La cometa sulla Sierra

Si dice che Madrid sia una città seria e compassata, lontana dal proverbiale calore spagnolo: ma basta visitarla durante le feste di Natale per scoprirne il volto più brillante e pieno di temperamento, insieme a una ricchezza monumentale e artistica da vera capitale del regno.

Indice dell'itinerario

Il clima continentale, studiato sui banchi di scuola insieme ai suoi colleghi tropicale, desertico e temperato, è una delle caratteristiche principali di Madrid. Il che vuol dire che, durante le feste di Natale e di Capodanno, nella capitale spagnola può fare davvero molto freddo. Sulla grande Plaza de Oriente che conduce verso il Palacio Real, l’acqua delle fontane ghiaccia sotto lo sguardo indifferente di una dozzina di statue di re del passato. I madrileni attendono fiduciosi un po’ di sole, mentre alcune giovani musiciste suonano il violino per rallegrare i turisti di passaggio, con le mani arrossate nei mezzi guanti che permettono di muovere le dita almeno lo stretto necessario. Una volta superato il controllo di sicurezza – il Palacio Real è usato spesso da re Juan Carlos di Borbone come sede di rappresentanza – l’enorme Plaza de la Armeria è battuta da un vento freddissimo che costringe i visitatori di questa mattina di dicembre ad affrettarsi verso il presepe allestito dai gentili sovrani per la cittadinanza e segnalato da una lunga fila di bimbi infagottati in giacche e cappellini.
La visita del palazzo vero e proprio si snoda tra imponenti sale (in particolare quelle delle Colonne e degli Alabardieri) fino al Salón del Trono, un trionfo rococò utilizzato in occasioni di gala dai regnanti che però, vista la loro indole democratica, non usano sedere sotto la volta affrescata dal Tiepolo. Sulla piazza – dove il primo mercoledì del mese e in altre occasioni particolari va in scena un sontuoso cambio della guardia – si trovano le entrate della Real Armeria (fantastica per chi ha bambini militaristi e guerrafondai, piena di armature, alabarde, spiedi, asce e con l’armatura da parata di Carlo V) e della farmacia reale. Vasi di maiolica istoriata, grandi mobili a cassettini costruiti per contenere mille rimedi per tutti i mali, libri e libroni portano a un laboratorio pieno di alambicchi, calderoni e pentolini dove i dotti medici di corte preparavano le loro pozioni miracolose.
Il sole, che finalmente brilla allegro nel cielo blu, scaccia pian piano il gelo dalle pietre della piazza d’armi: è l’occasione per una passeggiata nel Campo del Moro, i grandi giardini ottocenteschi affacciati sul Rio Manzanares. Il fiume, anch’esso un ricordo di scuola nell’ode manzoniana a Napoleone ( Dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno… ), appare triste e sconsolato, circondato com’è dai cantieri di una Spagna che costruisce ovunque strade e autostrade, metropolitane e ferrovie ad alta velocità.
Sulla destra della Calle Mayor si entra in una delle zone più animate di Madrid: il Barrio de los Austrias (ovvero il quartiere degli austriaci, in ricordo degli Asburgo), dove si scopre qual è l’attività preferita dai madrileni di ogni età, sesso e classe sociale: mangiare. A ogni angolo un bar, un ristorante, un caffè, tutti pieni di persone che dalla mattinata in poi siedono con tutta calma ad assaggiare platos combinados a base di varie pietanze, dolci, bistecche e tapas, gli assaggini noti anche al più sprovveduto dei turisti (dal prosciutto al polipo, dalle olive al formaggio). Se la vostra permanenza a Madrid durerà qualche giorno, per di più durante le feste, avrete modo di constatare che si tratta di un’abbuffata senza interruzioni fino a tarda sera. Un bel piatto di calamari alle 11 del mattino? Una sopa de ajo all’ora del tè? Non temete di scomodare i solerti camerieri madrileni se vi viene appetito fuori orario: sono perfettamente abituati all’idea e sempre pronti alla bisogna.
Poi, una delle tante viuzze della zona vi porterà nel vero centro di Madrid, il grande rettangolo della Plaza Mayor circondato da palazzi colorati, frutto del radicale restauro che si rese necessario alla fine del ‘700 dopo un incendio che aveva gravemente danneggiato il cuore della città. Qui, per secoli, si sono svolte tutte le attività principali: il mercato, le corride, le esecuzioni capitali e le rappresentazioni teatrali, sotto lo sguardo benevolo della statua di Filippo III, opera degli italiani Giambologna e Tacca (lo scultore del monumento livornese dedicato a Ferdinando I e ornato dai famosi quattro mori incatenati).

