L'autostrada delle mucche

Al seguito delle mandrie guidate dalla famiglia Colantuono lungo i tratturi della Puglia e del Molise: ogni anno, nel mese di maggio, si rievoca l'antichissimo rito della transumanza.

Indice dell'itinerario

Baronessa, diciassette anni e grandi occhi dolci, alle cinque del mattino ha deciso che era tempo di riprendere il viaggio, e ora procede tranquilla in testa alla mandria che si allunga sulle colline. Non ci voleva: dopo la faticaccia di ieri mi sono addormentato esausto a notte fonda a Santa Croce di Magliano, con il costante sottofondo dei campanacci nelle orecchie. Bovari e cavalieri, invece, sono rimasti ad attendere l’alba nei sacchi a pelo dentro lo scantinato di una casa che faceva da cucina e dormitorio per gli irriducibili della transumanza: 180 chilometri sotto il cielo, due notti e tre giorni di viaggio con il sole e la pioggia, a piedi e a cavallo lungo gli antichi tratturi dimenticati che si snodano dalla provincia di Foggia a quella di Isernia attraverso la Daunia e il Molise.
E’ proprio in una masseria della Puglia, non lontano da San Marco in Lamis, che ha sede l’azienda agricola dei Colantuono, l’unica famiglia italiana che da cinque generazioni effettua ancora la transumanza alla vecchia maniera. L’attuale dinastia, proveniente da Acquevive di Frosolone in Alto Molise, è composta dai fratelli Felice, Antonio, Franco e Nunzio, dai cugini Carmine e Felice e da Carmelina, la sorella dal fascino gitano. E’ lei il cuore e l’anima della lunga traversata: già mesi prima contatta Comuni, vigili, polizia stradale, aziende sanitarie locali e veterinari, poiché è sufficiente un animale ammalato per vedersi proibito il passaggio. Ci sono poi alcuni contadini che non vogliono ospitare la transumanza, perché le mandrie danneggiano i campi, e il rischio assai serio della siccità. Due anni fa molte bestie corsero il pericolo di morire di sete perché i torrenti Tona e Cigno erano asciutti, e si salvarono grazie al custode della fattoria Centocelle, situata lungo un tratturo, che riempì d’acqua un fontanile.
In realtà il problema più impellente è proprio la salvaguardia degli storici percorsi, perlopiù ignorati da politici e istituzioni quando invece dovrebbero essere tutelati per il loro incommensurabile valore storico, tradizionale e paesaggistico. Quelli rimasti, a parte lo spettacolare tracciato da Celano a Foggia, non hanno più le dimensioni originarie e così gli zoccoli delle vacche devono prima adattarsi a chilometri di cemento, ma quando trovano l’erba è uno spettacolo indimenticabile vederle procedere come un tempo, tra il rosso dei papaveri e il viola dei cardi in fiore.

