L'Italia di San Francesco/13 - In una Santa Valle

Ai vertici di una croce ideale, San Francesco fondò nella Conca di Rieti quattro santuari. Qui dettò la Regola, istituì il primo presepio, e forse compose il Cantico delle Creature.

Indice dell'itinerario

Non è uno slogan degli enti turistici: il diritto di chiamarsi Valle Santa la Conca Reatina lo ha ereditato da San Francesco che qui è stato più volte ospite, ha fondato ben quattro santuari, scritto la regola dell’Ordine e realizzato il primo presepio della storia. Quando vi giunse la prima volta nel 1208, San Francesco la vide com’è ora: una pianura incorniciata da selve, borghi e castelli. Non a caso proprio a Rieti i papi del Medioevo avevano stabilito la loro residenza estiva. E non a caso il Poverello elesse nella valle alcune delle sue dimore spirituali più amate. Disposti ai vertici di una simbolica croce, immersi nel verde della vegetazione, aggrappati a scoscesi dirupi, i quattro santuari conservano l’atmosfera di pace e quel senso di vicinanza alla natura tanto cari a San Francesco.

Poggio Bustone
La mattina di ogni 4 ottobre un tamburino si aggira per le vie del borgo medioevale e bussa alle porte di ogni casa. Il saluto è identico a quello che il santo rivolse agli abitanti nel momento del suo arrivo a Poggio Bustone: “Buon giorno, buona gente”. La tradizione vuole che sia il capofamiglia a rispondere con “Buon giorno”, rinnovando la cordialità con cui Francesco fu accolto allora. All’abitato si accede attraverso una porta gotica, e subito si ha un colpo d’occhio sul convento di San Giacomo, che lo sovrasta a 818 metri di quota, in bilico su canyon. La miglior visuale è offerta però dallo spiazzo di San Giovanni Battista. La chiesa, collocata nella parte alta del borgo, conserva un affresco di San Francesco che riceve le stimmate, databile intorno al XV secolo.
Per raggiungere il santuario si deve riprendere la strada esterna seguendo il fianco del Monte Rosato. E dal vasto piazzale di arrivo il panorama si apre su gran parte della Conca Reatina: in primo piano gli specchi del Lago Lungo e di Ripa Sottile, sullo sfondo la cortina dei Monti Sabini. In questo luogo San Francesco ebbe alcune rivelazioni, tra cui la spinta ad espandere l’Ordine francescano. La visita del complesso, sorto intorno ad un romitorio primitivo (o Santuario Inferiore), donato al Poverello dai Benedettini, inizia dalla semplice chiesetta dedicata a San Giacomo Maggiore. Prosegue nel convento, rimaneggiato in varie epoche, nel bel chiostro con pozzo e nel refettorio, dove alcune pitture del XVII secolo sono state recentemente restaurate. Il consiglio è quello di chiedere lumi a Padre Goffredo, oggi in pensione, che divide il suo tempo tra la cura dell’orto e gli studi francescani intrattenendo i suoi ospiti con entusiasmo e vitalità contagiosi. Al romitorio, più in basso, si arriva grazie a un passaggio esterno che si sporge sul fianco della montagna. Esiste però anche un Santuario Superiore, dove si trova la grotta delle rivelazioni, da raggiungere con una camminata tra i boschi. Si segue dapprima una breve Via Crucis, fino a una grande scultura. Da qui una scala in pietra scende a toccare un largo sterrato e si prosegue in salita fino ad incontrare (sulla sinistra) un percorso lastricato. Questo s’inerpica nella foresta e dopo mezz’ora conduce a una cappella appoggiata alla roccia.
Poggio Bustone dista da Rieti circa 19 km. Il percorso più veloce consiste nel percorrere la strada 79 diretta a Terni, superare l’abitato di San Nicola e svoltare a destra. Volendo seguire un tracciato alternativo è possibile, in località Tre Strade (3 km dal capoluogo), deviare sulla viabilità minore (consigliabile una digressione a Cantalice, antico borgo arroccato alle falde del Terminillo).

