La città del Presidente

Buon anno, Presidente Ciampi. Abbiamo visitato Livorno pensando a Lei, e siamo onorati di dedicarLe questo reportage. La Sua città natale non gode dei favori del turismo; ma ingiustamente, perché ha bellezze, memorie e curiosità da vendere.

Indice dell'itinerario

Livorno è una città nascosta. La maggior parte di noi ne ha sfiorato le vie solamente per raggiungere il porto, con l’occhio già rivolto alla Corsica, alla Sardegna o alla macchia di Capraia. La sua anima da grand guignol la incontriamo talvolta quando l’occhio cade sui titoli del terribile Vernacoliere, ambasciatore spregiudicato dell’umorismo toscano diffuso, chissà come mai, in tutta Italia. La sua serietà, sobria e inflessibile, traspare dai modi e dalle parole di qualche suo cittadino celebre. E Carlo Azeglio Ciampi ne è un esempio importante. Ma la sua anima dove si trova? Come sono fatte le vie e le piazze della città? Cosa è stata Livorno, nei secoli della sua storia?
Snobbata dagli industriosi Etruschi e dai pragmatici Romani, la zona dove sarebbe sorta la città fu praticamente disabitata anche durante l’epoca d’oro delle repubbliche marinare. Poi due avvenimenti mutarono decisamente il corso del rapporto tra la Toscana e il Mar Tirreno. Nell’agosto del 1284, una flotta di 93 galee genovesi si presentò davanti a Porto Pisano. I pisani attaccarono battaglia con 72 galee nei pressi degli scogli della Meloria e la battaglia fu violenta e incerta, fino all’arrivo del secondo gruppo di galee genovesi. Drammatica la sconfitta di Pisa: i morti furono 5.000 e 11.000 i prigionieri tradotti in catene a Genova. In più, con il passare dei decenni, il porto di Pisa venne lentamente insabbiato e abbandonato dal mare che le correnti spostavano sempre più a occidente. E i granduchi, di fronte alla scelta tra gli imponenti lavori per riattivare il porto pisano e la creazione di uno scalo ex novo, scelsero questa seconda possibilità. Livorno era nata e, per quanto possa sembrare strano, durante i secoli della sua fortuna fu uno dei porti e dei poli culturali di maggior rilevanza del Mediterraneo. La darsena dei Medici acquistò importanza e il ruolo di Livorno divenne centrale quando, da vero precursore, Ferdinando I emanò nel 1593 la sua Costituzione Livornina al fine di invitare in città da uomini liberi coloro che erano stati condannati nel paese d’origine. Questa decisione fu alla radice del vero e proprio boom demografico che la trasformò rapidamente in una città cosmopolita dove si parlavano decine di lingue diverse.
Una passeggiata per le vie del centro, in buona parte ricostruite dopo le drammatiche distruzioni causate dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, porta a incontri curiosi con le tracce di questo passato, a scoprire che tra i luoghi di culto ci sono le chiese degli Armeni, dei Greci e degli Alemanni e che in città vive da sempre un’importante comunità ebraica. Nel Settecento la strada più elegante era Via Borra e qui aprivano le loro porte i consolati di Anversa, Brema, Lubecca, Hannover, Prussia, Sassonia e Inghilterra. Questa piccola strada è in fondo il cuore del quartiere più mercantile della città, quella Venezia Nuova che pochissimi viaggiatori sembrano conoscere. I canali che compaiono tra i palazzi del centro cittadino sono infatti decisamente inaspettati. Nella Livorno operaia e portuale, culla del Partito Comunista fondato nel teatro San Marco, che cosa c’entra questa suggestione veneziana? Nato non per caso, ma seguendo le direttrici di un preciso piano urbanistico approvato dal granduca Ferdinando II nel 1696, il quartiere della Venezia Nuova aveva agli occhi dei suoi progettisti uno scopo preciso: adattarsi alle esigenze dei mercanti di tutte le nazionalità, attirati in città dalle leggi liberali dei Medici, che avevano bisogno di magazzini e di strutture raggiungibili direttamente dalle acque della Darsena. Sui canali le