L'Italia di San Francesco/6 - Il forte e la chiesa

Sotto la rocca di San Leo San Francesco predicò ed ebbe il regalo dal conte Orlando da Chiusi il territorio della Verna. Una piccola chiesa e un convento ricordano l'episodio.

Indice dell'itinerario

Per i cristiani del Medioevo l’8 maggio, festa di San Michele, è una delle ricorrenze più importanti dell’anno. Nell’anniversario dell’apparizione dell’Arcangelo sul Gargano, le grotte a lui sacre sono meta di affollati pellegrinaggi: una tradizione che è rimasta viva e vitale anche oggi. La festa, però, non riguarda solo i luoghi sacri a San Michele. L’8 maggio del 1213, nel borgo ai piedi della severa fortezza di San Leo (PS), la Mons Feretrius romana, alla celebrazione religiosa si affianca la vestizione di un giovane cavaliere. Semplicissima nell’alto Medioevo, la cerimonia nel Duecento è diventata lunga e complessa. Preceduta da un bagno e da una veglia d’armi, vede il giovane indossare abiti di colore bianco e rosso, aggiungere ad essi il cinturone e gli speroni dorati, poi partecipare alla Quintana, un torneo nel quale il neo-cavaliere deve dimostrare il suo valore. Conclude la cerimonia un banchetto, allietato da musiche e da esibizioni di giullari.
L’8 maggio del 1213, accompagnato da Frate Leone, anche Francesco si affaccia sulla piazza di San Leo. Sia il borgo sia la fortezza sono ben diversi da come li vediamo oggi. La seconda, in particolare, è ancora difesa dalle mura e dalle torri erette da Goti e Longobardi. Solo alla fine del Quattrocento, Francesco di Giorgio Martini la doterà delle robuste torri che oggi la rendono inconfondibile. Nel giorno della visita del santo, invece, è già al suo posto l’edificio del duomo costruito intorno alla tomba di San Leone Dalmata e che, secondo alcuni storici, occupa il sito del santuario romano dedicato a Giove Feretrio. E l’elegante pieve preromanica, eretta tra l’VIII e il IX secolo e arricchita intorno all’881, per iniziativa del duca longobardo Orso, di un ciborio di straordinaria eleganza.
Francesco e Leone passano la notte a mezz’ora di cammino dal borgo, bivaccando sulla spianata erbosa dove sarà costruito, 31 anni più tardi, il convento francescano di Sant’Igne. Poi passano ai piedi della più alta e spettacolare delle pareti rocciose che difendono San Leo, e superano la ripida rampa che un secolo più tardi verrà citata da Dante nel Purgatorio. Oltrepassata una porta difesa da armigeri, i due si affacciano sulla piazza nel cuore dell’abitato. Non sappiamo se prima si raccolgano in preghiera nell’una o nell’altra delle due chiese. E’ noto invece che, nel bel mezzo della festa, Francesco, in pieno “fervore di spirito”, sale su un muretto e inizia a predicare.
La sua omelia prende spunto dai versi di una canzone d’amore appena conclusa da un giullare: “Tanto è quel bene ch’io aspetto/che ogni pena mi è diletto”. Poi prosegue esaltando le virtù dell’amore sacro di fronte all’amore profano, e la forza della sua predicazione infiamma rapidamente gli astanti.
Il più colpito di tutti è il conte Orlando da Chiusi, un nobile del non lontano Casentino, che dona a Francesco la montagna dove sorgerà uno dei suoi conventi più noti, la Verna. Un documento redatto nel 1247 dai suoi figli conferma che Orlando “a voce diede, donò e concesse liberamente a frate Francesco, ai suoi compagni e ai suoi frati sia presenti sia futuri, nell’anno del Signore 1213, l’8 di maggio, il monte della Verna”. Una lapide moderna, sulla piazza di San Leo, ricorda la donazione. Oggi la straordinaria imponenza della rupe e del castello, le figure di rilievo (primo fra tutti Cagliostro, che vi morì nel 1795) che furono imprigionate nelle sue segrete, la vicinanza al litorale di Rimini hanno fatto di San Leo una delle mete più frequentate di questa parte d’Italia.
Raccolti e suggestivi dall’autunno alla primavera, il borgo e la fortezza che lo domina si trasformano nel cuore dell’estate – al pari della vicina San Marino – in una rumorosa succursale delle spiagge, dove avvicinarsi all’avventura spirituale di Francesco diventa un’impresa ardua. Basta poco, però, per ritrovare il carattere della San Leo del passato. D’inverno, in una giornata di vento, una passeggiata lungo gli spalti del forte permette di sentire appieno l’isolamento di questa rupe a metà strada tra l’Adriatico e l’Appennino. D’estate le ore del mattino consentono di apprezzare i panorami non ancora velati dalla foschia verso la valle del Marecchia e le rupi di Perticara e Maioletto, gli elegantissimi interni delle due chiese romaniche, gli echi e i cupi silenzi dei cortili, delle scale, dei saloni e delle celle del forte.
Chi vuole avvicinarsi alla semplicità e allo stretto rapporto con la natura di Francesco non deve mancare, però, una visita al convento di Sant’Igne, costruito a partire dal 1244 nel luogo della sosta notturna del santo e dell’inseparabile fratello Leone. Dotato alla fine del Duecento di un elegante chiostro, arricchito nel secolo successivo da una bella chiesa, il convento versa oggi in condizioni piuttosto cattive, e può essere visitato solo prendendo accordi con l’ufficio turistico di San Leo. Qui passa uno degli itinerari a piedi più piacevoli del Montefeltro. Per chi proviene da Pietracuta e Tausano, l’improvvisa apparizione – pochi minuti oltre Sant’Igne – della parete rocciosa di San Leo è un momento di straordinaria emozione.

PleinAir 314 – settembre 1998

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio