L'Europa che non ti aspetti

Se non lo confermasse la carta geografica, si stenterebbe a crederlo: le Repubbliche Baltiche sono il centro del Vecchio Continente. Un motivo in più - insieme al recente ingresso dei tre paesi nell'Unione - per far rotta verso le coste nordiche, in un viaggio primaverile ricco di motivi d'interesse.

Indice dell'itinerario

Lituania
La Lituania è stata la prima tra le repubbliche dell’ex URSS a proclamare la propria indipendenza. I suoi abitanti ne sono fieri, ma nel contempo preoccupati: se l’ingresso nell’Unione Europea dà sicurezza contro eventuali ripensamenti – pare che la Russia, che ancora conserva un’enclave sul Baltico, prema tuttora per un accorpamento – c’è nondimeno il rischio di una lievitazione del costo della vita.
Intanto, il viaggiatore che ama varcare soglie simboliche e fotografare misure cruciali della geografia non mancherà il sito dell’Europa Centras (da Vilnius si cerca, con qualche fatica, il cosiddetto ponte verde e da qui la direzione Kalvariju, prendendo per Savariskes alla rotonda dell’ospedale e proseguendo per circa 25 chilometri verso nord sulla strada 101). Il sito, prima segnato da un cippo che i vandali continuavano a danneggiare, è oggi un vero e proprio mausoleo cui fanno corona le bandiere degli Stati dell’Unione. Quasi invisibile su un prato a fianco dello spettacolare complesso, una lapide segna il punto esatto con le relative coordinate: 25° 19′ longitudine est, 54° 54′ latitudine nord.
A pochi chilometri (rientrando verso Vilnius si trova l’indicazione sulla sinistra) è stato allestito l’Europos Parkas, un bizzarro museo all’aperto di arte contemporanea che sembra guardare al passato con un misto di ironia e di disagio. Tra la novantina di opere realizzate da ventinove artisti, spicca una sorta di labirinto le cui pareti sono state alzate ammucchiando centinaia di vecchi televisori di fabbricazione russa, molti dei quali appaiono peraltro sventrati e privi di componenti sottratti forse da qualcuno in cerca di pezzi di ricambio. Ma ci sono anche paesaggi disegnati da forme astratte, una moderna piramide di interessante geometria e, in qualche modo inattesa, una statua abbattuta e maltrattata di Lenin.
Ma torniamo a Vilnius, la capitale, dove il fortuito incontro con una guida assai colta e attenta ci ha permesso di scoprire quel che c’è di meglio da vedere nella città vecchia, dal 1994 iscritta nel patrimonio dell’Unesco. Un monumento per tutti, la chiesa tardogotica di Sant’Anna costruita con 33 tipi diversi di mattoni; mentre nella cattedrale, sull’altare dell’ultima cappella a destra, è davvero curiosa l’immagine del patrono San Casimiro che ha ben tre mani, opportunamente evidenziate da una guaina d’argento (nella storia dell’arte non sono infrequenti questi ripensamenti, che vengono poi coperti dall’autore e dei quali di solito ci si accorge solo durante qualche restauro, ma in questo caso la leggenda locale attribuisce la “correzione” al miracoloso intervento di un angelo sceso nottetempo dal cielo a contraddire l’ostinazione del pittore).
Imboccata l’autostrada in direzione di Kaunas, poco prima della città si trova uno di quei villaggi-museo tanto comuni nell’Europa settentrionale, composti da edifici rurali che vengono smontati altrove e riassemblati sul posto: ma qui, a Rumsiskes, i ben 175 ettari a disposizione su una bella zona collinare hanno consentito di rispettare le dovute distanze e proporzioni tra case, stalle e altre costruzioni, tanto da rendere perfetta l’illusione di trovarsi in un angolo di campagna sospeso nel tempo. Subito dopo l’ingresso una grande tabella, corrispondente alla mappa che viene data assieme al biglietto, invita a scegliersi l’escursione: si procede per un lungo anello, che richiede buone gambe, e si apprezzano alcuni notevoli interni con arredi d’epoca spartani ma di grande gusto.Giunti a Kaunas, si troveranno i monumenti di questa bella città tutti schierati attorno alla scenografica piazza del municipio: i resti della fortezza, case e chiese gotiche in mattoni, il monastero dei Gesuiti con la bella chiesa barocca e la stessa sede comunale, soprannominata “il cigno bianco” per il colore e la snella guglia che lo sovrasta. Se però si cerca qualcosa di veramente originale lo si troverà al civico 64 di Putvinskio Gatvé (in direzione dell’università), dove ben tre piani sono occupati da una sterminata collezione di statue e dipinti provenienti da tutte le culture e aventi come unico tema il diavolo.
Fin qui, tutto è più o meno come ci si aspetterebbe sfogliando un buon pieghevole informativo: ma per noi il vero impatto con la Lituania è stato senza dubbio il paesino di Zapyöki, una ventina di chilometri a ovest di Kaunas lungo il fiume Nemunas, dove la guida segnalava una chiesa gotica datata 1578. L’edificio in mattoni rossi è di una bellezza quasi struggente, isolato dal villaggio su un prato in riva al fiume in cui oche bianche si lasciano trascinare dalla corrente. Il parcheggio limitrofo ha costituito il primo vero punto di sosta nel nostro viaggio attraverso le Repubbliche Baltiche.
Spostandosi verso il mare, la vecchia strada che percorre la stessa valle costeggiando il fiume offre un’ottima alternativa alla veloce ma noiosa autostrada. Dopo un altro eccellente parcheggio notturno a Vilkija, tra boschetti, campi coltivati, pascoli e praterie di fiori gialli si incontrano in successione Seredzius con una grande chiesa in posizione dominante, Raudonè con un palazzo rinascimentale decorato da torri e torrette e un piccolo lago a fare da cornice, il minuscolo ma interessantissimo museo del fiume a Silines e infine, raggiunta la cittadina di Silutè e qui cercata la deviazione per Rusne, la zona dei polder dove il Nemunas si getta nel Baltico. Qui ci vorrebbero le bici al seguito per avventurarsi sulle stradine che prima o poi divengono sterrate; con il nostro agile camper abbiamo tuttavia raggiunto il museo etnografico di Syskrante, e ci siamo concessi una sosta in solitudine presso l’imbarco per le escursioni sul delta (tutelato da un’area protetta ma in quel momento chiuso perché fuori stagione).
Ed eccoci nel complesso del Kursiu Nerija Nacionalinis Parkas, ovvero la penisola di Neringa, la lunga striscia di terra al largo di Klaipeda collegata alla porzione di territorio russo intorno a Kaliningrad (che altro non è se non la Königsberg patria del filosofo Immanuel Kant). Qui le dune mobili – e perciò recintate, ad evitare che seppelliscano le abitazioni – sono la principale attrazione: là dove la strada finisce, perché prossima alla frontiera, ci si arrampica a piedi fino a un punto panoramico nei pressi di un enorme orologio solare. Eravamo gli unici visitatori in quel tardo pomeriggio, e benché di simili distese di sabbia ne avessimo già incontrate in giro per il mondo, per una volta l’impressione di trovarsi nel deserto è stata perfetta, anche se dalle dune più alte appariva scintillante il mare in lontananza. Ma non ci sono solo le suggestioni desertiche a giustificare la visita (e il non indifferente pedaggio di 29 euro, che si sommano ai 32,30 del traghetto per un camper sotto i 5 metri e due persone): a Nida è stato allestito un museo etnografico, e nei pressi della chiesa si trova un piccolo cimitero le cui tombe hanno caratteristiche croci a forma di animale o di pianta. Ancora più originale la cosiddetta collina delle streghe a Joudkranté: in un museo all’aperto artisti locali si sono divertiti ad assemblare grottesche sculture in legno perlopiù raffiguranti visi umani deformati fino a farli sembrare mostri o, per l’appunto, streghe.
Tornati sul continente e giunti a Palanga, il cui panorama vale da solo la tappa, in un parco trasformato in giardino botanico non si può mancare la visita al palazzo Tiszkiewicz, un articolato edificio che mescola elementi rinascimentali, neoclassici e barocchi ma soprattutto è la sede del Gintaro Muziejus. Nella lunga sequenza di sale sono allineate le bacheche contenenti 25.000 pezzi di ambra provenienti da tutto il mondo: i più spettacolari, alcuni con insetti, si possono ammirare in trasparenza o con l’aiuto di apposite lenti. E se dopo aver visto tante meraviglie verrà voglia di portarsi a casa un souvenir, la fila di bancarelle fuori dal parco offre a prezzi modici quanto desiderato. L’ultima sosta, ormai verso la Lettonia, è quel celeberrimo memoriale noto come Collina delle Croci nel villaggio di Jurgaiciai, a circa 10 chilometri da Siauliai. Nessuna descrizione può sostituire l’emozione dell’impatto diretto, specie se avviene – come è successo a noi – con la luce radente del sole al tramonto e dopo un temporale. La collina è poco più di un’altura, ma la distesa di croci di ogni forma e dimensione è davvero impressionante: alcune di queste sono un segno di devozione che accompagna le preghiere, altre hanno funzione commemorativa. Nell’era sovietica vennero rase al suolo almeno tre volte, ma ogni volta ricomparvero a dispetto di ogni censura e repressione.

