Lanzarote: la luna nera

Lanzarote, nell'Arcipelago delle Canarie, sta in mezzo all'oceano come un pezzo di luna caduto dal cielo...

Indice dell'itinerario

Abbiamo appena lasciato l’auto per avventurarci nell’ambiente cupo dell’isola di Lanzarote, nell’arcipelago delle Canarie. Strane sensazioni svolazzano nei turbini del calime, la calda foschia di sabbia finissima che il vento ha raccolto nel Sahara occidentale, a soli cento chilometri da qui.  Ci inoltriamo tra singolari formazioni rocciose striate dagli ossidi di ferro, terreni dai colori simili ad aurore boreali, canali dai riflessi metallici, crateri scoscesi e pietre appuntite. Certo, quelle innumerevoli buche regolari, circondate da muretti di pietre nere, sono state scavate dai contadini nel picón, la cenere vulcanica, per proteggere le viti dal vento; tuttavia ricordano in modo sinistro tane di mostri preistorici.
Stiamo camminando sulla strada che attraversa La Geria, il cuore di Lanzarote, un po’ di asfalto in questo paesaggio a brandelli, inquietante e grandioso nella sua incompiutezza. Sul muro bianco di una fattoria, l’unica nel raggio di chilometri, appare una scritta consolatrice: Bodega Antonio Suarez. E’ una cantina, una delle più antiche di La Geria. Antonio Suarez e sua madre sono la quinta generazione di viticoltori che quasi un secolo e mezzo fa cominciarono a produrre vino in una zona che le eruzioni verificatesi nel Settecento e durate ben sei anni di fila avevano squassato.
L’isola si era allungata sul mare e 200 chilometri quadrati di buon terreno coltivato a grano erano scomparsi sotto decine di metri di lava. Il picón era ancora caldo quando i vecchi campesinos lo rimboccarono come una coperta sulle prime viti. Testardi, ricominciavano a mettere radici in un’isola che non voleva estranei. Ora nella fattoria botti di rovere fanno da sfondo a un massiccio bancone di legno con i riflessi del cuoio vecchio, inciso e lisciato dal passaggio di migliaia di avventori. Madre e figlio versano un moscatello da 14 gradi in un bicchiere tozzo; se si osserva il vino in controluce, in direzione dei crateri, i colori si sovrappongono identici. Scorie vulcaniche e vino hanno lo stesso umore, uguali riflessi, persino profumi simili.

 

I villaggi sepolti

Nella desolata e tormentata regione "lunare" i turisti si aggirano su pulman e dromedari attrezzati
Nella desolata e tormentata regione “lunare” i turisti si aggirano su pulman e dromedari attrezzati

Lanzarote, la prima delle sette isole Canarie, mille chilometri dalla Spagna e cento dalle coste africane, è l’antica Ombrione di Plinio, dove l’allora re della Mauritania si riforniva di porpora estratta dalle conchiglie di murex. E’ anche quella che mostra i segni più drammatici e vasti dei cataclismi vulcanici da cui nacque tutto l’arcipelago. La Geria è solo l’antipasto di quello che ha fatto e disfatto la lava su questa sorprendente isola. Non molto distante dalla terra dei vini, infatti, comincia il parco vulcanico di Timanfaya, dove dal 1735 sono sepolti una decina di piccoli villaggi. Qui vagabondava uno stralunato Charlton Heston di ritorno dallo spazio nel film Il pianeta delle scimmie.

Alla base dei coni vulcanici cenere e lapilli sono un'ottima coltura anche per succulente piante grasse
Alla base dei coni vulcanici cenere e lapilli sono un’ottima coltura anche per succulente piante grasse

Le trenta bocche eruttive della zona hanno creato lo spettacolo di chilometri e chilometri di cataclismi accavallati gli uni sugli altri. Pietre, colate di magma, voragini e su tutto lo strano gioco degli alisei che, distribuendo quote infinitesimali di umidità, consentono la proliferazione di alcune specie di licheni, ma soltanto su terreni esposti al vento. In questo modo il paesaggio, già policromo per i diversi minerali eruttati dal sottosuolo, è pennellato un po’ ovunque di giallo ocra, secondo il capriccio delle stagioni. L’isola anticamente era deserta perché i cento vulcani (e cento, non a caso, è il numero dei crateri esistenti) l’avevano nei secoli rivoluzionata continuamente costringendo i pochi abitanti a raggrupparsi in piccoli villaggi lontani tra loro. Abitavano in fattorie isolate, costruite nelle conche o su colline risparmiate dalle colate di lava.
Le ultime eruzioni risalgono a circa 170 anni fa e hanno avuto l’effetto di rimescolare ancora una volta il territorio facendo fuggire la gente dall’isola o spostandola da un versante all’altro. Il resto lo fecero la distanza dall’Europa, le razzie dei pirati, la vita dura e l’emigrazione verso le Americhe. Sino a trent’anni fa a Lanzarote non c’era la luce elettrica, le strade erano di sabbia nerastra e i raccolti di uva e di verdure si trasportavano ancora con i dromedari. Poi sono arrivati i charter da mezza Europa e, in circa 15 anni, si è passati da 40.000 a oltre 100.000 abitanti; ora, con le altre due o tre isole dell’arcipelago delle Canarie votate al turismo, vanta il più alto tasso di crescita economica della Spagna. Così si è trasformata in un’alternanza di assembramenti marini e solitudini montane: nuovi centri residenziali e ville a schiera sulle baie ma attorno, tra monti lunari e crateri spenti, su dirupi resi inaccessibili da lave taglienti, c’è ancora la primordiale wilderness.

 

Escursioni a colori

Il panorama dall'interno dalla cima del vulcano Caldera Colorada
Il panorama dall’interno dalla cima del vulcano Caldera Colorada

Lanzarote offre la possibilità di effettuare un grande numero di escursioni più o meno impegnative attraverso paesaggi dagli stupefacenti contrasti cromatici. Sull’isola non c’è una vera e propria rete di sentieri, tuttavia molte strade sterrate portano abbastanza agevolmente alla base o nelle vicinanze dei crateri più belli e interessanti. I tracciati si sviluppano prevalentemente su terreni martoriati da antiche eruzioni, pertanto è consigliabile avere con sé una carta topografica dell’isola almeno in scala 1:100 000 (tenere presente che l’aria tersa può ingannare sui tempi di percorrenza).

Per camminare sul sentiero lavico, in questo caso il sentiero della Caldera Colorada, bisogna essere ben attrezzati con scarpe adatte e adeguate protezioni dai raggi solari
Per camminare sul sentiero lavico, in questo caso il sentiero della Caldera Colorada, bisogna essere ben attrezzati con scarpe adatte e adeguate protezioni dai raggi solari

Il primo itinerario che ci sentiamo di consigliare esplora il vulcano Caldera Colorada, un cono rossastro che si erge solitario nel cuore dell’isola. L’escursione prende il via dal piccolo villaggio di Masdache, poco distante da San Bartolomé in direzione di Yaiza. Dopo circa tre chilometri di asfalto, sulla destra si stacca una strada bianca che corre verso l’imponente mole del vulcano Montaña Negra. Superate alcune alte palme isolate, il tracciato costeggia la base del massiccio tra sabbie finissime e onde tormentate di magma solidificato. Un’ora circa di cammino consente di raggiungere una vasta area desertica dove si è attratti dal colore rosso metallico del Caldera Colorada. Un sentiero svolta in direzione di questo e lo raggiunge in prossimità di alcuni grandi blocchi di lava, solcandone poi il cono in diagonale. In circa mezz’ora si sale ripidamente su un terreno franoso fino alla sommità (387 m), e da qui il panorama si presenta spettacolare. Per il ritorno conviene utilizzare il versante opposto percorrendo il bordo vulcanico fino a quando, sulla sinistra, un passaggio più facile permette di ricongiungersi all’itinerario di andata.

San Bartolome'
San Bartolome’

Altro suggestivo vulcano da salire è il Monte Guatisea che incombe sull’abitato di San Bartolomé. Dal villaggio si segue la strada asfaltata verso Masdache e, dopo circa tre chilometri, si raggiunge l’incrocio di El Islote. Sulla sinistra parte una strada sterrata che sale in direzione del Guatisea. In prossimità di alcune abitazioni circondate da viti si prosegue, sempre su strada, in direzione del lato ovest del vulcano. A ridosso di alcune case tra le vigne si comincia a salire su un terreno coperto da muschi. Per il Guatisea non esiste un sentiero di salita, tuttavia il percorso si svolge senza problemi di orientamento data la naturale conformazione a ferro di cavallo del monte: si sale da un versante e si scende dall’altro.

 

La strada dei vulcani

Il bordo del cratere del Cuervo
Il bordo del cratere del Cuervo

Il Guatisea è tra i vulcani più alti di Lanzarote (542 m) e la sua posizione centrale lo rende un punto panoramico privilegiato. Discendendo l’altro versante, è possibile spingersi su un altro piccolo ma spettacolare vulcano. Si tratta di un cono perfetto (che non ha nome) non visibile dal basso, quindi difficile da localizzare; la discesa al suo interno è fattibile con la dovuta cautela (nel cratere si trovano ancora alcuni resti di antichi vitigni coltivati). Una volta risaliti, in breve tempo ci si ricongiunge agevolmente al percorso dell’andata.
Nell’area centro-occidentale sono concentrati i maggiori vulcani dell’isola: quello del Cuervo è il più inquietante. Lo si raggiunge percorrendo la strada principale in direzione sud e, una volta incontrato il bivio per il paese di Tinajo, si svolta a destra proseguendo per circa un chilometro; sulla sinistra inizia a profilarsi la sagoma del Cuervo. Imboccata a sinistra la strada sterrata, in breve si perviene senza difficoltà alla base del vulcano; il sentiero è ben tracciato e sale diagonalmente con modesta pendenza. La montagna del Cuervo è tra le più impressionanti: le pareti interne del cratere sono strapiombanti e instabili ed è possibile percorrerne, ma solo in parte, l’accidentata cresta che in alcuni punti si presenta affilata e contorta.

Le insegne del parco nazionale di Timanfaya
Le insegne del parco nazionale di Timanfaya

Per concludere la visita ai vulcani di Lanzarote, non può mancare il Parco Nazionale del Timanfaya, ubicato a sud-ovest dell’isola. Il parco rappresenta una delle aree protette più singolari, e non solo dell’arcipelago delle Canarie. Istituito nel 1974, esteso su circa 5.500 ettari, regala ai visitatori un ambiente primordiale unico al mondo. Non è possibile entrare senza accompagnatore e vige l’obbligo della visita guidata a pagamento. L’itinerario più classico è quello che prende il via all’entrata nord del parco, in località Los Miradores. Su pullman si percorrono lentamente i 12 chilometri della Ruta de los Vulcanos, osservando dai finestrini l’eccezionale ambiente lunare delle Montañas del Fuego. Brevi passeggiate didattiche, un ristorante e altre strutture di servizio rendono l’escursione ancora più gradevole.

 

 

 

 

 

 

 

 

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