Acquisti per le feste
Sotto Natale la piazza è anche lo scenario del tipico mercatino, e sul far della sera il vasto quadrilatero si anima di grandi e piccini intenti a curiosare sulle bancarelle stracolme. Fra i tanti doni e gadget per tutte le tasche si scopre la passione dei locali per lo zucchero filato, il torrone di Alicante, le caldarroste – tutto il mondo è paese – ma anche per le variopinte parrucche e per il belén, ovvero il presepe, giacché si vende ogni sorta di personaggi per realizzare una Natività degna di questo nome. Intorno, tra mimi e mangiafuoco, la piazza si accende di un’illuminazione spettacolare, mentre i cento caffè e ristoranti che aprono i battenti sotto i portici riversano all’esterno tutti i possibili profumi di cibo e bevande calde.
Aperto dalla metà di dicembre sino all’Epifania (che gli spagnoli celebrano con il nome di Fiesta de los Reyes, cioè dei Re Magi), il mercato è regolato da una serie di norme tuttora simili a quelle pubblicate nel 1834 da un solerte funzionario reale nel Diario de Avisos. Scriveva l’occhiuto controllore della pubblica quiete, marchese di Pontejos Joaquín Vizcaíno: Affinché nelle notti prossime al Natale regni l’ordine dovuto, e che i divertimenti caratteristici di questo periodo non degenerino in baccanali indegni di un popolo civilizzato, si dovranno osservare con il massimo rigore le indicazioni seguenti. Primo: dal 18 del mese fino al giorno de los Reyes è permesso l’uso di tamburelli e altri strumenti rustici. Secondo: si ricorda particolarmente per questi giorni il divieto di usare maschere o travestimenti come sono soliti usare i bambini raggruppati in bande. Terzo: le attività che si tollerano in questo periodo hanno il solo scopo di un’allegria innocente, bisogna interromperle quando possono caratterizzarsi come tumulti o confusioni. Quarto: nelle cantate che sono caratteristiche non si possono utilizzare parole oscene capaci di provocare proteste e spiacevole preoccupazione… . L’elenco dei divieti, ripetuti in decine di bandi e ingiunzioni nei decenni seguenti, fa pensare che la festa fosse in passato decisamente movimentata. E in realtà, soprattutto per i madrileni più giovani, la vigilia del 6 gennaio è una serata d’eccezione in cui girare celati dai travestimenti e cantare a squarciagola in attesa dei doni portati dall’Oriente.
Uno dei luoghi in cui si comprende l’importanza delle tradizioni dell’Epifania è la grande pasticceria Mallorquina, sulla piazza della Puerta del Sol. In questi giorni i dolci di marzapane e le eccezionali torte passano in secondo piano di fronte alle decine di rescones de Reyes, dolci a forma di ciambellone che vengono decorati con una statuetta di uno dei Magi: in una nuvola di vapore profumato si vendono decine di rescones al minuto, con un plotone di commessi rafforzato da giovani avventizi assoldati per la folla della ricorrenza.

Regali memorie
Dopo una lunga passeggiata nella città vecchia – non senza aver sfiorato l’impressionante confusione davanti al grande magazzino del Corte Inglés dove si mescolano venditori di pupazzi, marionette, petardi, dolcetti, maschere e parrucche a caccia di bambini in festa – è l’ora di varcare la soglia del Museo del Prado. Descrivere i capolavori schierati nelle sue sale è quasi impossibile: ognuno potrà trovare la sua nicchia preferita in questo fiume di storia dell’arte, tra Velázquez e Beato Angelico, Goya e Bosch. Il Museo del Centro de Arte Reina Sofia, con la sua architettura composta di antico e moderno, ospita invece l’imponente Guernica di Pablo Picasso, circondata da decine e decine di bozzetti realizzati dal pittore durante il lavoro.
Ad intervallare tanta dovizia di cultura e la baraonda festiva, chi cerca qualche momento di ascetica tranquillità può dirigersi verso due dei luoghi più antichi e magici di Madrid. I monasteri delle Descalzas Reales e dell’Encarnación sono testimonianze preziose della grande epoca della monarchia spagnola, di quel Cinquecento in cui la piccola cittadina di provincia sarebbe divenuta di colpo la capitale di un regno favoloso. L’unico problema, nel periodo delle feste, è riuscire a comprendere gli orari di apertura dei due conventi, perfidamente complicati e difficili da sfruttare.
Più facile accedere a quel capolavoro monumentale che è l’Escorial, il monastero che Filippo II volle sulle pendici della Sierra de Guadarrama. Per raggiungerlo basta entrare nella splendida stazione di Atocha (pur tristemente famosa per le bombe dell’11 marzo 2004) che si presenta come un dedalo spettacolare di metropolitane, treni ad alta velocità che in mezz’ora collegano Madrid a Toledo e linee de cercanias una delle quali, per l’esattezza la C8, conduce in breve fino al paese: qui nei giorni di Natale viene allestito un imponente presepe composto da figure a grandezza naturale che affollano vie, piazze e vicoli. Poi, solenne e impressionante, il quadrilatero dell’Escorial cancella tutto il resto: 2.000 stanze, 2.600 finestre, 86 scaloni e poi cortili, chiostri e fontane di granito grigio compongono quello che fu centro di fede, pantheon e residenza del sovrano più ricco del mondo nel XVI secolo. Una sala dopo l’altra, scale, corridoi e opere d’arte possono mettere a dura prova anche i turisti più allenati, ma l’insieme non può che rimanere uno dei ricordi più impressionanti del viaggio.
Di nuovo in città, la visita si completa con un’ultima tappa quasi obbligata dopo l’Escorial: il Museo de America che, con le sue collezioni d’arte inca e maya, insieme ai quadri e ai racconti stilati dai Conquistadores, aiuta a comprendere da dove giunse e con quali mezzi fu ottenuta la sfarzosa prosperità del paese. Oggi si celebrano i fasti del XXI secolo bruciando le tappe verso la modernità, ma mentre lasciamo Madrid è ancora forte la sensazione di essere riusciti a cogliere lo spirito antico del reame di Spagna.

PleinAir 413 – dicembre 2006

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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