Lettonia
Dal confine lituano a Riga, la capitale lettone, si poteva scegliere la via diretta, cioè seguendo la A8: ma come sempre le cose da vedere sono sparse sul territorio e, avendo tempo, vale la pena prendersela comoda.
La prima deviazione è praticamente obbligatoria perché all’altezza di Eleja si va a cercare sulla destra, a circa 20 chilometri in direzione di Bauska, il palazzo d’Inverno di Rundäle, capolavoro barocco dell’architetto italiano Bartolomeo Rastrelli e forse il maggior monumento di tutto il paese. Ripresa la strada per Bauska, un’ulteriore deviazione ci porta a Mezotne dove si trova un’altra residenza. Finalmente in città si visitano le rovine della fortezza, che ospita un museo, quindi si risale verso Riga per piegare, all’altezza di Iecava, in direzione di Jelgava (sulla carta ci sarebbero diverse scorciatoie, ma all’atto pratico ci si imbatte regolarmente in uno sterrato). Nel centro cittadino, già dal ponte sul fiume Lielupe appare la scenografica mole del palazzo ducale, altra opera di Rastrelli, ora sede dell’università; a fianco c’è un ottimo parcheggio, anche per la notte. Ma il Rastrelli non si limitava a edificare residenze, e così sempre a Jelgava non sfuggirà la cattedrale ortodossa di Santa Simona dalle cupole in azzurro e oro, costruita secondo un suo progetto.
Si prosegue ora verso ovest, in direzione di Liepaja: dopo circa 30 chilometri, l’attraversamento di Dobele è vegliato dalle imponenti rovine di una fortezza teutonica. Altri 50 chilometri e si arriva appunto a Liepaja e cioè di nuovo al mare, bordato da grandi dune e raggiungibile solo a piedi; un ottimo parcheggio (anche notturno) si trova nella centralissima piazza che affianca il mercato, ai bordi dell’isola pedonale. I monumenti sorgono tutti lì attorno: la settecentesca chiesa della Trinità, quella di Sant’Anna e, dietro il mercato vecchio, la cattedrale cattolica di inizio ‘900 con un insolito interno in Jugendstil.
Si risale adesso lungo la costa e all’altezza di Edole si incontra il bel castello, nascosto all’interno di un bosco e ai bordi di un laghetto (vi si accede stranamente per uno scomodo sterrato seguendo una deviazione obbligatoria per Kuldiga). A Ventspils grandi e appetibili spazi accolgono il visitatore: parcheggi lungo il portocanale, viali nei dintorni, il mercato e un autentico parco urbano verso sud, dove è segnalato un interessante museo della pesca. Si tratta di un insolito assemblaggio all’aperto di capanne in legno un tempo abitate dai pescatori, nonché di imbarcazioni storiche, mulini a vento e persino una ferrovia a scartamento ridotto con cui, d’estate, si può fare il giro dei circa 4 ettari in cui è contenuta l’esposizione. Nell’edificio dove è situata la biglietteria è stato allestito anche un interessante museo di arte e storia locale.A Kuldîga, non a torto considerata la cittadina più pittoresca della Lettonia, si arriva deviando dalla A10 che collega Ventspils a Riga tagliando la penisola. Nella piazza del municipio, cui fanno ala edifici di varie epoche, si potrebbe tenere una pièce teatrale senza ricorrere ad alcuna scenografia. Altre case storiche sorgono lungo la via principale, in fondo alla quale spicca la chiesa luterana recentemente restaurata nel cui interno, grazie all’organo settecentesco e a una particolare acustica, in epoca sovietica si tenevano concerti. Scendendo verso il fiume si incontra prima un mulino ad acqua e poi il Kuldîgas Tilts, un ponte in mattoni oltrepassato il quale si arriva alla confluenza tra il fiume Aleköupite e il Venta che danno vita a una cascata di oltre 4 metri, la più alta della Lettonia. Nel prospiciente parco una villa in legno del Novecento, proveniente dall’Esposizione Mondiale di Parigi, è sede del museo storico locale.
Riga sfoggia un notevole patrimonio monumentale religioso e civile, tra cui spiccano il duomo medioevale e l castello (il tutto con un occhio al parcheggio lì sotto… e all’orologio: a noi è capitato di essere multati, con tanto di bloccaruote, per un ritardo di appena 10 minuti rispetto alla scadenza dello scontrino, e solo grazie all’aiuto di un passante abbiamo potuto recuperare l’addetto e liberare il veicolo). Potendo prolungare la sosta, da visitare anche i cinque hangar in cui venivano ricoverati i dirigibili Zeppelin: basta seguire il porto canale verso sud e all’altezza della ferrovia girare a sinistra fino agli enormi padiglioni, oggi sede di un pittoresco mercato coperto aperto dal lunedì al sabato e ottimo riferimento per acquisti gastronomici. A nord del centro storico, precisamente all’incrocio delle strade Elizabetes, Strëlnieku e Alberta (ben rintracciabili sulla mappa) si possono invece ammirare edifici Jugendstil realizzati principalmente da Michail Osipovic Eizenötein, padre del famoso regista più noto come Eisenstein, che qui operò negli anni Dieci del secolo scorso.
Procedendo sulla A212 in direzione dell’Estonia, la prossima tappa è Sigulda con il parco nazionale del Gauja. Questa importante zona di villeggiatura chiamata “Svizzera lettone” (d’inverno è meta degli amanti dello sci) viene gestita in maniera esemplare: centro visitatori, materiale informativo, segnaletica, parcheggi. Si ammirano fra l’altro le rovine della fortezza teutonica che d’estate ospita il festival dell’opera, e proprio di fronte il castello nuovo in stile Tudor. Poco oltre, entrati a Turaida, la cosiddetta grotta rosa sita in una suggestiva cornice verdeggiante e infine la fortezza del vescovo di Riga risalente al 1214, che conserva un museo.
Altra fortezza in rovina nella vicina Cêsis, quindi il nostro giro in Lettonia si conclude a Valmiera, poco prima del confine estone, dove una mappa murale ci ricorda che questa parte del Baltico raggiunse la prima indipendenza ai tempi della Lega Anseatica.

Estonia
In oltre trent’anni di viaggi in Europa credevamo di aver visto quasi tutto, quindi non ci saremmo mai immaginati di imbatterci in una città meravigliosa qual è Tallinn, un vero gioiello pari alle più famose capitali europee: centro storico chiuso al traffico, chiese, palazzi, case a gradoni, le strade e i vicoli tirati a lucido in un dorato tramonto di primavera, la salita al castello e infine una pausa in uno dei caffè della bella piazza centrale. Ci arriverete seguendo la litoranea verso nord finché il profilo della città vecchia, con le sue cuspidi, apparirà in fondo all’orizzonte del mare dandovi l’idea di come doveva presentarsi ai naviganti del passato. Fra distruzioni belliche e successive manipolazioni, poche altre città in Europa possono vantare una simile immagine ferma nel tempo. Si parcheggia gratuitamente (e si pernotta in tranquillità) a due passi dal centro: occorre prendere la Narva Maantee e cercare sulla destra la via Reimani, dove non sfuggirà una sorta di grande corte ai bordi di un giardinetto pubblico. Non avessimo avuto da continuare il nostro giro, ci saremmo fermati all’infinito.
La storia dell’Estonia si può leggere anche attraverso monumenti fondamentali come le fortezze sopravvissute a guerre e incendi. La prima la troviamo ad Haapsalu: le rovine del nucleo originario, il Lossivaremed che risale al 1265, racchiudono il Piiskipolinnus, un castello seicentesco e la Toomkirk, una cattedrale più volte rimaneggiata nei secoli; i riflessi della luna piena su una finestra del castello hanno fatto sorgere la leggenda del fantasma di una donna murata viva. Da Tallinn ci si può spingere verso est fino al confine russo dove a Narva ancora fa buona guardia sull’omonimo fiume l’Hermanni Kindlus, un castello eretto fra i secoli XIII e XV al cui interno è allestito il museo della città. A Kuresaare, nell’isola di Saaremaa, il Linnus si vanta invece di essere la fortezza meglio conservata di tutto il Baltico. Proprio Saaremaa è l’ultima impagabile tappa nelle acque del Baltico con mete di particolare suggestione che, se già si conoscono queste terre, possono costituire un ottimo approfondimento per un’intera vacanza. A Kaali alcuni crateri provocati da meteoriti cadute in età remota hanno dato luogo a inevitabili leggende: se ne ammira il maggiore, perfettamente circolare come un laghetto di origine vulcanica, il cui diametro supera i 100 metri. A Kaarma, dove si estrae l’omonimo marmo (in realtà trattasi di una specie di dolomite), c’è una chiesa del XIII secolo costruita proprio con questa pietra. A Kihelkonna un’altra chiesa dello stesso periodo ci permette di ammirare una pala d’altare del 1591 la cui Ultima Cena pare abbia trovato ispirazione in quella di Leonardo. Ma l’attrazione più celebre dell’isola sono probabilmente i mulini a vento che sulla strada per Leisi si stagliano in bella fila su di un colle, segnando il paesaggio in maniera quanto mai caratteristica. Proseguendo il giro se ne incontreranno altri, quasi tutti segnalati su una tabella che ogni tanto si ritrova ai bordi della strada: sono perlopiù in abbandono, a volte spostati a fare da insegna a un paese, ma quelli che ricordiamo più volentieri sono lì a vegliare un parcheggio, invito irresistibile per le notti pleinair nel cuore del Baltico.

PleinAir 392 – marzo 2005

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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