L'impero dipinto

Architetture nobili, chiese campestri, rustiche cascine si incontrano a ogni angolo nella provincia di Alessandria: andiamo a visitarla con i modi e i mezzi del pleinair, arrivando a scollinare verso la Liguria in un sorprendente mosaico di grandi e piccole bellezze.

Indice dell'itinerario

Dalla Pianura Padana all’Appennino Ligure, il territorio dell’Alessandrino si presenta con una varietà di paesaggi e di situazioni tale da rendere particolarmente stimolante la sua esplorazione in libertà. Di tappa in tappa si rintraccia con piacere il filo di una storia intessuta di grandi eventi e di un’arte che ha visto operare importanti figure della scena piemontese e non solo, ma anche contesti naturalistici peculiari che, soprattutto verso le medie e alte quote, offrono inattese possibilità di fruizione. In camper si trovano valide occasioni di sosta, il che consente di calibrare l’itinerario a seconda dei propri interessi; non da ultimo, la facilità di accesso dalle grandi vie di comunicazione fa di questo lembo del Piemonte un contesto ideale per i viaggi brevi, da comporre in base al tempo a disposizione.

 

Seguendo Napoleone

E' di origine romanica il Palazzo Comunale di Castelnuovo Scrivia, introdotto da un piccolo portico
E’ di origine romanica il Palazzo Comunale di Castelnuovo Scrivia, introdotto da un piccolo portico

Per il nostro approccio con la parte sud-orientale della provincia scegliamo Castelnuovo Scrivia (a un chilometro dall’omonimo casello autostradale della Milano-Genova), che fu libero comune e poi marchesato. Subito incontriamo uno dei protagonisti della storia locale: nativo del paese era Matteo Bandello, singolare figura di domenicano che nel ‘500 scrisse oltre duecento novelle spiritose e spesso maliziose e fu utile fonte di informazioni su luoghi ed eventi del suo tempo. In Piazza Vittorio Emanuele, dal rustico acciottolato, la chiesa di San Pietro e Paolo col suo portale romanico fronteggia l’antico Palazzo del Comune.

Procedendo verso Alessandria, scopriamo nel gradevole borgo di Piovera un imponente maniero viscontiano circondato da un folto parco: l’adattamento seicentesco a residenza signorile non ne nasconde il degrado, ma si nota la coloritura in nero di parte degli esterni adottata in segno di lutto per la morte di Napoleone dal castellano dell’epoca e mai più rimossa.

Costruito in epoca viscontiana, il castello di Piovera fu più tardi adattato a residenza gentilizia
Costruito in epoca viscontiana, il castello di Piovera fu più tardi adattato a residenza gentilizia

A due passi ci attende una delle mete più famose tra quelle legate alla vita del Bonaparte. Nella famosa battaglia di Marengo il 14 giugno del 1800 si fronteggiarono truppe napoleoniche e austriache: dagli scontri del mattino uscirono sconfitti i francesi, ma nel pomeriggio l’arrivo dei reggimenti del generale Desaix, avvertito dal lontano rombo dei cannoni, rovesciò la situazione. Di quella vittoria Napoleone fu sempre particolarmente fiero tanto che, nel quinto anniversario, ne volle una rievocazione in grande stile alla quale assistette insieme alla moglie Giuseppina, progettando nel frattempo di costruire a Marengo una Città delle Vittorie con archi di trionfo e strade intitolate ai suoi successi militari. L’idea non ebbe seguito, ma anche dopo Waterloo e la morte in esilio a Sant’Elena molti restarono gli estimatori dell’imperatore: tra loro il farmacista Giovanni Delavo che nel 1845 impegnò le proprie risorse nella costruzione di una villa nella quale sarebbero stati esposti i cimeli della battaglia che infaticabilmente andava raccogliendo; resosi però conto che l’impresa prosciugava le sue disponibilità, ripiegò su una semplice facciata dove fregi, lesene e colonne venivano simulati da pitture trompe l’oeil (restaurate una prima volta nel 1968 e poi in anni recenti durante uno stage della Scuola Edile di Alessandria), come nel vicino affresco che riproduce edifici e cupole di una Città delle Vittorie esistita solo nella fantasia.

