L'attimo fuggente

Fuori stagione sul Conero, alla scoperta di sentieri, spiaggette e inattesi monumenti del verde bastione calcareo e del suo parco.

Indice dell'itinerario

Il mare d’inverno è un concetto che il pensiero non considera, è poco moderno, è qualcosa che nessuno mai desidera… . Le parole della canzone di Enrico Ruggeri ci tornano subito alla mente, a contrasto con la scenografia mozzafiato che abbiamo scelto per la nostra insolita escursione. Già, perché quella di avventurarsi sul Conero in questo periodo non è una decisione qualunque: sono necessarie doti da grande esploratore, e non certo per affrontare una natura che pure è impervia ma per guardarne e scoprirne una diversa dimensione. Qui, dove l’azzurro del mare si fonde con la ripida asprezza della terra, nel corso dei secoli l’uomo ha saputo stabilire un legame indissolubile con un ambiente tutt’altro che ospitale. Un rapporto oggi deteriorato dalle frotte estive di turisti e bagnanti, dai natanti che lasciano nell’acqua le loro chiazze oleose, dall’invasione di costruzioni che emergono qua e là o che hanno alterato irrimediabilmente il profilo costiero. Uno scempio di cui l’incolpevole veicolo ricreazionale – poco o per nulla tollerato nei periodi di massimo affollamento – paga ingiustamente le spese, restando tuttavia lo strumento ideale per scoprire il promontorio marchigiano nei mesi in cui, per dirla ancora con Ruggeri, ci sono tutt’al più alberghi chiusi, manifesti già sbiaditi di pubblicità . Unica propaggine dell’Appennino Centrale sulla costa adriatica, dall’alto dei suoi 572 metri il Conero domina la riviera anconetana appena a sud del capoluogo. Il nome deriva da kòmaros, in lingua greca il corbezzolo, arbusto tipico della macchia mediterranea assai diffuso sulle pendici del monte. Da poco più di vent’anni il promontorio è protetto dal Parco Regionale del Conero, circa 6.000 ettari suddivisi fra i Comuni di Ancona, Camerano, Numana e Sirolo, e annovera presenze florofaunistiche di tutto rilievo, tra cui un migliaio di varietà botaniche incluse diciannove specie di orchidee, quasi trecento specie di farfalle e più di duecento di uccelli, oltre a numerosi mammiferi, rettili e anfibi. Si tratta insomma dell’unica evidenza naturalistica di un certo rilievo a spezzare la monotonia dell’Adriatico tra la foce del Po e il Gargano. Eppure il Conero viene praticamente snobbato, almeno dieci mesi su dodici, dal fitto viavai che affolla le grandi direttrici stradali da nord a sud. Mentre si percorre la A14 non si può fare a meno di notarlo, solitario e verdeggiante, ma al di fuori della bella stagione sono davvero pochi a sceglierlo come meta, anche se bastano pochi minuti a raggiungerlo dall’autostrada. Arrivando da sud, in queste settimane ci si può permettere la sosta nei pressi del porticciolo turistico di Numana o nei deserti parcheggi sul lungomare: è la migliore opportunità per tonificanti passeggiate lungo spiagge lunghissime e facili escursioni in bicicletta. Il tutto, ovviamente, nella piena consapevolezza che già dal periodo pasquale non sarà più così, e che i divieti contro i camper (con multe più o meno frequenti, va detto con franchezza) renderanno praticamente impossibile la sosta libera in tutta la zona almeno fino all’autunno inoltrato. Si tratta insomma di cogliere l’attimo approfittando della tolleranza invernale per una visita alla cittadina, che riveste grande importanza per i preziosi reperti della civiltà picena esposti nel locale Antiquarium: nel circondario sono venute alla luce importanti tombe con rari esempi di sepolture a circolo e carri regali. L’adiacente Sirolo, più raccolta e suggestiva, in posizione privilegiata sul costone montuoso, conserva un centro storico grazioso e interessante, sovrastato dal singolare campanile. Passeggiare per le solitarie viuzze o godere della magnifica vista dalla piazzetta ha sempre un fascino particolare, con il cielo terso o l’aria velata da una nebbiolina grigia poco importa. Si può scendere inoltre a valle, fino alla suggestiva spiaggia Urbani, anche se la strada è tortuosa ed è bene verificarne la percorribilità al momento.

Itinerari nel parco
Procedendo lungo la provinciale del Conero, subito a nord dell’abitato, si può lasciare il mezzo per seguire alcuni dei più bei percorsi escursionistici dell’area protetta. Un breve sentiero scende alla spiaggia di San Michele e ai famosi Sassi Neri, un tempo ritrovo di naturisti. Più avanti invece, oltrepassato il cimitero e seguendo l’itinerario segnalato, si arriva allo spettacolare belvedere a picco sui faraglioni delle Due Sorelle e sulla spiaggia dei Gabbiani, accessibili solo dal mare o attraverso il ripido sentiero del Passo del Lupo: piuttosto difficoltoso, non è raccomandabile ai meno esperti, soprattutto in mancanza di calzature adeguate e nei periodi in cui il freddo intenso può generare umidità e smottamenti. Più facile invece il percorso che sale, costeggiando un altro belvedere, verso la sommità del Monte Conero raggiungendo l’ex convento dei Camaldolesi. Nelle giornate più brevi e dal clima instabile è conveniente senz’altro salire con il veicolo: i tornanti, comunque piuttosto agevoli, si staccano dalla strada principale qualche chilometro più avanti e riservano scorci suggestivi. Il sito, pur affascinante, è attualmente occupato da un prestigioso hotel; difficilmente accessibile la stessa chiesetta di San Pietro al Conero, dagli esterni rimaneggiati ma il cui interno conserva intatta la primitiva impostazione realizzata fra il X e l’XI secolo. Ripresa a valle la strada principale, si presentano diverse occasioni di sosta da cui si dipartono altri sentieri all’interno del parco. In località Poggio, proprio a fianco dell’omonima e rinomata osteria, inizia quello facile ma lungo detto della Traversata, percorribile anche in mountain bike o a cavallo. Siamo ormai in procinto di scoprire quello che è ormai considerato il vero gioiello del Conero: la baia di Portonovo. Il bivio per raggiungerla, poco più avanti, si apre con una balconata sul fianco settentrionale, verso il Monte dei Corvi che nasconde Ancona e che sovrasta la splendida spiaggia di Mezzavalle e il lungo scoglio del Trave, regno incontrastato dei mosciolari (i pescatori di un’apprezzata varietà di cozze che si riproducono in questo ambiente). Veloci tornanti scendono a Portonovo, un luogo che da solo ripaga della deviazione: romantiche calette, un labirinto di stradine e sentieri, stagni popolati da una fauna ricca e rara, tesori d’arte celati nella macchia. L’ex Fortino Napoleonico e l’antica Torre di Guardia sembrano ancora fronteggiarsi con aria di sfida, ma nulla possono al cospetto della straordinaria purezza di linee della chiesetta romanico-bizantina di Santa Maria, in posizione privilegiata tra il verde degli arbusti e il candore dei ciottoli sulla spiaggia, dove il silenzio è rotto solo dal sibilo del vento e dall’andirivieni della risacca. Un quadro che ci vede fortunati protagonisti insieme a poche altre presenze: un cane che corre solitario, più in là una coppia di anziani che raccolgono legna, nel cielo un falco pellegrino che volteggia alla ricerca del suo pasto quotidiano. Si sa, il mare d’inverno…

PleinAir 427 – febbraio 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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