L'isola delle tartarughe

Più Africa che Europa, più vicina alla Tunisia che alla Sicilia. Lampedusa e il suo mare avvolgono il visitatore con le impressioni forti di una terra lontana e appartata, e con un rito tra i più belli e arcani del mondo animale.

Indice dell'itinerario

L’isola delle tartarughe, il più remoto angolo d’Italia sperduto nelle acque del Canale di Sicilia, un giorno dell’estate scorsa – l’11 luglio, per la precisione – compare in prima pagina sul quotidiano più famoso del mondo. E di certo non per le tartarughe. L’articolo del New York Times è dedicato alla tragedia continua degli sbarchi clandestini: agli immigrati nordafricani, al loro viaggio drammatico sulle carrette del mare, al porticciolo che “sta diventando un cimitero di navi perché gli arrivi dei battelli dei clandestini sono stati così numerosi in giugno da non consentire alle autorità italiane di liberare le acque”. Nella giornata d’inverno in cui scriviamo queste note di turismo, le agenzie di stampa battono titoli su 291 immigrati sbarcati tra un’alba e un tramonto, la metà dei quali su un vecchio barcone di legno di 12 metri.
Gli italiani a Lampedusa ci vanno per il mare: bellissimo, dal colore incredibilmente turchese, si distende davanti a una costa quasi sempre alta e rocciosa che ospita i nidi degli uccelli marini e dei falchi; le poche spiagge offrono scorci tropicali, sabbia bianca e scogli selvaggi, regno dei gabbiani. Nei ristoranti del centro i camerieri servono prelibatezze a base di pesce spada, ricciola, tonno. Un sole africano riscalda tutto l’anno residenti e visitatori, con temperature medie mai al di sotto dei 15 gradi. Sono ingredienti alla base del successo turistico di tante piccole isole: ma in Italia solo Lampedusa ha una carta in più, e si chiama Caretta Caretta.

Notte d’estate
Lampedusa e la vicina Linosa (vedi PleinAir n. 374) ospitano gli unici siti d’Italia dove si riproducono le tartarughe marine. In una notte d’inizio estate, la femmina già fecondata esce dal mare e va a deporre le uova (un centinaio, grandi come una pallina da ping pong, che impiegheranno circa due mesi a schiudersi) in una buca scavata laboriosamente con tutte e quattro le zampe. Questo è l’unico contatto della specie con la terraferma: poi, stremata dalla deposizione, la tartaruga ricopre tutto con la sabbia e torna in mare.
Nonostante questa presenza duri lo spazio di una notte, lascia un segno forte sull’intera estate isolana, e non potrebbe essere altrimenti. L’attesa dell’evento, la recinzione e poi la sorveglianza dei nidi, la data sempre imprevedibile della schiusa sono tra gli argomenti obbligati anche in spiaggia, tra vicini di ombrellone. Il numero crescente di visitatori nei due centri di recupero e cura per tartarughe ferite (uno del CTS, dedicato in particolare ai delfini, e l’altro del WWF) e la piccola folla che accorre ad assistere a ogni liberazione in mare ne sono un altro segno tangibile.
Nel centro abitato, al contrario, commercianti e operatori turistici non sembrano ancora aver colto appieno le potenzialità di questo formidabile motivo di richiamo. Una miopia che partecipa di una più generale politica turistica ancora rudimentale e finora sostanzialmente anarchica (nonostante il suo potenziale distruttivo, evidente anche solo paragonando i 200.000 visitatori annui ai circa 6.000 residenti), d’altronde a sua volta inquadrata in un contesto sociale e urbanistico difficile che, agli occhi del visitatore, ha innanzitutto il volto dell’edilizia dilagante e senza qualità, dei rifiuti, della precarietà dei servizi.

Un turismo sostenibile
Per voltar pagina, persino banale ribadirlo, a Lampedusa occorre puntare tutto sulla conservazione delle risorse naturali. Dal 1995 una riserva di 367 ettari protegge l’angolo più bello dell’isola, cioè la celebre Spiaggia dei Conigli, proprio quella scelta anno dopo anno dalle tartarughe per riprodursi. L’area protetta, che include il prospiciente isolotto omonimo e i tratti di costa adiacenti, è affidata in gestione a Legambiente e grazie ad essa si è riusciti ad arginare la minaccia costituita da una pressione turistica eccessiva (2.000 presenze e 600 mezzi motorizzati nei giorni di punta) e dall’erosione del suolo, accelerata da una pista di accesso alla spiaggia ora vietata al traffico veicolare. Il divieto di entrarvi nelle ore notturne, la pulizia quotidiana serale e la rimozione dei resti delle imbarcazioni utilizzate per gli sbarchi di immigrati clandestini (cui la Spiaggia dei Conigli e quella di Cala Pulcino offrono approdi privilegiati) sono altre azioni importanti per garantire la salvaguardia della zona dove i rettili depongono le uova, ma anche la qualità del soggiorno a migliaia di turisti. A fine 2002 si è aggiunta l’istituzione dell’area marina protetta che comprende i tratti di mare circostanti le isole Pelagie (Lampedusa, Linosa e Lampione), con la regolamentazione della pesca e del traffico delle imbarcazioni da diporto. Tra i provvedimenti necessari per migliorare l’offerta turistica, si è inoltre segnalata la scorsa estate un’ordinanza di divieto di sbarco alle auto dei non residenti, emessa per la prima volta dal sindaco. E a incoraggiare la possibile svolta è arrivato il riconoscimento di Legambiente e Touring Club, con l’assegnazione delle Cinque Vele e l’inclusione nella Guida Blu 2003.

Spiagge e non solo
Cosa si fa a Lampedusa, a parte naturalmente i bagni di sole e di mare? Una buona idea può essere quella di noleggiare una mountain bike o uno scooter e andarsene alla scoperta dell’isola, lunga al massimo 11 chilometri e larga 3, percorsa anche da un servizio di trasporto pubblico con passaggi ogni ora. L’interno è quasi privo di vegetazione, senza alberi se non quelli piantati dalla Forestale, e pure senza attrattive tranne i rari e autentici dammusi (abbondano invece le imitazioni per un turismo residenziale).
Se la costa settentrionale offre pareti a picco ricche di grotte, quelle meridionali e orientali presentano invece numerose cale sabbiose che vale la pena esplorare. A parte la rete stradale, abbastanza estesa tra la costa orientale e il panoramico rilievo di Albero Sole (con i suoi 133 metri è il punto più alto dell’isola), anche le numerose piste sterrate sono facile terreno di scoperta per le bici oppure per passeggiate a cavallo. All’interno della riserva sono poi possibili diverse escursioni a piedi, da effettuare con guida del personale di Legambiente: il sentiero dal Vallone dell’Acqua e quello della Forbice, attraversando rimboschimenti a pino, acacia e carrubo, l’altro sentiero fino alla splendida Cala Pulcino, il percorso di Cala Galera tra superstiti arbusti della macchia mediterranea. Qui, nel gennaio 2002, sono stati abbattuti gli scheletri di cemento del cosiddetto Villaggio Sindona, dodici villini abusivi a due livelli: il simbolo di un passato che, anche nell’isola delle tartarughe, non deve tornare.

PleinAir 379 – febbraio 2004

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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