Fonte Colombo
Il convento deve il suo nome allo stesso San Francesco, che sostando a una fresca sorgente la battezzò “Fons columbarum”. Questa è oggi raggiungibile percorrendo un sentiero che, dal piazzale della chiesa, si getta nel bosco sfiorando alcune cappelle.
Il complesso è incorniciato da una boscaglia di lecci e sorge a una quota di poco superiore ai 500 metri. Due importanti momenti della vita del santo sono legati alla sua storia. Il primo è la scrittura della Regola che ha meritato a Fontecolombo l’appellativo di “Sinai francescano”. Il secondo avvenimento, anni più tardi, la difficile e dolorosa cauterizzazione cui il santo si sottopose per curare un’infezione agli occhi, contratta probabilmente in Oriente. Anche qui la visita inizia dalla chiesa, molto rimaneggiata ma con belle vetrate, tra le quali una che illustra proprio quell’intervento, e un espressivo altorilievo ligneo che rappresenta Gesú Cristo nell’atto di dettare la Regola. Usciti dalla chiesa, si accede ad un sentiero lastricato che sfiora il romitorio dove San Francesco abitò. La Cappella della Maddalena, un compatto edificio in pietra, è poco oltre. All’interno, accanto ad affreschi di scuola bizantina, è visibile il Tau del santo, una lettera dell’alfabeto greco carica di significati simbolici. Proprio sotto questa piccola chiesetta si trova il Sacro Speco, un’angusta fessura nella roccia dove Francesco si isolava a meditare.
Fontecolombo si raggiunge dopo circa 7 km da Rieti seguendo le indicazioni per Contigliano, lungo la Via Tancia. Al quarto chilometro, una deviazione a sinistra raggiunge il convento. Un ampio parcheggio precede il sagrato della chiesa. La stessa strada prosegue in salita per altri 2 km fino al borgo di Sant’Elia, ottima base di soggiorno e di pernottamento oltre che punto di partenza per escursioni a piedi sul Monte Serra. Greccio
Greccio è un borgo medioevale a 705 metri con belle mura, torre civica e una simpatica fontana. Sorge alla base del Monte Lacerone, che si vuole frequentato da San Francesco. La cappella che ne celebrava la presenza è purtroppo caduta in disuso e stessa sorte sembra destinata al tradizionale pellegrinaggio che a metà settembre vi conduce frati e fedeli. Si racconta che le suppliche dei paesani convinsero Francesco a scendere a valle per andare a stabilirsi là dove fosse caduto un tizzone ardente scagliato in aria. In quel punto oggi sorge, un paio di chilometri dal centro storico, il Santuario di Greccio, il più celebre della Valle Santa. Il complesso è come un nido d’aquila, in equilibrio sul vuoto. Costruito sulla viva roccia, è circondato da una densa vegetazione: il panorama che si gode dai suoi belvedere è un colpo d’occhio che abbraccia tutta la Valle Santa e il massiccio del Terminillo, spaziando fino alla cima del Gran Sasso. In questo luogo è nato il Presepio, e qui, ogni 24 dicembre, una manifestazione in costume rievoca quel Natale del 1223. Era intenzione di Francesco, racconta il suo biografo San Bonaventura, di celebrare la nascita di Gesù con “ogni possibile solennità, al fine di eccitare maggiormente la devozione dei fedeli”. Grazie all’aiuto di Giovanni Velita, signore del castello di Greccio, poté realizzarsi la prima straordinaria rappresentazione vivente della Natività.
Una lunga scalinata sale oggi al santuario. L’itinerario di visita inizia proprio dalla Cappella del Presepio che sotto l’altare, costruito in tempi recenti, lascia intravvedere il masso sul quale San Francesco depose il Bambinello. Decorano la parete di fondo affreschi di scuola giottesca. Poco oltre, attraverso uno stretto passaggio, il visitatore si trova nel romitorio primitivo, del quale si scorgono le poche cose di cui disponevano San Francesco e i suoi compagni. Oltre il caminetto c’è l’angusto dormitorio sul fondo del quale si trova la celletta del santo. Si deve retrocedere un poco, fino alla cantina, per prendere la scala che conduce al piano superiore. Di grande suggestione è il dormitorio di San Bonaventura, una struttura lignea suddivisa in cellette costruita tra il 1260 e il 1270. Oltre è la chiesina di San Bonaventura, edificata nel 1228, anno della canonizzazione di Francesco. Un piccolo coro, in origine un antico oratorio, obbliga ad una breve sosta prima di tornare all’aperto per ammirare un ritratto di San Francesco sofferente. La visita termina nel vasto piazzale su cui si affacciano una chiesa moderna e un’esposizione permanente di presepi d’ogni genere e materiale. La cella in cui il santo amava ritirarsi è quasi un tutt’uno con la montagna, poco distante dalla grotta del Beato Giovanni da Parma. Da qui, un bel sentiero nel bosco sale verso l’altopiano di Stroncone, eccezionale terrazza sulla Valle Santa (due ore e mezzo tra andata e ritorno).
Il santuario dista da Rieti una ventina di chilometri. Il percorso più panoramico segue le indicazioni per Contigliano, bel borgo arroccato che merita una sosta. Due km e mezzo dopo un bivio a sinistra punta all’abitato di Greccio, sfiorando i resti di un’antica abbazia in corso di restauro. Il tracciato, benché privo di difficoltà, si presenta più ripido e tortuoso di una seconda deviazione che s’incontra 3 km più avanti, via d’accesso preferita da autobus e camper. Questa lambisce la base del santuario, dove un piazzale sterrato è ideale per il pernottamento libero.
Ma poco più avanti si apre un altro parcheggio, asfaltato e attrezzato (bagni pubblici, ufficio accoglienza e un gabbiotto in legno della Pro Loco troppo spesso deserto). Proseguendo sulla stessa strada ci si ricongiunge in breve al paese (parcheggio sulla piazza).

