La bella addormentata

C'è un'intera regione in cui il pleinair può essere la chiave di volta di uno sviluppo turistico che sappia risvegliare le molte potenzialità del territorio: è il Molise. E in quest'ampia esplorazione con il v.r. ve ne proponiamo alcune delle più pregevoli realtà ambientali, in un contesto di libera ospitalità ancora da concretizzare nelle strutture ma, proprio per questo, del tutto genuino e foriero di piacevoli novità.

Indice dell'itinerario

La scoperta è una delle motivazioni principali di una vacanza itinerante, e la scelta dei luoghi si indirizza spontaneamente sulle terre più lontane: cosicché molti italiani conoscono la Turchia, il Portogallo o la Lituania ma ignorano come siano fatte intere regioni del nostro paese. Tra queste c’è senz’altro il Molise, che molti assimilano ancora all’Abruzzo e non sanno neppure localizzare correttamente sulla carta geografica.
Si tratta in effetti di una terra dimenticata – non solo dal turismo – e forse proprio per questo conservata più che altre nelle sue caratteristiche naturali e culturali. Difficilmente qui si troveranno un’area naturale degradata o un paese deturpato da palazzoni tipici della periferia urbana: al contrario, il manto verde presenta una bellezza diffusa e continua e la gran parte dei paesi, pur non annoverando monumenti di particolare rilievo, si presenta linda, ordinata, compatta e gradevole.
Un ambiente del genere è un patrimonio prezioso ma di non facile fruizione per il turismo “di consumo” prevalente: ciò vale anche per il pleinair, che per potersi sviluppare adeguatamente in un simile contesto avrebbe bisogno di investimenti mirati. Quelli meritevolmente orientati alla conservazione, per esempio, ancora non producono: le numerose riserve naturali, molto ben curate e gestite, hanno come sola clientela le gite scolastiche o il picnic domenicale, attività che rappresentano per l’economia e l’ambiente più un costo che un reddito. Si genera così un circolo vizioso: i turisti non arrivano per mancanza di proposte e investimenti, e proposte e investimenti non si sviluppano perché i turisti non si vedono.
Intanto, il Molise giace intatto come una bella addormentata in attesa di un principe azzurro che la risvegli e la porti a vivere come merita. Sarà proprio il pleinair ad esercitare questa funzione? Basterebbe seguire alcune semplici raccomandazioni: innanzitutto venire qui nel periodo giusto, non in agosto quando la clientela locale è numerosa (e spesso straripante la domenica) e i prati ingialliscono, ma nel pieno della primavera, quando i prati sono fioriti e la natura si presenta nella sua veste migliore. In secondo luogo non guardare e passare ma soffermarsi, centellinare paesaggi intatti e di grande amenità ma spesso muti, che non suggeriscono con immediatezza cosa fare. Perché è proprio questo il più forte valore educativo di una vacanza in questa regione per molti versi unica: ritrovare i ritmi di convivenza con la natura studiando anche quale rapporto si sia instaurato tra la gente del luogo e l’ambiente circostante. E’ ciò che vi proponiamo in quest’ampia esplorazione dell’intero Molise, con alcune iniziative che rendono il quadro ancora più interessante.

Ai confini del parco
L’estremità meridionale del parco d’Abruzzo ricade parzialmente in territorio molisano e presenta, proprio lungo il confine tra le due regioni, un’area di grande interesse escursionistico. Ma di attrattiva forse ancora maggiore è quella adiacente, racchiusa in un piccolo anello che riserva molteplici occasioni per un soggiorno breve e vario: un laghetto delizioso con varie posizioni di sosta, un’antica abbazia e una serie di paesi che si segnalano in special modo per il suggestivo contesto paesaggistico. Tutti elementi che non hanno ancora sviluppato le loro potenzialità, presentando tuttavia un livello di fruibilità spontanea che non necessita di particolari strutture per garantire una visita breve ma di grande soddisfazione. La via più naturale di accesso al Molise per i tanti turisti che percorrono l’Autosole è l’uscita di San Vittore. Proseguendo in direzione di Isernia si supera Venafro – dove il percorso attraversa obbligatoriamente la parte nuova e può costringere a qualche coda causa semafori – e si procede fino al bivio per Roccaraso: imboccata questa via (la statale 158), in poco meno di una ventina di chilometri si raggiunge il bivio per Castel San Vincenzo e per la vicina abbazia. Colpisce subito la bellezza del panorama, dominato dalle sagome imponenti dei Monti della Meta e delle Mainarde, estremità sud-occidentale del Parco Nazionale d’Abruzzo (oggi ribattezzato più propriamente Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise). L’ambiente invita a scegliere un bel punto per sostare e gustare la pace e l’amenità della natura circostante: non c’è che l’imbarazzo della scelta e il primo posto che si trova – adattissimo anche alla sosta notturna – è proprio l’abbazia di San Vincenzo al Volturno. Si tratta di due corpi di fabbrica di diversa natura, anche se di unica origine: i resti di un antico e fiorente centro monastico risalente all’VIII secolo, ancora soggetti a scavi che li portino completamente alla luce, e la chiesa del Duecento, ancora viva e funzionante. Si può parcheggiare comodamente poco prima dell’ingresso alla chiesa in un ampio spazio verde, panoramico sulle montagne che fanno da cornice al paese di Castel San Vincenzo in cima a un colle.
Il grazioso abitato offre a sua volta una splendida vista sui rilievi e sul lago sottostante ma, come quasi sempre accade nell’Appennino meridionale, è in via di spopolamento, con soli 600 abitanti perlopiù anziani. D’estate si anima come centro di villeggiatura, ma le iniziative poste in essere (in particolare un valido trekking equestre) appaiono ancora ben lontane dall’obiettivo di sfruttarne appieno le potenzialità. Ciononostante, non è difficile trascorrere piacevolmente il tempo a contatto con la natura: scendendo sul lago e costeggiandolo sulla sponda settentrionale si trovano quasi subito una bella area attrezzata con parcheggio, spazio picnic, campo sportivo e una spiaggetta dove in piena stagione si possono affittare imbarcazioni; ma anche al di fuori dei mesi più caldi si può accedere alla riva e bagnarsi (sempre nei limiti validi per tutti i bacini artificiali). Se invece si scende sulla diga, la si attraversa e si imbocca lo sterrato che costeggia il lago dal lato opposto, si incontrano un bel ristorante e la possibilità di circumnavigare il lago sia a piedi che in mountain bike, oltre a quella di un bel tuffo in acque pulite e per nulla fredde.
Proseguendo in senso antiorario attorno al lago e lasciandoselo alle spalle si giunge a Scapoli, noto per il suo Museo della Zampogna, e subito dopo si incontra un bivio poco visibile sulla sinistra in direzione di Padulo; dopo alcune strettoie il panorama si apre improvvisamente in una grande spianata nella quale giace il paese di Rocchetta Nuova, ben fornito e dotato di ampi spazi di parcheggio. Poco distante, sulla cima di un cocuzzolo, l’antico borgo di Rocchetta Alta è in posizione tale da invitare irresistibilmente a visitarlo: malgrado le apparenze è facile salirvi in camper e parcheggiare quasi in cima. Le vecchie case sono in gran parte abbandonate e parzialmente in via di ristrutturazione, ma anche così offrono un quadro davvero notevole, soprattutto per i panorami che si possono gustare arrampicandosi per le viuzze fino alla rocca che domina il tutto. Tornati a Rocchetta Nuova si può chiudere il giro percorrendo una stradina che conduce alla ben segnalata sorgente del Volturno e poi ancora all’abbazia, ma si nota anche una pista ciclabile che affianca la strada e può offrire un piacevole diversivo. La sorgente è assai amena (ben visibile ma non accessibile, perché utilizzata come preziosa riserva idrica) e il sito circostante è ampio, tranquillo, con una copiosa fontana e un’occasione di sosta e pernottamento a tutta natura. Una bella passeggiata si può effettuare lungo il primo tratto del fiume lungo la via vicinale del Volturno, che corre sulla riva opposta all’asfalto.
Chiuso così il giro si torna sulla 158, ma prima di imboccare lo svincolo per la fondovalle del Sangro (la statale 652) può valere la pena arrampicarsi nel borgo di Cerro al Volturno fino al castello. Dopo di che si arriva velocemente al bivio di Ateleta, dal quale ci dirigeremo verso un’area dalle caratteristiche affatto diverse.

Fra peschi e tratturi
L’Alto Molise è zona di pastori: un mare di verde dal quale spunta ogni tanto qualche pesco o peschio (spuntone roccioso isolato, intorno al quale sono spesso abbarbicati suggestivi paesi) solcato dai tratturi lungo i quali si svolgevano le transumanze. Si tratta di una zona dal clima spesso duro dove la neve può cadere abbondante e persistente, il che ha consentito lo sviluppo di uno dei comprensori per lo sci di fondo meglio gestiti del centro-sud; né mancano resti importanti delle civiltà preromane e romane, come pure alcune aree protette ben gestite. Ci sarebbero dunque tutti gli elementi per farne un’area di interesse primario per un turismo compatibile con l’ambiente come il pleinair: ma il rapporto con una natura così tipica e diversa – e così pervasiva rispetto agli altri interessi turistici – non è facile, così com’è oggettivamente difficile farne un’attività che crei benessere per le popolazioni, spesso ingiustamente accusate di inerzia. Qui, nel tracciare un percorso di visita, suggeriamo anche qualche proposta che possa innescare un circolo virtuoso nell’interesse di tutti.
Lasciata la fondovalle ad Ateleta, attraverso Castel del Giudice si giunge in poco più di 15 chilometri a Pescopennataro, un paesino a oltre 1.000 metri di altitudine che si segnala per essere senza dubbio il più spettacolare dei centri arroccati intorno ai peschi. Una serie di scalette e camminamenti permette di salire nei punti più suggestivi e ammirare l’insieme, grazioso e ben tenuto, sotto diversi punti di vista; tuttavia, come accade non di rado in questa regione, le attività promozionali sono praticamente inesistenti e per ogni necessità occorre riferirsi alla vicina Capracotta. Lungo la strada che porta a questo centro si incontra l’area delle sorgenti del Rio Verde, molto ben attrezzata ma preda del turismo domenicale di consumo, mentre sarebbe molto più ricca, appropriata ed educativa una fruizione discreta a base di silenzio, escursioni e osservazione della natura. Da qui si sale in breve ai 1.500 metri di Prato Gentile, località che si segnala soprattutto nella sua veste invernale per le belle piste di fondo, splendidamente curate anche con poca neve; nella stagione calda sono peraltro disponibili spazi di parcheggio ampi, tranquilli e panoramici per una sosta di tutto riposo tra i prati fioriti e i boschi, ai piedi delle montagne più alte della zona (domina il Monte Campo con i suoi 1.746 metri).
Capracotta offre ogni servizio, compresa un’area di sosta che però d’inverno risulta spesso inagibile a causa della neve. Non conviene invece seguire le insegne per un fantomatico parco fluviale che si rivela lontano, decisamente scomodo da raggiungere e in preda all’abbandono e al degrado; né è utile, durante la tarda primavera e l’inizio dell’estate, la seggiovia del Monte Capraro che funziona solo nei mesi invernali. Una quindicina di chilometri di strada solitaria – meno difficile di quello che sembra sulla carta – separano Capracotta dalla Riserva Naturale di Monte di Mezzo: si entra così nel mondo dei tratturi, e uno dei sentieri della ben gestita area protetta curata dalla Forestale porta proprio a quello tra Celano e Foggia (vedi l’approfondimento “Le autostrade dei pastori“). Per prima cosa si nota una bella area picnic con annesso parcheggio, acqua e toilette, poi la casa forestale con un piccolo museo naturale e, poco oltre, una rete di sentieri che si addentrano fra gli alberi. Sceglietevi una meta e non mancate la passeggiata: è pur vero che un’escursione nel bosco non è una rarità, ma è rara la circostanza che non si tratta di un fazzoletto di natura salvato dal cemento bensì di un continuum che porterà in breve all’unificazione di questa riserva con quella di Collemeluccio, che si unirebbe a sua volta senza soluzione di continuità a una superficie protetta estesa di fatto a tutto l’Alto Molise. Vastogirardi, poco più a nord, è un alto borgo di poche anime lindo e ben tenuto, stretto intorno al suo castello. Malgrado l’isolamento è provvisto di tutto il necessario, tra cui un campo sportivo in posizione panoramica sul paese in un sito ottimo per la sosta. A circa un chilometro si trovano i pochi resti di un tempio italico isolati nel verde, occasione per una breve e piacevole passeggiata (evitate di scendere in camper) in questo ambiente così particolare.
Una bella strada solitaria conduce al Bivio Staffoli. Il percorso è stato rettificato e i tratti dismessi offrono l’occasione di soste assai piacevoli entro piccoli valloni allietati da freschi ruscelli, soprattutto nei pressi dell’abitato. In questo nodo strategico dell’intera zona si trovano, racchiuse in un fazzoletto, alcune aziende ben riconoscibili che costituiscono il centro di tutte le iniziative per la promozione del turismo nella natura: si tratta indubbiamente di un turismo di élite – molto apprezzato dagli stranieri, come in analoghe iniziative sul Pollino o sul Monte Amiata – ma che può offrire qualcosa anche a chi viaggia in camper avendo la pazienza di sostare e di organizzare le uscite prima di partire. In particolare si trovano ristoro e cucina tipica, lezioni di equitazione, trekking a cavallo in ogni stagione (in particolare lungo i tratturi) ed escursioni naturalistiche e fotografiche lungo i sentieri della riserva di caccia e ripopolamento Le Serre.
Prendendo da Staffoli la strada diretta per Capracotta si entra in un ambiente assolutamente vergine che prosegue anche dopo il bivio per Vastogirardi, almeno fino al camping Cerritelli (uno dei pochissimi dell’entroterra molisano) che sorge al centro di un ambiente magnifico e ricco di spazi liberi.
Ancora dal Bivio Staffoli, prendendo invece in direzione di Pescolanciano, si incontra dopo pochi chilometri un bivio anonimo sulla sinistra: è la strada di San Mauro, che porta a Pietrabbondante seguendo in parte un tratturo segnalato. E’ il tragitto più piacevole per raggiungere questo centro che appare nella sua prospettiva migliore al termine del percorso, disteso ai piedi di tre peschi allineati in cresta e circondato da grandi spazi verdi liberi e magnificamente panoramici che invitano a scoprirli a piedi in lungo e in largo. Tappa d’obbligo e di grandissima attrattiva è lo splendido teatro italico nel quale, grazie a recentissimi lavori, sono state risollevate alcune strutture e portate alla luce altre che erano ancora sotto terra, accrescendo di molto il fascino del luogo; gli scavi proseguono e la situazione è destinata a migliorare ulteriormente. Lo stesso paese, anch’esso grazioso e ben tenuto, offre un’attraente posizione di sosta in cima all’abitato. Tornati al Bivio Staffoli non resta a questo punto che imboccare la strada per Agnone, capoluogo ideale dell’Alto Molise. La moderna periferia (si tratta di uno dei pochi centri non colpiti dallo spopolamento) non nasconde il pregevole centro storico, dotato di diversi monumenti interessanti ma noto soprattutto per la Pontificia Fonderia di Campane Marinelli.
Scendendo in direzione di Bagnoli del Trigno, definito da alcuni il paese più pittoresco del Molise, ci si immette sulla comoda statale 650 che fiancheggia il Trigno in direzione del mare. Poco più avanti un’altra breve deviazione porta a Trivento, in cui si ammira soprattutto la cripta della cattedrale. Lungo il percorso verso la costa, infine, non si potrà fare a meno di sostare (eventualmente per la notte) presso il delizioso santuario della Madonna di Canneto. Circondato da ampi spazi in riva al fiume, ottimi per una pausa tranquilla in piena natura, l’edificio del XII secolo si impone per le pregevoli architetture e per lo splendido pulpito finemente decorato, ma anche per i bei giardini che lo circondano, per la ben tenuta area picnic e per le rovine di una villa romana adiacenti alla chiesa.

Il mare e i primi colli
E’ assai curiosa la situazione del breve tratto di costa molisana. Gran parte del litorale è infatti protetta e inaccessibile, presentando di fatto solo tre centri attrezzati per la fruizione turistica: Petacciato Marina, Termoli e Campomarino Lido. Termoli tuttavia è una cittadina assai congestionata e interessa più per il pittoresco e prezioso centro storico che per il mare, e quindi chi ha interessi balneari si concentrerà sulle altre due località che ai lati presentano un’estesa zona di macchia, capace di offrire perfetti soggiorni pleinair a chi non capiti qui in alta stagione. Anche l’immediato entroterra può riservare grandi soddisfazioni, grazie a meritevoli iniziative (come sul lago artificiale di Guardialfiera) che hanno messo in valore e ben preparato per il turismo tutto quanto di interessante ci sia nella zona.
La Trignina sfocia sull’Adriatico all’altezza di San Salvo Marina, in territorio abruzzese, al di là del quale si entra il Molise. Il primo approccio, vale a dire Marina di Montenero, non è dei migliori e conviene dirigersi subito verso l’accogliente località di Petacciato Marina: il paese si trova leggermente all’interno e la parte litoranea consiste in un ben attrezzato parcheggio dove camper e caravan sono esplicitamente accolti. Su ambo i lati si estendono lunghi tratti di verde inaccessibili dalla strada e quindi a disposizione di chi sosta per cercare il proprio angolo di natura, a patto di scegliere i mesi tra aprile e giugno o settembre per evitare i prevedibili affollamenti dell’alta stagione.
Termoli si sta ampliando a dismisura (con l’inevitabile contorno di caos edilizio, occupazione della costa e traffico intenso) ma si impone per il suo centro storico, esteso su di un promontorio dove le auto non entrano per motivi fisici e che dunque si è conservato nel suo bell’impianto da borgo marinaro dominato dalla mole del castello, con le case multicolori che si snodano lungo viottoli ben lastricati e le ampie viste panoramiche sul mare e sui pittoreschi trabucchi per la pesca, così frequenti su tutta la costa adriatica meridionale. L’insieme sollecita un visita attenta; mancando però in città occasioni di sosta degne di nota, proseguiremo per l’ultima località marinara molisana, vale a dire Campomarino Lido. Qui le situazioni all’altezza di un vero turismo nella natura si trovano oltre l’abitato, portandosi sulla foce di un canale dove si stendono un ampio spazio libero, una bella spiaggia e una costa che, proseguendo oltre il canale, si presenta intatta e molto attraente. Con un natante, anche dei più piccoli e senza pretese, si potranno inoltre raggiungere altri piacevoli angoli tanto graditi quanto inattesi.
Ripresa brevemente la statale Adriatica verso nord, facciamo ora ritorno nell’entroterra risalendo la valle del Biferno in direzione di Campobasso sulla statale 647. Dopo circa 3 chilometri si incontra il bivio che immette sulla 87 (ci sono altre deviazioni più avanti, ma meno dirette) per Larino, il primo centro che suscita la curiosità del viaggiatore e che si trova anche lungo un percorso funzionale per vedere il meglio con minor fatica. L’abitato appare diviso in due corpi nettamente distinti: la parte moderna, del tutto anonima e che disgraziatamente incornicia senza alcuna grazia il notevole anfiteatro romano, e la parte antica, più in basso, che risente ancora delle cicatrici inferte dal terremoto dell’ottobre 2002: a dispetto dei cantieri ancora aperti, davvero notevole è il trecentesco duomo di San Pardo dal bel portale riccamente scolpito.
Meno monumentale ma tutto sommato assai più vivace e accogliente si presenta Casacalenda, armoniosamente inserita in una dolce cornice di colline, dove si può trascorrere piacevolmente qualche tempo e rifocillarsi. In direzione di Bonefro, un percorso reso tortuoso da recenti lavori porta in pochi chilometri a una ben segnalata Oasi LIPU, immersa in una fitta boscaglia e raggiungibile dopo aver superato un ultimo tratto di strada sterrata piuttosto sconnesso. Il luogo è molto solitario e la riserva è protetta da un cancello chiuso e senza sorveglianza, ma si può concordare la visita contattando in anticipo il responsabile; ai primi di giugno l’area ospita inoltre un frequentato weekend di osservazione delle farfalle.
Tornati in paese, si potrà effettuare una breve sosta al Museo del Bufù, inaugurato lo scorso dicembre presso il Municipio e dedicato a un popolare strumento musicale della zona. A poche decine di metri, svoltando sotto un ponticello, una vecchia strada molto tortuosa (ma panoramicamente assai migliore del nuovo e più veloce tracciato in discreta pendenza che inizia presso il cimitero) ci riporta sulla fondovalle del Biferno all’altezza del lago artificiale di Guardialfiera. Qui conviene procedere per un tratto verso Termoli fino a incontrare un bivio con l’indicazione della Cascina del Lago: si tratta della prima struttura, con ristoro e giochi per i bambini, di una vasta area attrezzata per il tempo libero in corso di realizzazione da parte del Comune di Guardialfiera (vedi approfondimento “Luci e ombre dello sviluppo” ) che può essere molto valida per una distensiva giornata pleinair basata su diverse possibilità di navigazione e, se lo stato delle acque lo consente, anche di balneazione. Il panorama circostante, pur disturbato dai viadotti che scavalcano il bacino, è ancora di quelli che consentono di apprezzare uno specchio d’acqua fruibile e sostare piacevolmente in camper.

Molise profondo
Fino al 1970, quando anche Isernia è divenuta capoluogo, Campobasso era l’unica provincia e i dintorni della città possono a buon diritto rappresentare il contesto nel quale emergono con maggior chiarezza le peculiarità della regione. Quest’area rappresenta del resto, a nostro avviso, non solo il Molise “che più Molise non si può” ma anche la zona turisticamente più matura: si tratta della cosiddetta Montagnola (pressoché sconosciuta al turismo non locale) dove, in un ambiente agro-silvo-pastorale assolutamente intatto, si conservano mirabilmente i caratteri ambientali, umani ed economici del territorio e dove si è sviluppata una versione del pleinair nello stesso tempo antica e modernissima.
Dal lago di Guardialfiera si procede speditamente risalendo la Bifernina in direzione di isernia, giungendo in una quindicina di chilometri al bivio per Petrella Tifernina. Questo paesino delizioso, dall’eccezionale panorama, ben tenuto e privo di periferia, è concentrato attorno a una piazzetta dove sorge uno dei monumenti religiosi più insigni della regione, vale a dire la chiesa di San Giorgio, notevole sia per la purezza dello stile romanico che per il calore della pietra bianca che caratterizza non solo l’edificio ma tutto l’ambiente urbano circostante. Petrella Tifernina avrebbe tutti gli attributi per essere un fiorente centro di vacanze se non fosse, come al solito, popolato solo da poche persone perlopiù anziane che difficilmente possono fruire delle attrezzature sportive presenti sul posto: site all’ingresso del paese, offrono ai camperisti confortevoli spazi per la sosta. Ancora più attraenti e immersi in una natura idilliaca sono però quelli offerti, a una decina di chilometri in direzione di Campobasso, dal solitario santuario di Santa Maria della Strada: eretto su un piccolo colle tondeggiante, è circondato da spazi verdi ben curati che gli donano una suggestiva cornice paesistica, con un amplissimo parcheggio munito di un piacevole ristoro. Una presenza discreta che si inserisce in perfetta armonia nell’ambiente.
Una stradetta solitaria scende a Montagano e subito dopo verso l’ancor più solitaria chiesa di Santa Maria di Faìfula, anch’essa suggestiva ma purtroppo chiusa e probabilmente trascurata dai turisti a giudicare dallo stato precario degli spazi circostanti, che pure erano stati preparati con cura per rendere piacevole la sosta e facile il parcheggio.
Da qui si ridiscende sulla Bifernina, di nuovo verso Isernia, per visitare altri due paesi collocati in un contesto tipicamente molisano e uniti da una strada panoramica nella quale meglio si riconosce il percorso dei tratturi, quasi tutto ancora su prato. La prima tappa, Castropignano, si impone all’attenzione per le rovine del castello Evoli che si erge in cima all’abitato, con ampi spazi di parcheggio; dovrebbe anche potersi visitare, a giudicare dalla cura con cui è tenuto. Diverso invece il castello di Torella del Sannio, tuttora abitato e più organicamente inserito in un impianto urbano di notevole grazia.
Tutto quanto detto finora è il preludio all’area più preziosa di questa zona, vale a dire la Montagnola. Vista da lontano non dice un granché, soprattutto se si confrontano la modesta altezza e la sagoma relativamente anonima con quelle ben più imponenti e spettacolari dei vicini monti del Matese; né colpisce più di tanto il paese di Frosolone, tipico nella parte storica ma piuttosto degradato dalla periferia. Il bello comincia invece quando si inizia a salire, e si notano sullo sfondo delle creste dalla sagoma tormentata che incorniciano ampi pascoli popolati da cavalli, mucche e somari (animali domestici che in gran parte d’Italia sembrano essere in via di estinzione). Il panorama si fa sempre più interessante man mano che si sale, finché si giunge ad un bivio con un piccolo santuario isolato: è l’eremo di Sant’Eligio, e la strada che sale sulla sinistra porta al Colle dell’Orso, centro del comprensorio. Nei pressi è ben visibile il ristorante La Tana dell’Orso, circondato da ampi parcheggi e soprattutto da spazi appositamente destinati alla sosta di camper e caravan distribuiti su una vasta superficie, come si conviene allo spirito originario del campeggio in montagna. Uno di questi spazi si trova proprio sul colle, al termine dell’asfalto, presso un punto belvedere da cui si abbraccia con lo sguardo una piana erbosa circondata da verdi colline, nella quale spiccano i due laghi di Carpinone e le mandrie di buoi e cavalli che vi si abbeverano. Gli specchi d’acqua si possono raggiungere con una facile passeggiata che inevitabilmente si estenderà alle alture circostanti, stupendamente panoramiche in tutte le direzioni.
La Montagnola offre molte sorprese, ma l’intrico delle stradine e dei sentieri che raggiungono i posti più nascosti e suggestivi – oltre che la mancanza di carte escursionistiche – rende impossibile descriverle in modo che ci si possa orientare da soli. Molto meglio è sfruttare la calda ospitalità della gente e in particolare del gestore del citato ristorante: Luigi Di Maria, perfetto conoscitore dei luoghi, organizza trekking a piedi, a cavallo o in fuoristrada che raggiungono ogni punto notevole e sono in grado di trattenere piacevolmente il visitatore anche per diversi giorni. Tra i percorsi possibili è da segnalare in primo luogo il magnifico giro che tocca cinque specchi d’acqua, tra cui il bellissimo lago di Civitella del Sannio (o di San Lorenzo), visibile anche dalla strada che scende su Sessano, ma non facile da raggiungere: si tratta di un bacino effimero che in piena estate tende a svuotarsi da un inghiottitoio, ma che in primavera è in genere ricco di acque e presenta scorci di grande fascino. Un’altra escursione porta sulla vetta, ad appena 1.400 metri di altitudine ma completamente libera, tanto da offrire un panorama immenso praticamente su tutta la regione: nei pressi della cima si notano alcune singolari formazioni rocciose. Un terzo percorso si immerge in un habitat di fitti boschi, belle radure fiorite e rocce che spuntano da ogni dove, e raggiunge i resti di mura ciclopiche ancora da interpretare. E ancora, c’è una proposta che conduce a una capanna dove si può assistere alla produzione di squisiti formaggi locali (tra cui spicca il caciocavallo) secondo le tecniche tradizionali e rigorosamente manuali tramandate di generazione in generazione. In proposito, merita la massima attenzione la gastronomia locale che offre tra l’altro una ricotta dolce da l sapore sublime, lo squisito agnello alla brace, una serie di primi piatti assai originali e un vino aglianico morbido e profumato, il tutto a prezzi più che ragionevoli. Questo piccolo paradiso è finora riservato alla sola clientela locale e ad alcuni affezionati club di camperisti; in estate, soprattutto la domenica, si registra quasi un assalto mentre negli altri giorni della settimana e nella bassa stagione si tratta di un vero santuario del pleinair, dove il campeggio torna alle origini sia dal punto di vista del contatto con la natura che da quello con la gente del luogo.
Scendendo per Sessano del Molise si giunge alle soglie dell’ultima zona di questo itinerario molisano: il Matese. Nel frattempo, chi avesse bisogno di pernottare potrà recarsi nel grazioso paese di Pescolanciano, arroccato sul solito roccione dove sorge un castello (privato e non visitabile), parcheggiando proprio lungo il tratturo – che qui è particolarmente riconoscibile – o presso il vicino campo sportivo. Qui ci siamo portati di nuovo sulla fondovalle del Trigno, che avevamo già percorso in direzione del mare.
Prima di lasciare la zona si può dedicare una mezza giornata anche a Campobasso (il capoluogo si raggiunge dallo stesso incrocio della Bifernina che porta a Castropignano), i cui maggiori motivi di interesse risiedono nel maestoso Castello Monforte, che domina l’abitato, e nell’area pedonale del centro; a brevissima distanza si trova il borgo di Ferrazzano, anche questo con il suo castello. Ma ciò significa prendere contatto con l’ambiente urbano, il traffico, i semafori, i sensi unici e le difficoltà di parcheggio, che turbano la continuità di un contatto con l’ambiente altrimenti privo di sbavature.

Matese e dintorni
L’imponente catena del Matese segna il confine tra Campania e Molise: il centro principale, Campitello Matese, è di fatto considerato la località sciistica di Napoli. E’ chiaro che questa è la funzione che produce il maggior reddito, ma la montagna e le relative aree pedemontane annoverano interessi di primaria importanza, spesso trascurati proprio perché “secondari” ma che creano, subito e senza necessità di particolari iniziative, occasioni splendide per il pleinair itinerante. Provenendo da Pescolanciano e dalla Trignina conviene recarsi direttamente all’estremità opposta del comprensorio che si va a visitare, procedendo poi a ritroso.
Saepinum è un bellissimo complesso archeologico inserito organicamente in un ambiente agricolo con il quale forma un insieme unico e indivisibile: questo gli conferisce un fascino tutto particolare, ma crea anche qualche difficoltà per la visita. L’indicazione delle rovine si trova all’improvviso sulla destra della veloce statale 17 che da Isernia e Bojano prosegue per Benevento: si accede così a un viottolo dove però si trova immediatamente un severo segnale di divieto di parcheggio, mentre un grande spazio che sarebbe utile allo scopo è da anni chiuso da una catena, non si capisce perché. In queste condizioni si comprende facilmente come i visitatori siano rari anche in alta stagione e l’accoglienza sia alquanto sommaria, per usare un eufemismo. L’ingresso “ufficiale” si trova sul lato opposto, con un laborioso percorso per aggirare le rovine e trovare finalmente un’opportunità di sosta, ma molti – e noi tra questi – preferiscono affrontare il divieto (che del resto appare alquanto teorico) scegliendo la via breve. L’area, assai cospicua ed estesa, offre i resti di un’importante città romana tra cui il bel colonnato della basilica, le classiche vie basolate, le terme, una fontana, delle tombe e un mausoleo, le mura, le porte fortificate e un anfiteatro attorno al quale è cresciuto l’elegante borgo agricolo di Altilia, oggi ben restaurato; è presente anche un piccolo museo. La passeggiata è resa ancora più suggestiva dalla presenza dei contadini e dei pastori intenti tranquillamente al loro lavoro in mezzo ai ruderi: sarà difficile conservare intatto il fascino di questo luogo straordinario quando si riuscirà a dargli il successo di pubblico che merita. Tracce dell’insediamento sannita distrutto dai Romani (l’acropoli e tratti delle mura) si trovano invece più in alto, presso il moderno paese di Sepino.
