L'attico di Firenze

Clima mite tutto l'anno, confermano gli ulivi; e panorami sul campanile di Giotto, gustati dalle terrazze assolate di Fiesole. Ecco un ritratto avvincente dell'altra Firenze sparsa sulle colline. Vale un invito per le prossime vacanze di Natale.

Indice dell'itinerario

Nello stemma di Fiesole c’è una mezzaluna, e l’opuscolo turistico spiega che vuole ricordare la forma dei due colli su cui la città è poggiata. Fantasia poetica, perché del centro di Fiesole – visto dalla piana di Firenze e dai colli a sud – ne appare solo il campanile a far capolino tra due colline tondeggianti come turgide mammelle; su cui il restante abitato poggia mollemente, nel senso urbanistico di un morbido susseguirsi di ville e case toscane, senza palazzoni ingombranti. Le due colline si chiamano San Francesco quella a ovest e Sant’Apollinare quella a est. Il paesaggio fitto di conventi, badie, pievi è adatto alla contemplazione, alla serenità, ai dialoghi, volgendosi sia verso il sacro e l’elevazione spirituale che verso la dolcezza della vita terrena: vigne, uliveti, orti, giardini. Paesaggio per gente eletta; ed è stato sempre così, fin dai tempi della preistoria e della protostoria. Seguendo i ritrovamenti, si stabiliscono gli antichi percorsi e i villaggi. A Fiesole, i più numerosi sono dell’Età del Bronzo (XI-X secolo a.C.); a tale periodo si fa risalire l’esistenza certa e continuativa della città. I colli erano molto diversi da ora: piuttosto aspri e rocciosi. Un abitato era su quello occidentale, punto culminante; l’altro sulla sella, dove filtrava l’acqua e scollinavano le strade tra la piana di Firenze e il Mugello. Dall’VIII secolo a.C. anche il colle a est è abitato.
Era la fine del IV secolo a.C. quando, provenienti dall’Etruria costiera, gli Etruschi vi si stabilirono scegliendo quel posto perché era elevato, dominante varie valli e adatto per costruirvi una città. Gli Etruschi erano molto bravi a segare il tufo: fecero a pezzi i roccioni, dando un aspetto più lieve e ospitale ai colli, e con quel materiale costruirono un giro di possenti mura. La città prendeva adesso ambedue i colli e la sella; lì fu anche costruito il tempio principale. S’impiantò una cultura etrusca, basata sulla proprietà privata, cosa che sviluppò l’economia e con essa i rapporti col mondo greco; infatti si parla di epoca ellenistica. I rapporti con Roma furono un’alternanza di alleanze e contrasti, fino alla completa romanizzazione: teatro da tremila posti, nuovo tempio al posto del vecchio, terme. C’era la salita, ma i Romani di allora non erano mollaccioni. Di certo l’aria era migliore che giù, nella bassa Firenze, dove il torrentizio Arno portava prosperità ma colpiva anche. Durante i passaggi dei barbari, data la posizione strategica, a Fiesole vi furono alcune battaglie. I Longobardi, invece, apprezzarono il posto e si fermarono dal VI al VII secolo d.C. Fiesole si era sviluppata ben prima di Firenze e fino all’epoca dei Comuni, nonostante o grazie a imperatori, marchesi, contesse di Canossa e così via, la vita fu relativamente pacifica: l”orticello e la vigna erano gli interessi principali dei fiesolani. I fiorentini, invece, si moltiplicavano dentro le mura, discutevano di politica, si sentivano soffocati e sottoutilizzati. Nacque così la decisione di diventare capitale di uno stato assoggettando più territorio possibile: nel XII secolo cominciarono distruggendo brutalmente Fiesole. Città fantasma, di rovine, dove salivano i birrocci a portar via marmi e altri materiali riciclabili per lo sviluppo edilizio di Firenze; altre file di birrocci salivano a prelevare la morbida e grigia pietra serena, che i fiesolani estraevano e lavoravano nelle cave di Maiano. Ci vollero due secoli per ingrandire la Cattedrale e perché ai pochi abitanti rimasti a Fiesole si aggiungessero i gran signori e i borghesi benestanti di Firenze che si costruivano ville fuori città. Nel XV secolo, Fiesole diventa di moda e lo resterà per sempre; i Medici danno l’esempio e si insediano sul ripido: con la villa di Belcanto che l’architetto Michelozzo poggia su muri di contrafforte. E così altre ville, su terrazzamenti, crescono come funghi. E’ l’epoca di Lorenzo il Magnifico, che fa costruire l’elegante palazzetto con portico e loggia per il podestà, ora Municipio. Pochi gli abitanti del centro (gli altri sono a Borgunto), i signori stanno sparsi nelle ville, manca la rumorosa vita cittadina. Il posto si presta per lo studio: diventa una cittadella dello spirito e i principali ordini religiosi sono ben presenti. Le abitazioni dei canonici, col chiostro, congiungono la cattedrale al Palazzo Vescovile; quasi in linea, nel ‘700 si costruisce il grandioso Seminario, che chiude a ovest la vasta piazza. La tradizione continuò, perché in tempi recenti si sono localizzati a Fiesole vari istituti di studi superiori.
Agli scavi si dette mano nel XIX secolo, in piena rivalutazione dell’antico, e con tutti i suoi reperti Fiesole divenne nota. Arrivarono i turisti, ma all’epoca del Grand Tour l’avevano già scoperta gli inglesi.

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All’epoca, il viaggiare degli inglesi, che già possedevano più di mezzo mondo e avevano il reddito più alto di ogni altro popolo, significava piuttosto muoversi per andare a stare in luoghi diversi. Valeva la pena fare giornate di diligenza su strade sterrate, se ci si fermava a lungo in luoghi stupendi; l’avvento delle ferrovie, che proprio loro avevano inventato per dar sfogo alla passione dei viaggi, rese tutto più facile. I più si accontentavano di una “camera con vista”: soggiorni di settimane che poi riempivano di nostalgia i racconti all’ora del tè nei salotti d’Inghilterra. Avevano anche in simpatia gli italiani, di cui ammiravano la civiltà di uno splendido passato e la vitalità; ne accompagnarono il Risorgimento verso l’unità nazionale e oltre, con le idee e le collette (Garibaldi era popolarissimo tra gli inglesi). E chi aveva mezzi economici superiori, l’Inghilterra poteva scordarsela: tanto stava bene sui colli fiorentini. Comprarono tutto quel che poterono; anche ruderi da riattare, anche lotti su cui i tradizionalisti costruivano residenze in stile neogotico o neorinascimentale, mentre gli innovatori s’inventavano un miscuglio di moderno tra reminescenze e romanticherie. Si dedicarono ai giardini, perché un vero inglese vive molto all’aperto, open air, specie nel buon clima italiano. Crearono una colonia, perché amavano stare tra di loro sentendosi inglesi nel prendere il tè, dopo aver goduto della maestria dei cuochi e vignaioli italiani. Organizzarono anche il cimitero per la sepoltura degli anglicani, sotto le mura di Firenze dalla parte di Fiesole, oggi trafficatissima Piazza Donatello. Gareggiavano per ottenere gli ospiti più prestigiosi, a cominciare dalla regina Vittoria che aveva frequentato la zona da ragazza, e si radunarono tutti nella gran piazza di Fiesole per renderle omaggio durante una sua visita.
Un inglese più di tutti fu determinante per Fiesole: John Temple Leader. Era nato nel 1810, aveva studiato a Oxford, era un ricco gentiluomo impegnato in politica. Aveva solo trent’anni quando decise di darci un taglio e si mise a viaggiare verso il Mediterraneo, cominciando dalla Costa Azzurra, come molti connazionali (a Nizza, ad esempio, la passeggiata a mare si chiama Promenade des Anglais). Ma fu a Firenze che prese dimora; per anni guardando in su, verso la collina di Fiesole, girando e informandosi. Nel 1850 gli riuscì di stabilirvisi, cominciando a giocare a Monopoli, quello vero. In mezzo secolo estese i suoi possedimenti conglobando 9 ville, 26 poderi con case coloniche, pascoli e quel che ci si trovava dentro, perfino un monastero e poi ruderi, mulini, pievi (le cronache non dicono come abbia fatto i soldi).
La sua ambizione e la sua gloria sono state la creazione del paesaggio; la proprietà comprendeva le pendici della collina di Fiesole, 280 ettari che il secolare sfruttamento avevano reso aridi e spelacchiati. La parte maggiore fu coltivata e il reddito dell’azienda agricola contribuì alle spese del rimboschimento, che coprì 120 ettari, introducendo tanti cipressi sull’arenaria meno fertile e cipressi misti a pini altrove. Appassionato di sempreverde, Temple Leader lo fece predominare laddove erano rimaste sparute macchie di lecci, cerri e roverelle; al posto della sterpaglia fu seminato un sottobosco di verdi essenze mediterranee, mirti, ginepri, corbezzoli, eriche. Sopra il bosco, svetta ora solo la torre del castello di Vincigliata. Menzionato nell’XI secolo, era una rovina e fu rimesso a nuovo con l’aggiunta di cortile con portici, loggia, chiostro e giardino all’italiana con fontana, difesi da un giro di mura turrite in perfetto stile militare medioevale. Medioevali anche gli interni, ispirati più allo stile toscano che al neogotico, come piaceva agli inglesi. Diverso, più lieve e solare era risultato il restauro del castello (ma è una villa) di Maiano, dove fissò la sua confortevole residenza. Volendo una piscina, non la costruì ex novo; ma a un centinaio di metri dalla villa, dove il torrente Mensola nascosto in un angusto fondovalle si era aperto un varco tra le rocce, creò una piscina naturale sbarrando il corso d’acqua. Per spogliarsi, rivestirsi, prendere un tè, fece costruire una torretta medioevale, con tanto di beccatelli. Il posto si chiamò Giardino delle Colonne e la regina Vittoria, che acquarellava come molti viaggiatori di un tempo, lo riprodusse nel suo album di viaggio (la zona di bosco è ora affittata a un’associazione di arcieri, l’ingresso è alla prima curva della Via di Vincigliata, dopo la Villa ai Tatti).
John Temple Leader fu il grande benefattore di Fiesole. In nome dell’estetica dette lavoro a contadini, artigiani del ferro, del legno, del vetro, del cuoio, a intagliatori, a scalpellini, a pittori, a giardinieri… Il castello fu visitato dai vip dell’epoca, dall’imperatrice in giù, interessati dalla trasformazione di un rudere in castello con tutti i comfort. Era stato riempito di opere d’arte dall’epoca etrusca in poi, statue, tele, affreschi staccati, maioliche robbiane, armi e armature che occupavano un’intera sala, mobili e pezzi d’antiquariato. Lui ordinava anche copie e imitazioni di opere celebri che non poteva ottenere; faceva raccattare tutto quel che si trovava d’antico, financo lapidi provenienti dall’abbattimento, all’epoca di Firenze capitale, delle parti più malmesse, come il Ghetto (attuale Piazza della Repubblica). Temple Leader non si rinchiuse però nei suoi splendidi giardini; s’impegnò con istituzioni e comitati fiorentini su problemi estetici e finanziò il rivestimento marmoreo della facciata del duomo, con cui si chiusero finalmente i lavori. Dopo aver diffuso tra i suoi connazionali l’idea di Firenze e Fiesole come posti ideali per vivere, il benefico inglese chiuse la sua vita nel 1903, all’età – straordinaria per l’epoca – di 93 anni; segno che la qualità della vita fiesolana ne favorisce l’allungamento. Dette anche l’esempio, perché il monte Ceceri, rimasto fuori dalle sue proprietà e pelato, ebbe il rimboschimento dalla Forestale nel 1929 coicché le colline di Fiesole ora appaiono tutte verdi. Raggiunta la perfezione paesaggistica, Fiesole restò vincolata e non subì gravi oltraggi di cementificazioni; né disturba la trasformazione di qualche villa o monastero in alberghi, piccoli centri congressi o case di cura. Almeno nella vista da Firenze, Fiesole è rimasta intatta e se John Temple Leader tornasse oggi sarebbe di certo soddisfatto di vederla così ben conservata, oltre che ancora frequentata da tanti inglesi.

PleinAir 365 – dicembre 2002

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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