La natura dei Maya

Più di cento parchi, riserve e zone archeologiche (circa il 15% del territorio) costituiscono il primo investimento per il riscatto dello stato messicano del Chiapas, finalmente tutelato - come altre aree dell'America Latina - da progetti di sviluppo compatibili con il territorio e le popolazioni. Abbiamo visitato la riserva di El Ocote e il parco nazionale dei laghi di Montebello, al seguito di una recente spedizione dell'associazione naturalistica italiana La Venta.

Indice dell'itinerario

Sembra strano parlare di aree protette in America Latina: in terre celebrate dai viaggiatori del passato come paradisi naturali, le cronache annunciano di continuo catastrofi, incendi, deforestazioni e inquinamento. Finalmente, però, la coscienza di possedere un inestimabile patrimonio storico e naturale e la volontà di preservarlo stanno muovendo i governi locali ad attuare iniziative in contrasto con gli interessi politico-economici che hanno determinato la gestione indiscriminata di questi territori.
Ad esempio Ruta Maya, organizzazione voluta e sostenuta da Wilbur E. Garret, ex direttore di National Geographic, e appoggiata da alcuni governi dell’area mesoamericana, si occupa dello sviluppo turistico e della valorizzazione dell’area maya tutelando la natura e le popolazioni indigene. L’obiettivo di Ruta Maya è infatti di investire i proventi del turismo in opere di restauro dei siti archeologici, nella creazione di riserve nella foresta pluviale e nel miglioramento delle condizioni di vita dei residenti. Anche Messico, Guatemala, Honduras, Salvador, Belize partecipano a questa iniziativa con il progetto Mundo Maya, che incentiva il turismo in quelle zone. Le due aree protette del Chiapas che vi presentiamo, raggiunte da una spedizione dell’Associazione Culturale Esplorazioni Geografiche La Venta rientrano in entrambe le iniziative.

Carso tropicale
Nella Sierra Monterrey, al nord del Chiapas, a pochi chilometri dalla capitale Tuxtla Gutiérrez e in pieno Tropico del Cancro, si estende la selva El Ocote: 42.000 ettari di foresta pluviale dichiarata fin dal 1982 zona di protezione forestale e faunistica.
Posta circa 40 chilometri a nord-ovest della città di Ocozocoautla, si raggiunge percorrendo la Panamericana (Carretera Federal 190), per la quale si accede al versante sud in direzione del villaggio di Rabasa e continuando poi per la Casita, un distaccamento di guardie della riserva.
All’interno si estende un immenso e complesso ecosistema in sorprendente equilibrio, habitat per uno straordinario numero di specie vegetali e animali.
Al di sotto dell’impenetrabile cappa tipica delle foreste tropicali la variazione della temperatura tra estate e inverno è minore che tra giorno e notte; le precipitazioni superano i 2000 mm annui con piogge quasi quotidiane che a stento riescono a penetrare nel sottobosco. La selva El Ocote possiede una particolarità in più: prolifera su un territorio estremamente carsificato. Il suolo non trattenendo l’acqua in superficie la assorbe in una miriade di fratture, alcune di proporzioni enormi come i famosi Sotanos: voragini che si aprono nel mezzo della foresta e all’interno delle quali si sviluppa un microcosmo a sé stante. Queste condizioni di biodiversità hanno spinto l’INH (Institudo de Historia Natural del Chiapas) a proporre l’ampliamento dell’area di El Ocote a 120.000 ettari, classificandola come riserva della biosfera. Un’altra caratteristica distintiva di El Ocote è la presenza di vari siti archeologici appartenenti all’etnia Zoque di epoca maya, molti dei quali di recentissima scoperta per merito di spedizioni italiane (vedi PleinAir n. 318).La deviazione dalla Panamericana per raggiungere l’ingresso sud della riserva può considerarsi un’escursione, giacché lo sterrato per la Casita (una costruzione in legno all’inizio del percorso dove è possibile reperire informazioni e guide) si copre in due ore attraversando un territorio vario con allevamenti di bestiame, zone collinose di arenaria, tratti pedemontani (Cerro La Colmena, 1.700 metri), tratti costeggianti il canyon del Río La Venta, e ampie zone di selva.
Dalla Casita poi ci si può inoltrare con due ore di cammino verso la località Plan de la Reina, sia a cavallo (concordando preventivamente) sia a piedi. Qui si potranno piantare le tende (chiedere il permesso) nei pressi delle abitazioni dei coloni di etnia Zozil, trascorrendo la notte tra suoni e rumori della foresta tropicale. Da Plan de la Reina è possibile, contattando preventivamente Don Raimundo o Don Carlos, due coloni che vivono all’interno della riserva, proseguire a cavallo (2 ore) e fare campo base nei pressi delle loro abitazioni. L’esperienza sarà unica e irripetibile in quanto si potrà vivere immersi nel verde, godendo dell’ospitalità e della gentilezza dei nativi e circondati, come spesso qui accade, da bambini festosi. E’ inutile ricordare che l’approccio con i locali deve avvenire in maniera discreta e rispettosa. Gli stessi amici ci condurranno per sentieri pressoché impraticabili all’interno della foresta, verso le strapiombanti e panoramiche pareti del vicino Río La Venta, aprendo la pista a colpi di machete. Un altro modo per visitare la riserva, avventuroso ma sconsigliabile in assenza di accompagnatori locali (in quanto nel versante nord non vi è personale del parco), è quello di affittare una motolancia all’imbarcadero di Apic-pac, alla fine della sterrata che da Ocozocoautla conduce al lago di Malpaso. In due ore di navigazione è possibile raggiungere gli imbarcaderi di Salina Cruz o Linda Vista e da lì, affittando dei cavalli e degli accompagnatori, inoltrarsi nella selva. Per questa scelta è necessario avere padronanza della lingua, spirito di adattamento e una notevole esperienza di rapporti con la gente del luogo.
E’ consigliabile sempre e comunque, prima di recarsi nella riserva, prendere contatto con gli uffici della direzione situati a Ocozocoautla, a pochi metri della piazza centrale, per organizzare le escursioni e informarsi su difficoltà e possibili pericoli.
Altre informazioni si possono avere agli uffici Zoomat, presso il giardino zoologico “Miguel Alvarez Del Toro” di Tuxtla Gutiérrez.

Altre escursioni
El Aguacero. Lungo la stessa Federal 190, una deviazione indicata sulla destra, alla fine della pianura di Ocozocoautla, direzione Cintalapa, porta alle cascate di El Aguacero originate dalle acque del Río La Venta. Per giungervi è necessario scendere un migliaio di scalini, ma l’esuberante vegetazione, la gran quantità di avifauna e la frescura data dalla vaporizzazione dell’acqua ripagheranno abbondantemente il sacrificio.
Fosa de las Cotorras (Abisso dei pappagalli). E’ una voragine rocciosa profonda 120 metri e larga circa 250. Vi si giunge prendendo una deviazione a sinistra lungo la strada per la Casita, seguendo il tracciato (molto dissestato) per due chilometri. Il fondo della Fosa, raggiungibile per mezzo di un sentiero (da evitare nelle ore più calde della giornata e stando attenti alle vespe) è coperto da una fitta vegetazione e sulle sue pareti sono state individuate decine di pitture rupestri rosse, certamente molto antiche e in corso di studio.
Laguna Belgica. Sulla strada che conduce al lago di Malpaso, a circa 15 chilometri da Ocozocoautla, vale la pena di visitare la riserva di biosfera “Laguna Belgica”, una foresta tropicale di bassa quota ben conservata e ricchissima di farfalle.

Las Lagunas de Montebello
Ubicata a ridosso del confine guatemalteco e una sessantina di chilometri da Comitan, l’area dei laghi di Montebello è parco nazionale già dal 1959 e comprende una superficie di 6.022 ettari.
Ad ingresso gratuito, il parco comprende una sessantina di laghi circondati da una rigogliosa foresta e divisi in due gruppi, raggiungibili per due strade che si originano all’ingresso: la strada asfaltata, a sinistra, che conduce dopo 4 chilometri alle Lagunas de Colores; quella a destra, sterrata, che porta alla zona denominata Cinco Lagunas e agli altri laghi situati nei pressi del paese di Tziscao. La definizione “Lagunas de Montebello” comprende generalmente solo quelli di più facile fruizione turistica. Una visita approfondita può richiedere più di una settimana, spingendosi anche in territorio guatemalteco.
Il primo gruppo di laghi, quello delle Lagunas de Colores, prende nome dai colori assunti da ciascun lago, con tinte che variano dal verde smeraldino al turchese, dal blu intenso al violetto. In ordine si incontrano: la laguna Agua Tinta, la Esmeralda, la Encantada, la Ensueño e infine la più grande Bosque Azul, dove termina l’asfalto. Proprio nei pressi di quest’ultima si trova uno spiazzo adatto alla sosta dove un piccolo locale offre i tradizionali quesadillos a base di formaggio e i tacos, frittelle di farina o mais con ripieno piccante di carne e verdure. Dal piazzale, prendendo un sentiero sulla destra e percorsi circa 800 metri, si raggiunge La Gruta, un ambiente ipogeo che funge da luogo sacro e meta di pellegrinaggio per i locali. Prendendo a sinistra invece, dopo 300 metri si giungerà al Paso de Soldado, ove è ubicata un’area autorizzata per il campeggio sulle rive di un piccolo torrente.Tornati all’ingresso e prendendo la sterrata sulla destra, si raggiungerà la zona delle Cinco Lagunas. Percorsi tre chilometri, sulla sinistra, la strada costeggia il lago di Montebello, uno dei più grandi, dalle larghe sponde pianeggianti e ottimo per la balneazione. Proseguendo altri tre chilometri in direzione del paese di Tziscao, un bivio sulla sinistra condurrà alla zona dei cinque laghi e ai suoi incantevoli paesaggi. Dal sentiero però non si scorge il lago de La Cañada, forse il più suggestivo, al termine di un sentiero che sulla sinistra del tracciato principale si inoltra per un chilometro e mezzo tra la vegetazione. Riprendendo lo sterrato principale si giunge al piccolo paese di San Antonio, servito da un autobus. Continuando per Tziscao, dopo un chilometro si incontra la laguna Pojoi; poco oltre c’è quella che prende il nome dal paese.Il pernottamento nel parco è limitato a poche strutture. A Tziscao c’è “L’Albergue Turístico”, dove si può prendere una stanza a tre/quattro dollari o campeggiare per la somma di uno/due dollari; inoltre da qui è possibile noleggiare imbarcazioni a remi per una gita sulla laguna. Dalla parte opposta, verso le Lagunas de Colores, è prevista un’area attrezzata per camper e tende presso la laguna di Bosque Azul, a stazionamento gratuito. In zona vi è anche un ristorante, il “Bosque Azul Restaurant”, che a modici prezzi offre le specialità della cucina locale. Dal piazzale del ristorante partono escursioni a cavallo verso le lagune e la zona de La Gruta.
Una tappa obbligata nei dintorni della zona dei laghi sono le rovine maya di Chinkultic (“pozzo a gradinata”), risalenti al 600-900 d.C. Si trovano all’altezza del Km 32 sulla Carretera La Trinitaria – Lagos de Montebello, 50 chilometri dalla città di Comitan. Il sito archeologico si divide in due piazze: una alta, e una bassa costruita su un terrazzamento artificiale; sono presenti anche due campi per il gioco della palla, caratteristica distintiva dei centri più importanti. Nel sottobosco c’è il punto panoramico El Mirador, dal quale si gode un’ottima veduta sui laghi Chanujabab e Tapancuapan nonché sul Cenote Azul, una grande voragine carsica profonda 50 metri. La visita a Chinkultic può essere completata con un’estensione alle rovine di Tenam Puente, a 13 chilometri da Comitan, sulla strada per i laghi di Montebello; ben conservate, sono edificate in posizione strategica dominante la pianura che da Comitan si spinge fino alla zona dei laghi. Sempre nei pressi di Chinkultic si trova la fattoria “L’Orquídea”, che offre pernottamento e visite guidate alla zona dei laghi, ai siti archeologici e alla Selva Lacandona, rifugio dei guerriglieri zapatisti. Vi si acquistano anche cartine della zona.
Altra struttura per la sosta è l'”Hotel Parador Santa Maria”, anch’esso inserito nel circuito Mundo Maya. Vi si giunge per una deviazione posta al Km 22 della Carretera Trinitaria-Lagos de Montebello. E’ una costruzione del secolo scorso, immersa nel verde, ristrutturata in stile d’epoca e arredata con numerosissimi mobili ed oggetti d’arte di vario genere. Le stanze dell’hotel sono dei piccoli scrigni che si affacciano su un romantico patio in legno. Il raffinato ristorante propone le specialità della cucina tradizionale messicana, in un’ambientazione che ricorda alcune scene di vecchi film. Nell’hacienda, di proprietà del signor Mario Uvense, si verrà accolti con il tipico calore latino-americano e condotti alla visita della struttura. Da segnalare in particolare il piccolo museo d’arte sacra, con opere dal XVII al XIX secolo.

PleinAir 330 – gennaio 2000

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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