L'estate indiana

Foreste infuocate dalle infinite tonalità di giallo e di rosso che annunciano i mesi freddi, laghi grandi quanto un mare, montagne che disegnano orizzonti da spettacolo: in camper, in bici, in canoa, a cavallo per scoprire un Canada che regala a piene mani indimenticabili occasioni di pleinair.

Indice dell'itinerario

Attraverso le Rocky Mountains
Il nostro primo impatto con le molte sorprese di una terra che non finisce mai di stupire è a Calgary, la Dallas canadese: come nella città texana famosa per l’omonima serie di telefilm, anche qui s’incontra tanta gente abbigliata in perfetto stile western con cappelli a larghe tese, giacche di pelle con le frange, gli immancabili blue jeans e lucidi stivali dal tacco alto. Molto spesso si tratta di uomini d’affari o impiegati che vestono country anche se lavorano negli uffici di questa booming city: sviluppatasi a dismisura negli ultimi dieci anni grazie all’enorme quantità di petrolio estratto nell’Alberta, è altrimenti nota per il Calgary Stampede, un rodeo che si svolge tutti gli anni nel mese di luglio con in palio il più alto montepremi di tutto il Nordamerica.
Ad ovest della città le infinite pianure s’infrangono contro le Rocky Mountains, le mitiche Montagne Rocciose sulle cui pendici s’inerpica la Highway 1, dando vita a un contrasto impressionante. Una fascia di parchi nazionali e provinciali contigui protegge interamente l’area montuosa: sono quelli di Banff, Jasper, Kootenay, Kananaskis, Yoho, Mount Assiniboine, Glacier e per finire, al confine con gli Stati Uniti, il Waterton. E’ qui che viviamo il primo incontro in diretta con i personaggi e i costumi del West in una straordinaria escursione di tre giorni a cavallo guidati da Dan Nelson, un vero cowboy che, oltre ad allevare vacche di razza Hereford, da lungo tempo opera nel turismo equestre; se non avesse anche questo supporto economico, ci spiega, non ce la farebbe a tirare avanti poiché le grandi società d’inscatolamento della carne impongono prezzi al ribasso che stanno mettendo in ginocchio i piccoli allevatori. Una situazione che ci verrà confermata dalla successiva visita, in British Columbia, al Top of The World Ranch di Fort Steele: anche qui i nuovi proprietari, statunitensi, offrono escursioni a cavallo oltre a tenere il bestiame, dopo aver rilevato l’attività da un canadese che possedeva l’appezzamento da quattro generazioni e che è stato costretto a vendere la proprietà perché la sola attività zootecnica non era sufficiente a coprire le spese.
A poche ore da Vancouver non manchiamo una tappa al Lake Douglas Ranch, il più grande del Canada, che occupa un’area di ben 800 chilometri quadrati sull’omonimo lago. Si presenta come una piccola cittadina: vi lavorano a tempo pieno 18 cowboy, alcuni anche con famiglia, che hanno a disposizione abitazioni, una scuola per i figli dei dipendenti, una cucina con ben tre cuochi ai fornelli, un grande general store, una palazzina per gli uffici, i capannoni per il rimessaggio degli automezzi e delle macchine agricole, un ufficio postale e una chiesa. Nell’immensa proprietà vi è anche un lodge per il fly fishing ed è ovviamente possibile effettuare trekking in sella. Oltre alle parentesi equituristiche – del resto, visitare il West senza fare almeno un’escursione a cavallo sarebbe un delitto! – il nostro itinerario in camper si snoda in direzione ovest attraverso i parchi nazionali di Banff e Kootenay. Sui monti i colori della stagione sono semplicemente affascinanti, un caleidoscopio di sensazioni che apprezziamo lungo la Columbia Icefield Parkway: lo spettacolare tracciato, lungo 230 chilometri, richiede circa 5 ore di percorrenza (escluse le innumerevoli soste) e corre da sud a nord attraversando i parchi di Banff e Jasper sul Great Divide lo spartiacque delle Rocky Mountains. E’ una vera ubriacatura di paesaggi incredibili in un susseguirsi di ghiacciai, laghi e fiumi (da non perdere il bacino del Peyto e le cascate formate dall’Athabaska), picchi rocciosi spruzzati dalle prime nevi, vaste distese di conifere nelle quali s’insinuano boschi di larice, pioppi tremuli e betulle nel loro sfavillio autunnale. Quasi ovunque cervi, daini e mufloni si fanno ammirare e fotografare senza troppi complimenti; senza esito invece i nostri appostamenti all’alba e al tramonto per vedere l’orso americano, pur se assai comune da queste parti. Le due splendide settimane di sole dell’Indian summer (l’estate indiana, versione locale della nostra estate di San Martino) sono propizie alle escursioni e le sfruttiamo al meglio dedicandoci anche a una serie di passeggiate lungo i numerosi sentieri, arrivando a sfiorare le pendici del Columbia Glacier.

Le orche in città
Scavalcato il confine con la Columbia Britannica, il continuo passaggio di monti e valli ci accompagna fino alla costa dell’Oceano Pacifico. Raggiungiamo passi ad alta quota che tagliano distese di conifere, percorriamo fondovalle coperti da fittissime foreste di alberi decidui nella veste sfavillante dell’autunno e incontriamo ancora fiumi impetuosi e cascate, laghi di ogni dimensione e persino il deserto, nei pressi del paese di Hosoyoos. Dove il clima è più mite si coltiva davvero di tutto, compresa l’uva da cui si ricavano vini di insospettabile pregio: a darcene un’inattesa conferma sono le degustazioni effettuate praticamente in tutte le cantine incontrate lungo il percorso. A coronare il quadro, le cittadine che si attraversano – tra cui Grand Forks, Fort Steele, Penticton, Princeton – sono oasi di civiltà ancora a misura d’uomo dove la criminalità non esiste, il livello dei servizi sociali è eccellente e la gente vive secondo ritmi e valori antichi.
A Vancouver, ormai finiti i giorni di bel tempo, la pioggia ci fa optare per la visita a diversi musei (assolutamente da non perdere quello antropologico, che espone le più ricche raccolte di reperti delle tribù native della costa del Pacifico). Anche downtown Vancouver merita attenzione con i tanti ristoranti di pesce di ottimo livello e la colorita vivacità del quartiere di Chinatown, ma la vera grande attrazione è ancora una volta legata alla natura. Lo Stanley Park è una grande oasi di verde in pieno centro cittadino, percorsa da gente che passeggia, va in bici o sui rollerskate, fa birdwatching; qui si possono osservare stupendi esemplari di cedro giallo e lembi di quella foresta pluviale che un tempo ricopriva l’area e l’intera costa occidentale. Purtroppo i maestosi alberi millenari sono stati in gran parte tagliati nel secolo scorso e le aree superstiti si trovano molto più a nord e nella dirimpettaia Vancouver Island.
Sull’isola sorge Victoria, da cui ripartiamo per un altro tuffo nell’outdoor compiendo un’uscita in sea kayak per avvistare le orche. Dal mese di aprile ai primi freddi, un’ottantina di esemplari di questo splendido mammifero marino arrivano nelle acque tra Vancouver Island e la terraferma per dare la caccia ai salmoni che risalgono la foce del fiume Fraser per riprodursi. Ognuna delle orche è riconoscibile per la forma della pinna dorsale e il disegno della macchia bianca alla sua base; a ciascuna vengono dati un nome e una sigla e il loro comportamento è oggetto di studio per diversi anni. Per chi preferisce un’attività più tranquilla, le escursioni di whalewatching si possono compiere anche in motoscafo con partenza da Vancouver.

Come i pionieri
Un comodo volo interno della Air Canada ci porta a Toronto, dove prendiamo a noleggio un altro camper che per 10 giorni ci condurrà alla scoperta dell’est canadese in un lungo itinerario ad anello attraverso l’Ontario e il Québec. L’enorme distesa di questo territorio è rivestita da una fitta coltre di pini, abeti, betulle, faggi e pioppi, a cui si aggiungono ben cinque specie diverse di acero le cui fronde, in questi mesi, diventano un trionfo di colori in tutte le tonalità dal giallo al granato (non a caso il simbolo del Canada, che campeggia anche sulla bandiera nazionale, è una rossa foglia di acero).
Facciamo rotta verso il lago Ontario e il San Lorenzo, il grande fiume che nel tratto fino a Montréal offre l’insolita visione delle Thousand Islands, una miriade di isolette tutte puntualmente coperte da alberi tra i quali fanno capolino cottage e altre residenze di vacanza: un’escursione via acqua ci permette di navigare tra quelle che circondano la graziosa cittadina universitaria di Kingston. Nella non lontana Keene merita poi una tappa l’Elmhirst Resort, un altro luogo ideale per l’outdoor, dove ci si può nuovamente dedicare a qualche bella cavalcata sulle colline che sovrastano il San Lorenzo, ma anche cenare da gourmet assaporando piatti e vini di pregio.
Attraversate le pianure e le vastissime distese di coltivi della parte orientale dell’Ontario si raggiunge Ottawa. Lasciamo il v.r. in un campeggio alle porte dell’abitato e prendiamo a noleggio le bici, il mezzo più indicato per visitare la città a proprio agio. Viali e parchi urbani risplendono dei colori della vegetazione, che si accostano magnificamente alle belle casette in legno dipinte in toni vivaci. Non può mancare la visita alla Parliament House, ma è assolutamente da non perdere il magnifico museo della civiltà canadese: in una serie di sale di modernissima concezione espositiva si scoprono i vari momenti storici e le fasi della scoperta del Canada, le etnie e gli animali che la popolarono prima e dopo l’arrivo dei bianchi. Molto interessante e ricco di eccellenti diorami è anche il museo di scienze naturali, nelle cui vicinanze si stende il Gatineau Park, con una straordinaria offerta di panorami lungo le strade e i sentieri che lo percorrono.
Dopo un pizzico di mondanità nel movimentato ambiente del centro di Ottawa – la capitale canadese è diventata negli ultimi anni ancora più attraente grazie alla ristrutturazione di un vecchio quartiere industriale che oggi ospita ristoranti, pub e locali notturni – puntiamo ad ovest verso l’Algonquin Provincial Park seguendo la Highway 60, lungo la quale si trovano i punti d’accesso più frequentati (ma vi sono altri ingressi anche a settentrione, utilizzati da coloro che vogliono esplorare le zone più isolate dell’area protetta). Oltre alla consueta abbondanza di vegetazione, qui sono di particolare interesse la quantità e la varietà delle specie faunistiche tra cui decine di specie di mammiferi, pesci e anfibi, oltre 270 di uccelli e 7.000 di insetti, con numerose possibilità di avvistamento che comprendono in special modo alci, castori e anatidi. In un negozio specializzato noleggiamo tutto l’occorrente per una tre giorni in canoa nel parco risalendo il lago e il fiume Opeongo: natanti e pagaie, mappe, sacchi a pelo, ascia, pentolame vario e cibo da suddividere giorno per giorno in colazioni, lunch e cene liofilizzate, disidratate, surgelate. E’ una nuova e indimenticabile immersione nella natura più autentica in perfetto stile da pionieri, campeggiando sulle isolette designate a quest’uso, cucinando sul fuoco a legna, rimanendo incantati di fronte ai tramonti incandescenti, fra gli ululati dei lupi e i canti delle strolaghe maggiori che di sera emettono un commovente richiamo somigliante al pianto di un bimbo.

Nativi d’America
Prossima tappa è l’isola di Manitoulin, sul grande lago Huron. Qui ci facciamo guidare da un gruppo di giovani Ojibwa, una tribù pellerossa che abita l’isola – interamente loro riserva – e che ha trovato nel turismo una fonte di reddito stabile. Con il supporto di interventi statali, sia d’estate che d’inverno offrono accoglienza e servizi facendo inoltre da guida in escursioni di pesca e di osservazione degli animali: in questo modo sono riusciti a spezzare il circolo vizioso di disoccupazione, alcolismo, depressione e assistenzialismo che tanti guasti ha prodotto nei giovani nativi americani.
Ridiscendendo lungo la strada che costeggia la straordinaria Georgian Bay visitiamo l’area di Saint Jacobs, nei pressi di Waterloo, dove vive una nutrita comunità di mennoniti. In base al loro credo religioso, hanno adottato uno stile di vita che vieta l’uso dell’automobile, degli elettrodomestici e di un abbigliamento che non sia quello tradizionale: per le strade si vedono dunque solo carrozze trainate da cavalli, donne che indossano cuffie e ampie gonne d’altri tempi, mentre gli uomini vestono solo camicie bianche e pantaloni, giacche e cappelli neri.
Si potrebbe lasciare l’Ontario senza aver visto le cascate del Niagara? Assolutamente no, e allora eccoci nel paese di Niagara Falls che ormai è un vero e proprio centro turistico con centinaia di alberghi e ristoranti, casinò e una miriade di attrazioni da parco dei divertimenti. Il vero spettacolo, per fortuna, rimangono sempre e comunque le cascate: si possono ammirare persino da un elicottero e da un’imbarcazione che vi arriva quasi al di sotto, ma anche da una caverna laterale e ovviamente, dal ciglio della grandiosa scarpata.
Il rientro a Toronto, la cui visita ci siamo riservati come ultima tappa del nostro viaggio, attraversa una delle aree più popolate del Nordamerica dove si producono ottimi vini, e anche in questo caso non ci siamo sottratti alla degustazione in un paio di titolate cantine. Toronto (che perlustriamo nuovamente in bici accompagnati dall’informatissimo Bill Genova, di origini evidentemente italiane, che gestisce una società di noleggio) si rivela un’ottima conclusione: si percepisce a colpo d’occhio l’eccellente qualità della vita in un contesto che offre molto da vedere. Simbolo della città è la svettante Canada’s National Tower, che con i suoi 553 metri si dichiara l’edificio più alto del mondo; abbondano i piccoli musei storici, spesso alloggiati in edifici d’epoca di cui si possono ammirare esempi ben conservati nella York Old Town, mentre nel quartiere di Cabbage Town si trovano cimiteri, mercati e parchi al di fuori degli itinerari turistici ufficiali. Vere curiosità per gli appassionati sono la Hockey Hall of Fame e il museo delle scarpe Bata, con oltre 10.000 paia di calzature provenienti da ogni dove. Come in altre città, inoltre, anche qui la zona portuale sul lago Ontario è stata rimessa a nuovo e ospita locali di tendenza. Ma la vera chicca è il coloratissimo e multietnico Kensington Market, dove si trova di tutto e si intrecciano le lingue più diverse: dietro i banchi si possono incontrare ungheresi, romeni, portoghesi, cinesi, vietnamiti e ovviamente i nostri connazionali, solo per citare alcune delle più folte comunità di immigrati in Canada. Un vero melting pot di culture che ci richiama alla mente anche tanto del nostro passato ed esprime in pieno lo spirito di accoglienza e di tolleranza di questo grande paese.

PleinAir 399 – ottobre 2005

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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