La foresta
Conosciuto un tempo come San Fabiano, il Santuario di Santa Maria della Foresta è stato oggetto di numerosi studi tesi a dimostrare che San Francesco scrisse in questo cenobio, e non a San Damiano d’Assisi, il Cantico delle Creature. Il convento ospita oggi una comunità di religiosi impegnati in diverse attività, tra le quali la creazione di presepi ricavati da radici e tronchi d’albero. Il santuario riposa al’ombra di castagni e roveri, in posizione collinare alla base del Monte Terminillo. All’arrivo si è accolti dalle edicole di una Via Crucis in maioliche di scuola napoletana (secolo XVIII). Sostando per osservarle, appare il sottostante complesso religioso, preceduto da una vigna che è il vero emblema del luogo. Ricorda infatti il miracolo che San Francesco compì per ringraziare il suo ospite, il curato di San Fabiano. Quando il santo arrivò qui nel 1225 per un riposo di quasi due mesi in preparazione dell’intervento agli occhi, i fedeli che vennero a salutarlo in gran numero spogliarono dell’uva già matura la vigna del prete; ciononostante, la vendemmia fu più abbondante del solito. L’episodio segnò l’inizio dei lavori per la costruzione del primo convento, rimaneggiato nel corso dei successivi secoli. Il piccolo chiostro a pozzo centrale introduce il visitatore nel complesso che ospita la Chiesa di Santa Maria, edificata dai Romiti. Questa è adiacente alla originaria chiesina di San Fabiano venuta alla luce nel 1947 dopo lunghe ricerche. Poco distante si trova l’accesso alla Domus, l’abitazione in cui Francesco soggiornò e dove si trova la vasca in cui furono pigiate le uve miracolose. La visita termina con una sosta nella grotta in cui il santo si raccoglieva in meditazione.
Il convento dista appena 5 km dal capoluogo ed è per i reatini una meta abituale delle passeggiate suburbane. Un bel piazzale alberato ne completa l’ambientazione e si offre ad un tranquillo pernottamento.

PleinAir 314 – settembre 1998Oltre il caminetto c’è l’angusto dormitorio sul fondo del quale si trova la celletta del santo. Si deve retrocedere un poco, fino alla cantina, per prendere la scala che conduce al piano superiore. Di grande suggestione è il dormitorio di San Bonaventura, una struttura lignea suddivisa in cellette costruita tra il 1260 e il 1270. Oltre è la chiesina di San Bonaventura, edificata nel 1228, anno della canonizzazione di Francesco. Un piccolo coro, in origine un antico oratorio, obbliga ad una breve sosta prima di tornare all’aperto per ammirare un ritratto di San Francesco sofferente.
La visita termina nel vasto piazzale su cui si affacciano una chiesa moderna e un’esposizione permanente di presepi d’ogni genere e materiale. La cella in cui il santo amava ritirarsi è quasi un tutt’uno con la montagna, poco distante dalla grotta del Beato Giovanni da Parma. Da qui, un bel sentiero nel bosco sale verso l’altopiano di Stroncone, eccezionale terrazza sulla Valle Santa (due ore e mezzo tra andata e ritorno).
Il santuario dista da Rieti una ventina di chilometri. Il percorso più panoramico segue le indicazioni per Contigliano, bel borgo arroccato che merita una sosta. Due km e mezzo dopo un bivio a sinistra punta all’abitato di Greccio, sfiorando i resti di un’antica abbazia in corso di restauro. Il tracciato, benché privo di difficoltà, si presenta più ripido e tortuoso di una seconda deviazione che s’incontra 3 km più avanti, via d’accesso preferita da autobus e camper. Questa lambisce la base del santuario, dove un piazzale sterrato è ideale per il pernottamento libero.
Ma poco più avanti si apre un altro parcheggio, asfaltato e attrezzato (bagni pubblici, ufficio accoglienza e un gabbiotto in legno della Pro Loco troppo spesso deserto). Proseguendo sulla stessa strada ci si ricongiunge in breve al paese (parcheggio sulla piazza).

La foresta
Conosciuto un tempo come San Fabiano, il Santuario di Santa Maria della Foresta è stato oggetto di numerosi studi tesi a dimostrare che San Francesco scrisse in questo cenobio, e non a San Damiano d’Assisi, il Cantico delle Creature. Il convento ospita oggi una comunità di religiosi impegnati in diverse attività, tra le quali la creazione di presepi ricavati da radici e tronchi d’albero.
Il santuario riposa al’ombra di castagni e roveri, in posizione collinare alla base del Monte Terminillo. All’arrivo si è accolti dalle edicole di una Via Crucis in maioliche di scuola napoletana (secolo XVIII). Sostando per osservarle, appare il sottostante complesso religioso, preceduto da una vigna che è il vero emblema del luogo. Ricorda infatti il miracolo che San Francesco compì per ringraziare il suo ospite, il curato di San Fabiano. Quando il santo arrivò qui nel 1225 per un riposo di quasi due mesi in preparazione dell’intervento agli occhi, i fedeli che vennero a salutarlo in gran numero spogliarono dell’uva già matura la vigna del prete; ciononostante, la vendemmia fu più abbondante del solito.
L’episodio segnò l’inizio dei lavori per la costruzione del primo convento, rimaneggiato nel corso dei successivi secoli. Il piccolo chiostro a pozzo centrale introduce il visitatore nel complesso che ospita la Chiesa di Santa Maria, edificata dai Romiti. Questa è adiacente alla originaria chiesina di San Fabiano venuta alla luce nel 1947 dopo lunghe ricerche. Poco distante si trova l’accesso alla Domus, l’abitazione in cui Francesco soggiornò e dove si trova la vasca in cui furono pigiate le uve miracolose. La visita termina con una sosta nella grotta in cui il santo si raccoglieva in meditazione.
Il convento dista appena 5 km dal capoluogo ed è per i reatini una meta abituale delle passeggiate suburbane. Un bel piazzale alberato ne completa l’ambientazione e si offre ad un tranquillo pernottamento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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