merci potevano viaggiare facilmente dalle stive delle navi ancorate nel porto fino alle case dei mercanti sulle chiatte della corporazione dei becolinai, i barcaioli livornesi.Colpito duramente dai bombardamenti, come il resto della città, il quartiere sull’acqua sta lentamente tornando alla sua grazia di un tempo, fatta di canali (ma i livornesi li chiamano fossi), di ponti e delle mille barche ormeggiate proprio sotto le strade d’alzaia, gli scali. Una breve visita agli isolotti può partire dal ponte di San Giovanni Nepomuceno (il nome deriva dalla statua che si trova sulla spalletta verso la Fortezza Nuova). Da qui, le curve delle rive portano prima agli Scali del Corso, poi agli Scali Finocchietti e infine agli Scali degli Isolotti davanti ai quali si attraversa il canale sul Ponte di Marmo. Oltre, si torna in Via Borra, la strada della Venezia Nuova dove si trovavano i palazzi dei mercanti e delle istituzioni più ricche. Dopo un breve tratto sugli Scali del Refugio e lungo gli Scali Rosciano, si può svoltare per la stretta Via delle Acciughe e raggiungere Piazza del Luogo Pio, dove si trovano la chiesa dallo stesso nome (gravemente danneggiata durante la guerra) e quella di San Ferdinando. Dalla piazza parte anche Via dei Bottini dell’Olio, su cui si apre l’accesso a questi grandi magazzini costruiti per lo stivaggio degli oli tra il 1698 e il 1729 e oggi sede di esposizioni e mostre. A un passo dall’acqua dei canali, anche grazie alla rinascita del quartiere iniziata con la grande festa estiva Effetto Venezia, ristoranti, pub ed enoteche offrono molte possibilità per una sosta nel cuore più antico di Livorno.
Risalendo i canali della Venezia Nuova, anche a piedi lungo gli scali, si raggiunge l’imponente Fortezza Vecchia, cuore della prima città portuale. Agli inizi del ‘500, Antonio da Sangallo e il fratello Giuliano stesero su ordine di Giulio de’ Medici il progetto di rifacimento della fortezza affacciata sul porto di Livorno, composta dalle strutture precedenti del Mastio di Matilde e della Quadratura dei Pisani. Terminata nel 1534, la fortificazione di mattoni rossi racchiude al suo interno la chiesa di San Francesco e alcuni scarsi resti di strutture romane. Il perimetro della Fortezza Vecchia è lungo circa 1.500 metri e i suoi elementi principali sono tre bastioni separati da due ingressi. I restauri della Fortezza Nuova, danneggiata gravemente dal tempo e dai bombardamenti, sono ormai quasi terminati e l’itinerario delle visite guidate permette di percorrere cortili, cammini di ronda e le cannoniere al livello più basso.
A sud della Fortezza Vecchia si trova lo specchio d’acqua della darsena medicea, che ospita i battelli da pesca e le vedette della Guardia di Finanza e dei Vigili del Fuoco. Oggi dimesso, quasi isolato, questo approdo ha però un passato glorioso: da qui partì infatti Amerigo Vespucci diretto verso il Sudamerica dove avrebbe scoperto la foce del Rio delle Amazzoni. Più tardi, su queste acque riposarono anche le navi di Giovanni da Verrazzano (nato a Firenze nel 1485) dirette verso la Georgia e la foce dell’Hudson, dove sorge la città di New York. A ricordare la sua fama di città marinara ci pensa la statua dei Quattro Mori, voluta da Ferdinando I per celebrare le vittorie contro i turchi e i pirati barbareschi. Alla statua centrale di marmo che raffigura il granduca, terminata nel 1599, furono aggiunti più tardi i quattro mori incatenati ai suoi piedi, divenuti famosi al punto di essere l’emblema della città. Le quattro figure di bronzo vennero fuse nel fiorentino borgo Pinti, navigarono sull’Arno fino alla foce e poi lungo la costa per giungere a destinazione.Fuori dalle antiche strade, Piazza della Repubblica (insieme con il Cisternone neoclassico dell’acquedotto ormai ai confini della Livorno ottocentesca) appare a un primo colpo d’occhio un enorme piazzale lastricato ma, come spesso accade in questa città, non è quel che sembra. Sotto alla piazza che i livornesi chiamano anche del Voltone scorrono le acque del Fosso Reale: il canale compie un giro completo attorno alla città seicentesca per concludersi ai piedi della Fortezza Nuova che, a parte le mura esterne di mattoni, non conserva quasi nulla delle sue antiche funzioni belliche. A un passo dalle acque del Fosso Reale si trovano i due mercati più celebri di Livorno: il mercato coperto, in perfetto stile parigino con vetrate e acciai che ricordano Les Halles e il più prosaico e curioso mercatino americano, frutto di una tradizione iniziata subito dopo la Liberazione.
Cosmopolita nel ‘600, commerciale nel ‘700, Livorno alla fine dell’Ottocento cambiò ancora volto divenendo, insieme alla vicina Viareggio, la meta per i primi estimatori del turismo marino. Grandi alberghi e bagni esclusivi segnavano tutta la costa, fino ad Ardenza e Antignano. Il primo stabilimento, quello dei Bagni Scoglio della Regina, venne costruito nel 1846 da Carbone Squarci per concessione del granduca Leopoldo II. Si trova su un isolotto raggiungibile da terra con un ponte e deve il suo nome al fatto che la regina d’Etruria Maria Luisa di Borbone vi aveva fatto scavare una vasca in cui l’acqua marina giungeva da quattro canali disposti a forma di croce. Splendida in tutte le stagioni, con le sue maioliche e la cupola leggera del gazebo per la musica all’aperto, la Terrazza Mascagni si chiamava Spianata dei Cavalleggeri (e qui si trovavano il piccolo teatro Eden e il café chantant Salone Margherita) e venne ampliata nelle forme di oggi nel 1928. Alle spalle della terrazza sta la mole elegante dell’Albergo Palazzo che, inaugurato nel 1884 e oggi purtroppo abbandonato, fu tappa celebre per nobili villeggianti: nelle torrette superiori dell’albergo Guglielmo Marconi compì i primi esperimenti sul telegrafo. Della tradizione balneare fin de siècle sono parte integrante i Bagni Pancaldi, fondati nel 1846 per permettere le ‘bagnature in acqua marina’. Qui, già nell’800, era aperto il famoso Caffè Concerto Olympia dove si tenevano spettacoli musicali e teatrali.
Verso l’interno, una breve deviazione conduce ai due musei più interessanti di Livorno: il Museo Provinciale di Storia Naturale di Villa Henderson con la spettacolare sala dedicata ai cetacei e il Museo Fattori di Villa Mimbelli. Il lungomare, da qui in poi, prosegue verso Ardenza e Antignano e, dopo aver superato le alte recinzioni dell’Accademia Navale, è bordato sul lato verso terra da una deliziosa sequenza di armoniose villette liberty. Nella pineta di Ardenza venivano a riposarsi e a dipingere Fattori e Modigliani e, poco oltre il piccolo porto turistico, si trova il complesso neoclassico dei Casini dell’Ardenza, progettato nel 1840 dall’architetto livornese Giuseppe Cappellini. Le case ornate di colonne (oggi di proprietà privata e sorvegliate da un cane dall’aspetto feroce) vennero realizzate con lo scopo di essere affittate ai viaggiatori italiani e stranieri certamente facoltosi che all’epoca frequentavano Livorno e i suoi bagni. Per un breve periodo vennero anche abitati da Leopoldo II, che avrebbe lasciato loro il nome di Casini Granducali. Gli studiosi di architettura spiegano che i Casini dell’Ardenza furono ispirati dal Royal Crescent di Bath, costruito per gli aristocratici nel 1770 da John Wood. Gli affittuari dei Casini avevano a loro disposizione un salone per le feste, una biblioteca, una sala da pranzo con cucine comuni per la servitù (che veniva fatta trovare in loco), sala giochi, sala concerti, bagni a mare riservati e perfino una cappella privata con il suo sacerdote.
Più a sud, ormai, la costa si alza verso i brevi tratti selvaggi di Calafuria e le piccole cale un po’ d’élite di Quercianella. Sempre più lontane dall’anima complessa, cosmopolita e ferocemente ironica di Livorno.

PleinAir 378 – gennaio 2004

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio