio

Lo splendido mare si tinge di fantastiche tonalità
Lo splendido mare si tinge di fantastiche tonalità

Si continua verso ovest dove l’abitato lascia spazio al verde, alle installazioni militari e a storici fondaci e dove, con grandi parcheggi, si attesta la strada carrabile. Ora si percorrono le fortificazioni stratificate in varie epoche, fino alle panoramiche batterie che orlano la punta estrema del promontorio a guardia delle Bocche di Bonifacio. Da vedere, nel mezzo, la chiesa gotica di Saint-Dominique dal tipico campanile merlato, la grande caserma ora dismessa che ospitava i soldati della Legione Straniera e il cimitero marino dalle linde e colorate cappelline.
Per tornare a piedi alla Marina evitando la strada non c’è che ripassare da Porta Genova, così si ha anche modo di valutare, proprio lì di fronte, l’eccezionale tracciato del sentiero che segue il ciglio della falesia verso sud-est, sino al faro di Capo Pertusato: chi se la sente e calza scarpe adatte può dunque continuare a camminare (tra andata e ritorno, per la stessa via, occorrono altre 3 o 4 ore). L’attacco è in salita, per una via lastricata servita da punti di osservazione, ma presto il sentiero diviene naturale, sempre su fondo roccioso e ben individuabile tra la macchia mediterranea anche se sfrangiato in più direzioni. Il filo conduttore è pur sempre la falesia che precipita nel blu e regala spettacolari vedute sulla città. Superata una cappellina votiva si giunge in vista di una stazione meteorologica e di alcuni bunker dell’ultima guerra e qui, al di là di un vallone, conviene immettersi sulla vicina carrabile che supera l’ostacolo a monte, evitando un saliscendi su ghiaioni più adatto alle capre. La strada è subito sbarrata al traffico privato e comincia di nuovo a scendere zigzagando verso il promontorio di Capo Pertusato, con il golfo di Santa Manza e le isole Lavezzi sullo sfondo. Ancora pochi minuti e, quando già appare il faro, si può deviare sulla mulattiera che in forte pendenza porta alle rocce traforate e alle spiaggette dell’isolotto di Saint-Antoine…
Dopo averla ammirata dall’alto, ora non resta che esplorare la falesia dal basso a bordo di una delle tante motonavi che, partendo dalla Marina, la costeggiano per un buon tratto toccandone i punti caratteristici e le principali grotte. Ma si può fare di meglio scegliendo la gita più lunga che include l’arcipelago delle isole Lavezzi (ora territorio protetto, contiguo anche per caratteri geomorfologici al nostro Parco Nazionale della Maddalena). In questo secondo caso è bene riservare all’esperienza un’intera giornata, preferendo l’itinerario che include la sosta di 4 ore a Lavezzi, sufficienti per un bel tuffo e per una ricognizione a piedi.

Rocce scolpite dagli elementi a Lavezzi
Rocce scolpite dagli elementi a Lavezzi

L’isola è stupefacente, ma del tutto disabitata se non dalle anime dei 750 membri dell’equipaggio della fregata Semillante colata a picco nelle sue acque in una notte tempestosa del febbraio 1855: un cimitero e una stele votiva sugli scogli ricordano la tragedia, tra le più gravi mai accadute nel Mediterraneo. Tutt’intorno però si rincorrono e accavallano i segni della vita, il rigoglio della macchia, i prati di erica punteggiati dalle fioriture spontanee, le migliaia di lucertole di una specie endemica, le cristalline calette ambite dai velisti e, soprattutto, le forme fantasiose delle rocce capaci di evocare uomini e animali. Quanto basta per serbarne un ricordo da favola.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio