La Francigena d'oltremare

Per molti pellegrini (e non solo loro) il viaggio sulla Via Romea non si fermava nell'Urbe, ma proseguiva da Otranto fino in Terrasanta. La meta era Gerusalemme, oggi come allora luogo cruciale negli equilibri sociali e politici del pianeta.

Indice dell'itinerario

La luce della prima mattina è splendente, e i marmi bianchi delle moschee brillano insieme al blu profondo delle maioliche della Cupola della Roccia. Il panorama su Gerusalemme si apre da un lato sul grigio e ocra della valle del Kidron e del Monte degli Olivi, dall’altro sui tetti della città vecchia. All’interno della cupola, costruita nel VII secolo, si trova una delle reliquie più importanti del mondo: la pietra sacra su cui Abramo avrebbe condotto i suoi sacrifici e da dove il profeta Maometto – la cui impronta si dice sia rimasta sulla roccia – avrebbe preso il volo insieme all’arcangelo Gabriele.
Non sono molti i visitatori che si muovono spediti sulla spianata delle moschee, mentre a pochi metri da qui, più in basso, i fedeli di religione ebraica si affollano davanti ai resti della muraglia dell’antico tempio, celebre in tutto il mondo con il nome di Muro del Pianto. Il cuore della città tre volte santa batte forte e, anche se ci si siede all’ombra degli alti cipressi della spianata, è facile sentirsi al centro di una storia e di una fede che possono sembrare troppo grandi e imponenti. Non è facile essere semplici turisti, tra queste pietre: qui si sono alternati Salomone e le legioni romane, i Templari e Saladino, gli inglesi, i giordani e gli israeliani, in un turbine di avvenimenti che non può che lasciare il segno.
Attorcigliata su sé stessa ai piedi del monte, la città vecchia si raggiunge lasciando le moschee attraverso la Porta della Catena, e appare decisamente più umana. Affollata di venditori di souvenir di banchetti di pane, datteri, arance. Permeata di odori forti e speziati e di suoni di passi, risate, grida di venditori, motori di trattori che trascinano i carretti nei vicoli. Costeggiando la muraglia del monte verso nord, è facile perdersi ma non è difficile raggiungere infine la Via Dolorosa: cioè la strada che, entrando in città attraverso la Porta di Santo Stefano, serpeggia con salite e discese, strette curve e tratti affollati attraverso il quartiere musulmano per raggiungere il Santo Sepolcro.

L’ombelico del mondo
Il portone della basilica, tutte le mattine alle 4, è teatro di un rito che si ripete uguale a sé stesso da quasi quattordici secoli. Il custode arabo delle chiavi bussa al portone, riceve da un chierico la scaletta necessaria a raggiungere il meccanismo arrugginito del lucchetto e lo apre, spalancando la via verso una delle chiese più complesse del mondo. Infatti i luoghi della crocefissione e della sepoltura di Cristo sono sacri non solo ai cattolici – che qui sono rappresentati dai francescani della Custodia di Terrasanta – ma anche agli ortodossi, agli armeni, ai copti, ai siriani, agli etiopi, che hanno diviso con millimetrica precisione le loro proprietà nella chiesa. E che stupiscono il visitatore con tonache e abiti da cerimonia sempre diversi tra loro.
Sotto le volte risuonano le cento lingue dei fedeli, lampeggiano i flash dei cellulari e orizzontarsi non è semplice. Ci si aspetta la pace, ma l’orecchio è aggredito da una cacofonia di canti in guerra tra loro ha scritto padre Murphy O’ Connor, autore di una guida archeologica alla Terrasanta. “Si vorrebbe la santità ma s’incontra una gelosa smania di possesso… . Prima grandiosa basilica bizantina, poi distrutta a più riprese, infine ricostruita dai Crociati dopo la sanguinosa conquista di Gerusalemme, la chiesa va percorsa con calma, fermandosi per cercare di capirne la storia. A destra, una scala sale verso il Golgota, luogo della crocefissione, diviso in una parte cattolica e una greca. Al di sotto si trova la piccola cappella di Adamo, dove erano stati sepolti i due grandi re cristiani di Terrasanta: Goffredo di Buglione e Baldovino I. Se si segue la curva dell’abside, una discesa conduce alla cappella armena di Sant’Elena, con le pareti coperte di piccole croci scolpite da generazioni di pellegrini, e poi cappella dell’Invenzione della Croce, dove la madre dell’imperatore Costantino scoprì i resti di tre croci fra il 325 e il 326.
Ma il cuore della basilica è al centro della Rotonda, oggi coperta da una cupola dalla moderna e anonima decorazione. Qui si trova la struttura che custodisce la tomba di Cristo, ricostruita dopo l’incendio che nel 1808 danneggiò l’intera basilica. Una coda di fedeli di tutte le religioni attende con pazienza il cenno da parte di un pope ortodosso che regola l’ingresso: solo tre persone alla volta entrano prima nell’anticamera (dove si trova la pietra che chiudeva il Sepolcro) e poi nell’ambiente dove, tra candele, decorazioni e icone, s’intravvede una parte della roccia in cui era stata scavata la tomba. E nonostante la fretta del lungo serpente di fedeli in coda, in un attimo ci si rende conto di essere giunti nel luogo che, secondo le Scritture, è l’ombelico del mondo.

Una visita in città
La parte vecchia di Gerusalemme, circondata dalle possenti mura ottomane, è divisa in quattro quartieri e, in genere, vi si accede attraverso la Porta di Giaffa. Se si prosegue diritto si entra nel quartiere cristiano (dove si trova il Sepolcro) e più oltre si entra nel quartiere musulmano. Se ci si tiene sulla destra, invece, si attraversa prima il piccolo quartiere armeno per poi raggiungere il quartiere ebraico, con una serie di costruzioni moderne che si affacciano verso il Muro del Pianto.
Fuori dalle mura, Gerusalemme conserva cento altre mete, religiose e non. A sud è il Monte Sion, a est il Monte degli Olivi mentre a nord, oltre la Porta di Damasco, si entra in Gerusalemme Est. A occidente, infine, si estende la città moderna, con i suoi centri amministrativi, gli alberghi (fra cui la struttura anni ’30 dell’YMCA, ottimo punto panoramico in stile eclettico) e il grande museo di Israele: anche se è recentemente entrato in una lunga fase di ristrutturazione, merita comunque una visita anche solo all’ala che conserva i celebri rotoli del Mar Morto. Almeno un’occhiata ai più antichi frammenti dei libri biblici che si conoscano sarà un’altra delle emozioni da vivere nella città di David.

PleinAir 431 – giugno 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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