Entrambe le opere si possono ammirare fermandosi in paese per visitare il Museo Napoleonico, che include la stanza dell’antica locanda di cui l’Imperatore si sarebbe servito per alcuni giorni; il viaggiatore pleinair potrà invece chiedere la cortesia della sosta al successivo distributore Agip. Nella stradina dietro la villa, la cosiddetta torre di Teodolinda è una costruzione medioevale servita probabilmente in quel giugno del 1800 come punto d’osservazione.

 

Amore e guerra

L'uso dei mattoni a vista è assai frequente nell'Alessandrino, anche nelle architetture rurali, come in questa cascina fortificata
L’uso dei mattoni a vista è assai frequente nell’Alessandrino, anche nelle architetture rurali, come in questa cascina fortificata

Alessandria nacque nella seconda metà del Millecento in funzione antimperiale per volontà di papa Alessandro III, che intendeva mettere solidi bastoni tra le ruote del Barbarossa: una vocazione strategica che la città avrebbe visto riaffermarsi nel corso dei secoli. Legata alla regione lombarda e poi alla dominazione spagnola, nel ‘700 fu dotata dai Savoia di una fortezza a forma di stella a sei punte (ancora oggi zona militare) che si erge sulla sponda settentrionale del Tanaro.
Sulla riva opposta, il centro storico in veste sette-ottocentesca con numerose architetture in mattoni a vista ha il suo fulcro in Piazza Libertà, su cui si affacciano edifici di notevole interesse. Palazzo Ghilini, da quasi centocinquant’anni sede di uffici pubblici, è una costruzione in cotto di sobrio barocco piemontese; sul Palazzo Comunale porticato svetta la silhouette rotante di un gallo a rammentare il tradizionale campanilismo tra Alessandria e Casale Monferrato, cui il simbolico segnavento fu tolto durante una scaramuccia nel 1215, mentre nella parte alta della facciata si ammira un complesso orologio astronomico, piccola meraviglia delle scienze del XVIII secolo.

La cattedrale in stile neoclassico
La cattedrale in stile neoclassico

Occorre invece avvicinarsi al moderno palazzo delle Poste per notare la deliziosa sequenza di mosaici che ne decorano la base: li firmò il futurista Gino Severini, illustrando l’evoluzione della posta e del telegrafo con richiami alla mitologia. Nella piazza si trovava anche il duomo medioevale, ma il solito Napoleone nel 1803 non esitò ad abbatterlo per ampliare lo spazio che intendeva destinare a parate militari: lo sostituisce il secondo e possente duomo neoclassico, realizzato nel corso dell’Ottocento, che si raggiunge percorrendo brevemente Via Parma. Tornati in piazza, dallo stesso angolo si diparte Via Cavour che vi converrà seguire fino al civico 39 per entrare nell’ex chiostro di San Francesco e accedere all’esposizione permanente delle Stanze di Artù, rarissima serie di affreschi di fine ‘300 che rappresenta le vicende del ciclo bretone della Tavola Rotonda, di Re Artù, della bella Ginevra sua sposa e del valoroso cavaliere Lancillotto. Al primo sguardo si è subito coinvolti nelle suggestioni di un Medioevo cortese in cui le tenzoni d’amore non furono da meno di quelle d’armi: mentre Lancillotto aspira a Ginevra, di lui s’invaghisce la dama di Malohaut a sua volta amata dal cavaliere Galheot, divenuto fraterno amico di Lancillotto dopo esserne stato sconfitto in torneo… ma tutto alla fine si sistema. Oltre alla qualità estetica, l’importanza di queste non comuni pitture profane sta nell’aderenza al racconto di Chrétien de Troyes e nell’essere le più antiche su questo tema giunte fino a noi: scoperte nel 1971 all’ultimo piano di una torre gentilizia del contado, dalla quale vennero poi distaccate, rappresentano da qualche tempo una meta cittadina di eccezionale interesse.

