L'Esino è anche un fiume

Seguiamo in camper, a piedi e in bicicletta il corso dell'Esino dalle sorgenti alla foce.

Indice dell'itinerario

L’Esino non è il più lungo fiume delle Marche ma, grazie ai suoi affluenti, è quello di maggior portata e, in ogni caso, il principale corso d’acqua della provincia di Ancona.
Nasce dal Monte Cafaggio, nell’Appennino maceratese, poco sopra Esanatoglia; nella provincia di Ancona, a Borgo Tufico, riceve il Giano, quindi il Sentino all’altezza di Frasassi; attraversa la Gola della Rossa che le acque si sono scavate nei secoli e finalmente raggiunge la valle che ha preso il suo nome. Raccolti altri affluenti a carattere torrentizio, fra cui l’Esinante, sbocca in mare dopo circa 75 km.
Per gli appassionati di canoa (è descritto in dettaglio nella Guida ai fiumi di Italia di G. Granacci, Edizioni Longanesi) è per lunghi tratti percorribile, soprattutto negli ultimi 30 km, i maggiori ostacoli essendo dovuti ai salti e agli sbarramenti artificiali.
Fondamentale è stato l’apporto dell’Esino allo sviluppo economico dei territori attraversati, non solo per il suo contributo all’agricoltura, ma soprattutto per l’energia derivata dalle sue acque che ha permesso l’insediamento delle più svariate attività.
Ma questa terra, grazie agli insediamenti religiosi fin nell’alto Medioevo, è stata anche culla di arte e di cultura: ne sono testimonianza le numerose pievi e abbazie che si incontrano lungo il fiume e i suoi affluenti.
Un viaggio nei territori percorsi dall’Esino costituisce l’ulteriore conferma, qualora ce ne fosse bisogno, che la civiltà è nata e si è sviluppata sull’acqua.

Sulle strade del passato
Il nuovo tracciato della statale 76 per Roma, che risale l’Esino dal mare fino allo svincolo di Albacina per circa 50 km grazie alle quattro corsie e al traffico contenuto, si fa tutta di volata e non si può cogliere che ben poco del territorio. Un tempo, allorché per Roma c’era solo la vecchia strada, si andava più lentamente e ci si innervosiva per le inevitabili code… Ma adesso che non abbiamo più urgenze possiamo ripercorrere in una sorta di revival il vecchio percorso liberato dal traffico, e con i ritmi di chi ha scelto un territorio per visitarlo con cura. Ecco dunque i borghi appollaiati ognuno sul proprio colle: Castelbellino, Staffolo e Maiolati, sulla sinistra a risalire dal mare, e Castelplanio, Mergo, Rosora sull’altro versante nonché Serra San Quirico che sembra un vascello di pietra arenatosi fra i monti. Castelli d’arme un tempo a difesa della valle, oggi famosi per i vini che producono.
La vecchia statale 76 costituisce oggi con le sopravvissute alberature e, specie di domenica, con lo scarso traffico, una notevole palestra per i cicloamatori; ma noi la percorreremo con un motorizzato, riservandoci di tirar giù le bici solo per le escursioni consigliate in altra parte del servizio. Giunti però all’imbocco della Gola della Rossa, la vecchia e la nuova sede stradale si unificano e tutti quei paesini dal nome curioso e poetico (Camponocecchio, Gattuccio, Pontechiaradovo) sono tagliati fuori. Li si può raggiungere uscendo per brevi tratti non collegati fra loro, comunque già allo svincolo di Frasassi si troverà Camponocecchio.
Atmosfere perdute si possono altresì cogliere a Borgo Tufico, proprio dove dovremo comunque deviare per Matelica, se ci interessa seguire l’Esino fino alle sorgenti: un sopravvissuto passaggio a livello, il ponte sotto cui già grosso scorre il fiume e da cui si diramano sterrati buoni per passeggiate a piedi o in bici e normalmente usati dai pescatori, le case di pietra in fila. La strada, in questa nuova valle vegliata dalla mole del San Vicino, è ora affiancata da un tronco ferroviario. Vi transitano pochi treni locali, ma potrebbe capitare in una domenica di primavera o d’estate l’incredibile visione di uno sbuffo di fumo, ed ecco – grazie all’anello suddetto – il treno d’epoca trainato da una poderosa 740, l’unico superstite gruppo di locomotiva a vapore ancora circolante sulle nostre linee. Sembreremo ostinatamente nostalgici, ma è anche con questi mezzi che si porta avanti il turismo: basti vedere sulle stesse pagine di PleinAir quel che si fa all’estero (e non solo in Europa).

In bici e a piedi fino alle sorgenti
La ricerca delle sorgenti di un fiume è un episodio classico nell’epopea delle esplorazioni, ma anche oggi che tutto è stato scoperto e mappe ben precise di ogni luogo si trovano ovunque, rimane il fascino di risalire un corso d’acqua per vederlo a mano a mano rimpicciolirsi.
Esploratori del Duemila, con la collaudata e vincente formula del camper più bici (per non parlar dei piedi), nel nostro piccolo trasportiamo il mobile campo base fin dove si può, e procediamo cambiando mezzo. Nello specifico si arriva tranquillamente sulla viabilità ordinaria a Esanatoglia, grazioso centro del Maceratese di antiche origini che conserva ancora numerose case medioevali, una pieve romanica, altre interessanti chiese. Agli appassionati di motocross è nota anche perché dispone di un circuito.
Proprio di fronte all’ingresso, in basso, un comodo parcheggio alberato assicura ombra tutto il giorno; il mercoledì (giorno di mercato) o attorno al 10 luglio (fiera annuale) si cercherà posto nelle strade circostanti. Inforcata quindi la mountain bike (indispensabile per il tracciato che ci attende), si risale per la rampa che taglia il paese; le pendenze non sono proibitive, ma chi non se la sente può aggirare l’abitato seguendo una circonvallazione che si prende sulla destra. In alto ci attende la bellissima fontana coperta risalente al Duecento.
Poco sopra, dove il paese finisce con un ponticello, l’Esino compie il suo primo salto; se la stagione è favorevole la cascatella assume aspetti quasi d’altre latitudini. Si segue la strada di destra, passando a fianco di un manufatto in abbandono e in mezzo a delle case; poi, in prossimità di un pietrone rimasto diritto a ricordare un’antica frana, finisce l’asfalto, ma lo sterrato che ci attende è di un buon fondo.
Percorrendo il leggero falsopiano a fianco del fiume si superano un paio di ristoranti e un allevamento di trote, finché la valle si stringe e l’Esino diventato ormai un ruscello è appena visibile nel verde; qua e là ottimi spazi sotto gli alberi per fermarsi e fare picnic.
Giunti al termine dei circa 5 km di sterrato con appena qualche leggera salitella, ormai nel bosco, si trova una sbarra; anche se l’impressione è di poter proseguire in bici, è consigliabile scendere di sella, legare il mezzo alla sbarra medesima e iniziare la terza parte dell’escursione.
Ora dipende dalla stagione: se è molto secca il fiume è già scomparso; se ci sono state invece abbondanti piogge, sarà complicato procedere a piedi e comunque prima o poi ci si dovrà fermare. Ma se si sarà beccato il periodo giusto (come all’inizio della primavera o in autunno) ci attende una bella anche se un po’ faticosa passeggiata.
Cercando di individuare (cosa non sempre facile) la traccia del sentiero nella vegetazione, si procede a zigzag sempre salendo fino a trovare una gola; qui ci si arrampica per un po’ di pietra in pietra, seguendo il ruscello che cade dall’alto.
Ed ecco infine il premio a tanta fatica. Da una frattura della roccia sgorga un piccolo getto d’acqua: sono le sorgenti dell’Esino.

PleinAir 316 – novembre 1998 Proprio di fronte all’ingresso, in basso, un comodo parcheggio alberato assicura ombra tutto il giorno; il mercoledì (giorno di mercato) o attorno al 10 luglio (fiera annuale) si cercherà posto nelle strade circostanti.
Inforcata quindi la mountain bike (indispensabile per il tracciato che ci attende), si risale per la rampa che taglia il paese; le pendenze non sono proibitive, ma chi non se la sente può aggirare l’abitato seguendo una circonvallazione che si prende sulla destra. In alto ci attende la bellissima fontana coperta risalente al Duecento.

Poco sopra, dove il paese finisce con un ponticello, l’Esino compie il suo primo salto; se la stagione è favorevole la cascatella assume aspetti quasi d’altre latitudini. Si segue la strada di destra, passando a fianco di un manufatto in abbandono e in mezzo a delle case; poi, in prossimità di un pietrone rimasto diritto a ricordare un’antica frana, finisce l’asfalto, ma lo sterrato che ci attende è di un buon fondo.
Percorrendo il leggero falsopiano a fianco del fiume si superano un paio di ristoranti e un allevamento di trote, finché la valle si stringe e l’Esino diventato ormai un ruscello è appena visibile nel verde; qua e là ottimi spazi sotto gli alberi per fermarsi e fare picnic.

Giunti al termine dei circa 5 km di sterrato con appena qualche leggera salitella, ormai nel bosco, si trova una sbarra; anche se l’impressione è di poter proseguire in bici, è consigliabile scendere di sella, legare il mezzo alla sbarra medesima e iniziare la terza parte dell’escursione.
Ora dipende dalla stagione: se è molto secca il fiume è già scomparso; se ci sono state invece abbondanti piogge, sarà complicato procedere a piedi e comunque prima o poi ci si dovrà fermare. Ma se si sarà beccato il periodo giusto (come all’inizio della primavera o in autunno) ci attende una bella anche se un po’ faticosa passeggiata.

Cercando di individuare (cosa non sempre facile) la traccia del sentiero nella vegetazione, si procede a zigzag sempre salendo fino a trovare una gola; qui ci si arrampica per un po’ di pietra in pietra, seguendo il ruscello che cade dall’alto.
Ed ecco infine il premio a tanta fatica. Da una frattura della roccia sgorga un piccolo getto d’acqua: sono le sorgenti dell’Esino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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