Tre giorni in marcia
Il raduno di uomini e animali si tiene come ogni anno a fine maggio presso la vecchia dogana di San Paolo di Civitate, a nord-ovest di San Severo, dove le vacche e i cavalli vengono trasportati con i camion.
Una pioggia torrenziale ci dà il benvenuto. I cavalieri sono avvolti in palandrane grondanti mentre le mucche pascolano indifferenti, lungo gli argini del Fortore, sotto il ponte della provinciale per Serracapriola. Mentre la polizia presidia le strade, il bestiame si mette in marcia sotto lo sguardo allibito degli automobilisti. La moderna tecnologia è di grande aiuto: grazie al cellulare, Carmelina riesce a gestire i tanti problemi che inevitabilmente si presentano durante il viaggio. Alla guida del suo fuoristrada, armata di una bandierina rossa, va in avanscoperta avvertendo le auto.
La prima tappa si svolge senza incidenti a parte il diluvio e una vacca finita in un fosso, che viene trainata di nuovo sulla strada a forza di spinte. E finalmente la mandria può affondare gli zoccoli nel fango, ora sotto un sole radioso che ci accompagna per tutta la giornata, arrivando a Santa Croce di Magliano verso le dieci di sera. Le mucche pascolano nei campi e sotto gli alberi della villa comunale, gli uomini asciugano i vestiti sul fuoco del bivacco, qualcuno si addormenta piegato dalla stanchezza, altri prendono posto alla tavolata per rifocillarsi con salsicce, caciocavallo e vino in quantità. Tra la prima e la seconda tappa non passano mai più di due o tre ore di riposo, ma il morale della truppa è alto e il prosieguo del viaggio si preannuncia roseo.
Ed eccoci di nuovo in marcia lungo le strade deserte di Santa Croce ancora immersa nel sonno. Il rimbombo degli zoccoli e il fracasso dei campanacci echeggiano per vicoli e piazze, la gente si sveglia di soprassalto. «Che cos’è, il terremoto?» chiede qualcuno con gli occhi stralunati affacciandosi alla porta. «No, è la transumanza» risponde un anziano dirimpettaio. Quanti occhi avranno visto quest’esodo suggestivo, quando i tratturi erano un brulicare di mandrie che andavano e tornavano sulle strade verdi tra Puglia, Molise e Abruzzo? «Una volta – spiega Carmelina – tutti facevano la transumanza, a Frosolone c’era addirittura chi la effettuava con una sola mucca».
Ma negli anni ’60 tutto finì, e oggi sono in pochi a sapere che la transumanza è la ciclica migrazione delle mandrie alla ricerca del foraggio: in primavera dalla pianura ai pascoli d’alta quota, in autunno dai monti verso valle. Basterebbe ritrovare la sintonia con le proprie radici o magari soffermarsi sui celebri versi di Gabriele D’Annunzio, Settembre, andiamo, è tempo di migrare…
La mandria guidata da Baronessa prosegue ora verso Bonefro sul tratturo che collega Foggia alla località abruzzese di Celano: una lunghissima carovana di bovini di razza podolica con il loro seguito, compresi i Cavalieri del Tratturo, associazione molisana che da anni lotta strenuamente per tutelare le antiche vie del pascolo. Insieme ai Colantuono controllano la situazione con occhio esperto, riportano nel gruppo mucche ritardatarie o smarrite, danno consigli, prestano soccorso. Gli altri, come me, sono semplici appassionati, desiderosi di vivere in prima persona quest’esperienza entusiasmante. Tenere il passo con le mucche per chilometri lungo le asperità del terreno è però impossibile, anche se il branco a volte rallenta per aspettare i vitellini nati da poco. Una delle regole che si imparano subito è che le vacche, anche se non sembra, procedono a velocità sostenuta, e perciò bisogna andare a passo spedito o salire sui veicoli d’appoggio e aspettarle più avanti.
Lungo il percorso la mandria attraversa i paesi di Colletorto, Ripabottoni e Monacilioni, passa sotto il ponte della ferrovia Termoli-Campobasso presso Campolieto, poi si dirige verso Matrice e Ripalimosani, a due passi dal capoluogo. Alle Quercigliole, presso la chiesa di Santa Maria della Neve, in un querceto di 5 ettari si allestisce il campo per la seconda notte sotto le stelle. Molti non hanno nemmeno la forza di avvicinarsi alla cucina da campo mobile che sfama i transumanti esausti con pecorino, caciocavallo, carne alla brace o essiccata, la mistica.
Lasciate le colline di Campobasso, dopo l’indimenticabile guado del Biferno si entra nella provincia di Isernia per l’ultimo tratto, sino al trionfale attraversamento di Frosolone assediato dalla folla. Mamma Vittoria abbraccia Carmelina, Antonio, Felice, Nunzio, Franco e tutto il paese si riversa in strada per accogliere la mandria che prosegue verso la meta finale, Acquevive, un grumo di case circondato da montagne incontaminate alle pendici del Colle dell’Orso.
Le mucche intanto sanno bene che l’arrivo è a pochi passi, e scalpitano sul cemento per guadagnare l’erba. Poi Felice toglie il campanaccio dal collo di Baronessa: è il segnale che gli impazienti bovini aspettavano per dirigersi verso i pascoli che saranno la loro casa nei mesi estivi, nell’aria cristallina dei 1.300 metri di quota. Durante il soggiorno montano le vacche saranno controllate a vista, perché i furti di bestiame non sono così rari, ma per i ladri il problema è che i Colantuono conoscono una per una tutte le loro bestie: tanto che qualche anno fa, quando alcune di esse vennero rubate, Felice le chiamò a gran voce e le mucche risposero all’appello con i loro muggiti, rivelando il nascondiglio in cui erano state portate. I carabinieri rimasero di stucco, i ladri furono assegnati alla giustizia e i bovini tornarono felici ai proprietari.
Ai primi rigori dell’autunno si svolgerà il viaggio di ritorno a San Marco in Lamis, questa volta a bordo di camion. Ma nemmeno i tempi moderni possono cancellare il fascino della transumanza, racconto vissuto dell’antichissima intesa tra animali, uomini e natura.

Testo e foto di Paolo Simoncelli

PleinAir 441 – Aprile 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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