In pieno centro, le antiche scuderie che ospitano il museo etnografico 'C'era una Volta'
In pieno centro, le antiche scuderie che ospitano il museo etnografico ‘C’era una Volta’

Percorrendo infine Via dei Guasco si può ammirare il settecentesco Palazzo Guasco, nella sua semplicità uno dei più raffinati. Deviando in Via Bologna, verso il quartiere Rovereto che fu zona di fondazione del primo abitato, si incontra la chiesa di Santa Maria di Castello risalente forse all’VIII o IV secolo e più volte ricostruita: il disponibile parroco non esiterà a guidarvi, in sotterranei ben illuminati, tra i resti delle diverse edificazioni.

 

Monasteri di pianura

La basilica di Santa Croce a Bosco Marengo
La basilica di Santa Croce a Bosco Marengo

Tutti gli anni, nella seconda domenica di luglio, motociclisti di mezza Europa si danno convegno a Castellazzo Bormida per rendere omaggio alla Madonna della Creta, loro protettrice dal 1947: tra gli ex voto esposti nel santuario troviamo caschi e talvolta la moto stessa. Sotto la dominazione lombarda le mura del borgo furono rafforzate da Ludovico il Moro con una dozzina di torri, delle quali resta in piedi un curioso torrione semicircolare da orologio. Meritano attenzione anche diverse chiese, costruite in mattoni come in tutta questa piana cosparsa di rosseggianti cascine: la più interessante, per gli affreschi dell’abside e la campestre serenità, è la medioevale Trinità da Lungi a sud-est del paese; nell’ultimo tratto, passati accanto a una costruzione bianca dove potrete chiedere le chiavi, lo sterrato supera un passaggio a livello senza sbarre. Il nome di Bosco Marengo deriva dalle selve che coprivano un territorio prediletto dai nobili per la caccia e più tardi rifugio del bandito antifrancese Majno della Spinetta, che osò rapinare le carrozze di Pio VII in viaggio col suo seguito verso Parigi. Originario di qui era anche un altro papa, Pio V Ghislieri, che fu intransigente riformatore del clero ed energico promotore della crociata del mare conclusasi con la battaglia di Lepanto: nel suo luogo natale volle far costruire il complesso monastico di Santa Croce (dove chiese di essere tumulato ma senza successo), notevole realizzazione del tardo Rinascimento nella quale sono conservate quattro grandi tele del Vasari portate dallo stesso pontefice, tra cui un Giudizio Universale.

L'arco d'ingresso nella corte della bellissima abbazia cistercense di Rivalta Scrivia
L’arco d’ingresso nella corte della bellissima abbazia cistercense di Rivalta Scrivia

Procedendo alla sinistra del sagrato si trova un ampio parcheggio adatto al pernottamento, ma conviene proseguire per Rivalta Scrivia se si vuole sperimentare la suggestione dell’arrivo pomeridiano all’abbazia cistercense di Santa Maria. Al termine del viale alberato, un arco sormontato da merli dà accesso a un’ampia corte dove gli ultimi raggi del sole calante filtrano tra i rami degli ippocastani, in un silenzio d’altri tempi. All’esterno si trova il portale della cascina, dove ancora si lavora intorno a un gregge di duecento bianche caprette il cui latte è impiegato per produrre un’ottima robiola (acquistabile allo spaccio). Don Modesto ci racconterà le vicissitudini storico-artistiche della chiesa: qui ricordiamo il bell’interno di carattere gotico, adorno di pitture e affreschi, e la sopravvissuta sala capitolare del monastero con le sue trifore. Va anche detto che la nobile abbazia dovette subire un affronto immeritato alla fine del ‘600 quando un certo Airoli, che aveva acquisto il feudo, nel costruire il proprio palazzo si accorse che la chiesa gli toglieva aria e “con licenza delli superiori” ne abbatté la prima delle quattro campate e la facciata.
Rivalta Scrivia è una frazione di Tortona dove non mancheremo la visita al Museo Archeologico della più antica colonia romana della regione, a Piazza Duomo e al palazzetto medioevale in cui sono esposte una dozzina di tele del grande Pellizza da Volpedo, che ritroveremo fra breve. In periferia sorge il santuario della Madonna della Guardia voluto dall’apostolo di carità Don Orione, che era di queste parti: è sormontato da un’enorme statua in bronzo dorato della Madonna col Bambino, visibile a grande distanza.

 

Risalendo la Val Curone

Un intenso paesaggio di Giuseppe Pellizza che a Volpedo, suo paese natale, è protagonista di un originale museo diffuso
Un intenso paesaggio di Giuseppe Pellizza che a Volpedo, suo paese natale, è protagonista di un originale museo diffuso

Con Tortona la pianura ha cominciato a mostrare i primi rilievi collinari. Dopo una sosta alla pieve romanica di Santa Maria all’uscita dell’abitato di Viguzzolo, eccoci a Volpedo dove Giuseppe Pellizza, dopo gli anni di formazione nelle accademie artistiche nazionali, scelse di tornare e lavorare per il resto dei suoi giorni, suggellando il legame con il paese dove era nato nel 1868 in quel “da Volpedo” con cui volle integrare il proprio nome d’artista. Se la vostra fantasia è stata colpita da quel formidabile e partecipato ritratto sociale che è il Quarto Stato, con l’associazione di volontariato Pellizza da Volpedo potrete saperne di più sulla vita del pittore e sui luoghi in cui amava dipingere en plein air.
Oltre Volpedo e i suoi rinomati frutteti, la strada segue il solco del Curone insinuandosi tra paesaggi di dolci colline. A Brignano Frascata si trovano il Castello Bruzzo e un centro d’informazioni sulla valle con ricca biblioteca, mentre una passeggiata nel piccolo centro storico di San Sebastiano Curone, anch’esso dominato da un castello, permette di scoprire i palazzi Mazza Galanti e Pollini, singolari esempi del periodo liberty.

In Val Curone, il sentiero che sale al Rifugio Orsi dal piccolo centro turistico di Caldirola
In Val Curone, il sentiero che sale al Rifugio Orsi dal piccolo centro turistico di Caldirola

Da qui la strada sale sensibilmente verso la testa della valle, tra borghi dispersi nelle pieghe della montagna. In località Morigliassi a Fabbrica Curone si sfiora un campeggio, per poi toccare quota 1.000 nel piccolo centro turistico di Caldirola: l’asfalto prosegue fino al piazzale di una seggiovia per terminare più su a una colonia montana, punto di partenza dei sentieri per escursioni estive al Monte Giarolo, al Rifugio Orsi e al Monte Ebro. Quanto alla seggiovia, che copre un dislivello di 300 metri, d’inverno è usata per lo sci (la stazione invernale è in funzione da quasi ottant’anni) e nella bella stagione per il downhill in rampichino.Ridiscesi a Morigliassi, ci troviamo a un punto di svolta del nostro itinerario. Un percorso in costa, non largo ma pochissimo frequentato e di notevole qualità panoramica, discende alla Val Borbera: vi si incontrano qualche rustico villaggio nemmeno segnato sulla carta e, a Borgo Adorno, un solido e ben conservato castello genovese adibito a residenza signorile.

Motivi liberty sulla facciata di Palazzo Pollini a San Sebastiano Curone
Motivi liberty sulla facciata di Palazzo Pollini a San Sebastiano Curone

A fondovalle, divenuta la strada larga e veloce, la selvatica bellezza della gola delle Strette incoraggerà più di una pausa fino ad arrivare a Vignole Borbera e all’autostrada. Se invece non è ancora giunto il momento di rientrare, questo è il punto di partenza ideale per la seconda parte del percorso.

 

Tra il mare e il Po

Un angolo di Voltaggio con l'antico ponte sul Lemme
Un angolo di Voltaggio con l’antico ponte sul Lemme

La parte meridionale dell’odierna provincia di Alessandria fu a lungo zona strategica per i commerci di Genova con la Pianura Padana: da ciò deriva l’antico toponimo di Oltregiogo, trovandosi le terre piemontesi al di là dell’Appennino per chi partiva dalla costa. Divenuta una potenza marinara, la Dominante avvertì la necessità di estendere all’interno la sua influenza acquisendo Voltaggio nel 1121, Gavi nel 1202, Ovada nel 1447 e l’avamposto commerciale di Novi Ligure nella prima metà del ‘500, fino a garantirsi un accesso alla Valpadana libero da gabelle e pedaggi. Il primo valico, quello di Reste, fu sostituito dalla Bocchetta che divenne rotabile nella seconda metà del XVI secolo e rimase a lungo asse preferito (per amici e nemici!) tra Genova e il nord. La strada dei Giovi avrebbe visto la luce solo nel 1823 sotto i Savoia.
Noi proseguiamo il viaggio dal versante settentrionale ripartendo da Vignole Borbera, che dista pochi chilometri da Serravalle Scrivia. Seguendo brevemente la statale 35 si arriva ai resti romani di Libarna, nodo di transito sulla Via Postumia che giungeva fin sull’Adriatico ad Aquileia. Per la visita dell’area archeologica (in special modo il teatro e l’anfiteatro) conviene lasciare il mezzo al parcheggio sulla nazionale e percorrere il breve sterrato che sovrappassa la ferrovia.
La possente fortezza di Gavi, con bastioni a stella adattati alle forme dello sperone roccioso che sormonta il paese, fu opera genovese della fine del ‘500 ampliata nei secoli successivi; la visita (circa un’ora, con guide che illustrano le parti più interessanti del complesso) è possibile solo a piedi, partendo dalla piazza del paese mediante un sentiero che richiede circa 20 minuti, mentre salirvi con il camper – anche se di piccole dimensioni – risulta impossibile a causa della carreggiata stretta, di alcuni tornantini e di un passaggio in curva a margine di uno strapiombo senza piazzole di scambio. Per visitare il centro conviene avvicinarsi dal lato opposto, quello del ponte sul Lemme, prima del quale fermare il mezzo: da qui l’abitato, in cui spicca la chiesa medioevale di San Giacomo con bel portale e campanile ottagonale, appare in una pittoresca vista di sapore già ligure. Se l’ora è quella giusta troverete da gustare la classica farinata di ceci da consumare ancora calda, accompagnandola magari a un bicchiere del noto Cortese DOCG.

In piazza Dellepiane, una delle facciate dipinte in stile genovese che caratterizzano il centro di Novi Ligure
In piazza Dellepiane, una delle facciate dipinte in stile genovese che caratterizzano il centro di Novi Ligure

Il nostro intento sarebbe ora di puntare su Novi Ligure per il tracciato più interessante, che si diparte anch’esso dalla piazza centrale di Gavi, ma l’inizio angusto e di dubbia percorribilità per i veicoli più grandi (assenti i segnali di limite delle dimensioni) ci farà preferire il giro lungo, riprendendo la 35. Entrando in città, a Corso Marenco nei pressi dei giardini della stazione si trova un parcheggio orario adatto alla visita del centro storico, e altri ce ne sono poco più avanti sulla destra. La strada commerciale del nucleo antico è Via Girardengo, dove la luce del sole scava trame d’ombra nel cotto della chiesa di San Nicolò; qui inizierete a vedere le decorazioni architettoniche trompe l’oeil che erano usuali in Liguria, ad esempio sui palazzi gentilizi del XVII e XVIII secolo.

Da Piazza Dellepiane si sale facilmente al sovrastante parco del castello e alla svettante torre duecentesca in laterizio che è quanto rimane di un maniero fondato nel Mille. Per scoprire invece una bella invenzione del barocco domandate della chiesa della Maddalena, dove l’abside è scena di un Calvario di Cristo folto di figure a grandezza naturale scolpite in legno e dipinte; è invece in terracotta la sottostante Pietà, questa pure degna d’attenzione. Tornati in Corso Marenco, sotto i portici attende i golosi una vetrina dei prodotti dolciari classici di Novi. Conviene invece riprendere il mezzo se si vuole visitare il Museo dei Campionissimi (con parcheggio), tappa praticamente obbligata degli appassionati di ciclismo nella provincia natale di Costante Girardengo e Fausto Coppi.

 

Fra terme e castelli

Il palazzo Comunale di Sezzadio e la chiesa dell'immacolata
Il palazzo Comunale di Sezzadio e la chiesa dell’immacolata

L’abitato di Sezzadio, che si raggiunge scavalcando l’autostrada, è annunciato in lontananza dalla cupola e dall’altissimo campanile di una grande chiesa neogotica di inizio ‘900. Una meta di prima grandezza nel quadro del romanico in Piemonte è invece, a breve distanza dal paese, la chiesa abbaziale di Santa Giustina voluta nel 1030 dal marchese Otbertus su un’edificazione longobarda dell’VIII secolo: traversie e adattamenti (divenne anche tenuta agricola) non le hanno tolto nulla del suo fascino, con gli interessanti affreschi e l’eleganza della facciata divenuta torre mantenendo i leggeri ornamenti originali.
Una strada secondaria permette di raggiungere Castelnuovo Bormida sfiorandone il castello, che tra parti di differenti epoche conserva il mastio del Mille; in ottimo stato la struttura del ponte levatoio, visibile nella parte opposta all’attuale portone d’ingresso.

Cassine, lungo la statale 30 che segue la Val Bormida, una bretella poco a sud consente di pervenire alla parte alta (la zona Guglioglio) senza invischiarsi in stradine di incerta praticabilità. Il quartiere è caratterizzato da vari edifici di atmosfera medioevale, molti dei quali in cotto; da rammentare la chiesa di San Giacomo, col suo tozzo campanile, e quella di San Francesco, entrambe munite di contrafforti dopo un terremoto nel ‘600.

 

Le rigorose forme duecentesche della chiesa di San Francesco a Cassine
Le rigorose forme duecentesche della chiesa di San Francesco a Cassine

Eccoci ora nella gradevole cittadina di Acqui Terme (ma qui, con le località vicine, siamo fuori dall’area di tradizione spiccatamente genovese). Arrivandovi da nord converrà tenere sempre dritto fino a Via Roma, svoltando alla prima traversa a destra per accedere a un vasto parcheggio illuminato. A pochi minuti di passeggiata inizia Corso Italia, vivace strada di caffè e negozi, il cui andamento serpeggiante dipenderebbe dall’esistenza di un rio che venne coperto a fine ‘700. Da qui si accede direttamente a Piazza della Bollente, dove sgorga la fonte a 75°C ben nota fin dall’età romana e utilizzata per le terme di cui sono stati trovati i resti: specie nei finesettimana c’è sempre gente in attesa che il bicchiere si raffreddi quanto basta per poter bere. Una scalinata con arco dà invece verso il bel duomo, che conserva transetto e absidi in stile romanico mentre il resto risale a differenti epoche – Medioevo per il campanile, Rinascimento per il portale, Cinquecento per il chiostro, Seicento per il pronao – pur mostrandosi ben armonizzato. Per la stradina che fiancheggia la chiesa si può raggiungere l’ex castello, fondato dalla dinastia bizantina dei Paleologhi e oggi museo archeologico dei reperti romani della città.

Da Corso Italia, nel vivace nucleo storico di Acqui Terme
Da Corso Italia, nel vivace nucleo storico di Acqui Terme

Ancora da Corso Italia si può raggiungere la chiesa più antica di Acqui, San Pietro, di origine paleocristiana con l’ammirevole gruppo delle absidi e ancora un campanile ottagonale di alto contenuto simbolico. A Piazza Italia, termine del corso, la chiara Fontana delle Naiadi ha per sfondo l’insegna del Grand Hotel Thermes, con relativi impianti: proprio qui inizia Via dei Bagni, che, passata accanto agli archi dell’acquedotto romano, conduce al rinnovato stabilimento termale Regina.
Proseguendo in direzione di Ovada, a Visone una torre del Trecento è quanto resta del castello dei Malaspina. Un maniero cinquecentesco adibito a residenza signorile si trova invece con una breve deviazione a Prasco e così pure a Cremolino, dove un’antica porta dà accesso a piedi al centro storico (possibilità di parcheggio in basso, accanto all’ufficio postale). Qualche chilometro oltre Cremolino una strada a destra permette di salire al santuario della Bruceta, del 1100, il cui nome deriverebbe dall’incendio appiccato in un’incursione saracena: curiosa l’abside che attualmente funge da anticamera dell’ingresso. Anche Molare presenta un castello suggestivo nelle sue forme medioevali e che – a non sapere che fu integralmente rifatto a fine ‘800 – si direbbe incredibilmente ben conservato.

 

Risalendo l’Appennino

Un'ampia vista della boscosa area protetta
Un’ampia vista della boscosa area protetta

Nel centro storico di Ovada l’impronta ligure si riconosce ancora una volta nelle decorazioni dei palazzi, che vennero sviluppati in altezza per poter restare entro la cerchia delle mura oggi scomparse. Davanti alla Chiesa Madre con doppio campanile, le adiacenti piazze dell’Assunta e Garibaldi si affollano al mattino dei giorni di mercato. Ma qui uno dei motivi d’interesse più originali è offerto dalla figura e dall’opera dello scultore genovese Anton Maria Maragliano, che in epoca barocca fu sopraffino creatore di statue e gruppi processionali in legno policromo: la fortunata coincidenza di una mostra a lui dedicata ci ha consentito di apprezzare Madonne, angeli e santi di rigorosa e soave eleganza, sperando che quei capolavori (tuttora presenti in varie località della zona) non restino chiusi in sconosciuti oratori ma possano essere regolarmente offerti all’ammirazione del pubblico.
Una puntata a Roccagrimalda per visitare il Museo della Maschera rimane delusa a causa dell’apertura, ci dicono, solo nella seconda e nella quarta domenica del mese: vi sono conservati storici esemplari dei costumi che ancora oggi gli abitanti vestono in occasione della Lachera, una pittoresca rievocazione del periodo carnevalesco. Ci consoliamo con l’esteso panorama dal belvedere, spaziando con lo sguardo verso Ovada e le pendici dell’Oltregiogo.

Il massiccio castello di Tagliolo Monferrato
Il massiccio castello di Tagliolo Monferrato

Il castello Pinelli Gentile di Tagliolo Monferrato (100 metri oltre la curva c’è un’ampia area per sosta) si presenta con una raffinata scenografia: vi si possono acquistare vini prodotti nell’azienda, tra cui il rinomato Dolcetto di Ovada. Poco più avanti, il piccolo centro storico di Lerma è un piacevolissimo ricetto nel quale si entra dall’arco del complesso castellano, che include la chiesa e le abitazioni medioevali digradanti verso il corso del Piota. All’esterno non manca la possibilità di sostare, mentre un parcheggio più ampio e comodo per prolungare la permanenza si trova 300 metri più in basso alle soglie dell’abitato moderno: qui si trovano la sede operativa del Parco Regionale delle Capanne di Marcarolo, dove acquistare carte e altro materiale per la visita, e proprio accanto al parcheggio il Museo Storico dell’Oro Italiano, diretto da un esperto geologo al quale potrete chiedere degli strumenti che venivano impiegati per catturare il prezioso elemento nei corsi d’acqua della zona o come muoversi sulle tracce degli antichi impianti.

Un intatto scorcio del castello nel delizioso borgo di Lerma
Un intatto scorcio del castello nel delizioso borgo di Lerma

Passando per Casaleggio Boiro, il cui maniero rappresentò il castello dell’Innominato nella finzione filmica dei Promessi Sposi, scendiamo al corso del Gorzente per poi risalire ai sinuosi laghi della Lavagnina, verdeggiante bacino idroelettrico all’interno dell’area protetta delle Capanne di Marcarolo; dalla casa del custode parte un sentiero natura che costeggia il lago per circa 2 chilometri e mezzo.

 

Natura nascosta

Un angolo di Voltaggio con l'antico ponte sul Lemme
Un angolo di Voltaggio con l’antico ponte sul Lemme

Superato Mornese, per una bella strada di crinale raggiungiamo il Passo degli Eremiti dal quale si stacca una laterale che scende a Voltaggio, uno dei centri più suggestivi dell’Oltregiogo per l’appartata posizione, il contesto naturale e la conservazione dell’ambiente urbano (con ampio spazio di sosta proprio all’inizio dell’abitato). Qui sfocia nel Lemme il torrente Morsasco, un tratto del quale è adibito a spiaggia nella stagione calda; nei pressi sgorga una sorgente sulfurea. Tra i ponti il più antico, a schiena d’asino, sembra fosse chiamato dei Paganini per il dazio richiesto al passaggio di merci e animali. Nella chiesa troviamo una Madonna del Rosario, cassa processionale del Maragliano, mentre nell’ex convento fuori porta è conservata una ricca e singolare raccolta d’arte sacra dovuta alla sensibilità di un francescano del posto, Pietro Repetto, che collezionò numerosi dipinti e altre opere, molte delle quali di maestri genovesi del Sei e Settecento.

Lo scultore Anton Maria Maragliano creò innumerevoli statue di soggetto religioso
Lo scultore Anton Maria Maragliano creò innumerevoli statue di soggetto religioso

Il Passo degli Eremiti, dal quale ricominciamo a muoverci entro il parco delle Capanne di Marcarolo, è l’abituale punto di partenza della classica e frequentata escursione al Monte Tobbio (530 metri di dislivello, grandi vedute fino al mare), sulla cui sommità si trovano una cappella e un rifugio.

Una decina di chilometri più avanti, a Ponte Nespolo, la strada scende a sfiorare le acque del Gorzente: alla curva successiva è indicato un sentiero che si sviluppa lungo il corso d’acqua fino a imbattersi in una serie di larghe pozze balneabili. Interessanti anche i resti della Benedicta dove, nel 1944, venne annientata una formazione partigiana: a lungo usato dai viandanti come punto di sosta e ristoro, era stato proprio l’insediamento benedettino a far sorgere nell’XI secolo le prime grange e vaccherie che stimolarono lo sviluppo agricolo della zona, mentre il legname dei boschi veniva portato a valle per attività artigianali e per le necessità della flotta genovese.

In località Benedicta, non lontano dal Ponte Nespolo, i resti di un insediamento benedettino in cui, nel 1944, fu decimato un gruppo di partigiani
In località Benedicta, non lontano dal Ponte Nespolo, i resti di un insediamento benedettino in cui, nel 1944, fu decimato un gruppo di partigiani

Capanne di Marcarolo era un abitato di cascine sparse che ha conosciuto dal secolo scorso un crescente abbandono, fino ad ospitare poche decine di persone. L’intento del parco è oggi una valorizzazione delle qualità naturali dell’ambiente che favorisca, se possibile, anche il reinsediamento. Qui le possibilità di escursioni, dalla primavera all’autunno, sono ampie e variate nonostante le quote si fermino intorno ai 1.200 metri: le illustra in modo puntuale una piccola guida edita dall’area protetta e acquistabile nel locale punto informazioni. La zona di Capanne comprende inoltre alcune aree di sosta, una chiesa vecchia di almeno tre secoli e una locanda con ristorante.
Da questo remoto e godibile angolo dell’Alessandrino meridionale la costa ligure dista, in linea d’aria, una quindicina di chilometri: per il rientro basterà continuare sulla strada che passa per i Piani di Praglia e Campomorone, riprendendo la A7 al casello di Genova Bolzaneto.

 

 

 

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