Tornando verso Isernia si incontra, dopo una decina di chilometri, il bivio per il paese e l’oasi naturale di Guardiaregia. La strada sale verso le creste del Matese costeggiando l’area protetta (una delle più grandi del suo genere in Italia) che si estende per tutto il fianco della montagna, di notevole interesse sia per il suo valore intrinseco che per la presentazione al visitatore. La parte turisticamente più interessante è la più facile da raggiungere e si trova in basso, pochi chilometri dopo l’abitato; più in alto infatti prevale una fitta boscaglia che impedisce di ammirare il panorama, visibile solo dalla strada. L’ingresso all’oasi è ben segnalato e munito di un ampio parcheggio, vicino al quale si trova un punto di ristoro. La visita è libera e il sentiero, ben attrezzato e tenuto, si snoda per circa un chilometro e mezzo attorno alla spettacolare gola del torrente Quirino: molti sono i belvedere e i punti di sosta con indicazioni su flora e fauna. Il tracciato giunge anche sulle rive del torrente in un sito particolarmente adatto a una pausa rinfrescante in piena natura.
Tornati sulla 17 si trova subito l’accesso a Bojano, cittadina utile per gli approvvigionamenti (rinomate le scamorze) e per qualche presenza storica di un certo interesse, ma soprattutto per il fascinoso borgo alto di Civita Superiore che, sebbene quasi privo di vita, offre piacevoli viste dalle rovine del castello.
Da qui conviene riprendere la 647 in direzione di Termoli per recarsi in un’azienda adattissima al pernottamento e a una tipica cena molisana. Si tratta dell’agriturismo La Piana dei Mulini che si trova al chilometro 7 della Bifernina, ben visibile sulla destra nei pressi dell’uscita per Baranello. E’ un’altra delle strutture che potranno fare valida parte nella rete di accoglienza per il pleinair che sta faticosamente prendendo forma nella regione. Il camperista potrà utilizzare l’area di parcheggio, il ristorante, il solarium e il parco fluviale sul Biferno, una struttura ancora da completare su un tratto del corso d’acqua che è comunque molto piacevole anche così com’è.
Non restano a questo punto che Campitello Matese e la parte più alta di questi monti. Nella bella stagione la località dà il meglio poiché spariscono le folle di sciatori e con esse i parcheggi a pagamento e i divieti: la bellissima piana verdeggiante circondata dalle montagne è libera, i posteggi sono gratuiti e accessibili a tutti, camper inclusi. Nei giorni festivi funzionano le seggiovie che senza alcuna fatica portano i turisti fino in cima, dove si può spaziare a volontà lungo la cresta con la vista libera in qualsiasi direzione. Chi invece volesse assaporare il più ecologico gusto della conquista, salendo a piedi in un ambiente libero da impianti e altre strutture, dovrà semplicemente portarsi lungo la strada che procede in direzione della Sella del Perrone fino ai pressi del Rifugio Gallinola, sotto la cima omonima: la montagna, molto spettacolare lungo tutto il percorso da Campitello, si presenta da questo punto relativamente facile e accessibile, e soprattutto non ricoperta dai fitti boschi che la vestono senza interruzione dopo aver superato il valico. Questo approccio è a nostro avviso migliore di quello che si potrebbe avere salendo da Guardiaregia e scendendo direttamente a Campitello, non solo per l’aspetto paesistico ma anche per il fatto che fin quasi all’inizio di giugno la strada potrebbe presentarsi ancora bloccata dalla neve nei tratti più alti e in ombra. Volendo approfondire il contatto con la zona ci si potrà recare a Roccamandolfi ed esplorare i sentieri che salgono sulla montagna tra fitti boschi e belle radure.
Per Isernia, piacevole cittadina caratterizzata da un’alta qualità della vita (anni fa venne classificata al secondo posto in Italia sotto questo aspetto) vale quanto detto a proposito di Campobasso in tema di circolazione, mentre è più agevole il parcheggio del camper grazie a un’area attrezzata: si potranno così apprezzare i principali monumenti, tra i quali spiccano la cattedrale – non dissimile da quella di Campobasso – e soprattutto la Fontana Fraterna. Nella località Pineta si trova invece l’area degli scavi paleolitici (visitabili su prenotazione il sabato e la domenica) in cui sono stati rinvenuti reperti che attesterebbero la presenza dell’Homo Aeserniensis, nostro remoto progenitore risalente a circa 750.000 anni fa.
Dal secondo capoluogo molisano torneremo infine a Venafro e di qui all’autostrada, riprendendola al casello di San Vittore per il rientro.

PleinAir 403 – febbraio 2006

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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